LA CORTE DEl CONTI
    Visto il decreto del Presidente della Repubblica in data 28 marzo
  2000 con il quale e' stato emanato il regolamento di organizzazione
  del Ministero delle politiche agricole e forestali;
    Vista  la  relazione  in  data  10  agosto  2000  del consigliere
  delegato al controllo sugli atti di governo facente funzioni;
    Vista  l'ordinanza  in  data  11 agosto  2000  con  la  quale  il
  Presidente  facente funzioni della Corte dei conti ha deferito alla
  sezione  del  controllo,  primo  collegio, convocata per l'adunanza
  odierna, l'esame della legittimita' del decreto presidenziale sopra
  indicato;
    Vista  la  nota  della  segreteria della sezione del controllo in
  data 17 agosto 2000;
    Visto  l'art. 24  del  regio decreto del 12 luglio 1934, n. 1214,
  nel testo sostituito dall'art. 1 della legge 21 marzo 1953, n. 161;
    Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;
    Udito il relatore consigliere Maurizio Meloni;
    Uditi  i  rappresentanti del Ministero delle politiche agricole e
  forestali. Ritenuto in:

                              F a t t o

    In data 9 maggio 2000 e' pervenuto alla Corte dei conti - ufficio
  di  controllo  sugli  atti  di Governo, per il prescritto controllo
  preventivo   di  legittimita',  il  decreto  del  Presidente  della
  Repubblica  in  data 28 marzo 2000 con il quale e' stato emanato il
  regolamento   di   organizzazione  del  Ministero  delle  politiche
  agricole e forestali.
    In  sede  istruttoria,  l'ufficio  di  controllo  sugli  atti  di
  governo,  con  foglio  di rilievi n. 7/2000 in data 26 maggio 2000,
  anzitutto,  ha  fatto  presente  che  il  regolamento in questione,
  trovando  il suo specifico fondamento normativo nell'art. 78 del d.
  lgs.  30 luglio  1999,  n. 300 (norma transitoria secondo cui "fino
  alla  data  di  entrata in vigore dei regolamenti di organizzazione
  del  nuovo  Ministero  delle  politiche  agricole,  e forestali, il
  Ministero   per  le  politiche  agricole  e'  riordinato  ai  sensi
  dell'art. 17,  comma  4-bis,  della  legge  23 agosto 1988, n. 400,
  prevedendo  che  il  dipartimento  delle  politiche di mercato e il
  dipartimento  della  qualita'  dei  prodotti  agroalimentari  e dei
  servizi, sono articolati rispettivamente in due ed in tre uffici di
  livello dirigenziale generale"), pur facendo riferimento alla nuova
  denominazione   del   Ministero   per  le  politiche  agricole  (v.
  l'art. 55,  comma  2,  e  l'art. 33, comma 1, del menzionato d.lgs.
  n. 300   del   1999),  disciplina  l'organizzazione  del  Ministero
  istituito   e   disciplinato  dal  d.lgs.  4 giugno  1997,  n. 143,
  prendendo  in  considerazione  le  attribuzioni  a  tale  dicastero
  conferite dal menzionato decreto legislativo.
    In  sede  istruttoria,  pertanto,  e' stato espresso l'avviso che
  conservano  invariato  fondamento  ed  attualita' le considerazioni
  svolte  nell'ordinanza  n. 2/99  della  Sezione del controllo della
  Corte  dei  conti  (nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 15 settembre
  1999  -  prima  serie speciale - sub. n. 441) con la quale e' stata
  censurata  la  legittimita'  costituzionale  del  richiamato d.lgs.
  n. 143  del  1997. Le stesse censure di legittimita' costituzionale
  ovviamente  investono anche gli artt. 33, 34 e 78 del d.lgs. n. 300
  del  1999  dato che tali norme rinvengono il loro antecedente nella
  disciplina contenuta nel decreto legislativo emanato nel 1997.
    Sempre in sede istruttoria e' stato fatto presente che appare non
  manifestamente   infondata   anche   una   ulteriore  questione  di
  legittimita'  costituzionale,  per  violazione  dell'art. 76 Cost.,
  degli  artt. 33, 34 e 78 del d.lgs. n. 300 del 1999. Cio' in quanto
  sia  il  d.lgs.  n. 143  del  1997  (parzialmente) sia i menzionati
  articoli del d.lgs. n. 300 del 1999 risultano emanati in attuazione
  della delega contenuta nell'art. 11, comma 1, lett. a), della legge
  15 marzo 1997, n. 59.
    La  emanazione  in  tempi  diversi in base alla medesima norma di
  delega  legislativa di piu' norme delegate aventi lo stesso oggetto
  e' consentita dalla legge di delega (cfr. l'art. 11, comma 3, della
  legge  n. 59  del  1997)  soltanto  nel  caso  in  cui la normativa
  delegata  correttiva  e/o  integrativo della precedente sia emanata
  entro  un  anno  dalla  data  di  entrata in vigore della normativa
  delegata che si intende correggere e/o integrare.
    Tale  termine  annuale  nel caso di specie non risulta rispettato
  (il  d.lgs.  n. 143  del 1997 e' entrato in vigore in data 5 giugno
  1997;  il  d.lgs.  n. 300  del  1999  e' stato emanato il 30 luglio
  1999).
    Nel  foglio  di  rilievi,  infine,  sono  state elencate numerose
  illegittimita'    delle    disposizioni   regolamentari   all'esame
  dell'ufficio  di  controllo  e  sono stati richiesti chiarimenti in
  merito   alla  disciplina  concernente  gli  enti  sottoposti  alla
  vigilanza del Ministero.
    In sede di controdeduzioni il Ministro delle politiche agricole e
  forestali   ha  fatto  presente  che  in  sede  di  emanazione  del
  regolamento  in  esame  il Governo non ha inteso dare attuazione al
  disposto  dell'art. 78 del d.lgs. n. 300 del 1999, bensi' ha voluto
  disciplinare  il  Ministero  delle  politiche  agricole e forestali
  oggetto  delle  disposizioni di cui agli artt. 33 e 34 del medesimo
  decreto  legislativo.  L'amministrazione, inoltre, ha negato che le
  norme contenute nel d.lgs. n. 300 del 1999 concernenti il Ministero
  de  quo siano correttive e/o integrative della disciplina di cui al
  d.lgs. n. 143 del 1997.
    Nel  caso  di  specie ci si troverebbe "semplicemente di fronte a
  due  decreti  legislativi  emanati a distanza di due anni di tempo,
  sulla  base  della stessa norma di delega", cioe' "di fronte ad una
  mera  successione  delle  norme  nel  tempo,  in base alla quale il
  decreto  legislativo n. 300 del 1999 deve essere letto in combinato
  disposto  con  il  decreto legislativo n. 143 del 1997, rispetto al
  quale  rappresenta  ius  superveniens,"  da  valutare  tramite  una
  lettura   logico-sistematica   che  consenta  di  correlare  i  due
  provvedimenti,  "apprezzando  le  modifiche  apportate  dal decreto
  legislativo  n. 300  per  esempio  in  ordine  alle  competenze del
  Ministero ed al numero dei dipartimenti".
    In   sede   di  controdeduzioni,  inoltre,  l'amministrazione  ha
  formulato  una  serie  di  considerazioni  tendenti a dimostrare la
  conformita'  a legge delle disposizioni regolamentari oggetto delle
  contestazioni  dell'ufficio e ha fornito le richieste delucidazioni
  in  merito ai decreti legislativi emanati nel corso degli anni 1999
  e  2000  al  fine  di  "riordinare"  alcuni degli enti vigilati dal
  Ministero (in precedenza soppressi dall'art. 3, comma 1, del d.lgs.
  n. 143 del 1997).
    Il  consigliere  delegato  al  controllo  sugli  atti  di governo
  facente   funzioni,  con  relazione  in  data  10 agosto  2000,  ha
  richiesto  al  Presidente facente funzioni della Corte dei conti il
  deferimento   alla  Sezione  del  controllo  dell'esame  dell'atto,
  richiedendo espressamente che oggetto dell'esame collegiale fossero
  tutte  le  prospettate  questioni,  attinenti sia alla legittimita'
  costituzionale  di  molteplici  norme  poste a base del regolamento
  oggetto del procedimento di controllo, sia alla conformita' a legge
  del regolamento stesso.
    Nel  corso dell'adunanza e' stato ascoltato il rappresentante del
  Ministero delle politiche agricole e forestali, il quale ha esposto
  oralmente le tesi dell'amministrazione in merito alle questioni (di
  costituzionalita'  di  norme  di  rango primario e di conformita' a
  legge  delle  disposizioni regolamentari) trattate nella menzionata
  relazione  di  deferimento,  confermando,  in  particolare,  che il
  regolamento  e'  stato  adottato  in  attuazione del disposto degli
  artt.  33  e 34 del d.lgs. n. 300 del 1999 (non invece dell'art. 78
  del medesimo decreto legislativo). Considerato in:

                            D i r i t t o

    1. - Con  il d.P.R. 28 marzo 2000 e' stato emanato il regolamento
  di   organizzazione   del  Ministero  delle  politiche  agricole  e
  forestali  (nuova  denominazione  del  Ministero  per  le politiche
  agricole:  v.  gli  artt. 55,  comma  2,  e 33, comma 1, del d.lgs.
