IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza, sul ricorso n. 87/1999 R.G. proposto da Macri' Giuseppe, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Licastro ed elettivamente domiciliato in Reggio Calabria, via Acri, presso lo studio dell'avv. Falcone; contro la prefettura di Reggio Calabria, in persona del prefetto pro-tempore; rappresentata e difesa dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, presso il cui ufficio e' elettivamente domiciliata per legge, per l'annullamento del decreto prefettizio prot. n. 1839 - Sett. II - C/T del 15 settembre 1998 con il quale e' stata revocata al ricorrente la patente di guida cat. C n. RC5056079K rilasciata l'11 aprile 1998. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della prefettura di Reggio Calabria; Viste le memorie presentate delle parti; Vista l'ordinanza di questo tribunale amministrativo regionale n. 107/1999 con cui e' stata accolta la domanda incidentale di sospensione; Visti gli atti tutti della causa; Udito alla pubblica udienza del 26 gennaio 2000 il relatore Caterina Criscienti ed uditi, per le parti, l'avv. D. Licastro, e l'avv. dello Stato, A. Quattrone. F a t t o Con ricorso notificato il 28 dicembre 1998 Macri' Giuseppe ha chiesto l'annullamento del decreto prefettizio, indicato in premessa, con cui gli e' stata revocata la patente di guida in applicazione dell'art. 120, d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 (nuovo codice della strada) e, segnatamente, per il fatto di essere stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. per anni due, disposta dal tribunale di Reggio Calabria con provvedimento n. 191 del 19 novembre 1990, poi ridotta ad anni uno dalla Corte d'appello di Reggio Calabria. Avverso il predetto provvedimento il Macri' formulava i seguenti motivi di gravame: A) Violazione ed erronea applicazione della legge. Eccesso di potere sotto il profilo della manifesta ingiustizia con riferimento al diritto alla salute: il prefetto ha omesso di valutare che erano decorsi oltre sei anni dalla cessazione della misura di prevenzione, durante i quali egli aveva sempre tenuto una condotta regolare e che per le sue condizioni personali e di salute (e' pensionato ed ha subito qualche anno fa un intervento chirurgico al cuore) il documento di guida e' indispensabile per provvedere alle piu' elementari esigenze di vita; B) Carenza di motivazione del provvedimento impugnato. Dichiarata illegittimita' costituzionale dell'art. 120 c.d.s.: il decreto prefettizio e' generico e non tiene conto della sentenza della Corte costituzionale 21 ottobre 1998 n. 354, che ha sancito l'illegittimita' costituzionale del predetto art. 120. Si costituiva il prefetto di Reggio Calabria, contestando la fondatezza del ricorso e precisando, in ordine al profilo di illegittimita' costituzionale della normativa applicata, che l'art. 120 d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 e' stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 76 Cost., solo nella parte in cui prevede la revoca della patente di guida per coloro che sono stati sottoposti a misura di sicurezza, e non gia' per l'ipotesi di pregressa sottoposizione a misura di prevenzione, e che in ogni caso detta norma e' stata ormai sostituita dall'art. 5 d.P.R. 19 aprile 1994 n. 575, sicche' il ricorso sarebbe inammissibile per omessa impugnativa della norma regolamentare. In esito all'udienza del 27 ottobre 1999 il tribunale pronunciava ordinanza istruttoria ed all'udienza del 26 gennaio 2000, acquisiti i documenti ed i chiarimenti richiesti, la causa e' stata posta in decisione. D i r i t t o 1. - Macri' Giuseppe, odierno ricorrente, e' stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale dal 5 dicembre 1990 al 4 dicembre 1991. In data 15 settembre 1998 il prefetto di Reggio Calabria, premesso di aver ricevuto comunicazione dal Ministero competente che in data 11 aprile 1998 al Macri' era stata rilasciata la patente di guida, provvedeva a revocargliela in ragione della pregressa sottoposizione a misura di prevenzione. Esclusa la fondatezza dei motivi di gravame proposti, atteso che nell'attuale formulazione dell'art. 120, c.d.s. la revoca della patente per sottoposizione, attuale o pregressa, a misura di prevenzione e' atto vincolato, il collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 120 cit, nella parte in cui prevede la revoca della patente nei confronti di coloro che sono stati sottoposti a misura di prevenzione, questione che solleva d'ufficio in relazione all'art. 76 Cost. La questione e' rilevante perche' - come gia' detto - la revoca impugnata e' stata disposta nei confronti del Macri' appunto perche' sottoposto in passato a misura di prevenzione, senza che sia intervenuto alcun provvedimento riabilitativo. 