ha pronunciato la seguente


                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione  sorto  a seguito del
decreto  del  Direttore  generale  dell'Ufficio  centrale  per i beni
culturali  e  paesaggistici  del  Ministero  per  i  beni culturali e
ambientali del 29 ottobre 1996, di annullamento, ai sensi della legge
n. 431  del  1985,  dell'autorizzazione n. 11184/1995 del 28 dicembre
1995  rilasciata  dalla  Regione  Valle d'Aosta, ai sensi dell'art. 7
della   legge   1497  del  1939,  al  Signor  Ennio  Vallomy  per  la
ristrutturazione  e  l'ampliamento  di un alpeggio sito nel comune di
Lillianes,   promosso   con  ricorso  della  Regione  Valle  d'Aosta,
notificato  il  20  dicembre  1996,  depositato  in cancelleria il 24
successivo ed iscritto al n. 32 del registro conflitti 1996.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  20  giugno  2000  il  giudice
relatore Riccardo Chieppa;
    Udito l'avvocato Gustavo Romanelli per la Regione Valle d'Aosta e
l'Avvocato   dello  Stato  Giuseppe  Fiengo  per  il  Presidente  del
Consiglio dei Ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con ricorso notificato il 20 dicembre 1996 e depositato il
successivo   24  dicembre,  la  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta  ha
sollevato  conflitto  di  attribuzione  nei confronti dello Stato, in
relazione  al  decreto  emesso  in data 29 ottobre 1996 dal Direttore
generale  dell'Ufficio centrale per i beni ambientali e paesaggistici
del  Ministero per i beni culturali ed ambientali (oggi Ministero per
i   beni   ed  attivita'  culturali),  con  cui  e'  stata  annullata
l'autorizzazione   rilasciata   dalla   predetta  Regione,  ai  sensi
dell'art. 7   della   legge   29   giugno   1939,   n. 1497,  per  la
ristrutturazione  e  l'ampliamento  di un alpeggio sito nel comune di
Lillianes.
    Assume  la Regione ricorrente che il decreto impugnato violerebbe
le  competenze spettanti alla medesima in base agli artt. 2 e 4 dello
statuto  (legge  costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), in relazione
all'art. 16  della  legge  16  maggio 1978, n. 196 ed all'art. 82 del
d.P.R.  24 luglio 1977, n. 616 ed in relazione, altresi', ai principi
desumibili dagli artt. 97 e 116 della Costituzione.
    Ad  avviso  della  ricorrente,  l'atto  de  quo  si  porrebbe  in
contrasto  anche  con  il principio di leale cooperazione tra Stato e
Regione nell'esercizio delle rispettive competenze.
    Infatti,   pur   nella  consapevolezza  dell'applicabilita'  alla
Regione  autonoma  della  Valle  d'Aosta della disciplina posta dalla
legge  8  agosto  1985,  n. 431,  per aver questa introdotto norme di
grande  riforma  economico-sociale,  tuttavia  non si e' tenuto conto
della  particolare  posizione che, nella materia, spetta alla Regione
medesima, giacche', per statuto, e' ad essa attribuita una competenza
legislativa  primaria  in  materia di "tutela del paesaggio" (art. 2,
lettera   q),   cui   corrisponde   anche   la   relativa  competenza
amministrativa (art. 4); inoltre, a mente dell'art. 16 della legge 16
maggio 1978, n. 196, alla Regione Valle d'Aosta sono state trasferite
"le  funzioni amministrative che il Ministero per i beni culturali ed
ambientali  ed  altri  organi  centrali dello Stato esercitano per il
territorio della Valle d'Aosta, in materia di tutela del paesaggio".