  30 luglio 1999, n. 300).
    Il predetto decreto e' stato emanato in pendenza del procedimento
  di controllo attinente al d.P.R. in data 25 marzo 1999 con il quale
  era  stato  emanato  il regolamento di organizzazione del Ministero
  per le politiche agricole, a norma dell'art. 2, comma 4, del d.lgs.
  4 giugno 1997, n. 143.
    Tale  decreto  legislativo, esaminato dalla sezione del controllo
  nell'adunanza del 10 giugno 1999, e' stato deferito all'esame della
  Corte   costituzionale   con   ordinanza  n. 2/99  (nella  Gazzetta
  Ufficiale n. 37 del 15 settembre 1999 - prima serie speciale - sub.
  n. 441).
    Con  tale  ordinanza  la  Sezione,  preso atto delle affermazioni
  dell'amministrazione  secondo  la  quale  in sede di emanazione del
  d.lgs.  n. 143  del 1997 il Governo ha utilizzato congiuntamente le
  deleghe  contenute negli artt. 1 e 11, lettere a) e b), della legge
  15  marzo 1997, n. 59, ha ritenuto che quasi tutto il d.lgs. n. 143
  del  1997  sia costituzionalmente illegittimo, per violazione degli
  artt. 70,  76  e  95  della  Costituzione in relazione alla mancata
  attuazione  ed alla violazione degli artt. 1, 3, 4, 8, 11, comma 1,
  lettere a) e b), 12 e 14 della legge n. 59 del 1997.
LaCorte costituzionale, con ordinanza n. 265/2000, in considerazione
  della  sopravvenuta  emanazione  del decreto legislativo n. 300 del
  1999  (che prevede - cfr. gli artt. 2, 33, 34, 55 e 78 - l'espressa
  attribuzione  al  Ministero  delle  politiche  agricole e forestali
  delle  funzioni e dei compiti - spettanti allo Stato - previsti dal
  decreto legislativo n. 143 del 1997 e la adozione di un regolamento
  delegato   di   organizzazione  della  struttura  ministeriale)  ha
  ordinato  la restituzione degli atti alla Sezione del controllo per
  un nuovo esame della rilevanza ai fini del decidere delle questioni
  di legittimita' costituzionale prospettate.
    Peraltro, in data 28 luglio 2000, l'amministrazione ha provveduto
  a  ritirare  il d.P.R in data 25 marzo 1999, il cui procedimento di
  controllo pertanto deve ritenersi estinto.
    Cio'  premesso,  con  riferimento  al  regolamento oggi all'esame
  della  sezione, l'ufficio di controllo, in merito alla legittimita'
  costituzionale degli artt. 1; 2, commi 1 e 2; 3, comma 2; 4 e 5 del
  d.lgs.  n. 143  del 1997, anzitutto, ha osservato che nonostante il
  titolo  del regolamento faccia riferimento alla nuova denominazione
  del  Ministero  per  le  politiche agricole (v. art. 33, comma 1, e
  art. 55, comma 2, del d.lgs. n. 300 del 1999) deve ritenersi che il
  regolamento  in esame, in virtu' della norma di diritto transitorio
  contenuta  nell'art. 78  del  d.lgs.  n. 300  del  1999, disciplini
  l'organizzazione  del Ministero istituito e disciplinato dal d.lgs.
  n. 143  del  1997,  prendendo in considerazione (e ripartendo tra i
  vari uffici) le attribuzioni al dicastero conferite da tale decreto
  legislativo.
    Pertanto,  e'  stato  espresso  l'avviso che conservano invariato
  fondamento  ed attualita' le considerazioni svolte nella menzionata
  ordinanza n. 2/99 della sezione del controllo con la quale e' stata
  censurata  la  legittimita'  costituzionale  del  richiamato d.lgs.
  n. 143 del 1997. E' stato osservato, inoltre, che le stesse censure
  di  legittimita'  costituzionale ovviamente possono essere riferite
  anche  agli  artt. 33  e 34 del d.lgs. n. 300 del 1999, anche se in
  relazione  a  tali norme si pone il problema della loro (differita)
  efficacia: cfr. l'art. 55, comma 6, del d.lgs. n. 300 del 1999.
    In sede istruttoria, altresi', e' stata prospettata una ulteriore
  questione    di   legittimita'   costituzionale,   per   violazione
  dell'art. 76  Cost.,  concernente  l'art. 78  del d.lgs. n. 300 del
  1999.  Al riguardo, e' stato osservato che sia il d.lgs. n. 143 del
  1997  (art. 2,  comma  4), sia l'art. 78 del d.lgs. n. 300 del 1999
  risultano    emanati   in   attuazione   della   delega   contenuta
  nell'art. 11, comma 1, lett. a), della legge 15 marzo 1997, n. 59.
    La  emanazione  in  tempi  diversi in base alla medesima norma di
  delega  legislativa di piu' norme delegate aventi lo stesso oggetto
  e' consentita dalla legge di delega (cfr. l'art. 11, comma 3, della
  legge  n. 59  del  1997)  soltanto  nel  caso  in  cui la normativa
  delegata  correttiva  ed  integrativa  della precedente sia emanata
  entro  un  anno  dalla  data  di  entrata in vigore della normativa
  delegata che si intende correggere e/o integrare.
    Tale  termine  annuale nel caso di specie non risulta rispettato:
  il d.lgs. n. 143 del 1997 (art. 2, comma 4) e' entrato in vigore in
  data  5 giugno  1997;  il d.lgs. n. 300 del 1999 (art. 78) e' stato
  emanato  il  30 luglio  1999.  Anche  in  questo  caso l'Ufficio ha
  espresso  l'avviso  che le medesime censure possono essere riferite
  anche  agli  artt. 33 e 34 del d.lgs. n. 300 del 1999, intesi quali
  norme  correttive  dell'intero  d.lgs.  n. 143  del  1997 (ma, come
  detto,  con  riguardo  a  tali norme si pone il problema della loro
  attuale inefficacia: su cio' v. in seguito).
    Al riguardo, l'amministrazione ha controdedotto quanto segue:
    "Il  primo  rilievo di carattere generale concerne il presupposto
  che  il  regolamento venga emanato ai sensi dell'art. 78 del d.lgs.
  n. 300  e si riferisca quindi, in via transitoria, al Ministero per
  le politiche agricole, istituito dal d.lgs. n. 143 del 1997.
    La   Corte   in   proposito  fa  riferimento  alla  questione  di
  legittimita'  costituzionale gia' sollevata in merito al precedente
  schema  di  regolamento  e  considera  non manifestamente infondata
  anche  la, questione di legittimita' costituzionale, per violazione
  dell'articolo  76  della  Costituzione,  degli  articoli  33  e 34,
  nonche'  degli  articoli  27  e  28  e dell'articolo 78 del decreto
  legislativo   n. 300,   considerando   tale   ultimo  decreto  come
  correttivo del decreto 143 e quindi emanato fuori termine.
    In  realta',  gia'  il  preambolo del regolamento si riferisce in
  prima  istanza  agli  articoli  33, 34 e 55 del decreto legislativo
  n. 300  e soltanto in via sussidiaria all'art. 78 (la formula usata
  e'  la  seguente:  visti  in  particolare gli articoli 33, 34 e 55,
  "nonche'  l'articolo  78...").  Gia'  da tale richiamo si comprende
  come il regolamento disciplini l'organizzazione del Ministero delle
  politiche  agricole  e  forestali e non, come asserito dalla Corte,
  del  Ministero  per  le  politiche  agricole, istituito dal decreto
  legislativo  n. 143 del 1997. In proposito, risulta particolarmente
  illuminante  il  richiamo dell'art. 55. Il comma 1 di tale articolo
  prevede  una  generale riorganizzazione di governo, con istituzione
  di  nuovi ministeri e soppressione di quelli esistenti, a decorrere
  dalla  data  di nomina del primo governo costituito a seguito delle
  prossime  elezioni  politiche.  A tale disposizione fa eccezione il
  comma  2  del medesimo articolo, il quale prevede l'istituzione del
  Ministero  delle  politiche  agricole e forestali gia' alla data di
  entrata in vigore del decreto n. 300.
    La  Corte potrebbe semmai valutare l'opportunita' di suggerire la
  soppressione  del  richiamo  del  preambolo  all'art. 78.  Infatti,
  l'art. 78  detta  una disciplina transitoria, che, alla lettura del
  combinato disposto degli articoli 33 e 55, comma 2, dovrebbe essere
  adottato   con  le  stesse  procedure  del  regolamento  del  nuovo
  Ministero,  previste  dall'articolo  4.  E' proprio quest'ultima la
  disposizione  normativa  di rango primario che legittima l'adozione
  del  regolamento  da  parte del Ministero e che viene espressamente
  richiamata,  unitamente,  all'articolo  5, dall'art. 34 del decreto
  n. 300.  Comunque,  ad adiuvandum, e' certo che le disposizioni del
  decreto   n. 300  non  costituiscono  disposizioni  correttive  del
  decreto  legislativo  n. 143  del  1997  e  non sono quindi viziate
  dall'essere state adottate oltre i termini della delega per emanare
  disposizioni   integrative   e   correttive  del  medesimo  decreto
  legislativo n. 143.
