ha pronunciato la seguente
                              Sentenza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 25, comma 3, del
decreto  legislativo  4 agosto  1999,  n. 342  (Modifiche  al decreto
legislativo  1o settembre  1993, n. 385, recante il testo unico delle
leggi  in  materia  bancaria  e  creditizia),  promossi con ordinanze
emesse  il  21 ottobre  1999  dal tribunale di Benevento, il 21 ed il
29 ottobre  1999 dal giudice istruttore presso il tribunale di Lecce,
l'8 novembre  1999 dal tribunale di Brindisi, il 10 dicembre 1999 dal
giudice  istruttore  presso il tribunale di Lecce, il 9 dicembre 1999
dal  tribunale  di  Brindisi, il 14 gennaio 2000 (n. 2 ordinanze) dal
giudice   istruttore   presso   il  tribunale  di  Civitavecchia,  il
9 dicembre  1999  dal tribunale di Brindisi e il 23 novembre 1999 dal
tribunale di Bari, rispettivamente iscritte ai nn. 686, 690 e 753 del
registro  ordinanze 1999 ed ai nn. 8, 44, 55, 165, 166, 175 e 205 del
registro  ordinanze  2000,  pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 51, 1a serie speciale, dell'anno 1999 e nn. 4, 5, 8, 9,
17 e 20 -1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  della Fidicasa S.r.l. e Nuova
Formula  1978  S.r.l.,  della  Banca Popolare di Ancona S.p.a., della
Banca  del Salento S.p.a., del Banco di Napoli S.p.a. e del Banco San
Paolo-IMI  S.p.a.  nonche'  gli atti di intervento del Presidente del
Consiglio dei Ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  20 giugno  2000  il  giudice
relatore Cesare Ruperto;
    Uditi  gli  avvocati  Stanislao  Aureli  per la Fidicasa S.r.l. e
nuova  Formula 1978 S.r.l., Salvatore Maccarone per la Banca Popolare
di  Ancona S.p.a., Giorgio De Nova e Salvatore Maccarone per la Banca
del  Salento  S.p.a.,  Gustavo  Minervini  e Vittorio Gesmundo per il
Banco  di  Napoli S.p.a. e l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per
il Presidente del Consiglio dei Ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  I  giudici del tribunale di Benevento (con unica ordinanza
del  21 ottobre  1999:  r.o. n. 686 del 1999), del tribunale di Lecce
(con  tre  ordinanze,  del 21 ottobre, 29 ottobre e 10 dicembre 1999:
r.o.  nn. 690  e  753  del  1999,  n. 44  del 2000), del tribunale di
Brindisi  (con  tre ordinanze, dell'8 novembre, 9 dicembre e, ancora,
del 9 dicembre 1999: r.o. nn. 8, 55 e 175 del 2000), del tribunale di
Civitavecchia  (con due ordinanze, entrambe del 14 gennaio 2000: r.o.
nn. 165 e 166 del 2000) e del tribunale di Bari (con unica ordinanza,
del 23 novembre 1999: r.o. n. 205 del 2000), davanti ai quali pendono
giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo promossi nei confronti di
banche  da  alcuni  loro  clienti, hanno sollevato - in riferimento a
vari   parametri   -   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 25,  comma 3, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342
(Modifiche  al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, recante
il  testo  unico  delle  leggi  in materia bancaria e creditizia), in
vigore  dal  19 ottobre  1999  [erroneamente  indicato come "art. 25,
comma  2"  in  r.o.  n. 686  del  1999  e  nn. 165  e  166  del 2000;
erroneamente   indicato   come   "art. 120,   comma  3,  del  decreto
legislativo  1o settembre  1993,  n. 385"  in  r.o. n. 690 del 1999 e
n. 44  del  2000],  nella  parte  in  cui  stabilisce che le clausole
riguardanti  la  produzione  di  interessi  sugli interessi maturati,
contenute  nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata
in  vigore  della  delibera  del  Comitato  interministeriale  per il
credito  e  il risparmio (CICR) relativa alle modalita' e criteri per
la  produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni
poste  in essere nell'esercizio dell'attivita' bancaria [delibera poi
emessa  il  9 febbraio  2000 ed entrata in vigore il 22 aprile 2000],
siano  valide  ed  efficaci  fino  a  tale data, e che, dopo di essa,
debbono  essere adeguate - a pena di inefficacia da farsi valere solo
dal cliente - al disposto della menzionata delibera, con le modalita'
ed i tempi ivi previsti.
    Secondo  le  diverse  prospettazioni  dei  rimettenti,  la  norma
denunciata,  contenuta  nel  decreto  legislativo  n. 342  del  1999,
emanato  -  giusta quanto precisato nel suo preambolo - in attuazione
dell'art. 1,  comma 5, della legge 24 aprile 1998, n. 128, che delega
al  Governo l'emanazione (entro il termine di cui al comma 1 e con le
modalita'   di  cui  ai  commi  2  e  3  dello  stesso  articolo)  di
"disposizioni  integrative  e  correttive"  del testo unico bancario,
"nel  rispetto  dei  principi  e criteri direttivi e con l'osservanza
della  procedura  indicati nell'art. 25 della legge 19 febbraio 1992,
n. 142", si porrebbe in contrasto:
        a)  con  l'art. 77  Cost., per asserito eccesso rispetto alla
legge  di  delegazione,  stante  la  dedotta  mancata  previsione, in
questa,  della  possibilita' di derogare retroattivamente al disposto
dell'art. 1283  cod. civ. (recante un generale divieto di anatocismo)
e  di  far  dipendere  dalle  determinazioni  del CICR la validita' e
l'efficacia  delle  clausole  di anatocismo bancario (r.o. n. 686 del
1999);
        b) con l'art. 76 Cost.:
          b.1)  per  l'asserita  inosservanza  del  termine  previsto
dall'art. 1  della legge n. 128 del 1998 ai fini dell'esercizio della
delega  (cioe'  di  un  anno a decorrere dal 22 maggio 1998) a fronte
dell'emanazione  solo  in  data 4 agosto 1999 del decreto legislativo
n. 342 del 1999, in vigore dal 19 ottobre 1999 (r.o. nn. 8, 55, 175 e
205 del 2000);
          b.2)  per  l'asserita mancanza, nella legge di delegazione,
di   un   qualsiasi   principio   o   criterio   direttivo  attinente
all'anatocismo  (r.o.  nn. 690  e  753 del 1999; r.o. nn. 8, 55, 165,
166, 175 e 205 del 2000);
          b.3)  per  l'asserita  sua non riconducibilita' al compito,
fissato  nella  legge  di  delegazione,  di integrare o correggere il
testo  unico  bancario  (decreto legislativo n. 385 del 1993), tenuto
conto  che  tale testo unico non contempla l'istituto dell'anatocismo
(r.o. n. 690 del 1999);
          b.4)  per l'asserita mancanza di previsione, nella legge di
delegazione,  del potere per il legislatore delegato di emanare norme
di  interpretazione  autentica  (r.o. n. 690 del 1999) o ad efficacia
retroattiva (r.o. nn. 8, 55, 165, 166 e 175 del 2000), nonche' di far
dipendere  dalle  determinazioni  del CICR la validita' e l'efficacia
delle  clausole  sull'anatocismo  bancario  (r.o.  nn. 165  e 166 del
2000);
          b.5)  in  base alla motivazione di cui ad un "provvedimento
in atti" (r.o. n. 44 del 2000);
        c) con l'art. 3 Cost.:
          c.1)  per  l'ingiustificata disparita' di trattamento tra i
soggetti  ai  quali  si  applica  la  norma che consente l'anatocismo
bancario  ed  i  soggetti  per  i quali, non trovando applicazione il
testo  unico  bancario, vige il generale divieto di anatocismo di cui
all'art. 1283  cod.  civ. (r.o. n. 686 del 1999; r.o. nn. 8, 55, 165,
166 e 175 del 2000);
          c.2)    per    l'ingiustificata    deroga    al   principio
dell'irretroattivita'  delle  leggi (art. 11 delle disposizioni sulla
legge  in  generale),  tale  da rendere valide clausole anatocistiche
stipulate  solo per talune categorie di rapporti, in modo da favorire
un  contraente  "forte",  quale  la banca (r.o. n. 686 del 1999; r.o.