2. - Prima di vagliare la non manifesta infondatezza della questione, e', tuttavia, indispensabile premettere alcune considerazioni in ordine alla genesi e all'esatta natura della norma di cui si discute. L'art. 120, cosi' come formulato dal d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, nello stabilire i requisiti morali per ottenere il rilascio della patente di guida, prevedeva, tra l'altro, che "non possono ottenere la patente di guida i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione prevista dalla legge 27 dicembre 1956 n. 1423, come sostituita dalla legge 3 agosto 1988 n. 327, nonche' dalla legge 31 maggio 1965 n. 575, cosi' come successivamente modificata e integrata, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi". Il successivo art. 130 prevedeva poi, tra le ipotesi di revoca della patente, il caso in cui "il titolare non sia piu' in possesso dei requisiti morali previsti dall'art. 120". Con la sentenza n. 354 del 14/21 ottobre 1998 la Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalita' del combinato disposto degli articoli sopra richiamati, nella parte in cui prevedono la revoca del documento di guida per coloro che sono stati sottoposti a misura di sicurezza, per violazione dell'art. 76 della Costituzione, atteso che i principi ed i criteri direttivi posti in generale dalla legge 13 giugno 1991 n. 190, contenente la delega al Governo per la revisione delle norme concernenti la disciplina della circolazione stradale, non abilitavano il legislatore delegato a modificare in senso innovativo e restrittivo la normativa dettata in materia dalla precedente legislazione e contenuta nel d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393, che appunto prevedeva la revoca della patente nei confronti di coloro che fossero in atto sottoposti a misure di sicurezza, ma non nei confronti di coloro che lo erano stati in passato. Invero l'art. 120 d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 e' stato sostituito dall'art. 5 d.P.R. 19 aprile 1994 n. 575 (Regolamento recante la disciplina di procedimenti per il rilascio e la duplicazione della patente di guida di veicoli), che ha, comunque, lasciato sostanzialmente immutato la disposizione che qui interessa, continuando, infatti, a prescrivere la revoca della patente negli stessi casi previsti dall'originario art. 120, e, quindi, anche per coloro che "sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione ..., fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi". La questione sottoposta al vaglio della Corte era stata in effetti prospettata dal giudice rimettente (tribunale amministrativo regionale, Campania, Napoli, 24 giugno 1997 n. 680, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie speciale, 15 ottobre 1997 n. 42) con riguardo all'art. 120, sia nel testo anteriore che in quello successivo alla sostituzione con l'art. 5, primo comma, d.P.R. 19 aprile 1994 n. 575, nel presupposto della sostanziale identita' di disciplina dei casi di indegnita' morale e, quindi, di revoca della patente di guida. La Corte ha, tuttavia, pronunciato l'illegittimita' solo del testo previgente, dichiarando inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 120, come sostituito dall'art. 5 cit, per difetto di rilevanza della "nuova" norma nel giudizio a quo, atteso che il provvedimento di revoca della patente, sulla cui legittimita' il tribunale amministrativo regionale a quo doveva pronunciarsi, era stato emesso il 12 aprile 1995, ossia dopo l'emanazione del citato regolamento, ma prima della sua entrata in vigore, avvenuta il successivo 1o ottobre. 