   Nel  caso  di  specie,  ci  si trova semplicemente di fronte a due
  decreti  legislativi emanati a distanza di due anni di tempo, sulla
  base  della  stessa  norma  di  delega:  la  lettera a) del comma 1
  dell'articolo 11 della legge n. 59 del 1997, nella sua genericita',
  consentiva  sia  l'adozione  di  decreti legislativi specificamente
  dedicati  a  singoli  Ministeri,  sia  l'adozione  di provvedimenti
  complessivi  di  riordino  della  struttura  governativa, tanto che
  l'alinea  del  medesimo  comma 1 attribuiva la delega al Governo ad
  emanare uno o piu' decreti legislativi.
    Lo  stesso  d.lgs. n. 143 del 1997, all'articolo 2, comma 2, reca
  una  disposizione  che  mantiene  ferme  le  attribuzioni  di altre
  amministrazioni  centrali  fino  alla ristrutturazione prevista dal
  capo  II  della legge n. 59 del 1997: gia' al momento dell'adozione
  del   decreto   legislativo   n. 143  veniva  data  per  certa  una
  ristrutturazione  complessiva  dell'organizzazione  di  governo. In
  base  alla  medesima  disposizione  di  delega  sono  stati  quindi
  adottati il decreto n. 143 del 1997, che riguarda esclusivamente il
  Ministero per le politiche agricole, ed il d.lgs. n. 300 del 1999.
    Quest'ultimo,  ridisciplinando completamente l'organizzazione del
  governo,   istituisce  il  Ministero  delle  politiche  agricole  e
  forestali, introducendo delle modifiche al preesistente ordinamento
  ed  alle  preesistenti competenze anche in relazione alle modifiche
  apportate   alle   competenze   ed  agli  ordinamenti  degli  altri
  Ministeri:  basti  pensare alle norme dell'art. 27 (e dell'art. 28)
  sulle  competenze in materia agroindustriale. Ci si trova allora di
  fronte  ad una mera successione delle norme nel tempo, in base alla
  quale  il  decreto legislativo n. 300 del 1999 deve essere letto in
  combinato  disposto  con  il  decreto  legislativo n. 143 del 1997,
  rispetto  al quale rappresenta ius superveniens. Occorre allora una
  lettura   logico-sistematica   che  consenta  di  correlare  i  due
  provvedimenti,  apprezzando  le  modifiche  apportate  dal  decreto
  legislativo  n. 300  per  esempio  in  ordine  alle  competenze del
  Ministero  ed al numero dei dipartimenti. Tale constatazione appare
  significativa  anche in ordine ad altri specifici rilievi formulati
  dalla  Corte  dei  conti,  tenendo  conto  che il decreto n. 300 ha
  talora   meglio   esplicitato  e  dettagliato  nozioni  e  disposti
  normativi gia' contenuti nel decreto n. 143".

    2. - La prima questione che deve essere esaminata in questa sede,
  e'  quella  attinente  alla  rilevanza  da  attribuire  ai fini del
  decidere   alla  normativa  dettata  dal  d.lgs.  n. 300  del  1999
  concernente il Ministero di cui si discute.
    Come  accennato  in  precedenza,  in  sede  istruttoria  e' stato
  ritenuto  che  tale normativa (artt. 33, 34, 55, comma 2, e 78) non
  sia  idonea  a  far  modificare l'avviso espresso dalla Sezione del
  controllo   e  che  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
  sollevate con la menzionata ordinanza n. 2/99 debbano essere estese
  anche  alle  norme  del  d.lgs.  n. 300  del  1999  concernenti  il
  Ministero  de  quo (attualmente, ai sensi dell'art. 55, comma 6, e'
  efficace soltanto l'art. 78: su cio' v. in seguito).
    Cio'  in  quanto il d.lgs. n. 300 del 1999, alla luce della norma
  di delega legislativa contenuta nell'art. 11, lett. a), della legge
  n. 59 del 1997:
      a) non   puo'   individuare   nuove  attribuzioni  in  capo  ai
  Ministeri,  potendo provvedere unicamente alla loro ridistribuzione
  a  fini  di  razionalizzazione. In particolare, l'art. 33, comma 2,
  del  d.lgs.  n. 300  del  1999  stabilisce  che  al Ministero delle
  politiche  agricole  e forestali (nuova denominazione del Ministero
  per  le  politiche  agricole:  cfr.  l'art. 55, comma 2, del d.lgs.
  n. 300  del  1999)  sono  attribuiti,  "le  funzioni  e  i  compiti
  spettanti  allo Stato in materia di agricoltura e foreste, caccia e
  pesca,  ai  sensi  dell'art. 2  del  d.lgs.  4 giugno 1997, n. 143"
  (fatta   eccezione   per   le  competenze  statali  in  materia  di
  commercializzazione   dei   prodotti   agricoli   e   di   politica
  agroindustriale trasferite al Ministero delle attivita' produttive,
  attualmente Ministero dell'industria: cfr. artt. 27, comma 2, e 28,
  comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 300 del 1999).
    Al  riguardo,  peraltro,  deve  essere  osservato - ma su cio' v.
  amplius  in seguito - che il comma 3 dell'art. 33 del d.lgs. n. 300
  del  1999  contiene  una  elencazione di funzioni non perfettamente
  coincidente  con  quella  rinvenibile nell'art. 2 del d.lgs. n. 143
  del  1997  (anche  se  il  medesimo comma specifica che le funzioni
  elencate  sono  svolte  dal  Ministero  "nei  limiti  stabiliti dal
  predetto   articolo  2  del  decreto  legislativo  4  giugno  1997,
  n. 143").
    Nella  relazione  che  accompagna  il regolamento testualmente si
  legge  che  "sono affidate, alla sede centrale di governo (cioe' al
  Ministero)  le  funzioni  e  i  compiti in materia di agricoltura e
  pesca previsti da decreto legislativo del 1997, n. 143";
        b) a  parte il non particolarmente rilevante trasferimento di
  funzioni statali in favore del Ministero delle attivita' produttive
  (artt. 27  e  28),  detta  una  disciplina  - sia transitoria che a
  regime  -  che  attiene sostanzialmente alla riorganizzazione della
  struttura   amministrativa   del   Ministero   (previsione  di  due
  dipartimenti:  1)  agricoltura  e  pesca;  2) qualita' dei prodotti
  agricoli e dei servizi);
        c) non  prevede alcun trasferimento di funzioni alle regioni.
  Infatti,  la  situazione  normativa attinente alle attribuzioni del
  Ministero e' sempre quella delineata dal d.lgs. n. 143 del 1997;
        d) la  norma  transitoria  contenuta  nell'art. 78 del d.lgs.
  n. 300  del  1999,  concernente  il  "Ministero  per  le  politiche
  agricole",  e'  una  disposizione  che  disciplina soltanto aspetti
  organizzativi, essendo mirata a modificare il disegno organizzativo
  delineato nell'art. 2, comma 4, del d.lgs. n. 143 del 1997.
    Alla  luce delle considerazioni che precedono, nella relazione di
  deferimento  e'  stato  affermato  che  non convincenti appaiono le
  controdeduzioni   dell'amministrazione   secondo   la   quale   gli
  evidenziati   profili   di   incostituzionalita'   della  normativa
  concernente il Ministero de quo sono privi di fondamento poiche' il
  regolamento  in  esame  disciplina  "l'organizzazione del Ministero
  delle  politiche  agricole  e  forestali e non, come asserito dalla
  Corte,  del  Ministero  per  le  politiche  agricole, istituito dal
  decreto  legislativo  n. 143  del  1997" (secondo l'amministrazione
  `illuminante'  sarebbe  il  richiamo dell'art. 55 del d.lgs. n. 300
  del   1999).   L'amministrazione,   altresi',   ha  "suggerito"  di
  sopprimere  il  richiamo  dell'art. 78  contenuto nel preambolo del
  regolamento in esame, poiche', come detto, essa ha inteso applicare
  gli  artt. 33  e  34 del d.lgs. n. 300 del 1999. Nella relazione di
  deferimento   le  considerazioni  dell'amministrazione  sono  state
  ritenute    non    condivisibili,   poiche',   in   assenza   della
  "operativita'"  degli  artt. 33  e  34  del d.lgs. n. 300 del 1999,
  attualmente  il  Governo potrebbe disciplinare l'organizzazione del
  Ministero  unicamente  ai  sensi  dell'art. 78 del medesimo decreto
  legislativo: l'art. 78, infatti, e' una norma, come tale vincolante
  per l'autorita' governativa.