nn. 8, 55, 165 166 e 175 del 2000);
          c.3) per l'ingiustificata diversita' di trattamento ratione
temporis  stante  l'efficacia  retroattiva della denunciata norma, di
situazioni identiche (r.o. nn. 165 e 166 del 2000);
          c.4)  per  l'ingiustificata  disparita' di trattamento, nei
confronti  dei  clienti  delle banche, nella fase anteriore al regime
fissato con la delibera del CICR, tra la posizione debitoria verso la
banca  -  con  validita' dell'anatocismo trimestrale - e la posizione
creditoria  -  con  invalidita' di tale anatocismo - (r.o. n. 205 del
2000);
          c.5)   per  l'irragionevole  attribuzione  di  validita'  a
clausole  anatocistiche  gia'  riconosciute  illecite  dalla Corte di
cassazione,  con  le  sentenze  16 marzo 1999 n. 2374 e 30 marzo 1999
n. 1096 (r.o. n. 205 del 2000);
        d)  con  l'art. 24  Cost.,  per  la  menomazione della tutela
giurisdizionale  di  chi  abbia  agito  contro una banca, fidando nel
diritto  (all'epoca)  vivente  sulla  nullita'  -  per  contrasto con
l'art. 1283  cod.  civ.  -  di  clausole anatocistiche bancarie (r.o.
n. 686 del 1999; r.o. nn. 8, 55 e 175 del 2000);
        e) con gli artt. 101, 102 e 104 Cost., perche' il legislatore
delegato  avrebbe  intenzionalmente disposto al solo fine di dirimere
il   contenzioso   pendente  tra  banche  e  clienti  sulle  clausole
anatocistiche bancarie, cosi' violando la riserva ai magistrati della
funzione  giurisdizionale  e  ledendo l'indipendenza e l'autonomia di
questi (r.o. nn. 8, 55 e 175 del 2000);
        f)  con  gli  artt. 3  e 47 Cost., per l'irragionevole favore
accordato  alla  pericolosa  pratica  oligopolistica  e  di  cartello
dell'anatocismo,   tale   da   minare  la  stabilita'  dei  prezzi  e
dell'intero sistema economico, erodendo l'entita' del risparmio (r.o.
nn. 8, 55 e 175 del 2000).
        g)  con  "i  limiti costituzionali al potere di emanare leggi
interpretative" (r.o. nn. 8, 55 e 175 del 2000).
    1.1.  - Quanto alla rilevanza delle questioni, tutte le ordinanze
con  l'eccezione  di  quella  registrata  al  n. 44 del 2000 (che non
contiene  la  descrizione  della  fattispecie  dedotta  nel  giudizio
principale  e che rinvia, per la motivazione, ad altro provvedimento)
-  dopo  aver  indicato in quella denunciata la norma applicabile (in
virtu' della sua asserita efficacia retroattiva) nelle controversie a
quibus   precisano   che  nei  giudizi  in  corso  risulta,  appunto,
prospettata  (ed  ex adverso negata) la nullita' di clausole relative
alla  produzione  di interessi sugli interessi maturati, contenute in
contratti  stipulati  anteriormente  alla  data  di entrata in vigore
della delibera del CICR menzionata nel vigente art. 120, comma 2, del
testo  unico  bancario  (comma  introdotto dall'art. 25, comma 2, del
decreto legislativo n. 342 del 1999).
    1.2.  -  Nella  premessa  dell'ordinanza registrata al n. 175 del
2000  si  fa  altresi'  menzione  di  una  eccezione  di incompetenza
territoriale sollevata, nel giudizio principale, dalla banca opposta.
    1.3.  -  Nel  giudizio registrato al n. 8 del 2000, il rimettente
erroneamente  menziona, nell'epigrafe, anche un non proposto "ricorso
per conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato".

    2. - Nei  giudizi  registrati  ai  nn. 165  e  166 del 2000 si e'
costituita,  con  memorie  depositate fuori termine, la banca opposta
nei  giudizi  a  quibus  S.p.a. San Paolo-IMI, mentre, nell'imminenza
dell'udienza,  nel  giudizio  registrato  al  n. 690  del 1999, si e'
costituito Miglietta Pietro, una delle parti opponenti nel processo a
quo con memoria depositata fuori termine (il 12 giugno 2000).

    3. - Nei giudizi registrati ai nn. 686, 690, 753 del 1999 e 8 del
2000  si  sono  tempestivamente  costituite  le  banche  opposte  dei
processi  principali  le  quali,  nell'imminenza  dell'udienza, hanno
depositato   memorie   illustrative.  Tali  parti  osservano  in  via
preliminare   che  il  rimettente  muove  dagli  erronei  presupposti
dell'applicabilita'  al  conto  corrente bancario dell'art. 1283 cod.
civ.,  nonche'  dell'efficacia  derogatoria  di tale articolo assunta
(esclusivamente) dalla norma denunciata.