    Nella specie, il procedimento, che ha caratterizzato l'emanazione
dell'atto  impugnato,  si  e'  distaccato  dal  modello  ispirato  al
principio  di  leale  cooperazione, in quanto l'organo statale non ha
dato alcun riscontro alla comunicazione ricevuta, ne' ha chiesto dati
o   documenti   o   precisazioni;   non   ha   espresso  obiezioni  o
contestazioni,  cosi' come non ha ricercato una concertazione o anche
solo   una   consultazione   con   la   Regione,  ma  ha  sovrapposto
autoritativamente  la  propria  valutazione  a  quella espressa dalla
Regione  stessa,  travalicando i poteri di cui all'art. 82 del d.P.R.
n. 616 del 1977.
    Sotto  altro profilo, la Regione deduce che le attribuzioni dello
Stato  in  materia  di  autorizzazione  di cui all'art. 7 della legge
n. 1497 del 1939 e' legato al rispetto di termini rigorosi, nel senso
che  il  potere  del  Ministro  deve essere esercitato nel termine di
sessanta giorni dalla data della relativa comunicazione.
    Nella  specie, di contro, il decreto impugnato e' stato emesso il
29  ottobre  1996,  mentre la comunicazione effettuata dalla Regione,
con allegato il provvedimento adottato, risalirebbe al 18 gennaio del
1996: ben oltre, quindi, il termine utile per esercitare il potere di
annullamento.
    2.  -  Nel  giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio
dei Ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato,
che  ha  concluso  per  la  reiezione  del conflitto. In particolare,
rileva  che  il  proposto  conflitto  e'  sostenuto  da motivi che si
fondano  sulla  deduzione  di  vizi  di  legittimita'  e,  come tali,
soggetti alla giurisdizione del giudice amministrativo.
    Inoltre,  rileva  l'Avvocatura,  nel  contesto della procedura di
annullamento  prevista  dal nono comma dell'art. 82 del d.P.R. n. 616
del  1977,  non  puo'  trovare  applicazione  il  principio  di leale
cooperazione   cosi'   come   inteso,  nella  specie,  dalla  Regione
ricorrente  data  la  natura dell'intervento repressivo dello Stato e
data  la  incompatibilita'  con l'osservanza del termine di 60 giorni
assegnato  dalla  legge  all'esercizio  del  potere  di annullamento;
quest'ultimo,  peraltro,  e'  stato svolto senza travalicare i limiti
propri del potere di annullamento.
    3.  -  Il ricorso era stato fissato per l'udienza pubblica del 25
novembre  1997 e successivamente del 6 luglio 1999 e rinviato a nuovo
ruolo sempre su istanza della Regione ricorrente.
    In  prossimita'  della nuova data fissata per la pubblica udienza
la  Regione  autonoma  della  Valle  d'Aosta  ha  fatto pervenire una
memoria,  con  la  quale, richiamandosi alle sue istanze di rinvio in
occasione  della  fissazione delle precedenti udienze, precisa che la
Commissione   paritetica,   investita  della  questione  relativa  ai
rapporti  tra  l'Amministrazione  regionale ed il Ministero in ordine
all'esercizio  dei poteri di cui trattasi, ha ritenuto di predisporre
lo  schema  di  due  commi  da  aggiungere  all'art. 16  della  legge
16 maggio  1978, n. 196, contenenti norme di attuazione dello statuto
speciale della Regione Valle d'Aosta.
    Tuttavia,  lo  schema  di  norme non risulta ancora sottoposto al
Consiglio dei ministri.
    In tale situazione la Regione ha rappresentato il proprio attuale
interesse alla decisione del conflitto in questione.
    Nel  merito,  ribadisce la proprie ragioni, sottolineando come la
giurisprudenza  costituzionale,  pur  dando atto che la disciplina di
cui alla legge n. 431 del 1985 abbia introdotto norme fondamentali di
grande  riforma  economico-sociale,  ha,  tuttavia,  affermato che la
concorrenza  di  poteri  che  ne  deriva  deve essere caratterizzata,
comunque, dalla rispondenza al principio della leale cooperazione.
    Nella  memoria,  si segnala, altresi', che nel nostro ordinamento
possono  coesistere  i  presupposti  per  la proposizione del ricorso
giurisdizionale  davanti  al giudice amministrativo e del ricorso per
conflitto di attribuzione, trattandosi di rimedi che operano su piani
diversi.