    In tale sede, pertanto, e' stato espresso l'avviso secondo cui le
  censure  di  illegittimita'  costituzionale indicate nell'ordinanza
  n. 2/99  della sezione del controllo mantengano invariato rilievo e
  debbano  essere  estese  all'art. 78  del  d.lgs.  n. 300  del 1999
  (secondo  l'ufficio  le  censure  di  illegittimita' costituzionale
  possono essere riferite anche alla disciplina relativa al Ministero
  contenuta  negli  artt. 33 e 34 del d.lgs. n. 300 del 1999, ma tali
  norme,  in conseguenza della loro "non operativita'", non sarebbero
  rilevanti  ai  fini del decidere). La sezione del controllo ritiene
  tuttavia  di  dovere  manifestare  diverso  avviso  in  merito alla
  "rilevanza"  della  questione  di legittimita' costituzionale degli
  artt. 33  e  34  del  d.lgs. n. 300 del 1999. Al riguardo, infatti,
  deve  ritenersi  che, in relazione alle norme da porre a fondamento
  dell'emanato  regolamento  di  organizzazione  del  Ministero delle
  politiche  agricole  e  forestali,  assorbente rilevanza rivesta la
  volonta' manifestata dall'amministrazione, la quale, come detto, ha
  recisamente  affermato  di  aver inteso applicare non l'art. 78 del
  d.lgs.  n. 300  del 1999 (e quindi di disciplinare il Ministero per
  le  politiche  agricole),  bensi'  gli  artt. 33  e 34 del medesimo
  decreto   legislativo  attinenti  al  rimodellato  Ministero  delle
  politiche  agricole  e  forestali  (in  tal  senso  depone anche la
  circostanza  che  nell'art. 3,  comma  2, lett. a), del regolamento
  sono  menzionate  alcune  attribuzioni  - "controllo sulla qualita'
  delle  merci  di  importazione" e "lotta alla concorrenza sleale" -
  non  elencate  nell'art. 2  del  d.lgs.  n. 143  del  1997,  bensi'
  unicamente  nell'art. 33,  comma 3, lett. b), del d.lgs. n. 300 del
  1999).
    In altri termini, la sezione ritiene di dovere soltanto "prendere
  atto"  che  l'amministrazione ha inteso applicare gli artt. 33 e 34
  del d.lgs. n. 300 del 1999, e decidere conseguenzialmente.
    Come  accennato in precedenza, l'unico ostacolo alla applicazione
  delle  suindicate  norme  si  rinviene  nell'art. 55,  comma 6, del
  d.lgs.  n. 300 del 1999, secondo cui "salvo disposizione contraria,
  la  decorrenza  dell'operativita'  delle  disposizioni del presente
  decreto  e'  distribuita,  con decreto del Presidente del Consiglio
  dei ministri, entro l'arco temporale intercorrente tra l'entrata in
  vigore  del  presente  decreto e la data di cui al comma 1" (nomina
  del  primo  governo  costituito  a  seguito  delle  prime  elezioni
  politiche  successive  all'entrata  in vigore del d.lgs. n. 300 del
  1999.  Al  riguardo,  si  osserva  altresi'  che  non esiste alcuna
  "disposizione contraria" e che il disposto del comma 1 dell'art. 55
  non  si  applica  al Ministero delle politiche agricole e forestali
  poiche'  tale  struttura  amministrativa  non e' menzionata in tale
  norma).
    Trattasi   peraltro   di  un  ostacolo  che  non  rinviene  alcun
  fondamento  nella  legge  di  delega  n. 59  del  1997 la quale non
  prevede  in  alcun  modo il condizionamento dell'operativita' della
  disciplina  delegata  alla emanazione di provvedimenti da parte del
  Presidente   del   Consiglio   dei  ministri.  Inoltre,  il  rinvio
  dell'inizio    dell'efficacia   della   normativa   delegata   alla
  discrezionalita'  del  Presidente del Consiglio dei ministri appare
  contrastante   con  i  limiti  temporali  imposti  al  Governo  per
  l'esercizio  della  delega.  Infatti, i "tempi" concessi al Governo
  risultano   sostanzialmente   violati  se,  nonostante  la  formale
  emanazione  ed  entrata  in  vigore della normativa delegata, nulla
  cambia  per  un tempo indefinito e non definibile, essendo lasciate
  alla   discrezionalita'  del  Presidente  del  Consiglio  tutte  le
  decisioni concernenti l'efficacia delle norme delegate.
    La   sezione,   pertanto,   ritiene   che  sussistano  dubbi  non
  manifestamente infondati in merito alla legittimita' costituzionale
  -  per violazione dell'art. 76 della Costituzione in relazione alla
  norma  di  delega  legislativa contenuta nell'art. 11, primo comma,
  lettera a), della legge n. 59 del 1997 - dell'art. 55, comma 6, del
  d.lgs. n. 300 del 1999.
    La caducazione di tale norma di legge determinerebbe la immediata
  applicabilita' degli artt. 33 e 34 del d.lgs. n. 300 del 1999.
    In  considerazione di tale evenienza la sezione non puo' esimersi
  dal  valutare  se  sussistano  dubbi  non  manifestamente infondati
  concernenti  anche  le  norme  da  ultimo  citate, come detto poste
  dall'amministrazione a fondamento del regolamento in esame.
    Ritiene  la  sezione  che  tali  dubbi di costituzionalita' siano
  sussistenti.
    Al  riguardo,  va  anzitutto  osservato che gli artt. 33 e 34 del
  d.lgs.  n. 300  del  1999  devono  essere  valutati unitamente alla
  normativa contenuta nel d.lgs. n. 143 del 1997 poiche' essi:
        a) costituiscono esercizio di una delle deleghe legislative -
  quella  di cui all'artt. 11, comma 1, lettera a), della legge n. 59
  del 1997 - attuate con l'adozione del d.lgs. n. 143 del 1997;
        b)  "scontano"  il  (fittizio)  trasferimento  di funzioni in
  favore   delle   Regioni  operato  con  1'art. 1  di  tale  decreto
  legislativo;
        c) ribadiscono  - aggiungendo qualcosa: su cio' v. in seguito
  l'elencazione    delle   attribuzioni   del   Ministero   contenuta
  nell'art. 2  del  d.lgs.  n. 143 del 1997, piu' volte espressamente
  richiamato dall'art. 33 del d.lgs. n. 300 del 1999.
    Tale   complesso   normativo   costituisce   una  disciplina  che
  sostanzialmente  ha  per  effetto o di creare funzioni ministeriali
  "nuove"  rispetto  a quelle spettanti allo Stato in base alla legge
  n. 491  del  1993,  al d.P.R. n. 616 del 1977 e al d.P.R, n. 11 del
  1972  ovvero di operare un (ri)trasferimento alla Stato di funzioni
  correttamente  in  precedenza  conferite  alle  regioni  in sede di
  attuazione del disposto dell'art. 117 Cost.
    In  materia,  la  sezione  non  rinviene alcun elemento che possa
  indurla  a  modificare l'avviso espresso nella menzionata ordinanza
  n. 2/1999.  In  tale  documento questo collegio ha affermato quanto
  segue:
    "Con  riferimento  alla  delega  legislativa contenuta nel capo I
  della legge n. 59 del 1997, che, come detto, giustifica la modifica
  degli apparati statali in correlazione al trasferimento di funzioni
  alle regioni, appare necessario ripercorrere tutte le varie "tappe"
  che  hanno  portato  alla emanazione del d.lgs. n. 143 del 1997, al
  fine   di   chiarire  quale  sia  il  reale  oggetto  dell'asserito
  trasferimento  di funzioni e, conseguenzialmente, se in base a tale
  delega  possa  ritenersi giustificata la soppressione del Ministero
  delle  risorse  agricole,  del  comitato permanente delle politiche
  agroalimentari  e  forestali,  dell'Ispettorato  repressioni frodi,
  ecc.  e  la  contestuale  creazione  del Ministero per le politiche
  agricole  (con  attribuzioni parzialmente diverse rispetto a quelle
  spettanti al Ministero soppresso).
    I. - d.P.R. 15 gennaio 1972. n. 11. L'art 1, primo comma, di tale
  decreto  legislativo ha operato il primo trasferimento alle regioni
  a  statuto ordinario delle funzioni amministrative esercitate dagli
  organi  centrali e periferici dello Stato in materia di agricoltura
  e  foreste,  caccia  e pesca nelle acque interne (ed in particolare
  tutta  una  serie  di  funzioni diligentemente elencate nel secondo
  comma  della  medesima norma). L'art. 4 del menzionato d.P.R. n. 11
  del  1972 elenca le attivita' lasciate alla competenza degli organi
  statali.
    II.  -  d.P.R.  24  agosto 1977, n. 616. Il secondo intervento in
  materia e' stato posto in essere al fine di trasferire alle regioni
  a  statuto  ordinario  le funzioni amministrative ancora esercitate
  dallo   Stato   (nelle   materie   indicate   dall'art. 117  Cost.)
  successivamente all'emanazione (tra gli altri) del d.P.R. n. 11 del
  1972  (per  quel  che  qui interessa, si fa presente che la materia
  dell'agricoltura e delle foreste e' disciplinata dagli artt. 66-78;
  quella  della  caccia  dall'art. 99; quella della pesca nelle acque
  interne dall'art. 100).
    III.  -  Legge  4  dicembre  1993,  n. 491. L'art. 1 del d.P.R. 5
  giugno  1993,  n. 176, in esito al referendum indetto con d.P.R. 25
  febbraio  1993,  ha  disposto l'abrogazione dell'art. 1 del R.D. 12
  settembre  1929,  n. 1661  e R.D. 27 settembre 1929, n. 1663, cioe'
  della  normativa  concernente il Ministero dell'agricoltura e delle
  foreste.
