IL GIUDICE DI PACE
    A scioglimento della riserva che precede,
                          Osserva in fatto
    Il   giorno  23  febbraio  2000,  in  Bologna,  il  signor  Rossi
  dott. Gabriele,  residente  a  Ravenna, via Barchiesi n. 28, veniva
  colto  dalla  Polizia  municipale alla guida della sua vettura Fiat
  Punto  tg.  AL  712  EH con la patente scaduta il 17 novembre 1999;
  conseguentemente,  con  verbale  n. 217754 gli veniva contestata la
  violazione  dell'art. 126  del  d.lgs.  n. 285/1992 e, con separato
  verbale   n. 16443,   la  Polizia  municipale  sottoponeva  la  sua
  autovettura  a  fermo amministrativo contestualmente incaricando la
  ditta  "Centro  dell'auto" quale depositaria a provvedere al traino
  presso la sua sede a Bologna.
    Con  ricorso  depositato  in  data  6 marzo 2000 il trasgressore,
  personalmente  rappresentato,  impugnava  entrambi  i  verbali  ma,
  sostanzialmente,   si   doleva   della  gravosita'  della  sanzione
  accessoria  e,  con  riferimento  alla  sua  situazione personale e
  famigliare,   lamentava  anche  il  particolare  accanimento  delle
  modalita'   di  attuazione  del  fermo  adottate  dagli  agenti  in
  quantocche'  il  giorno  della  violazione  non era solo ma aveva a
  bordo la moglie e il figlio, entrambi muniti di valida patente, che
  legittimamente avrebbero potuto mettersi alla guida della vettura e
  riportarla  a  Ravenna  tenendola cola' in stato di fermo o, quanto
  meno,  portarla  direttamente  dal  depositario  di  Bologna, cosi'
  evitando  le  spese per il traino. Inoltre, essendo egli dipendente
  dell'Enichem  presso  lo  stabilimento petrolchimico di Ravenna con
  orario di lavoro distribuito su turni anomali (dalle ore 8 alle 16;
  dalle  16  alle 24 e dalle 24 alle 8), sia per gli orari che per la
  localita'  da  raggiungere era costretto a utilizzare come mezzo di
  trasporto  la  propria vettura, non esistendo in quelle circostanze
  di ora e di localita' mezzi pubblici.
    Col   provvedimento   di   fissazione   dell'udienza   di   prima
  comparizione   al   27   giugno   2000  questo  giudice  sospendeva
  l'ordinanza opposta e disponeva la restituzione della vettura.
    Il  comune  di  Bologna  non  si  costituiva  ma depositava copia
  conforme   del   verbale   d'accertamento,  copia  fotostatica  del
  bollettino  di  versamento  della  somma  di  L. 242.400 pagata dal
  trasgressore   in   data  l7  aprile  2000  a  titolo  di  sanzione
  amministrativa   pecuniaria   oltre   una   nota  del  responsabile
  dell'ufficio  ricorsi  con cui, malgrado la mancata costituzione in
  giudizio, irritualmente chiedeva il rigetto del ricorso.
    All'udienza  del  27  giugno  2000 il ricorrente riferiva di aver
  rinnovato  la  patente  il giorno dopo all'accertamento, in data 24
  febbraio  2000, esibiva la ricevuta di L. 367.000 del 15 marzo 2000
  pagate  al  depositario  sia  per  il traino che per i 22 giorni di
  deposito;  sosteneva l'iniquita' di una normativa che attraverso la
  sanzione  accessoria  del  fermo colpiva il trasgressore a suo dire
  "in  buona  fede"  con  conseguenze  patrimoniali  irragionevoli se
  rapportate  all'entita'  della  sanzione  vera e propria e, siccome
  l'accertamento  era  fondato, per il caso di rigetto del ricorso in
  via  subordinata chiedeva che il fermo della vettura per i restanti
  28 giorni potesse continuare presso la sua abitazione a Ravenna.