    Secondo  le  banche,  invece, diversamente da quanto ritenuto dal
giudice  a  quo  (il  quale  avrebbe  omesso  di motivare sul punto),
l'anatocismo bancario si giustifica con il disposto degli artt. 1823,
secondo comma, 1825 e 1833 cod. civ., in base ai quali, alla chiusura
(eventualmente) trimestrale convenzionalmente stabilita, il saldo del
conto  corrente,  comprensivo  degli  interessi  maturati  ed in esso
conglobati, va considerato quale prima rimessa del conto (rinnovato a
tempo   determinato)  per  il  periodo  successivo  e  produce  nuovi
interessi.  L'esclusione,  pertanto,  di  un  uso  normativo bancario
sull'anatocismo,  prospettata  dal rimettente sulla scorta di recenti
pronunce  della  Suprema  Corte,  non sarebbe sufficiente a negare la
pattuita  capitalizzazione trimestrale degli interessi (fondata sulla
convenzionale  chiusura  trimestrale  del conto), sicche' irrilevante
sarebbe la sollevata questione.
    Nel merito, poi, le parti osservano:
        a)  in  relazione  agli  artt. 76 e 77 Cost., che l'esercizio
della  delega  e'  stato tempestivo, tenuto conto della proroga di 90
giorni  contemplata  dall'art. 1  della  legge n. 128 del 1998 per il
caso  in  cui  il  termine  previsto  per il parere delle Commissioni
parlamentari  (40  giorni dalla data di trasmissione) venga a scadere
nei 30 giorni precedenti il 22 maggio 1999 o successivamente;
        b) ancora in relazione all'art. 76 Cost., che l'art. 25 della
legge  n. 142  del 1992 ha conferito, con norma "elastica", il potere
di  coordinare  le  disposizioni adottate ai sensi del comma 1 con le
altre  disposizioni  vigenti nella stessa "materia" (da interpretarsi
in  senso  ampio),  nell'ambito  non  solo  dell'armonizzazione  resa
necessaria   dalla   direttiva   comunitaria,   ma   anche   di   una
razionalizzazione e reimpostazione dell'intera normativa attinente al
mercato   nazionale   del   credito,   compresa   la  tematica  della
trasparenza,   cosi'   da  escludere  che  la  denunciata  disciplina
sull'anatocismo (come evidenziato dagli stessi lavori preparatori del
decreto  legislativo  n. 342  del  1999)  sia frutto di un eccesso di
delega,  rappresentando  invece l'espressione della delegata facolta'
di  comporre  i  contrasti e le incongruenze (con attenzione anche al
contenzioso pendente) riscontrati nel settore;
        c)  in  relazione  ai  limiti  costituzionali  al  potere del
legislatore  di  emanare  norme  interpretative  ed in relazione alla
prospettata   carenza  di  specifica  delega  a  conferire  efficacia
retroattiva o interpretativa alla norma delegata (art. 76 Cost.), che
va  evidenziata  la valenza meramente interpretativa della denunciata
norma,  ricognitiva di varie norme vigenti, le quali gia' prevedevano
l'anatocismo bancario;
        d)  ancora  una  volta,  in relazione all'art. 76 Cost., che,
anche  a  ritenere  l'efficacia  non  interpretativa, ma innovativa e
retroattiva  della  norma  denunciata,  andrebbe ugualmente negato il
vizio   della  carenza  di  delega,  attese  le  caratteristiche  non
meramente   compilatorie,   ma   anche  "normative"  dei  poteri  del
legislatore delegato;
        e)  che la disciplina dell'anatocismo bancario afferisce alla
tutela   della  trasparenza  nei  rapporti  bancari  (senza  incidere
sull'entita'  del  tasso  di  interesse) e rientra quindi nell'ambito
della  delega "integrativa e correttiva" di cui alla legge n. 128 del
1998, attuata sulla scorta dell'esperienza applicativa delle suddette
norme  sulla trasparenza dei rapporti bancari, perseguendo un fine di
adeguamento e chiarificazione della disciplina previgente;
        f)  che  il  potere attribuito al CICR in ordine ai criteri e
modalita' dell'anatocismo e' in linea con le funzioni riconosciutegli
dal testo unico bancario;
        g)  in  relazione,  poi,  all'art. 3  Cost.,  che  la  natura
effettivamente  interpretativa  della  norma  denunciata  esclude  la
dedotta   irragionevolezza  della  disciplina,  stante  la  peculiare
normativa  gia' prevista in materia dall'ordinamento giuridico per il
settore  bancario  da quasi un secolo, mentre l'efficacia retroattiva
troverebbe la sua ratio nella necessita' di evitare lo sconvolgimento
dell'affidamento  basato  su  un diritto vivente che aveva certamente
riconosciuto, fino al 1999, la validita' della clausola di anatocismo
bancario;
        h)  ancora  in  relazione  all'art. 3  Cost., che e' privo di
rilevanza  (oltre che infondato) il profilo del deteriore trattamento
degli  operatori  economici estranei al settore bancario, per i quali
non sono valide clausole anatocistiche;
        i)  in  relazione agli artt. 24, 101, 102 e 104 Cost., che il
legislatore  delegato,  legittimamente esercitando i suoi poteri, non
ha  affatto  invaso il potere giurisdizionale, ne' ha leso il diritto
di difesa dei cittadini o vulnerato la certezza del diritto;
        l)  in  relazione  agli artt. 3 e 47 Cost., che la disciplina
della  periodicita'  della  capitalizzazione attiene, manifestamente,
solo  alla  trasparenza  dell'operazione  al  fine  di evidenziare le
modalita' di applicazione dell'interesse, restando riservato ad altre
norme il compito di evitare tassi di interesse eccessivamente onerosi
e  di  garantire  la  "stabilita'  dei  prezzi  e dell'intero sistema
economico".

    4. - Nei  giudizi  registrati  ai  nn. 165 e 166 del 2000 si sono
costituite le parti opponenti dei processi principali, che hanno pure
presentato  memorie nell'imminenza dell'udienza. Esse hanno osservato
preliminarmente  che  la  denunciata  norma  va interpretata secundum
Constitutionem  e  conformemente all'art. 11 delle disposizioni sulla
legge  in  generale  e,  dunque,  nel  senso  che  l'affermazione  di
validita'  (temporanea)  delle  clausole  di  anatocismo  bancario ha
efficacia  solo  dal  19 ottobre  1999, data di entrata in vigore del
decreto  legislativo  n. 342  del  1999,  fino  alla nuova disciplina
regolamentare  del  CICR  (intervenuta con la delibera del 9 febbraio
2000,  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43 del
22 febbraio 2000).