    In  particolare, nella specie, la Regione ha lamentato la lesione
delle proprie competenze costituzionalmente garantite.
    Nella  memoria, si aggiunge che con il provvedimento impugnato si
e'  voluto  sovrapporre la valutazione operata in sede ministeriale a
quella  operata in sede regionale. In realta', quindi, si e' trattato
di  un  annullamento  per motivi di merito, mentre e' pacifico che la
disposizione  di  cui all'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977 consente
un  potere  di  annullamento  di  ufficio  solo per motivi di stretta
legittimita'.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il conflitto di attribuzione, proposto nei confronti dello
Stato   dalla  Regione  autonoma  della  Valle  d'Aosta  con  ricorso
notificato  il  20 dicembre 1996, riguarda il decreto ministeriale 29
ottobre 1996, emesso dal Direttore generale dell'Ufficio centrale per
i  beni ambientali e paesaggistici del Ministero per i beni culturali
ed  ambientali,  con  cui  e' stata annullata, ai sensi dell'art. 82,
nono  comma,  del  d.P.R.  24  luglio  1977, n. 616 (Attuazione della
delega  prevista dall'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) come
integrato  dall'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431 (Conversione
in legge del d.l. 27 giugno 1985, n. 312 recante disposizioni urgenti
per  la  tutela  delle  zone  di  particolare  interesse  ambientale)
l'autorizzazione  della  Regione  autonoma  Valle d'Aosta 28 dicembre
1995,  n. 11184/1995, rilasciata, ai sensi dell'art. 7 della legge 29
giugno   1939,  n. 1497,  per  la  ristrutturazione  e  l'ampliamento
dell'alpeggio sito in localita' "Rondere" nel comune di Lillianes.
    La  Regione  deduce la violazione degli artt. 2 e 4 dello statuto
(legge   costituzionale   26   febbraio  1948,  n. 4),  in  relazione
all'art. 16  della  legge  16  maggio 1978, n. 196 ed all'art. 82 del
d.P.R.  24  luglio 1977, n. 616, nonche' ai principi desumibili dagli
artt. 97 e 116 della Costituzione.
    2.   -   Preliminarmente   deve  essere  affrontato  il  problema
dell'ambito  di  ammissibilita'  dei  motivi dedotti dalla Regione in
sede di conflitto, accennato dalla difesa di entrambe le parti.
    Certamente  devono  restare  al di fuori del presente conflitto i
profili non aventi tono costituzionale e che non attengono alla sfera
delle  competenze  costituzionalmente garantite alla Regione autonoma
Valle d'Aosta, ma che riguardano semplicemente aspetti procedimentali
dell'atto  oggetto  del  conflitto, senza alcun riflesso sui rapporti
tra  Regione  e  Stato  in  ordine  alla  ripartizione delle sfere di
competenza  e  sugli  effetti  che  un  atto statale puo' produrre su
funzioni  gia'  esercitate  dalla  Regione,  nella  specie, in base a
previsione   statutaria  (artt. 2,  lettera  q)  e  4  dello  statuto
regionale approvato con legge costituzionale n. 4 del 1948).
    Si tratta, invece, di verificare, in questa sede di conflitto, se
lo  Stato abbia esorbitato dalla propria sfera di attribuzioni in una
materia,  come  quella  della tutela del paesaggio, in cui la Regione
autonoma  della  Valle  d'Aosta  ha  funzioni  legislative primarie e
amministrative proprie, e nello stesso tempo lo Stato deve conservare
"indefettibili  compiti  di  rilievo nazionale per la tutela dei beni
culturali  ed  ambientali,  unitariamente  intesi  in base all'art. 9
della  Costituzione"  (v. sentenze n. 334 del 1998; n. 157 del 1998 a
proposito  di  regioni  a  statuto  ordinario;  n. 341  del  1996,  a
proposito  di  regione  ad  autonomia speciale, e n. 151 del 1986) in
parte surrogatori o suppletivi, in parte correttivi ad estrema difesa
dei vincoli.