    Successivamente,  la legge 4 dicembre 1993, n. 491:         a) ha
  "soppresso"  il  Ministero  dell'agricoltura  e  delle  foreste (v.
  art. 1,  primo  comma)  e  ha  istituito il Ministero delle risorse
  agricole,  alimentari  e forestali;         b) ha disposto che sono
  di  competenza  delle  regioni  tutte  le  funzioni  in  materia di
  agricoltura   (comprensiva  della  "pesca",  alla  luce  di  quanto
  chiarito  dal  Ministro  per  le  politiche  agricole  in  sede  di
  controdeduzioni:   v.   pag.   7)  e  foreste,  di  acquacoltura  e
  agriturismo, nonche' le funzioni relative alla conservazione e allo
  sviluppo  del territorio rurale, ad esclusione di quelle attribuite
  dalla stessa legge n. 491 del 1993 al neo istituito Ministero delle
  risorse  agricole  (cfr.  art. 1.  comma  2, della legge n. 491 del
  1993).
    A  tale  Ministero,  ai  sensi  dell'art.  2,  terzo comma, della
  medesima  legge,  nelle  materie  relative  alle  risorse agricole,
  forestali,   agroalimentari   ed   agroindustriali,  alla  economia
  contrattuale  di  cui  alla legge 16 marzo 1988, n. 88 (concernente
  gli  accordi  interprofessionali  e  i  contratti di coltivazione e
  vendita  di  prodotti  agricoli), ai mercati agricolo e alimentare,
  all'acquacoltura  e  alla  pesca  marittima  (nei  limiti di cui al
  successivo  quarto  comma,  lettera  a),  nonche' in relazione alle
  competenze  statali  in  materia  di  agriturismo (legge n. 730 del
  1985),  non  vennero  attribuite funzioni di amministrazione attiva
  (demandate  alle  regioni e da queste esercitate in base alle leggi
  regionali  emanate  in  materia),  bensi'  unicamente  le  seguenti
  funzioni:
        a) cura delle relazioni internazionali;
        b) partecipazione  alla redazione di accordi internazionali e
  all'elaborazione delle politiche comunitarie;
        c) attivita'    generale   concernente   l'attuazione   delle
  determinazioni e dei provvedimenti comunitari;
        d) definizione  delle  politiche  nazionali,  ivi comprese la
  programmazione  e  l'attivita'  di  indirizzo  e coordinamento (nel
  rispetto  delle  procedure  di cui all'art. 2, comma 3, della legge
  n.400 del 1998);
        e) attivita'  previste dalla legge n. 157 del 1992 (norme per
  la  protezione  della  fauna  selvatica omeoterma e per il prelievo
  venatorio)  salve le competenze del Ministero dell'ambiente e delle
  regioni  in  base all'art. 117 della Costituzione e alle successive
  norme di applicazione.
    Ai  sensi del quarto comma del medesimo art. 2, nei limiti di cui
  al  precedente terzo comma (cioe' al fine di esercitare le funzioni
  -  non  di  amministrazione attiva - elencate nelle lettere a), b),
  c),  e  d)  che  precedono),  furono  intestate  al  neo  istituito
  Ministero  (in  quanto  prima  non  erano  esercitate dal soppresso
  Ministero dell'agricoltura e delle foreste) alcune competenze nelle
  seguenti materie:
        a)  acquacoltura  e  pesca  (materie  in  cui  le funzioni di
  amministrazione  attiva  erano  state  trasferite alle regioni) nei
  limiti   delle  competenze  spettanti  al  Ministero  della  marina
  mercantile  (leggi  963/65;  41/1982;  302/1989;  72/1992), nonche'
  vigilanza sull'ICRAM;
        b) produzione  dei  prodotti  elencati  nell'Allegato  II del
  Trattato CEE, salve le competenze del Ministero dell'industria;
        c)   veterinaria   (nei   limiti   fissati  dall'art. 3,  che
  attribuiva   al   Comitato  permanente  per  la  veterinaria  e  la
  zootecnica alcune funzioni non di amministrazione attiva);
        d) raccolta,  adduzione  e distribuzione primaria delle acque
  irrigue di rilevanza nazionale.

    Ai  sensi  del  sesto  comma  del  medesimo  art. 2, peraltro, la
  determinazione   degli  obiettivi  e  delle  linee  generali  della
  politica   agricola,  alimentare  e  forestale  nazionale,  nonche'
  l'individuazione  delle  linee di politica agricola da sostenere in
  sede  comunitaria  ed  internazionale, nonche' l'individuazione dei
  criteri  generali e delle modalita' attuative per l'esercizio della
  funzione  di  indirizzo  e  di  coordinamento vennero attribuite al
  comitato  permanente  delle  politiche  agroalimentari e forestali,
  istituito  nell'ambito  (non  del Ministero delle risorse agricole,
  bensi') della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
  regioni  e  le  province  autonome  di  Trento  e  Bolzano  (di cui
  all'art. 12  della  legge n. 400 del 1988), presieduto dal Ministro
  delle  risorse  agricole, e composto dai presidenti delle regioni e
  delle  province  autonome. "Lo stesso art. 2, sesto comma, elencava
  una  serie  di  materie  in  cui  il menzionato Comitato concertava
  criteri ed indirizzi di intervento.
    Riasumendo,  in  base  al d.P.R. n. 11 del 1972, ai d.P.R. n. 616
  del   1977  e  alla  legge  n. 491  del  1993  (cioe'  nel  periodo
  antecedente la emanazione del d.lgs. n. 143 del 1997):
        a)   spettavano   alle   regioni   tutte   le   funzioni   di
  amministrazione attiva in materia di agricoltura (comprensiva della
  pesca) e foreste, di acquacoltura e agriturismo, caccia, nonche' di
  conservazione e sviluppo del territorio rurale;
        b)  il  Ministero delle risorse agricole, non era titolare di
  competenze  di amministrazione attiva, bensi' di competenze in tema
  di  programmazione,  indirizzo  e coordinamento nelle materie sopra
  elencate  (e  in  alcune  altre),  nonche'  in  tema  di  relazioni
  internazionali e politiche comunitarie;
        c)   il   centro   motore   dell'attivita'   di  indirizzo  e
  coordinamento  nelle  materie  sub  a), in realta', era il comitato
  permanente  delle  politiche agroalimentari e forestali, organo non
  del  Ministero  delle  risorse  agricole,  bensi'  della Conferenza
  permanente  per  i  rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
  autonome.
    IV.  - nel 1997 sette regioni hanno promosso un referendum avente
  ad oggetto l'abrogazione della legge n. 491 del 1993.
    V.  -  Decreto  legislativo 4 giugno 1997, n. 143. - Conferimento
  alle   regioni   delle   funzioni   amministrative  in  materia  di
  agricoltura   e   pesca   e  riorganizzazione  dell'amministrazione
  centrale.
    Con tale decreto legislativo:
        a)   e' stata abrogata la legge 4 dicembre 1993, n. 491 ed e'
  stato formalmente soppresso il Ministero delle risorse agricole (v.
  art. 1, primo comma) (in realta', la abrogazione della legge n. 491
  del  1993  ha  determinato  anche  l'estinzione  di tutti gli altri
  organi ivi previsti);
        b) sono stati trasferiti alle regioni "tutte le funzioni ed i
  compiti  svolti  dal  (soppresso)  Ministero delle risorse agricole
  relativi  alle  materie di agricoltura, foreste, pesca agriturismo,
  caccia,  sviluppo  rurale ed alimentazione", ad eccezione di quelli
  indicati nell'art. 2 (art. 1, secondo comma);
        c) e' stato istituito il Ministero per le politiche agricole.
  In  base  all'art. 2  del  d.lgs.  n. 143  del  1997 tale Ministero
  svolge:
          1)  (d'intesa  con  la  menzionata "Conferenza permanente")
  compiti  di  elaborazione  e  coordinamento delle linee di politica
  agricola,  agroindustriale  e  forestale,  in  coerenza  con quella
  comunitaria (tale competenza e' analoga a quella prevista dall'art.
  2, comma 3, lettera b) e d) della legge n. 491 del 1993);
          2) funzioni  di  rappresentanza  degli  interessi nazionali
  nelle  apposite  sedi  comunitarie  (competenza  analoga  a  quella
  prevista dalla lettera b), dell'art. 2, comma 3, della legge n. 491
  del 1993), di cura delle inerenti relazioni internazionali (cft. la
  lettera  a)  del  medesimo  articolo), di esecuzione degli obblighi
  comunitari  e  internazionali  (cfr.  la  lettera  c)  del medesimo
  articolo),  di  proposta  in  materia  di  funzioni  governative di
  coordinamento  ed  indirizzo  (cfr.  la  lettera  d)  del  medesimo
  articolo).
          3) per  quanto  gia'  di competenza del soppresso Ministero
  delle  risorse agricole, compiti di disciplina generale (su cio' v.
  in seguito) e di coordinamento nazionale in una serie di materie di
  competenza regionale, elencate nel secondo comma dell'art. 2.
          4) infine, ai sensi del terzo comma dell'art. 2, sono stati
  attribuiti  al  Ministero  per le politiche agricole alcuni compiti
  specifici    attinenti   a   funzioni   prettamente   statali   non
  ricollegabili  alle  funzioni  svolte dal soppresso Ministero delle
  risorse agricole in base alla legge n. 491 del 1993.

