IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso proposto da:
  Societa'  degli Interessati nel Canale degli Otto Mulini in persona
  del   legale   rappresentante  pro-tempore,  e  Alberici  Angiolino
  rappresentanti e difesi dagli avvocati Giandomenico Isi e Francesco
  Soncini ed elettivamente domiciliati in Bologna, via Mazzini n. 2/3
  presso l'avvocato Roberto Miniero;
    Contro:   Regione   Emilia-Romagna   in   persona   della  giunta
  pro-tempore,   rappresentata   e   difesa  dagli  avvocati  Stefano
  Baccolini   e  Francesco  Rizzo  ed  elettivamente  domiciliata  in
  Bologna,  via  S.  Gervasio n. 10; Consorzio bonifica parmense, non
  costituito; per l'annullamento:
        della  deliberazione  della  giunta  regionale  della Regione
  Emilia-Romagna   n. 1836/98   di  proposta  di  soppressione  della
  societa' ricorrente;
        della  deliberazione  del  consiglio  regionale della Regione
  Emilia-Romagna  n. 1030/98  di approvazione della suddetta proposta
  di soppressione della societa' ricorrente;
        del  provvedimento  n. 103  del  5 gennaio  1999  con  cui il
  presidente  del  Consorzio  per  la bonifica parmense ha comunicato
  alla  societa' ricorrente, in relazione alla disposta soppressione,
  le  modalita'  per  il  subentro  del consorzio stesso nei compiti,
  funzioni e rapporti della societa' ricorrente.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione intimata;
    Visti gli atti e i documenti tutti della causa;
    Designato relatore il cons. dott. Bruno Lelli;
    Uditi  alla  pubblica  udienza  del  6 aprile  2000  gli avvocati
  Francesco  Soncini  per  i  ricorrenti  e  Stefano Baccolini per la
  Regione intimata;
    Considerato in fatto e in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    La  societa' ricorrente e il sig. Angiolino Alberici impugnano il
  provvedimento   con   cui  il  consiglio  regionale  della  Regione
  Emilia-Romagna, su conforme proposta della giunta, ne ha deliberato
  la   soppressione  con  effetto  dal  1o gennaio  1999,  stabilendo
  altresi'  che  il  Consorzio  della  bonifica  parmense le subentri
  nell'esercizio dei compiti e delle funzioni.
    Questi i motivi dell'impugnazione:
        1) erronea applicazione dell'art. 4, l.r. n. 16/1987; eccesso
  di  potere per falso supposto di fatto ed illogicita' manifesta. La
  soppressione  di cui alla norma regionale non puo' che riguardare i
  consorzi  irrigui  di  diritto amministrativo riconducibili al r.d.
  13 febbraio  1933  n. 215;  il  consorzio  ricorrente invece non ha
  veste   pubblicistica   ne'  e'  un  consorzio  irriguo  di  natura
  amministrativa;
        2) invalidita' derivata dall'incostituzionalita' dell'art. 4,
  l.r. 23 aprile 1987 n. 16 per violazione degli artt. 2, 18, 42, 117
  e 118 della Costituzione.
    Le  Regioni,  difettandone  i poteri, non possono sopprimere enti
  privati,  espropriando fra l'altro senza indennizzo i loro beni. Si
  e'  costituita  in giudizio l'amministrazione intimata, che resiste
  al ricorso deducendone la sua infondatezza.

                            D i r i t t o

    1. -   In  applicazione  dell'art. 4  della  legge  n. 16/1987 il
  consiglio   regionale,   su  conforme  proposta  della  giunta,  ha
  soppresso  la  societa'  ricorrente  assumendo,  principalmente,  a
  fondamento  della  decisione  le  seguenti circostanze: la societa'
  risulta  strutturata  come  ente  ad  autonomia  piena  con compiti
  irrigui,  in  analogia con l'attivita' svolta di norma dai consorzi
  di  bonifica;  le  suddette  funzioni  sono  oggi  di competenza di
  consorzi  di  bonifica,  essendo  intervenuta la classificazione di
  bonifica dell'intero territorio in cui opera il citato consorzio.
    Con  sentenza  in  data  odierna  sono stati rigettati il primo e
  secondo  motivo  di  ricorso;  il  giudizio  e'  stato  sospeso con
  riferimento  al  terzo  motivo,  in  cui  e'  stata  prospettata la
  questione  di  illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della l.r.
  23 aprile 1987 n. 16.
    2. -   La  questione  e' rilevante, posto che, nel disattendere i
  motivi  di  ricorso,  la  sezione  ha  ravvisato  in  tale norma il
  presupposto  esclusivo  e  diretto  dell'impugnato provvedimento di
  soppressione.
