Ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato.
    Letti  gli  atti  del  procedimento  penale a carico del deputato
  Maurizio  Gasparri  indagato in ordine al delitto di cui agli artt.
  595,  commi  1  e  3, del codice penale e 13 della legge 8 febbraio
  1948,  n. 47  (Disposizioni  sulla  stampa), per aver, nel contesto
  dell'intervista  apparsa sul quotidiano "Il Giornale" nell'edizione
  del  14  agosto  1998,  offeso  la  reputazione  del  dr. Giancarlo
  Caselli,  procuratore  della  Repubblica  presso  il  tribunale  di
  Palermo,  del  dr. Vittorio  Aquilo',  avvocato  generale presso la
  Corte   di  appello  di  Palermo,  del  dr.  Antonio  Ingroia,  del
  dr. Giovanni  Di  Leo  e  della  dott.ssa  Lia  Sava, magistrati in
  servizio   presso  la  indicata  procura  della  Repubblica,  tutti
  all'epoca  appartenenti  al "pool" che si occupava delle indagini a
  carico del dr. Luigi Lombardini;
    Rilevato  che  con  atto  presentato  in  data 14 novembre 1998 i
  predetti  magistrati  proponevano  querela,  oltre che a carico del
  direttore del quotidiano "Il Giornale", Mario Cervi, e degli autori
  degli articoli dal titolo "Tra le doghe e' scontro (per fortuna)" -
  "Il   burattinaio  cercatelo  alla  Camera"  e  "Occhio  ai  nastri
  manipolati",  anche  nei confronti dell'onorevole Maurizio Gasparri
  in  relazione  alle  dichiarazioni  da  questi rilasciate nel corso
  della citata intervista;
    Che  in  proposito  i  querelanti evidenziavano che mediante tale
  intervista  si era propalata la tesi che i magistrati della procura
  di  Palermo,  nell'esercizio  delle loro funzioni, avrebbero potuto
  manipolare i nastri della registrazione dell'interrogatorio del dr.
  Lombardini,  avendo  condotto  l'inchiesta  in  modo  anche  troppo
  disinvolto  e  che  quindi  avrebbero  avuto  l'interesse  a celare
  eventuali  comportamenti  illegali posti nei confronti dello stesso
  Lombardini.

    L'onorevole  Gasparri  nell'intervista  in questione avrebbe, tra
  l'altro, affermato:
    "Attenzione i nastri che la procura di Palermo spedira' al C.S.M.
  potrebbero  venire  manipolati ... Mi sembra che l'intera inchiesta
  sia stata condotta in maniera anche troppo disinvolta. Perche', per
  esempio l'avv. Concas si era allontanato dall'ufficio di Lombardini
  al  momento del suicidio? Molti punti devono essere chiariti e solo
  un attento esame dei nastri potra' darci le risposte che cerchiamo.
  Ma,  visti i precedenti, esiste la possibilita' che quelle cassette
  possono  essere  ritoccate  dalla  procura  di  Palermo. Potrebbero
  essere  cancellate  alcune  parti  importanti  ...  E' tanto facile
  riprodurre una cassetta ...");

    Rilevato  che  la Camera dei deputati, nella seduta del 17 giugno
  1999, ha approvato la proposta della giunta per la autorizzazioni a
  procedere  di  dichiarare  che  i  fatti per i quali e' in corso il
  procedimento  concernono  opinioni  espresse  dal deputato Gasparri
  nell'esercizio  delle  sue  funzioni,  ai  sensi  del  primo  comma
  dell'art. 68 della Costituzione;
    Che  con  atto  in  data  28 febbraio 2000 il pubblico ministero,
  previo  stralcio  della  posizione  dell'on.  Maurizio Gasparri, ha
  avanzato  richiesta  di  archiviazione,  posto che "va applicata la
  causa di "inimputabilita' di cui all'art. 68 della Costituzione";