    Alla  luce  di  quanto  precede, ritiene il collegio che la norma
  contenuta   nell'art. 1  del  d.lgs.  n. 143  del  1997  non  abbia
  trasferito alcuna nuova funzione alle regioni. Come detto, infatti,
  ai  sensi  dell'art. 2  della  legge  n. 491 del 1993, il Ministero
  delle  risorse  agricole  non  svolgeva  compiti di amministrazione
  attiva  poiche'  tutte  le  funzioni nelle materie di cui si tratta
  erano  gia' state trasferite alle Regioni in base alla legge n. 491
  del 1993, al d.P.R. n. 616 del 1977 e al d.P.R. n. 11 del 1972.
    Risulta  pertanto  che  la delega legislativa prevista dal Capo I
  della  legge n. 59 del 1997 (l'unica ufficialmente menzionata nella
  relazione   concernente   il  d.lgs.  n. 143  del  1997)  e'  stata
  utilizzata  non  per  il  trasferimento  di  funzioni alle Regioni,
  bensi'  e' stata richiamata unicamente per giustificare formalmente
  l'emanazione  di  un  decreto  legislativo  di  soppressione  di un
  Ministero e di contestuale creazione di uno analogo.
    In   altri   termini,  alla  luce  della  prospettata  evoluzione
  normativa  in  tema di agricoltura, si e' dell'avviso che l'art. 1,
  secondo  comma,  del d.lgs. n. 143 del 1997 non abbia operato alcun
  trasferimento  alle  regioni  di  funzioni  e  compiti  svolti  dal
  soppresso Ministero delle risorse agricole.
    Il  trasferimento  di  funzioni  in  materia di agricoltura, ecc.
  operato  dal  d.P.R.  n. 11  del 1972, dal d.P.R. n. 616 del 1977 e
  dall'art. 1 della legge n. 491 del 1993, infatti, appare totale.
    Da quanto precede, pertanto, risulta evidente che l'utilizzazione
  della  delega  legislativa  contenuta nell'art. 1 della legge n. 59
  del  1997  e'  solo  "virtuale"  e, conseguentemente, che qualsiasi
  modifica  dell'apparato  statale  preesistente  all'emanazione  del
  d.lgs.  n. 143  del  1997  non  puo' essere giustificata in base al
  disposto  dell'art.  3,  primo comma, lettera d), della legge n. 59
  del   1997  che  permette  la  soppressione,  la  trasformazione  o
  l'accorpamento delle strutture (centrali e periferiche) interessate
  dal   conferimento  di  funzioni  e  compiti,  da  attuare  tramite
  regolamenti  delegati  ai  sensi,  dell'art. 7,  terzo comma, della
  legge n. 59 del 1997.
    Ad  analoghe conclusioni, peraltro, dovrebbe pervenirsi anche nel
  caso  in  cui  dovesse  ritenersi  che  sia stato operato un minimo
  trasferimento  di  funzioni  (del  tutto  residuali)  alle regioni.
  Infatti,  il  totale  sconvolgimento  della  preesistente struttura
  statale  (e  non)  non potrebbe essere giustificata neanche in tale
  ipotesi.
    L'amministrazione,  in  sede  di  controdeduzioni,  altresi',  ha
  affermato  che  si  e'  fatto  ricorso  anche alla delega contenuta
  nell'art. 11,  comma 1. lettera a), della legge n. 59 del 1997, che
  prevede  il  riordino, la soppressione e la fusione dei Ministeri e
  delle  amministrazioni  centrali  ad  ordinamento  autonomo,  con i
  criteri previsti dall'art. 12.
    Al riguardo - premesso che il d.lgs. n. 143 del 1997 ha soppresso
  un  Ministero  e  contestualmente  ne  ha  creato uno nuovo, si' e'
  dell'avviso  che in sede di individuazione dei compiti spettanti al
  neo istituito Ministero per le politiche agricole (il d.lgs. n. 143
  del  1997  si  occupa  dell'organizzazione  del  Ministero soltanto
  nell'art. 2,  comma  4)  non  sia stato applicato alcun principio e
  criterio  direttivo  tra  quelli  indicati nell'art. 12 della legge
  n. 59  del 1997 (l'amministrazione in sede di controdeduzioni si e'
  limitata al generico richiamo dell'art. 12).
    I  principi e criteri direttivi elencati nell'art. 12 della legge
  n. 59 del 1997, infatti, attengono:
        1) quelli  di  cui  alle lettere a), d) ed e) alla Presidenza
  del Consiglio dei Ministri;
        2) quello di cui alla lettera b) al trasferimento a Ministeri
  di compiti della Presidenza del Consiglio;
        3) quelli  indicati  nelle  lettere  c),  n),  s),  e  t), al
  personale;
        4) quelli indicati nelle lettere h), i) ed l), alle strutture
  periferiche;
        5) quelli di cui alle lettere m), o), p), q) ed r) ad aspetti
  di  carattere  generale concernenti la struttura del bilancio dello
  Stato,  gli  uffici  di  diretta collaborazione con il Ministro, la
  speditezza  dell'azione  amministrativa,  la istituzione di servizi
  centrali di controllo interno, la flessibilita' dell'organizzazione
  amministrativa;
        6) gli  unici principi e criteri direttivi che attengono alla
  ristrutturazione,   funzionale  ed  organizzativa,  degli  apparati
  ministeriali sono quelli indicati nelle lettere f) e g).

    Non   sembra,  peraltro,  che  tali  ultimi  principi  e  criteri
  direttivi   possano  essere  posti  a  fondamento  della  normativa
  contenuta nel d.lgs. n. 143 del 1997.
    Infatti,   la   lettera   f)  concerne  la  "razionalizzazione  e
  redistribuzione delle competenze tra i Ministeri" ... "in ogni caso
  riducendone  il numero"; la lettera g), invece. e' finalizzata alla
  eliminazione delle "duplicazioni organizzative e funzionali"
    Infine,  irrilevante in materia appare il richiamo, contenuto nel
  primo  comma  dell'art.  12  della legge n. 59 del 1997 ai principi
  generali desumibili dalla legge 23 agosto 1988, n. 400, dalla legge
  7 agosto 1990, n. 241 e dal d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29.
    Conclusivamente,   ritiene   il  collegio  che  nessun  criterio,
  giustifichi:
        a)  la soppressione di un singolo Ministero e la creazione di
  un  nuovo  apparato analogo aI primo ovvero, piu' semplicemente, la
  modifica  di una singola struttura ministeriale (a tale ultimo fine
  non   sarebbe   stata  necessaria  la  concessione  di  una  delega
  legislativa   essendo   possibile   provvedere  con  i  regolamenti
  governativi  delegati  previsti  dall'art. 17,  comma  4-bis, della
  legge n. 400 del 1988);
         b) la attribuzione di nuove funioni ad apparati centrali. Al
  riguardo,  si  osserva  che  il  soppresso  Ministero delle risorse
  agricole  non era titolare ne' dei compiti di disciplina generale e
  di  coordinamento  nazionale di cui all'art. 2, comma 2, del d.lgs.
  n. 143  del 1997, ne' delle funzioni elencate nell'art. 2, comma 3,
  del   medesimo   decreto  legislativo,  ne'  svolgeva  funzioni  di
  "vigilanza" nelle materie di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 143;
        c)  la  mera soppressione di funzioni amministrative (ad. es.
  le  funzioni  menzionate nell'art. 2, quarto comma, lettere b)e c),
  della  legge  n. 491  del 1993 non risultano intestate al Ministero
  per  le politiche agricole), non giustificata dalla eliminazione di
  duplicazioni funzionali.
    L'ultima delega esercitata sarebbe quella contenuta nell'art. 11.
  comma  1,  lett.  b),  della legge n. 59, in base al quale e' stato
  emanato l'art. 3 del d.lgs. n. 143 del 1997.
    Al   riguardo,   si  osserva  che  la  norma  delegante  permette
  l'emanazione   di   decreti   legislativi  unicamente  al  fine  di
  riordinare  gli enti pubblici nazionali operanti in settori diversi
  dalla  assistenza e previdenza, le istituzioni di diritto privato e
  le  societa'  per azioni, controllate direttamente o indirettamente
  dallo  Stato,  che operano, anche all'estero nella promozione e nel
  sostegno pubblico al sistema produttivo nazionale.
    L'art. 3,  primo  comma,  del d.lgs. n. 143 provvede a sopprimere
  indistintamente  tutti gli enti, istituti e aziende sottoposti alla
  vigilanza del Ministero delle risorse agricole, senza specificare:
        a)  per  gli  enti  pubblici  che  deve  trattarsi  di  "enti
  nazionali";
        b)  per  le  istituzioni di diritto privato e per le societa'
  per azioni che tali entita' devono operare al fine della promozione
  e  del  sostegno  pubblico al sistema produttivo nazionale e devono
  essere  controllate  dallo  Stato (per le societa' per azioni, cio'
  significa che deve trattarsi di societa' il cui pacchetto azionario
  di  controllo  deve  essere,  direttamente  ovvero  indirettamente,
  posseduto  dallo Stato). In materia, l'amministrazione ha affermato
  che il Ministero per le politiche agricole attualmente vigila sugli
  Istituti  di  ricerca  e  sperimentazione  agraria,  sull'UNIRE e i
  relativi    enti   tecnici,   sull'ISMRA,   sull'INEA,   sull'ALMA,
  sull'IDAIC,  sulla  Cassa  per  la proprieta' contadina, sull'ENSE,
  sull'Ente  nazionale Risi, sulla RIBS S.p.a., sulla FINAGRA S.p.a.,
  sull'Agecontrol  S.p.a,  sull'Istituto  nazionale della nutrizione,
  sui Consorzi Agrari, sull'ENCI e sugli enti irrigui Apulo-Lucano ed
  Umbro-Toscano.