    Nel  caso,  invece,  di ritenuta efficacia retroattiva (propria o
per  la funzione svolta di interpretazione autentica) della norma, le
parti  ne  chiedono la dichiarazione di illegittimita' costituzionale
per  i  profili  indicati  nelle ordinanze di rimessione ed anche per
altri  profili  (come  l'intempestivo esercizio del potere di delega;
l'arbitraria  sostituzione  del legislatore all'autorita' giudiziaria
nella  definizione dei rapporti pendenti; la lesione dell'affidamento
del   cittadino  nella  sicurezza  giuridica  e  nella  certezza  del
diritto).

    5. - In   tutti  i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio   dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale   dello   Stato,   concludendo   per   la   declaratoria  di
inammissibilita'   o  comunque  di  infondatezza  delle  questioni  e
confermando tali conclusioni nella memoria di udienza (non depositata
soltanto  in  relazione  al  giudizio  registrato al n. 44 del 2000).
L'interveniente  eccepisce  anzitutto  il  difetto di rilevanza delle
sollevate  questioni,  sia  per  la  mancata  verifica  da  parte dei
rimettenti    del    contenuto   della   clausola   contrattuale   di
capitalizzazione degli interessi (di rinvio agli usi, con conseguente
nullita'  ai  sensi  dell'art. 117,  comma 6, testo unico bancario e,
ancor  prima,  dell'art. 4  della  legge  n. 154  del 1992; ovvero di
diretta  pattuizione  dell'anatocismo),  sia, con riferimento al solo
giudizio  registrato  al  n. 175  del  2000,  per  il  mancato  esame
dell'eccezione  di incompetenza territoriale sollevata nel giudizio a
quo e menzionata nelle premesse dell'ordinanza di rimessione.
    Nel  merito, l'Avvocatura sottolinea che l'art. 1, comma 5, della
legge  n. 128  del  1998  ha  delegato  il  Governo all'emanazione di
disposizioni  integrative  e correttive del testo unico bancario, nel
rispetto  dei  principi  e criteri direttivi e con l'osservanza delle
procedure  indicati  nell'art. 25 della legge n. 142 del 1992: norme,
queste,  di  conferimento  della  delega in base alla quale era stato
emanato  il  testo unico bancario, sia in attuazione di una direttiva
comunitaria   (89/646/CEE),   sia  quale  "legge  di  grande  riforma
economico   sociale"   (come  definito  dalla  sentenza  della  Corte
costituzionale,  n. 224  del 1994). Da tale rilievo l'Avvocatura trae
la  conseguenza  che la norma denunciata, in quanto norma transitoria
diretta  a  regolare  il passaggio dal precedente al nuovo sistema in
tema   di   interessi  anatocistici  ed  in  quanto  incidente  sulla
decorrenza   degli   interessi,   attiene  (cosi'  come  la  modifica
dell'art. 120 testo unico bancario) alla disciplina della trasparenza
dei  rapporti  contrattuali  e  dunque  e'  ricompresa  nella  delega
prevista dal citato art. 1, comma 5, della legge n. 128 del 1998 (non
oggetto di censura).
    Osserva, poi, l'Avvocatura che la natura transitoria e di settore
della  norma,  unitamente  all'esigenza  di  salvaguardare i rapporti
sorti   sulla  base  dell'affidamento  delle  banche  sul  precedente
uniforme  insegnamento  giurisprudenziale  circa  la  validita' delle
clausole    di    capitalizzazione    trimestrale   degli   interessi
(espressamente  pattuite  come  tali,  senza il mero rinvio agli usi,
vietato  dall'art. 117,  comma  6, del testo unico bancario), rendono
non  arbitraria  e non irragionevole la norma censurata, la quale non
comporta  alcuno  straripamento  del  potere  legislativo  nel  campo
riservato al potere giudiziario.
    Deduce,  infine,  l'Avvocatura  la  non  pertinenza  dell'evocato
parametro  di  cui all'art. 47 Cost., atteso che i problemi afferenti
alla  clausola  anatocistica riguardano la trasparenza dei rapporti e
la  conoscibilita'  del  tasso  su  base  annua  e non possono essere
confusi con l'esigenza di evitare tassi di interesse eccessivi.

                       Considerato in diritto

    1.  - I giudici rimettenti, investiti di giudizi di opposizione a
decreti  ingiuntivi,  promossi  nei  confronti  di  banche  da alcuni
clienti  di  queste, dubitano tutti della legittimita' costituzionale
dell'art. 25,  comma 3, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342
(Modifiche  al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, recante
il  testo  unico  delle  leggi  in materia bancaria e creditizia), in
vigore  dal  19 ottobre  1999,  erroneamente  indicato come "art. 25,
comma  2"  in r.o. n. 686 del 1999, n. 165 e n. 166 del 2000, nonche'
come  "art. 120,  comma 3, del decreto legislativo 1o settembre 1993,
n. 385"  (testo  unico  bancario) in r.o. n. 690 del 1999 e n. 44 del
2000.
    Le   ordinanze  di  rimessione  sollevano,  in  base  ai  diversi
parametri  di  legittimita'  costituzionale  evocati,  sette distinti
gruppi di questioni:
        a)  in  riferimento  all'art. 77  Cost. per eccesso di delega
rispetto all'art. 1, comma 5, della legge 24 aprile 1998, n. 128 (che
richiama  l'art. 25  della legge 19 febbraio 1992, n. 142), assumendo
la  mancata  previsione,  in  questa,  sia  della possibilita' di una
deroga  retroattiva  al disposto dell'art. 1283 cod. civ. (recante un
generale  divieto  di  anatocismo),  sia  della  possibilita'  di far
dipendere  dalle determinazioni del Comitato interministeriale per il
credito  ed  il  risparmio  (CICR)  la  validita' e l'efficacia delle
clausole di anatocismo bancario (r.o. n. 686 del 1999);
        b) in riferimento all'art. 76 Cost.:
          b.1)  per  inosservanza  del  termine  previsto dall'art. 1
della  legge  n. 128  del  1998,  cioe'  di  un  anno  decorrente dal
22 maggio  1998,  a fronte dell'emanazione solo in data 4 agosto 1999
del  decreto  legislativo  n. 342  del 1999, in vigore dal 19 ottobre
1999 (r.o. nn. 8, 55, 175 e 205 del 2000);
          b.2) per mancanza, nella legge di delegazione, di qualsiasi
principio o criterio direttivo attinente all'anatocismo (r.o. nn. 690
e 753 del 1999; r.o. nn. 8, 55, 165, 166, 175 e 205 del 2000);
          b.3)   per   asserita   non  riconducibilita'  della  norma
denunciata  al  compito,  fissato  nella legge-delega, di integrare o
correggere  il  testo  unico bancario (decreto legislativo n. 385 del
1993),   tenuto   conto   che   questo   non   contempla   l'istituto
dell'anatocismo (r.o. n. 690 del 1999);
          b.4)   per   la  mancata  previsione  del  potere,  per  il
legislatore  delegato,  di emanare norme di interpretazione autentica
(r.o.  n. 690  del  1999)  o  comunque ad efficacia retroattiva (r.o.