    Che  con  memoria  depositata in data 25 marzo 2000 la difesa dei
  querelanti  ha chiesto di "promuovere conflitto di attribuzioni fra
  poteri   dello  Stato,  demandando  alla  Corte  costituzionale  il
  controllo  sul  corretto  esercizio  del  potere,  riconosciuto  al
  Parlamento,   di   valutare   la  condotta  addebitata  ad  un  suo
  componente";
    Ritenuto  che  le  conclusioni prospettate dal pubblico ministero
  non possano allo stato essere condivise e che di conseguenza questo
  giudice  deve  procedere  alla fissazione dell'udienza ex art. 409,
  secondo  comma,  c.p.p.,  che prevede un'ipotesi di contraddittorio
  nel caso di richiesta di archiviazione non accoglibile;
    Ritenuto  che alla deliberazione adottata dal ramo del Parlamento
  di appartenenza dell'indagato con cui si riconosce l'applicabilita'
  dell'art.  68  Cost.,  sia  coessenziale l'effetto inibitorio della
  prosecuzione  del  procedimento  o  dell'emissione di una pronuncia
  giudiziale  difforme,  salvo  il  controllo  che  il  giudice  puo'
  promuovere  con  il  mezzo del conflitto di attribuzioni tra poteri
  dello  Stato  (cfr.  sent.  Corte  cost. nn. 129 del 1996, 1150 del
  1998, 265 del 1997);
    Ritenuto  che nella fattispecie il potere valutativo di cui sopra
  non sia stato legittimamente esercitato dalla Camera dei deputati a
  motivo  della  mancanza  assoluta  di  nesso  tra  le dichiarazioni
  espresse  nel corso di un'intervista giornalistica e la funzione di
  parlamentare  rivestita  dal  deputato  Gasparri  e quindi a motivo
  dell'insussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 68,
  primo comma Cost.
    Tanto  premesso,  deve subito osservarsi che l'iter argomentativo
  della  relazione della giunta approvata dall'assemblea parlamentare
  si   fonda   sul   fatto  che  "le  frasi  proferite  dal  deputato
  costituiscono  un giudizio ed una critica di natura sostanzialmente
  politica  su  fatti  e  circostanze  che  all'epoca erano al centro
  dell'attenzione   dell'opinione   pubblica  nonche'  del  dibattito
  politico-parlamentare   ...   cio'   sia  pure  in  assenza  di  un
  collegamento  specifico  con  atti  o  documenti  parlamentari, che
  comunque   deve   ritenersi   implicito,  attesa  l'ampiezza  e  la
  diffusione  che  ebbe a suo tempo la discussione tanto sugli organi
  di stampa quanto, in generale, nel dibattito politico".
    Tale  deliberazione  da'  quindi  erroneamente  per  scontato  il
  superamento    del    problema    dell'estensione    dell'area   di
  insindacabilita'    dell'esercizio   delle   funzioni   tipicamente
  parlamentari  o  para-parlamentari  allo  svolgimento  di attivita'
  politica  anche  genericamente  intesa  e  non  funzionale  ed alla
  stregua   di   tale  infondata  impostazione  giunge  a  ricondurre
  nell'ambito "della critica di natura sostanzialmente politica ed in
  presenza   di   un   collegamento  implicito  con  atti  di  natura
  parlamentare" (non meglio specificati) le dichiarazioni (rilasciate
  dall'onorevole  Gasparri nel contesto di un'intervista non riferita
  ne'  all'esercizio  di  funzioni  ispettive del parlamentare ne' ad
  alcuna  specifica  attivita'  da  lui svolta nel settore) in cui si
  formulano affermazioni ed insinuazioni di estrema gravita' a carico
  del  procuratore  della  Repubblica  di  Palermo  ed  altri quattro
  magistrati dello stesso ufficio.
