IL TRIBUNALE

    Riunito  in  camera  di consiglio; all'esito del dibattimento nel
  processo  a  carico  di Pirozzi piu' altri e sentite le conclusioni
  delle parti:

                            O s s e r v a

    La  presente  ordinanza  rappresenta  una logica evoluzione delle
  considerazioni  enunciate  nella precedente ordinanza del 17 aprile
  2000,  allorche'  questo  tribunale  ha  rigettato  le questioni di
  costituzionalita'   sollevate   dalla   difesa  in  relazione  alla
  compatibilita'  del  meccanismo  di  contestazione  ed acquisizione
  delle dichiarazioni rese in precedenza dal teste o dell'imputato di
  reato connesso che, nel corso dell'esame dibattimentale, si rifiuti
  di   rispondere   alle   domande  delle  parti,  con  il  principio
  costituzionale,  introdotto con la legge costituzionale 23 novembre
  1999, n. 2.
    Gia'  in  quella sede, infatti, il collegio poneva la distinzione
  tra  la  fase  dell'acquisizione delle dichiarazioni, quale momento
  della  formazione  della prova, e quello dell'utilizzabilita' delle
  stesse  a  seguito  della  riforma  in  parola,  ritenendo  che  il
  principio  introdotto  nell'art. 11  Cost. dovesse qualificarsi non
  gia'  quale  regola  legale  di esclusione probatoria, bensi' quale
  criterio  legale  di valutazione. In tal senso, si affermava che la
  questione  dell'utilizzabilita'  delle  dichiarazioni  acquisite si
  pone  all'esito  del  dibattimento,  allorche'  viene  valutata  la
  portata  probatoria  degli  elementi  su  cui  fondera'  il proprio
  giudizio.
    Giunti  pertanto  a tale fase, rileva il collegio che il problema
  dell'utilizzabilita'  delle  dichiarazioni  dell'imputato  di reato
  connesso  che  si  sia  sottratto  al  contraddittorio  si  pone in
  relazione  all'esame  di Codella Beniamino il quale, condannato con
  la  sentenza emessa in data 16 luglio 1997 dalla Corte d'appello di
  Napoli  per  i  fatti  di  cui  al  capo 2) del presente processo e
  chiamato  a  rendere  esame  ai  sensi  dell'art. 210 c.p.p., si e'
  rifiutato di rispondere.
    Acquisite  le  dichiarazioni del Codella con il meccanismo di cui
  all'art.  513  c.p.p.,  come  integrato  dall'interpretazione della
  Corte costituzionale n. 361 del 2 novembre 1998, rileva il collegio
  che,  tenuto  conto  dell'epoca di acquisizione ed in assenza degli
  elementi  di  cui al sesto comma dell'art. 111 Cost., le stesse non
  possono  fondare il giudizio del tribunale, emergendo dal tenore di
  tali dichiarazioni che la responsabilita' degli imputati Mesa Santo
  Raffaele  e  Riccardi Michele non possa essere valutata senza tener
  conto del loro contenuto.
    Ritiene,  pertanto,  il  tribunale che si ponga il problema della
  compatibilita'  con  il  principio  della formazione della prova in
  dibattimento dell'intero sistema di assunzione della prova per cio'
  che  concerne  le  dichiarazioni  di  persone  esaminate  ai  sensi
  dell'art. 210 c.p.p.
    Essendo  indubbia  la rilevanza di tale questione nel processo in
  relazione  all'evidenziata  indispensabilita'  di  quella  fonte di
  accusa  per valutare le pure indicate posizioni processuali, rileva
  di  ufficio  il collegio che il principio introdotto con la riforma
  dell'art.  111 Cost., imponga una revisione dell'assetto normativo,
  nel  senso  di  assicurare  il  contemperamento  del  diritto  alla
  formazione   della   prova  in  contraddittorio  con  il  principio
  dell'obbligatorieta'  dell'azione  penale cui e' connesso quello di
  conservazione della prova.
    L'espansione  invero  del primo principio, quale conseguente alla
  riforma  costituzionale,  non  puo' non comportare una compressione
  del  diritto  al  silenzio del dichiarante erga alios, nel senso di
  ritenere  ridotta l'area costituzionalmente protetta della facolta'
  di non rispondere.
    Tenuto  conto  dei  precetti  applicativi introdotti con la legge
  costituzionale   23   novembre  1999,  n. 2,  appare  contraria  al
  principio  della  formazione  della  prova  in  contraddittorio  la
  previsione  della facolta' di non rispondere prevista dall'art. 210
  c.p.p.
    Invero,   laddove  l'imputato  scelga  di  rendere  dichiarazioni
  involgenti  responsabilita'  altrui,  l'esercizio  del  diritto  al
  silenzio nel caso di sottoposizione ad esame ai sensi dell'art. 210
  citato, si pone in contrasto con il diritto dell'accusato al vaglio
  delle fonti di accusa nella pienezza del contraddittorio, dovendosi
  conseguentemente ritenere che l'ambito costituzionalmente garantito
  del  diritto  al  silenzio  non  possa includere la facolta' di non
  rispondere per il dichiarante erga alios.
    Ritenere   in   senso   contrario  comporterebbe  l'inaccettabile
  sacrificio dei principi del libero convincimento del giudice, della
  funzione  conoscitiva  del  processo,  dell'indefettibilita'  della
  giurisdizione e dell'obbligatorieta' dell'azione penale.
    Rilevato,   infine,   che   la  questione  sollevata,  involgendo
  esclusivamente    le   sopracitate   posizioni   processuali,   con
  riferimento  al  capo 2) della rubrica, impone la separazione degli
  atti  relativi  alle  stesse,  limitatamente a tale capo, potendosi
  pervenire  a  decisione  relativamente  agli altri imputati ed alle
  altre ipotesi in contestazione, per le quali la sollevata questione
  e' irrilevante.