                             M o t i v i
    Preliminarmente  lo  scrivente da' atto che la Polizia municipale
  ha  legittimamente  elevato  verbale  di  violazione  e inflitto la
  sanzione  amministrativa  accessoria  del  fermo amministrativo del
  veicolo  per la durata di due mesi (e cio' dicesi a prescindere, in
  questa  sede,  dalla  questione  del  luogo e del custode presso il
  quale depositare il veicolo fermato) essendo la violazione pacifica
  e  non  avendo gli agenti alcuna facolta' di riduzione della durata
  della sanzione accessoria, per cui, in ultima analisi, la decisione
  di    rigetto   dell'opposizione   non   potrebbe   non   riportare
  all'attualita'  la  prosecuzione  del  fermo  amministrativo  della
  vettura  per  il  residuo  periodo di 28 giorni, avendo l'art. 126,
  u.c. del c.d.s. stabilito la durata del fermo nella misura fissa di
  due mesi.
    Da  qui  la  rilevanza delle questioni di costituzionalita' della
  normativa  presupposta  che  si vanno a prospettare in relazione al
  giudizio de quo.
  Violazione dell'art. 76 della Costituzione per eccesso di delega
    L'art. 19,  comma  3,  del  d.lgs.  30  dicembre 1999, n. 507, ha
  sostituito il secondo periodo del comma 7, dell'art. 126, del d.lgs
  n. 285/1992, introducendo i due periodi seguenti:
        "alla   violazione   conseguono  le  sanzioni  amministrative
  accesorie  del  ritiro della patente e del fermo del veicolo per un
  periodo di due mesi;
        in  caso di reiterazione delle violazioni, in luogo del fermo
  amministrativo,  consegue  la  sanzione  accessoria  della confisca
  amministrativa del veicolo".
    La  legge  di  delega  25 giugno 1999 n. 205, art. 5, lettera d),
  stabiliva invece di:
        "d)  prevedere  per le violazioni di cui alle lettere a) e c)
  del presente comma e per quella prevista dall'art. 126 comma 7, del
  citato  decreto  legislativo  n. 285 del 1992, a titolo di sanzione
  amminitrativa accessoria, il sequestro del mezzo per un periodo non
  superiore  a  tre  mesi,  nonche',  in  caso  di reiterazione delle
  condotte, la confisca del mezzo".
    A  tale  precisa  indicazione  il  legislatore delegato non si e'
  attenuto,  ed  ha  introdotto  una  sanzione  accessoria  di natura
  diversa  e  negli  effetti  piu'  grave  di quella del sequestro in
  quantocche', secondo l'art. 19 della legge n. 689/1981, nel caso di
  sequestro   e   di  opposizione  all'autorita'  amministrativa,  la
  decisione deve essere "adottata con ordinanza motivata emessa entro
  il  decimo  giorno  successivo  alla  sua  proposizione.  Se non e'
  rigettata  entro  questo termine, l'opposizione si intende accolta.
  Anche  prima  che  sia  concluso  il  procedimento  amministrativo,
  l'autorita'  competente  puo'  disporre  la restituzione della cosa
  sequestrata,  previo pagamento delle spese di custodia, a chi prova
  di  averne  diritto  e  ne  fa istanza, salvo che si tratti di cose
  soggette a confisca obbligatoria".
    Nulla  di quanto previsto per l'ipotesi di sequestro del mezzo si
  rinviene,  invece,  relativamente al fermo amministrativo di durata
  prefissata.
    Infatti,    pur    potendo    l'interessato    proporre   ricorso
  amministrativo  al  prefetto  ai  sensi  dell'art. 214, comma 4 del
  c.d.s,  intanto  non e' previsto per tale fattispecie alcun termine
  breve   entro   il  quale  questi  debba  decidere  sotto  pena  di
  accoglimento  del  ricorso,  con  la  conseguenza  che  il prefetto
  legittimamente  potrebbe  emettere  ordinanza  -  di  rigetto  o di
  accoglimento  -  entro  il  termine  generale  di  180  giorni  cui
  all'art. 204,  comma  1  del  c.d.s.  in  tal modo vanificandosi la
  possibilita'  di  attenuazione  della  portata afflittiva del fermo
  ormai  interamente  consumato;  inoltre,  quand'anche  la  sanzione
  pecuniaria  prevista  per  la guida con patente scaduta fosse stata
  prontamente  pagata  e  la patente rinnovata entro pochi giorni, al
  Prefetto  sarebbe preclusa la facolta' di "disporre la restituzione
  della   cosa   -   non   sequestrata   bensi'  sottoposta  a  fermo
  amministrativo  -  anche  prima  che  sia  concluso il procedimento
  amministrativo".