    Cosi  delimitati gli ambiti di ammissibilita' del conflitto, deve
essere  affermato  che  il  conflitto  proposto  dalla  Regione Valle
d'Aosta  e'  ammissibile  per la parte in cui prospetta una lesione o
menomazione delle competenze costituzionalmente garantite al soggetto
ricorrente (sentenze n. 157 del 1998 e n. 473 del 1992).
    3.  -  Ai fini della soluzione del conflitto occorre richiamare i
seguenti  principi  in materia di paesaggio e di rapporti tra Stato e
Regione:
        a)   il  regime  giuridico  dei  provvedimenti  autorizzativi
regionali   in   materia   paesistica   e'   definito  esaustivamente
dall'art. 1   del  d.l.  27  giugno  1985,  n. 312,  convertito,  con
modifiche,  nella  legge  8  agosto  1985,  n. 431, il quale pone - a
carico  di  tutte le Regioni, anche di quelle ad autonomia speciale -
l'obbligo  di  comunicazione  di  tali  provvedimenti  - insieme alla
relativa  documentazione  -  al  Ministero  per  i  beni culturali ed
ambientali,  proprio ai fini dell'esercizio dei poteri di controllo e
di  estrema  difesa del vincolo paesistico (sentenze n. 341 del 1996;
n. 151 del 1986);
        b) tali poteri statali di cui alla legge n. 431 del 1985 (che
comprendono    anche    il    potere    di   eventuale   annullamento
dell'autorizzazione  concessa dalla regione), proprio per il fatto di
essere   posti   ad   estrema   difesa   dei  vincoli  paesaggistici,
costituiscono  parte  di una disciplina qualificabile, per la diretta
connessione  con  il  valore costituzionale primario della tutela del
paesaggio  (art. 9  della  Costituzione),  come norme fondamentali di
riforma  economico-sociale, in conformita', del resto, alla esplicita
ed,   in   questo   caso,   pertinente  autoqualificazione  contenuta
nell'art. 2  della stessa legge (sentenze n. 341 del 1996; n. 151 del
1986);
        c)  la  tutela  del  paesaggio  e  delle bellezze naturali e'
affidata  ad  un  sistema di intervento pubblico basato su competenze
statali   e  regionali  che  concorrono  o  si  intersecano,  in  una
attuazione  legislativa  che impone il contemperamento dei rispettivi
interessi, con l'osservanza in ogni caso del principio di equilibrata
concorrenza  e  cooperazione  tra  le due competenze, in relazione ai
momenti  fondamentali  della  disciplina  stabilita  a protezione del
paesaggio (v. sentenze n. 157 del 1998; n. 170 del 1997);
        d)   non   sussiste   una   incompatibilita'   tra  la  leale
collaborazione   tra  Stato  e  Regione,  da  attuarsi  concretamente
attraverso  la  semplice  informazione  alla  regione  dell'avvio del
procedimento  di  annullamento, e la previsione normativa del termine
perentorio  di  sessanta  giorni  per  l'esercizio di detto potere di
annullamento,  in  quanto  la  semplice informativa alla regione puo'
essere  data  con  qualsiasi  mezzo  di  comunicazione  ed in maniera
sintetica, senza la necessita' di contestazione o di acquisizione del
previo parere regionale.
    4.  -  L'interferenza  ed  il  particolare reciproco legame delle
funzioni  regionali  e statali, nella specifica materia di tutela dei
beni  paesaggistici,  con  la  previsione  del  potere dello Stato di
annullamento  di  autorizzazioni rilasciate dalla regione, esigono la
piena  attuazione  del  principio  di  leale  cooperazione,  che deve
caratterizzare  le  relazioni  degli  organi  istituzionali, cui sono
affidate  le funzioni previste dall'art. 9 della Costituzione, "nella
direttrice  della  primarieta'  del valore estetico-culturale e della
esigenza  di  una  piena  e  pronta realizzazione di esso, secondo un
modello ispirato" al detto "principio" (sentenza n. 151 del 1986).
