LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha emesso la seguente sentenza ordinanza sull'appello R. G. appelli 655/1997 depos:itato il 20 marzo 1997 avverso la sentenza n. 325/42/1996 emessa dalla commissione tributaria provinciale di Roma da: Laurenti Renata residente a Roma, in via Pietro Mascagni, 186, difeso da: Costantini avv. Alberto residente a Roma in via G. Palumbo, 3; controparti: registro di Roma successioni e giudiziari (uff. entrate di Roma) atti impugnati: avv. di liquidazione n. vol. 14601 - registro. Premesso in fatto In data 4 febbraio 1993 la sig.ra Renata Laurenti; sorella e coerede del de cuius Giorgio Laurenti, deceduto in data 9 agosto 1992, presentava all'ufficio registro successioni di Roma denuncia di successione nella quale venivano indicati beni immobili per un valore cemplessivo di L. 268.000.000. A tale denuncia venivano allegate 2 denunce con le quali, ai fini INVIM veniva dichiarato un incremento complessivo L. 259.840.000. Con atto 21 marzo 1996 la stessa sig.ra Renata Laurenti proponeva ricorso avverso l'avviso di liquidazione mediante il quale l'ufficio del registro di Roma richiedeva il pagamento dell'importo complessivo di L. 33.109.2l0, di cui L. 27.294.400 per INVIM. La ricorrente deduceva l'illegittimita' della pretesa fiscale assumendo che anche per l'INVIM, come per l'imposta di successione, il tributo avrebbe dovuto essere applicato considerando esente il valore fino a L. 250.000.000. ed assoggettando ad imposta solo la quota eccedente tale limite. In tal modo il contribuente, anziche' il citato importo di L. 27.294.400 avrebbe dovuto pagare solo L. 131.600. La stessa ricorrente, sia pure in via subordinata, chiedeva che, qualora fosse stata condivisa l'interpretazione dell'art. 25, primo comma, lettera e) del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643 nel senso sostenuto dall'ufficio e cioe' il non riconoscimento di tale limite d'esenzione per immobili aventi valore superiore a L. 250.000.000, fosse sollevata questione d'illegittimita' costituzionale di tale norma per contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione. All'esito la commissione tributaria di primo grado, con decisione 22 novembre 1996 - 4 marzo 1997, rilevata l'infondatezza della richiesta di remissione degli atti alla Corte costituzionale, respingeva il ricorso. Tale decisione veniva impugnata con appello depositato il 20 marzo 1997 da Laurenti Renata sulla base di motivi con i quali venivano ribadite le doglianze gia' sollevate in primo grado, contestati dall'ufficio del registro di Roma con controdeduzioni presentate il 22 maggio 1997. La vertenza e' venuta in decisione il 18 novembre 1997 e questa commissione tributaria regionale, ravvisando non manifestamente infondati i profili di illegittimita' costituzionale illustrati nel ricorso, emetteva ordinanza per l'invio alla Corte costituzionale. In data 26 maggio 1999 la Corte costituzionale dichiarava la manifesta infondatezza dell'illegittimita' costituzionale sollevata, sulla base dell'inammissibilita' della domanda, in quanto non correttamente formulata dal giudice de quo, stante la carenza di motivazione della stessa su alcuni elementi rilevanti ai fini della decisione. O s s e r v a Questa commissione ritiene doveroso, pertanto, riproporre la domanda, fornendo tutti gli elementi necessari alla Corte per entrare nel merito ed emettere il suo giudizio. I profili d'illegittimita' costituzionale del primo comma, lettera e), dell'art. 25 del d.P.R. 643/1972, sollevati in primo grado e non ravvisati dai primi giudici, a questa commissione continuano a non apparire manifestamente infondati. Non riconoscendosi sempre operante la soglia di esenzione da INVIM di L. 250.000.000, infatti, per la fattispecie in esame, come per tutti i contribuenti che dovessero trovarsi in analoghe situazioni, a prescindere dal grado di parentela che li lega al de cuius, si verrebbe a creare una evidente disparita' di trattamento tra chi eredita cespiti il cui valore rientra in detta soglia e chi ne eredita per un valore superiore. Per dimostrare tale assunto e' sufficiente prendere in considerazione il "caso limite" di due contribuenti che ereditano due differenti patrimoni immobiliari: il primo per un valore complessivo di L. 250.000.000 il secondo per L. 250.000.00l. Applicando l'articolo in questione, il primo non dovrebbe versare alcuna imposta INVIM, il secondo, invece, dovrebbe versare un ragguardevole importo che, tenuto conto delle numerose variabili che concorrono a formare l'incremento tassabile e le aliquote (valore iniziale, spese incrementative, tempi, aliquote differenti stabilite dai vari comuni), puo' ragionevolmente stimarsi in circa L. 25.000.000. A questa commissione, pertanto, sembra che la disciplina normativa, risultante dal richiamato primo comma, lettera e) dell'art. 25 del d.P.R. 643/1972, si ponga in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto non rispondente a criteri di ragionevolezza cui deve ispirarsi il legislatore, e con l'art. 53 della stessa Costituzione, poiche', attraverso l'effetto distorsivo sopra illustrato, si viene ad incidere in maniera sproporzionata sulla capacita' contributiva del soggetto colpito dall'imposta. Sotto quest'ultimo profilo si ricorda come la Corte costituzionale abbia precisato (in particolare nelle sentenze n. 201/1975 e 62/1977) che il principio della capacita' contributiva sul piano garantistico - costituzionale deve essere inteso come espressione dell'esigenza che ogni prelievo tributario, abbia causa giustificatrice in indici concretamente rilevatori di capacita' contributiva. Nel caso di specie, proprio in ragione del disconoscimento della soglia minima di esenzione a tutti i contribuenti, viene meno il collegamento tra prelievo e capacita' contributiva, intesa come idoneita' soggettiva all'obbligazione d'imposta. La questione e' rilevante, in quanto un'eventuale declaratoria d'illegittimita', inciderebbe in misura sostanziale sulla fattispecie oggetto del giudizio.