nn. 8, 55, 165, 166 e 175 del 2000);
          b.5)  per  la  mancata  previsione, nella legge-delega, del
potere  di far dipendere dalle determinazioni del CICR la validita' e
l'efficacia  delle  clausole sull'anatocismo bancario (r.o. nn. 165 e
166 del 2000);
        c) in riferimento all'art. 3 Cost.:
          c.1)  per asserita disparita' di trattamento tra i soggetti
ai  quali  si  applica la norma denunciata, che consente l'anatocismo
bancario,  ed  i  soggetti  per i quali, non trovando applicazione il
testo  unico  bancario, vige il generale divieto di anatocismo di cui
all'art. 1283  cod.  civ. (r.o. n. 686 del 1999; r.o. nn. 8, 55, 165,
166 e 175 del 2000);
          c.2)     per    ingiustificata    deroga    al    principio
dell'irretroattivita'  delle  leggi (art. 11 delle disposizioni sulla
legge  in  generale),  cosi' da rendere valide clausole anatocistiche
stipulate  solo per talune categorie di rapporti, in modo da favorire
il  contraente  "forte",  cioe' le banche (r.o. n. 686 del 1999; r.o.
nn. 8, 55, 165 166 e 175 del 2000);
          c.3)  per  ingiustificata diversita' di trattamento ratione
temporis  -  stante  l'asserita  efficacia  retroattiva  della  norma
denunciata - di situazioni identiche (r.o. nn. 165 e 166 del 2000);
          c.4)  per  ingiustificata  disparita' di trattamento, nella
fase  transitoria (cioe' antecedente al regime fissato dalla delibera
del  CICR),  tra la posizione debitoria verso la banca (con validita'
dell'anatocismo   trimestrale)   e   la   posizione  creditoria  (con
invalidita' di tale anatocismo) (r.o. n. 205 del 2000);
          c.5)   per  l'irragionevole  attribuzione  di  validita'  a
clausole  anatocistiche  gia'  riconosciute  illecite  dalla Corte di
cassazione  con  le  sentenze 16 marzo 1999, n. 2374 e 30 marzo 1999,
n. 1096;
        d) in riferimento all'art. 24 Cost., per la menomazione della
tutela giurisdizionale di chi abbia agito contro una banca, fidando -
a  stregua  del  diritto  vivente  all'epoca  -  sulla  nullita', per
contrasto  con  l'art. 1283  cod.  civ., delle clausole anatocistiche
bancarie (r.o. n. 686 del 1999; r.o. nn. 8, 55 e 175 del 2000);
        e)  in  riferimento  agli  artt. 101, 102 e 104 Cost., per la
funzione  intenzionalmente  perseguita  dal  legislatore  delegato di
dirimere  il contenzioso pendente tra banche e clienti sulle clausole
anatocistiche  bancarie,  cosi'  da  violare la riserva ai magistrati
della  funzione giurisdizionale e dunque l'indipendenza e l'autonomia
di questi (r.o. nn. 8, 55 e 175 del 2000);
        f)   in   riferimento   a   non  meglio  specificati  "limiti
costituzionali  al  potere  di  emanare  leggi  interpretative" (r.o.
nn. 8, 55 e 175 del 2000);
        g)  in  riferimento  agli  artt. 3 e 47 Cost., per l'asserito
favore accordato alla pericolosa pratica oligopolistica e di cartello
dell'anatocismo,   cosi'   da  minare  la  stabilita'  dei  prezzi  e
dell'intero  sistema economico, con conseguente erosione dell'entita'
del risparmio (r.o. nn. 8, 55 e 175 del 2000).
    2.   -   I   dieci   giudizi,   in  quanto  propongono  questioni
sostanzialmente  identiche  e  riguardanti  la stessa disposizione di
legge   (i  menzionati  evidenti  errori  materiali  contenuti  nelle
ordinanze  r.o.  nn. 686  e 690 del 1999 e nn. 44, 165 e 166 del 2000
non  rendono  incerta  l'individuazione  della  norma  effettivamente
denunciata),  vanno  riuniti  e congiuntamente decisi, senza tuttavia
tener  conto  della  costituzione  della S.p.a. San Paolo - IMI (r.o.
nn. 165  e 166 del 2000) e di quella di Miglietta Pietro (r.o. n. 690
del 1999), perche' effettuate dopo la scadenza del termine perentorio
di  venti  giorni  dalla  pubblicazione  dell'ordinanza di rimessione
nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica, fissato dagli artt. 25,
secondo  comma,  della  legge  11 marzo  1953,  n. 87 e 3 delle norme
integrative  per  i  giudizi  davanti  alla  Corte  (v.,  ex plurimis
sentenza n. 178 del 2000 ed ordinanza n. 85 del 2000).
    3.  -  Le  questioni  sono  in  parte  inammissibili  ed in parte
fondate.
    3.1.  - L'ordinanza del tribunale di Lecce 10 dicembre 1999 (r.o.
n. 44  del  2000)  omette  di indicare gli elementi della fattispecie
oggetto  del  giudizio  principale nonche' di motivare sull'affermata
non  manifesta  infondatezza e rilevanza della sollevata questione di
costituzionalita',  rinviando, a tal fine, ad un non meglio precisato
"provvedimento   in   atti".  La  questione  pertanto  va  dichiarata
manifestamente inammissibile, in accoglimento dell'eccezione proposta
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, perche', secondo quanto piu'
volte  affermato  da  questa  Corte, la motivazione dell'ordinanza di
rimessione   dev'essere   autosufficiente  e  non  puo'  limitarsi  a
richiamare per relationem il contenuto di atti o provvedimenti.
    3.2.  -  Disattese  vanno  invece  tutte  le  altre  eccezioni di
inammissibilita'.
    3.2.1.   -  Alcune  parti  private  deducono  l'erroneita'  della
premessa da cui muovono i giudici rimettenti, sostenendo che la norma
denunciata  non  puo'  essere  applicata ratione temporis nei giudizi
principali,  dovendo  essa  interpretarsi - secundum Constitutionem e
conformemente  all'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale
-  nel  senso  che  l'attribuzione  di  validita'  delle  clausole di
anatocismo  bancario ha efficacia solo dal giorno 19 ottobre 1999, in
cui e' entrato in vigore il decreto legislativo n. 342 del 1999, fino
al  giorno  della  delibera  del  CICR in materia (intervenuta, nelle
more,  il  9 febbraio  2000  ed  entrata in vigore il 22 aprile dello
stesso anno).