    Ritiene  il Collegio che non tutti gli enti sopra indicati (es. i
  consorzi  agrari  e  gli  enti irrigui) rientrino nelle tipologie e
  rispettino le condizioni delineate nell'art. 11, comma 1, lett. b).
    Esauriti   gli  aspetti  di  carattere  generale  attinenti  alla
  legittimita'  costituzionale  del  d.lgs.  n. 143  del 1997 nel suo
  complesso,  si  ritiene  di dovere sollevare ulteriori questioni di
  legittimita'  costituzionale  in  merito a singole disposizioni del
  decreto legislativo.
    Costituzionalmente  illegittimi, anzitutto, appaiono gli artt. 3,
  comma 2, 4 e 5 del d.lgs. n. 143 del 1997.
    Al  riguardo,  ritiene  il  Collegio che il condizionamento della
  operativita'  della disciplina contenuta nel d.Igs. n. 143 del 1997
  all'entrata   in   vigore   dei   provvedimenti   attuativi   delle
  disposizioni  degli artt. 3 e 4 (detti provvedimenti non sono stati
  ancora   emanati;   invece,  il  Governo,  nonostante  la  disposta
  soppressione,   ha   provveduto   ad   emanare   ulteriori  decreti
  legislativi  di  riforma di alcuni degli enti in questione: su cio'
  v.  in  seguito)  e  la  attribuzione al Ministero per le politiche
  agricole  delle  funzioni  di vigilanza e di tutte le alte funzioni
  facenti capo al soppresso Ministero delle risorse agricole siano in
  contrasto:
        a)  con  i  criteri  direttivi previsti nella legge n. 59 del
  1997;
        b)  seppur indirettamente, con il limite temporale imposto al
  Governo per l'esercizio della delega.

    Per quel che concerne il primo aspetto, ci si limita ad osservare
  che  nessun  criterio  tra quelli indicati dall'art. 12 della legge
  n. 59 del 1997 prevede tale "condizionamento".
    Ininfluente  in  materia,  appare  il disposto dell'art. 7, primo
  comma, della legge n. 59 del 1997 in quanto tale norma:
        a) si riferisce unicamente alla delega di cui agli artt. 1, 3
  e 4 della legge (nel caso di specie sostanzialmente non esercitata)
  e   pertanto  non  puo'  essere  richiamata  per  giustificare  una
  normativa  emanata  in  sede di esercizio delle deleghe legislative
  contenute nell'art. 11, comma 1, lettere a) e b), della legge n. 59
  del 1997.
    Sotto  il  secondo  profilo,  inoltre,  si  osserva che i "tempi"
  concessi   al   Governo   risultano  sostanzialmente  violati,  se,
  nonostante  la  formale  emanazione della normativa delegata, nulla
  cambia  per  un tempo indefinito e non definibile, essendo lasciate
  alla  discrezionalita'  del  Governo tutte le decisioni concernenti
  l'emanazione delle disposizioni attuative.
    Infine,  condivisibili appaiono anche i dubbi prospettati gia' in
  sede   istruttoria   in  merito  alla  legittimita'  costituzionale
  dell'art. 2, comma 1 e 2, del d.lgs. n. 143 del 1997.
    In particolare, anzitutto, e' stato osservato che la elaborazione
  e  il coodinamento delle linee di politica agricola, agroalimentare
  e  forestale (di cui all'art. 2, primo comma, del d.lgs. n. 143 del
  1997),  godendo  le regioni di potesta' legislativa in materia, non
  puo' essere svolta "a livello amministrativo dal Ministero", bensi'
  tramite una "legge quadro" che, ai sensi dell'arti 117 Cost., fissi
  i   principi   fondamentali   che  le  regioni  devono,  rispettare
  nell'esercizio della potesta' legislativa loro attribuita.
    La   risposta   fornita  dall'amministrazione  appare  del  tutto
  insoddisfacente.  In sede di controdeduzioni e' stato affermato che
  l'elaborazione e coordinamento della linea di politica (ovviamente)
  nazionale  agricola,  agroindustriale  e forestale, in coerenza con
  quella comunitaria, e' attribuzione dello Stato che la esercita sia
  con  l'azione  di governo, sia con leggi o provvedimenti quadro, la
  cui proposta compete ai Ministeri di settore.
    Non  risulta chiaro, infatti, in qual modo "l'azione di governo e
  provvedenti  quadro" possano incidere in materie in cui sussiste la
  potesta' legislativa regionale; al riguardo si osserva che anche le
  "materie"  elencate  dall'art. 2,  comma  2,  del d.lgs. n. 143 del
  1997, rientrando nelle materie gia' prese in considerazione in sede
  di trasferimento di funzioni, sono di competenza regionale.
    In  tal  senso  si  sono pronunciate le regioni (cft. le seguenti
  leggi regionali):
        1) Veneto:    legge   10   luglio   1998,   n. 23   (art. 2);
          2) Abruzzo:   legge   21   aprile   1998,  n. 25  (art. 2);
          3) Toscana: legge 6 febbraio 1998, n. 9 (art. 2);
        4) Calabria:  legge  23  luglio  1998,  n. 9 (art. 1, seconda
  comma);
        5) Umbria: legge 2 aprile 1998, n. 10 (art. 2);
        6) Campania: legge 7 aprile 1998, n. 5 (art. 1).

    Dette  leggi regionali, essendo state vistate dal commissario del
  Governo    (art.   127   Cost.),   costituiscono   sicuramente   un
  inoppugnabile  elemento  da  utilizzare  al fine di interpretare la
  normativa  contenuta  nell'art. 2, secondo comma, del d.lgs. n. 143
  del 1997.
    In  sede  istruttoria, altresi', alla luce del fatto che tutte le
  funzioni in materia di agricoltura, ecc, sono state trasferite alle
  regioni,  e'  stato osservato che l'attribuzione in detto ambito al
  Ministero  per  le  politiche agricole di compiti di "coordinamento
  nazionale"  appare  in  contrasto con il disposto dell'art. 8 della
  legge  n. 59  del  1997  che,  ridisciplinando la materia attinente
  all'esercizio  delle  funzioni  di indirizzo e coordinamento, detta
  una  normativa sicuramente non derogabile da un decreto legislativo
  emanato in connessione al trasferimento (fittizio) di funzioni alle
  regioni  ed  in base a deleghe legislative contenute in altra norma
  della  medesima  legge  n. 59  del  1997  che  nulla  prevedono  aI
  riguardo.
    Anche in questo caso le controdeduzioni della amministrazione non
  chiariscono  i  dubbi  sopra  prospettati.  Al riguardo, osserva il
  collegio che in materia di indirizzo e coordinamento delle funzioni
  amministrative  regionali  l'art.  8 della legge n. 59 del 1997 non
  prevede  alcuna "competenza generale e non episodica da parte della
  competente  struttura ministeriale". Infatti, gli atti di indirizzo
  e  coordinamento  sono  adottati  autonomamente  dallo  Stato  (con
  deliberazione  del Consiglio dei Ministri) soltanto nei casi in cui
  non  sia  stata  raggiunta  l'intesa  con  la conferenza permanente
  ovvero  con  la  "singola regione interessata" (le medesime censure
  possono  essere  estese  ai poteri di "coordinamento" attribuiti al
  Ministero  dall'art. 33, comma 3, lettera a), del d.lgs. n. 300 del
  1999;
    Infine,  sempre  con  riferimento all'art. 2, comma 2, del d.lgs.
  n. 143  del  1997 in sede istruttoria era stato chiesto di chiarire
  quale   sia   l'esatto   significato  dell'espressione  "disciplina
  generale".
    Il  Ministro per le politiche agricole ha testualmente affermato:
  "Per   "disciplina   generale   deve  intendersi  l'adozione  delle
  disposizioni  normative  ed  amministrative  generali  regolanti le
  materie  elencate  nell'art. 2, comma 2, la cui concreta attuazione
  e' demandata alle Regioni".
    Trattasi  di  affermazione che evidenzia in modo chiaro il totale
  stravolgimento  del  sistema  dei  rapporti Stato-regioni delineato
  dall'art. 117  della  Costituzione  e dall'art. 8 della legge n. 59
  del 1997, operato dall'art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 143 del 1997.
    Sotto  il primo profilo si osserva che non puo' essere ammessa la
  sussistenza  di  potesta'  regolamentare  dello  Stato  (Governo  o
  singolo  Ministero)  nelle  materie  elencate  dall'art. 117  della
  Costituzione.  In  tali  materie  le  "norme" vengono dettate dallo
  Stato  tramite  "leggi  quadro" ovvero dalle regioni mediante leggi
  regionali. Tertium non datur.
