IL TRIBUNALE

    Ha  pronunziato  la  seguente  ordinanza  nel procedimento penale
  contro:  Filipazzi  Sergio,  nato  a  Roccavione il 15 maggio 1949,
  residente  ed  elettivamente  domiciliato  ex  art. 161  c.p.p.  in
  Roccavione, via della Pace n. 6 - imputato:
        A) del reato di cui all'art. 20 lett. a) legge n. 47/1985 per
  aver,  in  concorso  con  Pettavino  Giuseppina e Ballare' Franco -
  Pettavino  committente,  Filipazzi  esecutore, Ballare' direttore -
  eseguito  lavori  edilizi in parziale violazione delle prescrizioni
  della concessione (leggero ampliamento: modifiche rampe ed apertura
  di autorimessa) in agro di Limone sino all'11 luglio 1997;
        B) - contestato   al   dibattimento   -   del  reato  di  cui
  all'art. 20  legge n. 47/1985 citato con riferimento agli artt. 1 e
  1-sexies  legge  n. 431/1985,  81 e 2 c.p., nonche' artt. 138 e 146
  comma 5  lett. c)  e  artt. 149  - 151 e 163 comma 1 e 2 del d.lgs.
  29 ottobre  1999  n. 490,  concernente  il  t.u. delle disposizioni
  legislative  in  materia  di  beni  culturali ed ambientali a norma
  dell'art. 1 della legge 8 ottobre 1997 n. 352, per avere realizzato
  le  opere di cui al capo A) in zona sottoposta a vincolo ambientale
  e  paesaggistico, ad una distanza inferiore a metri 150 dal rio San
  Giovanni,  senza la prescritta autorizzazione regionale - in Limone
  Piemonte sino all'11 luglio 19997 -.
                     Il giudice del dibattimento
    1. - Rilevato   che   Filipazzi   Sergio  deve  rispondere  della
  contestazione  dei  concorrenti  reati  in epigrafe, relativi ad un
  unico  fatto  di  abuso  edilizio  realizzato  in  Comune di Limone
  Piemonte, in zona sottoposta a tutela paesaggistica ex art. 1 legge
  8 agosto 1985 n. 431 (ora art. 146 comma 1 lett. c) t.u. 29 ottobre
  1999 n. 490;
    2. - Constatato che, nel corso del procedimento, e' sopravvenuto,
  riguardo  alle medesime opere oggetto di contestazione, il rilascio
  della  concessione  edilizia  in  sanatoria,  emessa  dal Comune di
  Limone  Piemonte  in  data  5 maggio  2000  al  numero  9/2000, per
  accertamento  di  conformita'  ai  sensi  degli artt. 13 e 22 della
  legge 28 febbraio 1985 n. 47;
    3. - Rilevato  che,  per espressa previsione di legge (artt. 13 e
  22  legge 28 febbraio 1985 n. 47), al rilascio della concessione in
  sanatoria   per  accertamento  di  conformita'  consegue  l'effetto
  estintivo   dei   reati   contravvenzionali  previsti  dalle  norme
  urbanistiche,  e  che,  pertanto,  riguardo all'imputazione sub a),
  l'imputato e' stato prosciolto per l'estinzione del reato;
    4. - Considerato    che,    per    quanto,    invece,    relativo
  all'imputazione sub b), questa non e' influenzata dall'estinzione a
  seguito   della   sanatoria,   sulla  base  dell'esplicito  dettato
  normativo  e  della  ripetuta  applicazione giurisprudenziale (cfr.