    In proposito e' sufficiente richiamare la costante giurisprudenza
  costituzionale,  secondo  cui  "la  prerogativa di cui all'art. 68,
  primo  comma,  della  Costituzione,  non  copre  tutte  le opinioni
  espresse  dal  parlamentare  nello  stesso  svolgimento  della  sua
  attivita'  politica  in  senso lato, ma solo quelle legate da nesso
  funzionale  con  le attivita' svolte nella qualita' di membro delle
  Camere"  (sentenze  nn. 375/1997, 289/1998, 329 e 417/1999), con la
  precisazione  che quelle espresse, "al di fuori dai compiti e dalle
  attivita' propri delle assemblee (nel corso dei lavori della Camera
  e  dei  suoi  vari  organi,  in  occasione dello svolgimento di una
  qualsiasi  fra  le  funzioni  svolte  dalla Camera medesima, ovvero
  manifestate in atti, anche individuali, costituenti estrinsecazione
  delle   facolta'   proprie   del   parlamentare  in  quanto  membro
  dell'assemblea),  rappresentano  piuttosto esercizio della liberta'
  di  espressione comune a tutti i consociati e come tali ad esse non
  puo'   estendersi,   senza   snaturarla,   una   immunita'  che  la
  Costituzione   ha  voluto,  in  deroga  al  generale  principio  di
  legalita'   e  di  giustiziabilita'  dei  diritti,  riservate  alle
  opinioni   espresse   nell'esercizio   delle   funzioni"  (sentenza
  n. 10/2000).
    La  Corte  costituzionale ha piu' volte ribadito che il requisito
  della  connessione (da "qualificarsi non come semplice collegamento
  di  argomento  fra  attivita' parlamentare e dichiarazione, ma come
  identificabilita'  della  dichiarazione stessa quale espressione di
  attivita'  parlamentare") tra le opinioni espresse dal parlamentare
  e   l'esercizio   delle   relative  funzioni  (e  non  il  generico
  collegamento   con  l'attivita'  politica  intesa  in  senso  lato)
  costituisce   l'indefettibile  presupposto  di  legittimita'  della
  deliberazione    parlamentare    di    insidacabilita'    (sentenze
  nn. 329/1999, 10 e 11/2000).
    Puo'  quindi  concludersi che, secondo la costante giurisprudenza
  costituzionale,    la   riferibilita'   dell'atto   alle   funzioni
  costituisce   il  discrimine  fra  l'insieme  delle  dichiarazioni,
  giudizi   e   critiche   ricorrenti   nell'attivita'  politica  dei
  parlamentari  e le opinioni che godono della prerogativa attribuita
  dall'art.  68  della  Costituzione, e che la funzione parlamentare,
  pur  svolgendosi  per  sua  natura  in forma anche libera, non puo'
  coincidere con l'intera attivita' politica del membro delle Camere.
    Sulla base di detti principi e criteri si deve riconoscere che la
  condotta addebitabile all'onorevole Gasparri, astrattamente idonea,
  nella  sua specificita' e gravita', ad integrare un illecito, esula
  dall'esercizio   delle   funzioni   parlamentari   e  non  presenta
  oggettivamente   alcun   legame   con   atti  parlamentari  neppure
  nell'accezione  piu'  ampia  e  come  tale dovrebbe rientrare nella
  cognizione  riservata,  anche  in  forza di precetti costituzionali
  (artt. 24, 101 e 102), al sindacato giurisdizionale a meno di voler
  trasformare  di  fatto  la  prerogativa  di  cui all'art. 68, primo
  comma,  della  Costituzione  da  strumento di tutela dell'autonomia
  delle Camere a privilegio di deputati e senatori.
    Di  conseguenza  sembra  necessario  a  quanto  giudice sollevare
  conflitto   di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato,  conflitto
  ammissibile  sia  sotto  il  profilo  soggettivo (questo giudice e'
  l'organo   competente   a   decidere,  nell'ambito  delle  funzioni
  giurisdizionali   attribuite,   sulla   asserita  illeceita'  della
  condotta  oggetto  delle  doglianze  dei  querelanti  e  quindi  "a
  dichiarare  la  volonta' del potere cui appartiene, in posizione di
  piena  indipendenza  garantita  dalla  Costituzione":  cfr.  fra le
  altre, ordinanze Corte cost. n. 60 del 1999; nn. 469, 407, 262, 254
  del  1998),  sia  sotto  quello  oggettivo, trattandosi nel caso di
  specie   della   sussistenza  dei  presupposti  per  l'applicazione
  dell'art.  68,  primo  comma,  Cost., e della lesione della propria
  sfera    di    attribuzioni   giurisdizionali,   costituzionalmente
  garantita,  giacche'  illegittimamente  menomata  dalla  suindicata
  deliberazione della Camera dei deputati.