    Ne  segue  che  mentre  per  il  caso di sequestro del veicolo e'
  consentito  al verbalizzato adire l'autorita' amministrativa e, nel
  caso  di  favorevole  accoglimento dell'istanza, rientrare in tempi
  brevi   nella  disponibilita'  del  mezzo,  nell'ipotesi  di  fermo
  amministrativo tale possibilita' gli e' preclusa.
    In  conclusione,  con  l'art. 19, comma 3, del d.lgs. 30 dicembre
  1999,  n. 507  il  legislatore  delegato ha introdotto una sanzione
  accessoria  di  natura  diversa e, sostanzialmente, piu' gravosa di
  quella  che doveva introdurre, cosi' violando l'art. 5, lettera d),
  della legge di delega 25 giugno 1999, n. 205.
Lesione  del  canone  generale  di  ragionevolezza e proporzionalita'
                     delle misure sanzionatorie
    La  censurata  disposizione  infligge il fermo amministrativo del
  veicolo per la durata di due mesi.
    E'   noto  che  le  sanzioni  amministrative  accessorie  possono
  arrecare   danni   economici   piu'  gravi  delle  stesse  sanzioni
  pecuniarie ed essere, comunque, portatrici di una carica afflittiva
  di  gran  lunga  superiore  cosicche'  il  legislatore,  laddove ne
  stabilisce   l'impiego,   non   potra'   andare  al  di  la'  della
  ragionevolezza  e  della  proporzionalita',  secondo un rapporto di
  stretta  connessione  con  la  realta'  della  situazione che detta
  sanzione  accessoria  va  a  determinare,  dovendo  evitare  che la
  situazione   afflittiva  finisca  per  diventare,  obbiettivamente,
  ingiusta,  cioe'  a  dire  disancorata  dalla  gravita'  del  fatto
  illecito  in  se'  considerato  e  sproporzionata  in rapporto alla
  sanzione principale o all'insieme delle altre sanzioni previste per
  le violazioni analoghe.
    La  Corte  costituzionale,  con  la sentenza n. 110/1996, ha gia'
  avuto modo di occuparsi sotto l'anzidetto profilo dell'art. 134 del
  c.d.s. e ne ha statuito l'illegittimita' costituzionale del secondo
  comma  nella  parte  in cui prevedeva, come sanzione accessoria, la
  confisca  del veicolo, in considerazione del fatto che in relazione
  alla  violazione  prevista  al primo comma tale sanzione accessoria
  era lesiva del canone di ragionevolezza oltre che sproporzionata.
    Orbene, dall'esame dell'art. 126, comma 7, del c.d.s. emerge che:
        a)  nessuna  discrezionalita'  viene  lasciata  all'autorita'
  amministrativa  nella  commisurazione  della  durata della sanzione
  accessoria;
        b) nessuna differenziazione di trattamento punitivo distingue
  l'ipotesi  del trasgressore colposo che paga la sanzione pecuniaria
  ed  opera  con sollecitudine rinnovando quanto prima la patente (il
  trasgressore  ha prodotto copia fotostatica della patente rinnovata
  effettivamente  il  giorno  dopo  la  violazione), da chi tiene una
  condotta   opposta   o,   nella  peggiore  delle  ipotesi,  da  chi
  consapevolmente  non  potrebbe ottenerne il rinnovo per perdita dei
  requisiti  prescritti,  differenze queste che l'art. 11 della legge
  n. 1689/1981  valorizza  per  il  caso  delle  sanzioni  accessorie
  facoltative;
        c)    alcuna   facolta'   di   valutazione   viene   lasciata
  all'autorita'  amministrativa  in  relazione  alla  necessita',  di
  giustizia  sostanziale,  che  il  fermo colpisca secondo una durata
  variabile  commisurata  non  solo  alla  gravita' delle conseguenze
  economiche  che  si  vanno ad arrecare in relazione alle condizioni
  del trasgressore, ma anche a quelle indirette ed eventuali arrecate
  ai  famigliari per il caso in cui dell'uso del veicolo siano questi
  ad  usufruire. Nel caso di specie, mentre la sanzione pecuniaria e'
  stata  di  L. 242.400 il fermo dell'autovettura per 22 giorni unito