    Con  la  legge  n. 16/1987  infatti la Regione Emilia-Romagna, al
  dichiarato  fine  "di  conseguire il necessario coordinamento degli
  interventi  pubblici e privati", ha ritenuto di sottoporre a regime
  di  bonifica  l'intero  territorio  regionale (art. 3, primo comma,
  gia'  ritenuto  dalla Corte costituzionale conforme agli artt. 117,
  97 e 18 della Costituzione con la sentenza n. 66/1992); ha previsto
  l'istituzione  per  ogni  ambito,  di un solo consorzio di bonifica
  destinato  a  succedere  in  tutti  i  diritti  e  gli  obblighi ai
  preesistenti   consorzi   ricadenti   in   tutto  o  in  parte  nel
  comprensorio   (art. 3,   quarto   comma);   nell'ambito   di  tale
  riorganizzazione,  ha  ritenuto necessario (art. 4) sopprimere, per
  farle  confluire nei nuovi consorzi, tutte le preesistenti forme di
  gestione ("Sono soppressi i consorzi idraulici, di difesa, di scolo
  e   di  irrigazione  nonche'  ogni  altra  forma  di  gestione  non
  consortile di opere o sistemi di scolo ed irrigui, che ricadono nei
  comprensori  delimitati  ai  sensi del secondo comma del precedente
  art. 3").
    E'  evidente  pertanto  la  volonta' del legislatore regionale di
  ricomprendere  in  tale  previsione tutte le gestioni riconducibili
  alle  funzioni  indicate,  ancorche' di natura privata ed ancorche'
  titolari di concessioni statale di grande derivazione.
    La  sezione  ha altresi' ritenuto che la societa' soppressa abbia
  natura privata e sia riconducibile al genere delle associazioni non
  riconosciute.
    La  stessa,  costituita in epoca remota, non e' mai stata oggetto
  di  riconoscimento  pubblico,  ne' con le modalita' previste per le
  persone  giuridiche  private  dal  codice  civile  vigente, ne' con
  quelle   di  cui  agli  artt. 862  e  863  del  codice  civile  che
  disciplinano  i  consorzi  di  bonifica  e  quelli di miglioramento
  fondiario;  non  e'  previsto alcun intervento pubblico nelle varie
  fasi  attinenti  alla  costituzione,  alla  nomina degli organi, al
  funzionamento,   ed   il  finanziamento  della  societa'  stessa  e
  interamente privato.
    La  stessa giunta regionale nel provvedimento impugnato riconosce
  che  la sopprimenda societa' non ha natura di consorzio di bonifica
  (le  deliberazioni  impugnate parlano di enti che si configurano di
  fatto  come consorzi irrigui; d'altra parte se la ricorrente avesse
  potuto  essere configurata quale consorzio di bonifica l'estinzione
  sarebbe  stata disposta in applicazione dell'art. 3, comma 4, della
  l.r. n. 16/1987).
    Infine  il  fatto  che, come sottolinea la regione, sia in dubbio
  anche  la  qualificazione della societa' ricorrente quale consorzio
  volontario  ai  sensi  dell'art. 918  del  codice civile, non porta
  argomenti  a  favore  della  tesi  secondo  la  quale  la  societa'
  ricorrente  potrebbe  essere  assimilata ad un organismo di diritto
  pubblico,  ma  conferma solo la difficolta' di classificarla in una
  delle   figure   tipiche  disciplinate  dal  codice  civile,  e  la
  conseguente  necessita' di inquadrare la stessa fra le associazioni
  non riconosciute.
    3. - La sezione ritiene la questione non manifestamente infondata
  per le considerazioni di cui appresso.
    I  consorzi di bonifica, come ha avuto modo di precisare la Corte
  costituzionale nella sentenza n. 326/98, sono "Enti pubblici locali
  operanti  nelle  materie  di  competenza  regionale e, dunque, enti
  amministrativi dipendenti dalla Regione, della cui organizzazione e
  delle  cui  funzioni  la  Regione  puo'  disporre nell'ambito e nei
  limiti della propria potesta' legislativa".
    Si puo' ritenere che il legislatore regionale, nella parte in cui
  ha   previsto   (art. 3,  l.r.  n. 16/1987)  la  delimitazione  del
  territorio  regionale  in  comprensori  di  bonifica  e,  in deroga
  all'art. 12  della l.r. n. 42/1984, l'istituzione su ciascuno di un
  solo consorzio di bonifica destinato a succedere in tutti i diritti
  ed obblighi ai preesistenti consorzi ricadenti in tutto od in parte
  nel  comprensorio di nuova determinazione, abbia fatto corretto uso
  della  propria  potesta' normativa: la Corte costituzionale, con la
  precitata  sentenza  n. 326/1998,  ha ritenuto che la materia della
  bonifica   integrale   e  montana  risulta  inclusa  in  quella  di
  agricoltura  e  foreste di cui all'art. 66, primo comma, del d.P.R.
  n. 616/1977  e  che  il trasferimento delle funzioni amministrative
  completato   con   detta   norma  ha  anche  l'effetto  di  rendere
  esercitabile la potesta' legislativa regionale concorrente coi soli
  limiti  rappresentati  dai principi fondamentali della legislazione
  statale in materia.