    Tuttavia  va osservato che i rimettenti, con plausibile ancorche'
sintetica  motivazione  -  la  quale  e' sufficiente ad escludere, in
questa  sede,  l'irrilevanza  della  questione  -  hanno ritenuto che
l'efficacia retroattiva della norma si giustifica con la formulazione
letterale  della disposizione (in cui si configura la data di entrata
in vigore della suddetta delibera del CICR ad un tempo quale terminus
ante   quem  e  ad  quem  di  efficacia  della  disciplina  validante
transitoria,  senza  distinguere tra contratti anteriori o posteriori
al  19 ottobre  2000,  ne'  tra effetti anteriori o posteriori a tale
data),  nonche'  col  palese  intento  del legislatore di dirimere il
contenzioso  in  atto  tra  banche  e  clienti  sulla validita' delle
clausole  contrattuali  anatocistiche.  A  quest'ultimo  proposito va
osservato,   non   solo  che  sarebbe  pressoche'  inapprezzabile  la
disciplina transitoria concernente il cosi' breve lasso di tempo come
sopra indicato, ma anche e soprattutto che nei lavori preparatori (v.
segnatamente  l'art. 25  della Relazione agli emendamenti apportati a
seguito    dei   pareri   espressi   dalle   competenti   commissioni
parlamentari)  si  afferma  che  la  norma  denunciata "stabilisce il
regime  da applicare ai rapporti in essere al momento dell'entrata in
vigore  della  nuova  disciplina",  con  modifica  che  "recepisce le
osservazioni  del  Senato  e  della  Camera"  ed  in  particolare  la
"condizione  5",  formulata  dalla sesta Commissione della Camera dei
deputati,  con  cui  si  invitava  il  Governo  a  stabilire  "misure
equitative idonee a risolvere il contenzioso gia' in essere".
    3.2.2.   -  Sostengono  all'incontro  le  banche  costituite  che
l'anatocismo  bancario  si  giustificherebbe non gia' soltanto con il
disposto dell'art. 1283, ma pure con quello degli artt. 1823, secondo
comma,  1825  e  1833  cod.  civ.,  in  base  ai quali, alla chiusura
(eventualmente trimestrale) convenzionalmente stabilita, il saldo del
conto  corrente,  comprensivo  degli  interessi  maturati  ed in esso
conglobati, va considerato quale prima rimessa del conto (rinnovato a
tempo   determinato)  per  il  periodo  successivo  e  produce  nuovi
interessi.  L'esclusione,  pertanto,  di  un  uso  normativo bancario
sull'anatocismo,  prospettata  sulla scorta di recenti pronunce della
Suprema  Corte,  non sarebbe sufficiente a negare validita' - secondo
la disciplina previgente - alla pattuita capitalizzazione trimestrale
degli   interessi  (fondata,  invece,  sulla  convenzionale  chiusura
trimestrale   del   conto).   Donde   l'irrilevanza  della  sollevata
questione,  stante  il  carattere meramente ricognitivo assolto dalla
norma denunciata rispetto alla normativa precedente.
    Siffatta  eccezione  di  inammissibilita'  presuppone, pero', una
delimitazione  del thema decidendum diversa da quella prospettata dai
rimettenti,  i  quali hanno chiaramente precisato che le controversie
sottoposte   alla  loro  cognizione  riguardano  la  validita'  delle
clausole  anatocistiche  bancarie  alla  stregua  esclusivamente  del
disposto  dell'art. 1283  cod.  civ.,  cioe'  negli  stessi ristretti
termini  in  cui  il  problema  e'  stato  esaminato  dalla  Corte di
cassazione  con  le  sentenze 16 marzo 1999, n. 2374 e 30 marzo 1999,
n. 1096    (alle    quali   puo'   qui   aggiungersi   la   pronuncia
dell'11 novembre 1999, n. 12507).
    Se,  dunque,  nei  giudizi  principali  si  controverte  soltanto
sull'esistenza di un uso normativo bancario anatocistico, l'eccezione
di  inammissibilita'  basata  su  un  possibile diverso fondamento di
legittimita'  delle  clausole  anatocistiche  bancarie costituisce un
profilo   nuovo   rispetto  alle  linee  argomentative  e  probatorie
dispiegate  nei  giudizi  a  quibus. E percio' l'eccezione stessa non
sarebbe  pertinente,  attesa  l'indubbia  efficacia  innovativa della
denunciata   norma  sul  regime  dell'anatocismo  quale  propriamente
configurato dall'art. 1283 cod. civ.
    Quanto   appena  osservato  in  ordine  all'oggetto  dei  giudizi
principali (cioe' la validita', ai sensi dell'art. 1283 cod. civ., di
clausole  contrattuali  anatocistiche) esclude anche la pertinenza di
diversi  profili  -  non  prospettati  e  comunque  non  rilevati dai
rimettenti  - di nullita' delle clausole giudizialmente impugnate (ad
esempio  per  la  possibile  violazione dell'art. 117 del testo unico
bancario): cosi' da palesare l'infondatezza dell'eccezione, sollevata
dall'Avvocatura generale dello Stato, di inammissibilita' per mancata
verifica  del  contenuto  delle  clausole  in  relazione a diversi, e
meramente eventuali, motivi di invalidita'.
    3.2.3.  -  Parimenti infondata e' l'eccezione di inammissibilita'
della  questione  sollevata con l'ordinanza del 9 dicembre 1999 (r.o.
n. 175  del  2000), per mancata verifica preliminare della competenza
territoriale  ad  emettere  il  decreto ingiuntivo. Al riguardo basta
rilevare  che  il  tribunale  di  Brindisi ha plausibilmente ritenuto
applicabile  al  giudizio  a  quo  la  norma  denunciata,  stante  la
genericita'   (adeguatamente   rispecchiata   nella  parte  narrativa
dall'ordinanza   di   rimessione)   dell'eccezione   di  incompetenza
territoriale,  proposta  nel  giudizio  di  opposizione  senza  alcun
riferimento ad una pattuizione di esclusivita' del foro convenzionale
previsto nel contratto bancario.
    3.3.  -  Passando al merito, giova anzitutto delineare brevemente
il quadro normativo in cui si inseriscono le sollevate questioni.