3. - Nel caso che ci occupa il decreto prefettizio avversato e' stato adottato certamente dopo l'entrata in vigore del d.P.R. n. 575/1994, ma il Collegio ritiene che l'apparente veste non legislativa della disposizione che viene in rilievo non sia - contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa erariale - di ostacolo alla sua sindacabilita' in sede di giudizio costituzionale per le ragioni che qui di seguito si esporranno. Il d.P.R. 19 aprile 1994, n. 575 e' stato emanato in forza della delega regolamentare contenuta nell'art. 2, comma 7, legge 24 dicembre 1993, n. 537, che sollecitava l'adozione di "norme di regolamentazione dei procedimenti amministrati", previsti da alcune leggi elencate in un apposito allegato, in conformita' ad una serie di criteri e principi guida, specificati nel comma 9, lett. a)-h) (semplificazione dei procedimenti, in modo da ridurre il numero delle fasi procedimentali e delle amministrazioni intervenienti, previsioni di atti di concerto e d'intesa, riduzione dei termini per la conclusione del procedimento, regolazione uniforme dei procedimenti dello stesso tipo, ecc.). Il comma 8 specificava poi che "le norme, anche di legge, regolatrici dei procedimenti indicati al comma 7 sono abrogati con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui al medesimo comma 7". E cosi', nella materia che qui interessa, e' accaduto che l'art. 5 d.P.R. n. 575/1994 ha regolamentato ex novo il procedimento per la revoca della patente (v. art. 120, secondo comma), sia pur operando una riscritturazione dell'intera norma, che ha pero' lasciato immutata nella parte di carattere sostanziale, attinente alle condizioni soggettive che possono dar luogo alla revoca della patente da parte del prefetto, che continua, infatti, a prescrivere: "la patente di guida e' revocata dal prefetto ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza e a coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione ..., fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi, nonche' alle persone condannate a pena detentiva, non inferiore a tre anni, quando l'utilizzazione del documento di guida possa agevolare la commissione di reati della stessa natura". E che nessuna innovazione sostanziale il d.P.R. n. 575/1994 poteva operare e' detto chiaramente nel parere reso dal Consiglio di Stato sullo schema originario del testo regolamentare, che addirittura prevedeva proprio l'eliminazione dei casi di diniego della patente ai sottoposti - in atto o in precedenza - alle misure di sicurezza e finanche ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza nonche' ai condannati a pena detentiva non inferiore ai tre anni. Il Consiglio di Stato ha, infatti, rilevato che l'eliminazione delle disposizioni in parola si collocava al di fuori dell'area consentita dalla delega regolamentare ex art. 2, co. 7, legge n. 537/93, trattandosi di innovazioni sostanziali e non solamente procedimentali. Ne discende, a giudizio di questo tribunale, che la clausola abrogativa contenuta nell'art. 2, comma 8, cit. deve intendersi rigorosamente limitata alle norme regolatrici del procedimento tendente alla revoca della patente, mentre la disposizione di carattere sostanziale di cui al primo comma, attinente cioe' ai presupposti per disporre la revoca, benche' riscritta dal d.P.R n. 575/1994, deve ricondursi all'originario testo del 1992. In altri termini, al di la' della formale sostituzione dell'intera norma ad opera del testo regolamentare, nell'art. 120 c.d.s. coesistono elementi risultanti da atti aventi valore di legge, quale il primo comma, ed elementi introdotti da atti aventi valore secondario, quali quelli concernenti il vero e proprio procedimento finalizzato alla revoca. 