  al  traino  gia' costava al trasgressore la somma di L. 367.000. Si
  e'  quindi di fronte a una sanzione accessoria che nei suoi effetti
  economicamente  procura  al  trasgressore  un  danno  di gran lunga
  superiore  alla  misura  della  sanzione  pecuniaria vera e propria
  stabilita  dal  legislatore,  ed  e'  anche in relazione a un cosi'
  ampio  divario  di  costi  che  il giudicante ritiene la previsione
  irrazionale  oltre  che  obiettivamente  ingiusta in quantocche' la
  sanzione accessoria, siccome totalmente scollegata nella sua durata
  dalle  situazioni  soggettive  del  trasgressore,  viene a porsi in
  contrasto   coi   principi   di   giustizia   retributiva  espressi
  dall'art. 11 della legge n. 689/1981. Si osserva inoltre che mentre
  i  proventi  delle sanzioni pecuniarie vanno a rimpinguare il fondo
  di  cui all'art. 208 del c.d.s, dal quale lo Stato o gli altri enti
  pubblici attingono per il conseguimento di interessi pubblicistici,
  secondo   lo   stretto   rapporto   di  giustizia  retributiva  che
  caratterizza  la  sanzione pecuniaria, le somme che il trasgressore
  e' obbligato a pagare per il traino e la custodia lo depauperano in
  misura   maggiore   ancorche'   tale   esborso   non  arrechi  alla
  collettivita' alcun vantaggio;
        d)  ed ancora nessuna distinzione la legge opera in relazione
  al  tipo  o alla destinazione del veicolo. Se nel caso in questione
  la  vettura  serviva,  a  dire dell'interessato, per raggiungere il
  posto  di  lavoro  in orari e luoghi non serviti da mezzi pubblici,
  ancor  piu'  grave  appare l'irrazionalita' di una durata del fermo
  prestabilita  quando si pensa al caso di veicoli predisposti per il
  trasporto  di  infermi,  di  famigliari  minorati, speciali o anche
  soltanto  indispensabili per lo svolgimento della propria attivita'
  lavorativa,   assoggettati   ad  un  inutilizzo  per  due  mesi  in
  conseguenza  dell'intervenuta  scadenza  della patente avvenuta per
  mera dimenticanza magari (non e' questo il caso) il giorno prima;
        e)   con   riferimento  al  traino  del  veicolo  imposto  al
  trasgressore  in ossequio alla previsione ex art. 214, comma 1, del
  c.d.s.,  secondo cui "l'organo di polizia che accerta la violazione
  provvede  direttamente  a  far  cessare  la  circolazione  ed a far
  ricoverare il veicolo in apposito luogo di custodia ..." si osserva
  che  nel  caso  di trasgressione costituita dalla guida in stato di
  ebbrezza  (art. 186.3) o sotto l'influenza di sostanze stupefacenti
  (art. 187.4  del  c.d.s.),  la  legge consente che il veicolo possa
  essere  condotto  da altra persona idonea o, qualora questa non sia
  presente, che il veicolo possa "essere fatto trainare fino al luogo
  indicato  dall'interessato  o  fino  alla piu' vicina autorimessa e
  lasciato  in  consegna  al  proprietario  o  gestore di essa con le
  normali  garanzie  per  la  custodia". E' evidente la disparita' di
  trattamento  sanzionatorio,  da  intendersi  in senso lato, tra chi
  guida  con patente scaduta ma nel pieno possesso delle sue facolta'
  e  che  per  questo  viene colpito anche col fermo del veicolo e il
  traino a sue spese presso un depositario, e chi guida in condizioni
  tali  da  costituire  un pericolo per se' e per gli altri e che per
  questo  non subisce alcun fermo del veicolo conservandone, anzi, la
  piena   disponibilita'.   In  quest'ultima  ipotesi  le  violazioni
  ipotizzate  sono  incomparabilmente piu' gravi della prima ma, cio'
  malgrado, e' questa ad essere sanzionata in misura maggiore;
        g)  alcuna  distinzione  sanzionatoria  e'  prevista  per  le
  ipotesi  in  cui  la patente sia scaduta da alcuni giorni ovvero da
  molti mesi.