    Il  decreto legislativo n. 342 del 1999, secondo quanto precisato
nel suo preambolo, costituisce attuazione dell'art. 1, comma 5, della
legge  24 aprile 1998, n. 128, che delega il Governo ad emanare - nel
termine previsto dal comma 1 e con le modalita' di cui ai commi 2 e 3
-  "disposizioni  integrative e correttive" del testo unico bancario,
"nel  rispetto  dei  principi  e criteri direttivi e con l'osservanza
della  procedura  indicati nell'art. 25 della legge 19 febbraio 1992,
n. 142".
    L'art. 1, comma 5, prevede, attraverso espresso richiamo al comma
1,  il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della legge
(22 maggio  1998),  prorogabile  di un semestre, nel caso in cui, per
effetto  di  direttive  notificate  nel corso dell'anno di delega, la
disciplina  risultante  da  direttive  comprese  nell'elenco  di  cui
all'allegato   A)  della  legge  venga  modificata  senza  che  siano
introdotte  nuove norme di principio. Si legge, altresi', nel comma 3
dello   stesso   articolo,  che  lo  schema  di  decreto  legislativo
attuativo,   previa   deliberazione   del   Consiglio  dei  Ministri,
dev'essere  trasmesso, nel termine suddetto, alla Camera dei deputati
e  al  Senato della Repubblica perche' venga espresso, entro quaranta
giorni  dalla  data  di  trasmissione,  il  parere  della Commissione
competente  per  materia. Decorso tale termine, il decreto e' emanato
anche in mancanza del parere; e, qualora esso scada nei trenta giorni
che  precedono la scadenza del termine per l'esercizio della delega o
successivamente, tale ultimo termine e' prorogato di novanta giorni.
    Quanto  poi ai principi e criteri direttivi, e' da rammentare che
lo   stesso   art. 25   della   legge  n. 142  del  1992,  richiamato
dall'art. 1,  comma  5, della legge n. 128 del 1998, conferiva (a sua
volta)   due   distinte   deleghe   legislative,  da  esercitarsi  in
successione cronologica.
    La   prima   -   prevista  dall'art. 25,  comma  1  -  concerneva
l'attuazione della direttiva del Consiglio 89/646/CEE del 15 dicembre
1989,  in conformita': a) al principio secondo cui gli enti creditizi
possono   prestare   in   Italia  i  servizi  previsti  nell'allegato
direttamente  o  per  il  tramite  di  succursali  o  filiazioni alle
condizioni  di cui alla direttiva medesima (sempre che tali attivita'
siano  state  autorizzate  sulla  base di requisiti oggettivi); b) al
principio  che  gli  enti suddetti possono procedere alla pubblicita'
relativamente  ai  servizi  offerti,  alle condizioni previste per le
medesime  attivita'  dalla  disciplina  italiana;  c)  e,  infine, al
principio che deve essere adottata ogni altra disposizione necessaria
per  adeguare  alla  direttiva  la  disciplina  vigente  per gli enti
creditizi autorizzati in Italia.
    La  seconda  delega - prevista dall'art. 25, comma 2 - riguardava
l'emanazione  di  un  testo  unico delle disposizioni attuative della
direttiva  e  di  quelle  altre necessarie per l'adeguamento ad essa,
coordinato  con  le  altre disposizioni vigenti nella stessa materia,
cosi'  da  potervi  apportare  le  modifiche  necessarie  a  tal fine
(delega, questa, esercitata con l'emanazione del testo unico bancario
di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993).
    L'art. 25  del  decreto legislativo n. 342 del 1999 (nel quale e'
ricompresa  la  disposizione  oggetto  delle  sollevate  questioni di
legittimita' costituzionale) si compone di tre commi.
    Con  il  comma  1  viene sostituita la formulazione della rubrica
dell'art. 120  del testo unico bancario (da "Decorrenza delle valute"
a "Decorrenza delle valute e modalita' di calcolo degli interessi").
    Con  il  comma  2 viene aggiunto allo stesso art. 120 un comma 2,
che  attribuisce  al  Comitato interministeriale per il credito ed il
risparmio   (CICR)   il  potere  di  stabilire  modalita'  e  criteri
relativamente  alla  produzione di interessi sugli interessi maturati
nelle   operazioni  poste  in  essere  nell'esercizio  dell'attivita'
bancaria,  assicurando  in ogni caso alla clientela, nelle operazioni
in  conto  corrente,  la  stessa  periodicita'  nel  conteggio  degli
interessi, sia debitori che creditori.
    Infine,   il   comma   3   (oggetto   esclusivo   del  dubbio  di
costituzionalita'  dei  rimettenti),  senza formalmente modificare il
testo  unico  bancario,  stabilisce  che  le  clausole  relative alla
produzione  di  interessi  sugli  interessi  maturati,  contenute nei
contratti  stipulati  anteriormente  alla  data  di entrata in vigore
della  suddetta  delibera  del  CICR  -  emessa il 9 febbraio 2000 ed
entrata  in vigore il 22 aprile 2000 - sono valide ed efficaci sino a
tale  data,  mentre, successivamente, debbono essere adeguate, a pena
di  inefficacia  da  farsi valere solo dal cliente, al disposto della
menzionata delibera, secondo modalita' e tempi in essa previsti.
    3.3.1.  -  Cosi'  ricostruito il contesto normativo, va affermata
l'infondatezza della censura che concerne l'asserita inosservanza, da
parte  del  legislatore  delegato,  del  termine previsto nell'art. 1
della  legge  n. 128 del 1998 per l'esercizio della delega (un anno a
decorrere  dal 22 maggio 1998), a fronte dell'emanazione solo in data
4 agosto  1999 del decreto legislativo n. 342 del 1999, pubblicato il
4 ottobre 1999 ed entrato in vigore dal 19 ottobre 1999.
    L'esercizio  della delega e' stato tempestivo, tenuto conto della
proroga di novanta giorni contemplata nello stesso art. 1 per il caso
in   cui   il  termine  previsto  per  il  parere  delle  Commissioni
parlamentari  (quaranta  giorni dalla data di trasmissione) venisse a
scadere   nei   trenta   giorni   precedenti   il  22 maggio  1999  o
successivamente.  Il parere, infatti, richiesto il 20 maggio 1999 con
relativa  trasmissione  dello  schema di decreto, venne restituito il
23 giugno  1999  dalla  Commissione  della  Camera dei deputati ed il
30 giugno 1999 dalla Commissione del Senato della Repubblica. Sicche'
il  termine per l'esercizio della delega risulta prorogato ex lege al
20 agosto  1999,  con  conseguente  tempestivita' dell'emanazione del
decreto legislativo del 4 agosto 1999, n. 342, giusta quanto disposto
dall'art. 14, comma 2, della legge n. 400 del 1988, a nulla rilevando
la successiva data di pubblicazione.