    Tale  principio  di  leale  cooperazione  deve  attuarsi in forme
concrete   ed  effettive  ed  operare  reciprocamente  (non  in  modo
unidirezionale:  v.  sentenza  n. 341  del  1996  citata) tra Stato e
Regione  autonoma  della  Valle  d'Aosta:  di  modo  che, come questa
Regione  e'  soggetta  all'obbligo  di  comunicare  immediatamente le
rilasciate  autorizzazioni  di  cui  all'art. 7 della legge 29 giugno
1939,  n. 1497  e  di  trasmettere  la  relativa  documentazione (con
decorrenza del termine per l'intervento statale), cosi' lo Stato deve
essere  tenuto  all'obbligo  di  dare,  alla  stessa  Regione (avente
specifica  competenza  nella  materia  in base a statuto), tempestiva
notizia che il riesame-controllo di mera legittimita' sta dando avvio
ad   una  procedura  (di  secondo  grado)  per  l'annullamento  della
autorizzazione.

    5.  -  Non  puo' ritenersi - come invece sostiene la difesa dello
Stato   -  irrilevante,  ai  fini  del  procedimento  (in  corso)  di
annullamento,  la comunicazione alla Regione Valle d'Aosta, in quanto
anche  essa  e' titolare (sia pure come espressione di concorrenza di
poteri, secondo un modello ispirato alla leale cooperazione: sentenza
n. 151 del 1986; v. anche sentenza n. 242 del 1997) della funzione di
tutela  del  paesaggio,  rientrante anche nella sfera degli interessi
regionali  per  previsione  statutaria  e  quindi  esercitabile anche
autonomamente   secondo   le   previsioni   di   legge.  La  semplice
comunicazione, infatti, puo' consentire alla Regione (cosi' come tale
possibilita'  non  puo' essere esclusa per il soggetto titolare della
autorizzazione) di fornire - se crede opportuno - eventuali ulteriori
elementi,   documenti  o  delucidazioni,  tenuto  conto  dei  termini
perentori    per    l'esercizio    del    potere    di   annullamento
dell'autorizzazione da parte dello Stato e, a sua volta, di informare
il  soggetto  titolare  della stessa autorizzazione (rilasciata dalla
medesima  Regione,  con  conseguenti  eventuali  responsabilita') dei
rischi  di  iniziare  o proseguire i lavori oggetto di autorizzazione
regionale,  efficace  ed  operante  pure  in pendenza del termine per
l'annullamento.
    Infine  deve  essere  sottolineato  che l'anzidetto esercizio del
potere  di annullamento statale delle autorizzazioni paesistiche come
espressione  di  sistema  di  concorrenza  di  poteri, realizzato non
attraverso  un  atto  complesso  o una intesa, costituisce sempre una
fase  di  secondo  grado  (rispetto  ad  una autorizzazione regionale
perfetta ed efficace), nella quale vi e' possibilita' di introdurre -
d'ufficio  o  su  iniziativa  dei  soggetti  portatori  di  interessi
qualificati  - documentazione ed elementi di fatto ulteriori rispetto
all'istruttoria  regionale.  Questa speciale fase di secondo grado si
caratterizza  per  l'autorita'  (statale)  diversa da quella di primo
grado  (regionale),  con  un  diverso  responsabile  del procedimento
(argomentando  anche da d.m. 13 giugno 1994, n. 495, art. 9 e tabella
a)  con  poteri  anche istruttori. Soprattutto la differenziazione si
rileva  nella discrezionalita' propria di tale potere di annullamento
statale,  il cui esercizio e messa in moto d'ufficio (anche se ha per
presupposto   necessario,   per   la   decorrenza   del  termine,  la
trasmissione  di copia della autorizzazione regionale con la relativa
documentazione)  non  e'  mai assolutamente dovuto o vincolato, ma e'
sempre  eventuale  e  collegato  alla  valutazione  discrezionale  di
esigenze "di estrema difesa del vincolo paesistico".