    Per  altro  verso, l'impiego del fermo amministrativo come misura
  afflittiva   accessoria  appare  aberrante  rispetto  le  finalita'
  dell'istituto medesimo.
    Originariamente introdotto come strumento autoritativo atipico di
  autotutela,  allo  scopo  di  garantire  all'Erario il pagamento di
  entrate  a  lui  dovute  per il caso in cui il debitore dell'erario
  fosse a sua volta creditore di somme da parte dello Stato o di enti
  pubblici,  e'  venuto  via via evolvendosi ma sempre conservando la
  caratteristica   originaria   di  strumento  cautelare  "di  natura
  eccezionale,  funzionale alla peculiarita' soggettiva del creditore
  Stato   che   ...,   trova  in  esso  un  nesso  per  agevolare  la
  compensazione  fra  crediti  e debiti" (Cons. Stato 20 gennaio 1997
  n. 1420),  finalizzato  a  neutralizzare il pericolo di sottrazione
  del  creditore  agli  obblighi verso l'amministrazione, e di natura
  provvisoria,  che  si  estingue  in  conseguenza  del pagamento del
  debito.
    Ad   esempio,   l'art. 91-bis   del  d.P.R.  n. 602/1973  per  la
  riscossione delle imposte dirette prevede che se i veicoli a motore
  e   gli  autoscafi  di  proprieta'  del  contribuente,  oggetto  di
  pignoramento,  non  siano reperibili, se ne possa disporre il fermo
  tramite iscrizione nei registri mobiliari della detta misura, cosi'
  impedendone la vendita, e che per il caso in cui questi siano messi
  in  circolazione  si  applicano le sanzioni previste dall'art. 241,
  comma  8,  del  c.d.s.,  ma l'obbligo di tenere fermo il veicolo e'
  imposto  al  fine di impedirne il deterioramento e, di conseguenza,
  la  diminuzione  di valore, e non per finalita' afflittive, tant'e'
  che  il  fermo  si attua senza previsione del trasporto del veicolo
  presso  un  depositario, proprio per non danneggiare economicamente
  l'interessato.
    Da  qui la censura dell'uso improprio e per fini distorti, di uno
  strumento  che  ne'  l'ordinamento  penale ne' quello sanzionatorio
  (art. 20 legge n. 689/1981) prevedono come misura afflittiva e che,
  siccome  inflitto  in  via anticipata, contrasta persino col canone
  generale  della  non  applicabilita'  fino  a  che  "e' pendente il
  giudizio  di  opposizione"  espresso dal comma 2 dell'art. 20 della
  legge n. 689.
    Infine, la constatazione che nella vicenda in esame la violazione
  e'  stata  accertata  in  data 23 febbraio, la patente rinnovata in
  data  24, la sanzione pecuniaria pagata il 17 aprile e che il fermo
  non  e'  stato interamente scontato perche' sospeso dopo 22 giorni,
  porta   a   ritenere  la  censurata  disposizione  irragionevole  e
  profondamente   ingiusta  anche  in  relazione  ad  altri  principi
  generali.
    Siccome   il   fermo   amministrativo   del   veicolo   per  come
  materialmente  si  concreta  ai  sensi  degli  artt. 396  e 394 del
  Regolamento  attuativo  lo "immobilizza" rendendolo inutilizzabile,
  se  il  pagamento  della  sanzione  pecuniaria  avviene prima della
  scadenza del fermo, come in fattispecie, la sua protrazione sino ad
  oltre  la  data del pagamento della sanzione pecuniaria si appalesa
  gratuitamente  afflittiva,  e  si  pone  in contrasto col principio
  generale  dell'ordinamento  sanzionatorio  secondo cui il pagamento
  della sanzione estingue la violazione.
    Tale  principio,  desumibile  dall'art. 162 del c.p., secondo cui
  l'oblazione  delle contravvenzioni punite con sola ammenda estingue
  il  reato,  ben  puo'  ritenersi  vigente  anche  con riguardo alle
  contravvenzioni  depenalizzate  e,  a  maggior ragione, rispetto le
  sanzioni  accessorie  di cui trattasi, per cui, in conclusione, non
  si  vede  in  base  a  quale  presupposto  di giustizia punitiva la
  sanzione  accessoria  possa protrarsi oltre all'avvenuta estinzione
  della violazione.