  Cass., III pen, 25 marzo 1998 - Mazza);
    5. - Ritenuto  che tale disparita' di valutazione - ai fini della
  concreta  applicazione  della  sanzione penale - del medesimo fatto
  sotto il profilo di norme qualificative di concorrente applicazione
  motivi   la   non   manifesta   infondatezza   della  questione  di
  legittimita'   costituzionale  degli  artt. 13  e  22  della  legge
  28 febbraio 1985 n. 47, nella parte in cui non si estende l'effetto
  estintivo   della  sanzione  penale  al  reato  contestato  sub b),
  apparendo   potenzialmente   ingiustificata   ed  irragionevole,  e
  confliggente  quindi  con l'art. 3 primo comma Cost., la disparita'
  di   trattamento   cui   sono  apparentemente  sottoposte  analoghe
  situazioni   accertative   ex   post  dell'intrinseca  legittimita'
  dell'attivita'  edilizia,  sotto il duplice profilo della normativa
  urbanistica e di quella di tutela ambientale.
    6. - Ritenuto, al riguardo:
        a) che  la  Corte  costituzionale, con la sentenza numero 370
  del  1988  resa  nella  materia  in  esame, aveva gia' affermato la
  natura  particolare  dell'estinzione dei reati urbanistici prevista
  dal  combinato disposto dagli artt. 13 e 22 della legge n. 47/1985,
  risolventesi   in   un   accertamento  dell'inesistenza  del  danno
  urbanistico,  e  quindi dell'antigiuridicita' sostanziale del fatto
  reato urbanistico;
        b) che  tale accertamento ex post di legittimita' sostanziale
  non puo' diversamente atteggiarsi sul piano della norma urbanistica
  rispetto a quello della tutela ambientale, attesa la prevalenza del
  bene  oggetto  della protezione di quest'ultima (anche di immediata
  rilevanza  costituzionale  ex  art. 9  secondo  comma  Cost.) sulla
  valutazione organizzativo-strumentale della gestione del territorio
  oggetto  della norma urbanistica; prevalenza che trova espressione,
  per  un  verso,  nell'art. 7 n. 5) della L.U. n. 1150/1942, laddove
  l'indicazione   dei   vincoli  di  natura  "storica,  ambientale  e
  paesistica" e' compresa tra i contenuti "essenziali" dei P.R.G., e,
  per altro, e sotto un profilo procedimentale, nell'art. 25 del R.D.
  3 giugno 1940 n. 1357 (che non risulta interessato dall'abrogazione
  di  cui  all'art. 166  T.U.  n. 490/1999), che inibisce il rilascio
  della  concessione  edilizia  su aree vincolate senza il preventivo
  favorevole  avviso  dell'autorita' preposta alla tutela del vincolo
  paesaggistico;
        c) che,  pertanto, sembra doversi escludere che la situazione
  di "legittimita' sostanziale" presupposta dalla norma ai fini della
  sanatoria  "a regime" di tipo urbanistico di cui agli artt. 13 e 22
  legge   n. 47/1985   possa  prescindere  dall'accertamento  di  una
  equivalente   situazione   di   insussistenza  di  antigiuridicita'
  oggettiva  anche  sotto  il  profilo  della  tutela  paesaggistica,
  sicche'      risulta     intrinsecamente     contraddittoria     ed
  ingiustificatamente  sperequata la scelta implicita del legislatore
  di  assegnare  alla  prima effetti estintivi della sanzione penale,
  altrimenti  correlata  all'illecito,  e  di  conservare, invece, la
  sanzionabilita'  penale  dello  stesso  fatto  agli  effetti  della
  seconda  norma,  pur  sussistendone  il  medesimo  accertamento  di
  liceita' sostanziale.