    Peraltro col successivo art. 4 il potere di soppressione e' stato
  esercitato  indistintamente  nei  confronti di tutti i soggetti che
  operano  nel settore della bonifica, anche di natura privata, ed e'
  stato  inoltre  previsto  il  trasferimento  ai  nuovi  consorzi di
  bonifica  delle funzioni e dei rapporti delle gestioni soppresse e,
  quindi,   in   sostanza,  di  tutto  il  patrimonio  dell'organismo
  soppresso.
    4. - Il  sospetto  di  incostituzionalita'  del suddetto articolo
  nasce   in   relazione,   in   primo   luogo,   all'art. 117  della
  Costituzione,  in  quanto  la  potesta' legislativa regionale nella
  materia  della  bonifica,  di natura concorrente, va esercitata nei
  limiti  derivanti  dai  principi  fondamentali  della  legislazione
  statale nella materia stessa.
    Tali  principi  sono  stati  di  recente descritti con precisione
  dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 326/1998, con la quale
  e'  stata  dichiarata  l'incostituzionalita'  parziale di una legge
  della Regine Marche in materia di bonifica.
    Per  la  parte  che qui interessa la suesposta sentenza riconosce
  carattere  di  norme  di  principio  a  quelle che disciplinano nei
  lineamenti   fondamentali   la  struttura  e  l'organizzazione  dei
  consorzi  di  bonifica  configurandoli  come  espressione, sia pure
  legislativamente  disciplinata e resa obbligatoria, degli interessi
  dei proprietari dei fondi coinvolti nell'attivita' di bonifica.
    Riconosce  anche  che  la potesta' regionale di programmazione ed
  organizzazione   della  bonifica  si  estende  al  riassetto  delle
  funzioni  degli  enti  pubblici  che operano nel settore e, quindi,
  anche  alle  funzioni  pubblicistiche dei consorzi, con conseguente
  potere  in  capo  alla  Regione  di trasferire i compiti propri dei
  consorzi   anche   ad   altri  enti  pubblici,  in  relazione  alla
  connessione  delle  funzioni  di  bonifica con altre attinenti alla
  difesa   del   suolo,   alla   tutela   delle   risorse  idriche  e
  dell'ambiente.
    Non  si  puo'  spingere pero', alla stregua delle stesse norme di
  principio, all'eliminazione della figura giuridica del consorzio di
  bonifica,  stante  la  combinazione  che  in  esso peculiarmente si
  realizza  fra  pubblico  e  privato  per effetto della legislazione
  nazionale.
    In  relazione  a tali principi e con riferimento alla fattispecie
  all'esame,  si deve ritenere che la Regione possa si' riorganizzare
  le  funzioni  di  bonifica  e,  con  esse,  quelle  dei consorzi di
  bonifica  (cosi'  come  ha  fatto  la  Regione  Emilia-Romagna  con
  l'art. 3  della legge regionale n. 16/1987), ma non sopprimere ogni
  organismo  di gestione a questi non riconducibile ed in particolare
  associazioni o soggetti di carattere privato.
    Tenuto  conto della natura concorrente della potesta' legislativa
  regionale non e' manifestamente infondato ipotizzare che in materia
  di   bonifica  la  facolta'  di  incidere  obbligatoriamente  sugli
  interessi  privati  debba  seguire il provvedimento previsto per la
  costituzione  dei  consorzi  di  bonifica  che,  nella legislazione
  statale  e,  quindi,  in  quella  regionale,  contempla,  sia  pure
  eccezionalmente   ed   in  via  residuale,  anche  la  costituzione
  d'ufficio,  vale  a dire ad iniziativa pubblica del consorzio fra i
  proprietari interessati.
    Al  di  fuori  di  tale  previsione  solo  il legislatore statale
  potrebbe   enunciare   il  principio  secondo  cui  l'attivita'  di
  bonifica,  anche  per gli aspetti gestionali, deve essere riservata
  esclusivamente  ai  consorzi  di  bonifica,  e  quindi prevedere la
  soppressione di ogni diversa gestione.
    Da  un  altro  punto  di  vista la violazione dell'art. 117 della
  Costituzione  puo' essere ipotizzata anche in relazione al disposto
  degli artt. 2 e 18 della Costituzione ed al diritto di associazione
  ivi  previsto,  posto  che nella materia del diritto privato, ed in
  particolare  in  quella delle associazioni, non esiste una potesta'
  legislativa   regionale   di   tipo  concorrente  e,  comunque,  la
  disciplina   recata   dal  codice  civile  (in  particolare  quella
  attinente alle modalita' di estinzione delle associazioni) ha senza
  dubbio  natura  di  principio  fondamentale  (Corte  costituzionale
  n. 154/1972 e n. 108/1983).
    Il  sospetto  di incostituzionalita' sorge infine con riferimento
  agli artt. 42 e 43 della Costituzione, attesa la mancata previsione
  di  un  indennizzo  a fronte della devoluzione del patrimonio degli
  enti  da  sopprimere ai consorzi di bonifica istituiti per l'ambito
  territoriale di riferimento.