    3.3.2. - Fondata deve ritenersi, invece, la questione concernente
l'eccesso di delega prospettato da quasi tutti i rimettenti.
    Il  giudizio  di  conformita'  della  norma  delegata  alla norma
delegante,  condotto  alla  stregua  dell'art. 76  Cost.,  si esplica
attraverso  il  confronto  tra  gli esiti di due processi ermeneutici
paralleli:  l'uno,  relativo  alle norme che determinano l'oggetto, i
principi  e  i criteri direttivi indicati dalla delega, tenendo conto
del  complessivo contesto di norme in cui si collocano e individuando
le  ragioni  e  le  finalita'  poste  a  fondamento  della  legge  di
delegazione;  l'altro,  relativo  alle  norme  poste  dal legislatore
delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi
e  criteri  direttivi della delega (v., ex plurimis sentenze nn. 276,
163 e 126 del 2000; nn. 15 e 7 del 1999).
    Ebbene, da una tale valutazione comparativa emerge chiaramente il
mancato rispetto della delega.
    Come  gia'  detto,  invero,  con  l'art. 1,  comma 5, della legge
n. 128  del  1998  si  conferi' delega al Governo per l'emanazione di
"disposizioni  integrative  e  correttive"  del testo unico bancario,
richiamando  espressamente  i  principi  e criteri direttivi indicati
nell'art. 25  della  legge  n. 142  del 1992, in attuazione dei quali
vennero  emanati  dapprima  il  decreto legislativo 14 dicembre 1992,
n. 481 (che recepiva e adattava al contesto italiano la surrichiamata
direttiva  89/646/CEE)  e poi il decreto legislativo n. 385 del 1993.
Quest'ultimo,  oltre  a  recepire a sua volta i contenuti del decreto
legislativo n. 481 del 1992, riordinava organicamente l'assetto della
materia   bancaria  e  creditizia,  con  un  testo  unico  di  natura
"normativa"   e   non   gia'   meramente   "compilatoria":  cosi'  da
caratterizzarsi   come   disciplina  attuativa  di  quella  direttiva
comunitaria  e,  allo  stesso  tempo,  come  legge  di grande riforma
economico-sociale (v. sentenze n. 49 del 1999 e n. 224 del 1994).
    Ma,  per  quanto ampiamente possano interpretarsi le finalita' di
"integrazione  e  correzione"  perseguite  dal legislatore delegante,
nonche'  i  principi e criteri direttivi posti a base del testo unico
bancario,   e'  certamente  da  escludersi  che  la  suddetta  delega
legittimi  una  disciplina retroattiva e genericamente validante, sia
pure  nell'esercizio del potere di armonizzazione di tale testo unico
con il resto della normativa di settore.
    La  norma denunciata, difatti, senza distinguere fra contratti ed
effetti  contrattuali  anteriori o posteriori alla data della propria
entrata  in  vigore,  stabilisce,  con  formula tipica delle norme di
generale  sanatoria  ("sono  valide ed efficaci"), una indiscriminata
validita'  temporanea delle clausole anatocistiche bancarie contenute
in  contratti  stipulati  anteriormente  all'entrata  in vigore della
prevista  deliberazione  del  CICR, prescindendo dal tipo di vizio da
cui  sarebbero  colpite  e  da  ogni  collegamento con il testo unico
bancario che non sia meramente occasionale.
    Non  si  tratta, evidentemente, di una norma interpretativa - che
pure  era  stata  suggerita nel corso dei lavori parlamentari (seduta
del  17 giugno  1999  della  sesta  Commissione: pag. 35 del relativo
verbale)  -  perche'  la disposizione, cosi' come strutturata, non si
riferisce  e  non  si  salda  a  norme  precedenti  intervenendo  sul
significato  normativo  di queste, dunque lasciandone intatto il dato
testuale  ed  imponendo una delle possibili opzioni ermeneutiche gia'
ricomprese   nell'ambito   semantico  della  legge  interpretata.  Al
contrario,  con  efficacia innovativa e (in parte anche) retroattiva,
essa  rende "valide ed efficaci", sino alla data di entrata in vigore
della  deliberazione  del  CICR,  tutte  indistintamente  le clausole
anatocistiche  previste  nei contratti bancari gia' prima della legge
delegata  o  comunque  stipulate  anteriormente all'entrata in vigore
della suddetta deliberazione.
    In  altri  termini,  il legislatore delegato, da un lato sancisce
(pro praeterito), per qualsiasi tipo di vizio, una generale sanatoria
delle  clausole  anatocistiche  illegittime  contenute  nei contratti
bancari  anteriori  al  19 ottobre  1999,  con  effetti temporalmente
limitati  sino  al  22 aprile  2000  (data di entrata in vigore della
delibera  del  CICR);  dall'altro  attribuisce (pro futuro), sia pure
nell'identico  limite  temporale, la stessa indiscriminata "validita'
ed  efficacia"  alle  clausole  poste  in  essere  nel periodo tra il
19 ottobre 1999 ed il 21 aprile 2000.
    Ma,  cosi'  disponendosi,  e' venuta meno ogni continuita' logica
con   la   delega,  rompendosi  la  necessaria  consonanza  che  deve
intercorrere tra quest'ultima e la norma delegata. L'indeterminatezza
della  fattispecie  di  cui  al  comma  3  dell'art. 25  del  decreto
legislativo  n. 342 del 1999 non consente di ricondurre la denunciata
norma nell'ambito dei princi'pi e criteri della legge di delegazione.
Questi,  infatti,  non  possono  ragionevolmente  interpretarsi  come
abilitanti  all'emanazione  d'una  disciplina  di  sanatoria  (per il
passato)  e di validazione anticipata (per il periodo compreso tra la
data  di  entrata  in  vigore  della  legge  delegata  e quella della
delibera  del  CICR)  di  clausole  anatocistiche bancarie, del tutto
avulsa  da qualsiasi riferimento ai vizi ed alle cause di inefficacia
da  tenere per irrilevanti: quindi - stante il difetto di distinzioni
e  precisazioni  nella legge delegata - senza una necessaria e sicura
rispondenza  (diretta od indiretta) ai principi e criteri informatori
del testo unico bancario.
    Esclusa,   pertanto,   la   possibilita'   di  un'interpretazione
adeguatrice   della   legge   delegata  alla  legge  delegante,  deve
concludersi   -   indipendentemente   da  ogni  considerazione  sulla
ragionevolezza   intrinseca   della   norma  denunciata,  e  restando
assorbito ogni altro profilo delle sollevate questioni - che la norma
in esame viola l'art. 76 della Costituzione.