    7. - Considerato  che  la  questione  di  costituzionalita' della
  quale  si  dubita  non  sembra  potersi  ritenere gia' affrontata e
  negativamente  risolta  dalla  Corte costituzionale con l'ordinanza
  30 aprile  1999  n. 149,  con  la  quale  si  dichiara la manifesta
  infondatezza dell'analoga questione posta in relazione alla mancata
  previsione,  in  seno all'art. 22 legge n. 47/1985, dell'estinzione
  dei  reati  previsti  dalla  normativa sulle costruzioni in cemento
  armato e da quella sulle costruzioni in zona sismica, posto che:
        a) il  profilo di illegittimita' costituzionale che viene ora
  sottoposto  al  giudizio  della  Corte  discende dall'analisi della
  contraddittorieta'  intrinseca della norma dipendente dal combinato
  disposto  degli artt. 13 e 22 legge n. 47/1985, citato, e non tanto
  dalla  constatazione del diverso meccanismo estintivo previsto, per
  le violazioni collaterali a quelle propriamente urbanistiche, dalla
  procedura  di  condono  di  cui  al  capo IV della legge n. 47/1985
  medesima, e nelle corrispondenti disposizioni dell'art. 39 comma 17
  della  legge  23 dicembre 1994 n. 724 e art. 2 comma 50 della legge
  23 dicembre  1996  n. 662;  procedura  di condono, della quale sono
  state   dalla   Corte   medesima  sottolineate  le  caratteristiche
  differenziali   (in  qualche  modo  legate  alla  temporaneita'  ed
  all'emergenzialita'   della   previsione   specifica)  rispetto  al
  meccanismo  della sanatoria "a regime": il che, tuttavia, non elide
  pienamente  le  perplessita'  di  equita' sostanziale destate dalla
  scelta  del  legislatore  di  privilegiare condotte soggettivamente
  meno  meritevoli  (quelle di chi, perpetrato l'abuso, fruisce di un
  provvedimento   estemporaneo   di   sanatoria  anche  a  fronte  di
  fattispecie intrinsecamente illecite - come implicitamente ammesso,
  proprio  in  materia  di  aree  vincolate,  dalla  previsione della
  sussistenza,    anche    dopo   la   sanatoria,   dell'obbligazione
  risarcitoria   di   cui  all'art. 2  comma 46  legge  n. 662/1996),
  rispetto  alle condotte di chi spontaneamente chiede l'accertamento
  della  legittimita' sostanziale dell'attivita' urbanistico-edilizia
  intrapresa;
        b)  la citata pronuncia della Corte si riferiva, poi, a norme
  sanzionatorie poste a presidio di attivita' solo occasionalmente ed
  estrinsecamente   connesse   con  la  trasformazione  edilizia  del
  territorio,   ed   operanti,   pertanto,  su  piani  formalmente  e
  sostanzialmente  differenti; norme rispetto alla cui osservanza, in
  effetti,  l'accertamento  di  liceita'  sostanziale implicato dalla
  concessione in sanatoria sotto il profilo urbanistico-edilizio, non
  poteva avere alcun riflesso a sua volta convalidante;
        c) per  tali ragioni, non sembra "esportabile" alla specie in
  esame  l'osservazione,  allora  fatta  propria  dalla Corte, che la
  statuizione  dell'effetto estensivo dell'estinzione della rilevanza
  penale  delle  sanzioni,  a  seguito  della  sanatoria  "a regime",
  avrebbe  comportato  che si potesse fare a meno, in via permanente,
  ed  anche  per  il  futuro,  delle  specifiche  procedure attinenti
  all'idoneita' statica delle opere in cemento armato e alle opere in
  zona  sismica;  posto  che  nessuno  dubita  che,  per  la presenza
  dell'ordinamento  della  norma  "a regime" dell'art. 13 della legge
  n. 47/1985,  si  possa  "fare  a  meno"  delle  procedure intese al
  rilascio   della   concessione   edilizia,  essendo  l'effetto  del
  combinato  disposto  dei  detti  artt. 13  e  22  legge  n. 47/1985
  soltanto  quello  di  abbandonare  una pretesa punitiva penale - di
  particolare  severita', a causa degli elevati limiti edittali delle
  pene  previste - che non troverebbe piu' adeguato fondamento in una
  situazione  sostanziale  della  quale  e'  stata accertata la piena
  liceita',   e  cio',  ripetesi,  tanto  agli  effetti  della  norma
  urbanistica  che  di  quella  di  tutela  paesaggistica, quando con
  quella concorrente.
    8. - Ritenuto che, per le osservazioni svolte, la rilevanza della
  questione  e' intrinseca al processo a quo, comportando, in caso di
  accoglimento, il proscioglimento dell'imputato.