4. - Le superiori considerazioni trovano, peraltro, conforto nei numerosi obiter dicta contenuti nella menzionata sentenza della Corte costituzionale. Il giudice delle leggi, infatti, prima di escludere dal giudizio di costituzionalita', per le ragioni esposte sub 1/2 2, la disposizione contenuta nell'art. 5 d.P.R. n. 575/1994, "sostitutiva" dell'originario art. 120 c.d.s., ha accennato alle problematiche nascenti dalla successione nel tempo delle due versioni dell'art. 120, contenute, la prima, in una disposizione avente valore di legge e, la seconda, in un atto regolamentare. Oltre al problema, piu' generale, della "sindacabilita' in sede di giudizio costituzionale delle norme, gia' legislative, conferite tramite "delegificazione all'ambito di competenza dell'esecutivo", la Corte ha efficacemente sottolineato i dubbi esistenti sul "valore normativo da attribuirsi alla disposizione contenuta nel regolamento, nella parte in cui indica le condizioni sostanziali della revoca della patente (materia non soggetta a "delegificazione a norma dell'art. 2, comma 7, della legge n. 537 del 1993)" e sulla "operativita', in relazione a tale parte "sostanziale della disposizione "delegificata della clausola abrogativa dell'originario art. 120 del codice della strada, contenuta nell'art. 2, comma 8, della legge n. 537 del 1993". Ulteriori conferme al ragionamento seguito da questo giudice (gia' espresso nelle decisioni 10 marzo 1999 n. 310 e 11 novembre 1999 n. 1402) si rinvengono nell'ordinanza n. 230 del 7/11 giugno 1999 della Corte costituzionale, di restituzione degli atti al giudice a quo che aveva sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 120 cit., questa volta nel testo sostituito dall'art. 5 d.P.R. n. 575/1994, prima della decisione di incostituzionalita' n. 354/1998. Nel rimettere gli atti la Corte ha invitato il giudice remittente a valutare, ancor prima della sottoponibilita' al giudizio della Consulta di norme contenute in atti regolamentari adottati alla stregua dell'art. 17, comma 2, legge n. 400/1988, " i rapporti tra le norme aventi forza di legge e le disposizioni regolamentari che le riproducono in atti di "delegificazione , fuori della materia che la legge ... ha previsto come suscettibile della "delegificazione stessa, e quindi di considerare le conseguenze della predetta dichiarazione d'incostituzionalita' dell'art. 120, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, sulla norma denunciata, contenuta nell'art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 757 del 1994". Deve, quindi, concludersi che, contrariamente all'orientamento espresso dall'Avvocatura dello Stato, la norma su cui si fonda il provvedimento impugnato non ha natura regolamentate, ma legislativa e, dunque, la sua illegittimita' deve essere fatta valere innanzi alla Corte costituzionale. 5. - Cio' chiarito, il collegio ritiene che l'art. 120 sia costituzionalmente illegittimo per eccesso di delega, per le medesime ragioni gia' condivise dalla Corte, nella sentenza n. 354/1998, rispetto alla previsione della revoca della patente di guida nei confronti di soggetti non piu' in atto sottoposti a misura di sicurezza. L'art. 2, lett. t) della legge n. 190/1991, nel fissare i criteri ed i principi direttivi concernenti la potesta' revocatoria, dispone: "riesame della disciplina del ritiro, della sospensione e della revoca della patente di guida, anche con riferimento ai soggetti sottoposti a misure di sicurezza personale e a misure di prevenzione". Considerato che neppure la legislazione previgente (artt. 82 e 91 d.P.R 15 giugno 1959 n. 393) prevedeva la revoca del documento di guida per coloro che avevano gia' interamente scontato una misura di prevenzione, l'innovazione introdotta con la legge delegata doveva potersi giustificare solo se contemplata nei principi e criteri direttivi della legge di delegazione. Ma come si evince dal tenore della norma sopra riportata e, piu' in generale, dall'intera legge di delegazione - volta a consentire al Governo solo una revisione ed un riordino della legislazione gia' vigente, la quale rimane, quindi, la ineliminabile base di partenza dell'attivita' delegata (in termini ancora Corte cost., n. 354/1998, che ha respinto la questione di legittimita' costituzionale della legge di delegazione, sollevata sempre con riferimento all'art. 76 Cost.) - una simile indicazione non e' dato rinvenire. Deve allora concludersi, analogamente a quanto rilevato dal giudice delle leggi rispetto alle misure di sicurezza, che il legislatore delegato non era abilitato a modificare in senso innovativo e restrittivo la disciplina dettata in materia dalla precedente legislazione, con la conseguenza che la norma che viene in rilievo nel presente giudizio viola la legge di delegazione e, per essa, l'art. 76 della Costituzione.