    Sotto il secondo profilo (adozione di disposizioni amministrative
  generali) si rinvia a quanto esposto in tema di adozione di atti di
  indirizzo  e  coordinamento (al riguardo, peraltro, si ricorda che,
  ai  sensi  dell'art. 118,  primo  comma,  Cost.,  le  regioni  sono
  competenti  a  svolgere  le  funzioni  amministrative  in  tutte le
  materie in cui sussiste la loro potesta' legislativa).
    Deve  ritenersi  conclusivamente che in relazione agli artt. 33 e
  34  del d.lgs. n. 300 del 1999, nonche' agli artt. 1; 2, commi 1, 2
  e 3; comma 2, 4 e 5 del d.lgs. n. 143 del 1997 sussistano dubbi non
  manifestamente  infondati  di  illegittimita'  costituzionale,  per
  violazione  degli  artt. 70,  76, 95, 117 e 118 Cost., in relazione
  alla  mancata  attuazione e alla violazione degli artt. 1, 3, 4, 8,
  11, comma 1, 12 e 14 della legge n. 59 del 1997.
    Considerazioni   ulteriori  vanno  formulate  in  relazione  alle
  seguenti attribuzioni:
        1) "elaborazione e coordinamento, di intesa con la conferenza
  per  i  rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
  Trento  e  Bolzano,  delle  linee di politica agricola e forestale"
  (art.  33,  comma  3,  lettera  a), d.lgs. n. 300 del 1999; art. 2,
  comma 1, d.lgs. n. 143 del 1997);
        2)  "disciplina  generale  e  coordinamento  delle  politiche
  relative  all'attivita'  di  pesca  e  acquacoltura,  in materia di
  gestione  delle  risorse  ittiche marine di interesse nazionale, di
  importazione    e    di    esportazione    dei   prodotti   ittici,
  nell'applicazione  della  regolamentazione  comunitaria e di quella
  derivante   dagli   accordi  internazionali  e  l'esecuzione  degli
  obblighi comunitari ed internazionali riferibili a livello statale"
  (art. 33, comma 3, lettera a);
        3) "compiti di disciplina. generale e di coordinamento" nelle
  numerose  materie  elencate nell'art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 143
  del 1997.
    Nella  menzionata ordinanza n. 2/99, questa sezione del controllo
  (v.  in  precedenza)  ha  formulato alcune considerazioni in merito
  alla legittimita' costituzionale della norma contenuta nell'art. 2,
  commi  1  e  2,  del  d.lgs.  n. 143  del  1997 nella' parte in cui
  attribuisce al Ministero compiti di elaborazione e di coordinamento
  delle  linee  di  politica  agricola,  agroalimentare  e forestale,
  nonche'  compiti di "disciplina generale e di coordinamento" in una
  serie di materie.
    In  questa  sede,  in  relazione agli artt. 1, comma 3, 2 e 3 del
  regolamento, oltre alle considerazioni gia' svolte nella menzionata
  ordinanza   n. 2/99,   dianzi   integralmente  riprodotte,  che  si
  intendono  in pieno richiamate e condivise, si ritiene che le norme
  richiamate  dall'amministrazione  (art. 2,  commi 1 e 2, dei d.lgs.
  n. 143  del  1997;  art. 33, comma 3, lettera a), del d.lgs. n. 300
  del  1999)  siano costituzionalmente illegittime sotto un ulteriore
  profilo.
    Esse,   infatti,  violano  il  principio  affermato  dalla  Corte
  costituzionale (v. sentenze n. 408 del 1998, n. 18 del 1997, n. 124
  del 1994, n. 453 del 1991 e n. 338 del 1989) per cui l'esercizio in
  via non legislativa della funzione di indirizzo e coordinamento nei
  confronti  delle regioni (e a fortiori del potere di individuazione
  delle  linee  di politica agricola) deve sempre far capo all'organo
  collegiale  di  Governo  (deliberazione del Consiglio dei ministri)
  (violazione degli artt. 95 e 118 della Costituzione).
    3.   -   Specifiche   ed   ulteriori  censure  di  illegittimita'
  costituzionale  attengono  all'art.  33,  comma  3, lettera b), del
  d.lgs.  n. 300  del  1999  -  per  violazione  dell'art.  76  della
  Costituzione  in  correlazione  alla  violazione  degli  artt. 11 e
  seguenti  della  legge  n. 59 del 1997 - nella parte in cui dispone
  che  il  Ministero delle politiche agricole e forestali e' titolare
  di competenze (non meglio specificate) nelle seguenti materie:
        1) "controlli sulla qualita' delle merci di importazione";
        2) "lotta alla concorrenza sleale".

    Tale  norma  appare  costituzionalmente  illegittima in quanto le
  funzioni  sopra indicate sono state attribuite ex novo al Ministero
  dall'art. 33,  comma  3,  lettera  b),  del d.lgs. n. 300 del 1999,
  nonostante  la  legge  di  delega  n. 59  del  1997 non consenta al
  legislatore  delegato  di  individuare  nuove competenze in capo ai
  Ministeri.

    4. - In  subordine  - per l'evenienza che la Corte costituzionale
  decida:
        a)   di  non  potere  esaminare  le  sollevate  questioni  di
  illegittimita' costituzionale degli artt. 33, 34 e 55, comma 6, del
  d.lgs.  n. 300  del  1999  per  mancanza della necessaria rilevanza
  delle questioni stesse ai fini del decidere;
        b)   ovvero   che,   pur  sussistendo  la  `rilevanza'  delle
  questioni, l'art. 55, comma 6, del medesimo decreto legislativo sia
  costituzionalmente  legittimo, e, pertanto, che ai fini dell' esame
  del  regolamento  la  Corte  dei conti debba valutare unicamente le
  norme  contenute  nell'art.  78  del  d.lgs.  n. 300 del 1999 e nel
  d.lgs.  n. 143  del  1997  - si fa presente che le medesime censure
  esposte   nelle  pagine  che  precedono  -  concernenti  anche  gli
  artt. 33,  34  e  55,  comma  6, del d.lgs. n. 300 del 1997, devono
  ritenersi   riferite   soltanto  alle  norme  ritenute  applicabili
  (art. 78  d.lgs. n. 300 del 1999 e d.lg; n. 143 del 1997). Infatti,
  in  disparte la questione specifica concernente l'art. 33, comma 3,
  lettera  b),  del  d.lgs. n. 300 del 1999 (controllo sulla qualita'
  delle merci di importazione e lotta alla concorrenza sleale), tutte
  le   questioni  trattate  sono  pienamente  riferibili  alle  norme
  ritenute applicabili.

    5. - Da  parte  dell'ufficio  di  controllo,  altresi',  e' stato
  manifestato  l'avviso che tutta la disciplina relativa al Ministero
  de  quo  contenuta  nel  d.lgs.  n. 300 del 1999 (artt. 33, 34, 55,
  commi  2,  6,  e  78)  (ovvero, in subordine, soltanto quest'ultima
  norma) sia costituzionalmente illegittima, per violazione dell'art.
  76  Cost.,  anche  per  motivi  attinenti al mancato rispetto delle
  disposizioni  contenute  nella  legge  di  delega (ad. 11, comma 3,
  della  legge  n. 59  del  1997)  in merito ai termini entro i quali
  adottare  una  normativa  delegata  correttiva  e/o  integrativa di
  quella  emanata  in  prima  battuta  in  base  alle stesse norme di
  delega.
    Al  riguardo,  nel menzionato foglio di rilievi, premesso che sia
  il  d.lgs. n. 143 del 1997 sia il d.lgs. n. 300 del 1999 sono stati
  emanati  in  attuazione della medesima delega legislativa contenuta
  nell'art. 11,  comma  1, lettera a), della legge n. 59 del 1997, e'
  stato  osservato  che  la legge di delega consente la emanazione in
  tempi  diversi  di  piu'  norme  delegate  aventi lo stesso oggetto
  soltanto  nel  caso  in  cui la disciplina delegata successivamente
  adottata,  correttiva e/o integrativa della precedente, sia emanata
  entro  un  anno  dalla  data  di  entrata in vigore della normativa
  delegata  che  si  intende  correggere  e/o  integrare. Nel caso di
  specie  tale  termine non e' stato rispettato (il d.lgs. n. 143 del
  1997  e'  entrato in vigore in data 5 giugno 1997; il d.lgs. n. 300
  del 1999 e' stato emanato il 30 luglio 1999).
    Come   accennato   in  precedenza,  in  sede  di  controdeduzioni
  l'amministrazione  ha negato che le norme contenute negli artt. 33,
  34, 55 (e 78) del d.lgs. n. 300 del 1999 costituiscono disposizioni
  correttive    del    d.lgs.    n. 143    del    1997.   Ad   avviso
  dell'amministrazione,  infatti,  nel  caso  di  specie  ci si trova
  semplicemente  di  fronte a due decreti legislativi emanati in base
  alla  stessa  norma  di delega legislativa, che devono essere letti
  congiuntamente,  atteso  che  il d.lgs. n. 300 del 1999 costituisce
  ius superveniens rispetto al d.lgs. n. 143 del 1997.
    La tesi giuridica dell'amministrazione non risulta convincente in
  quanto  la legge di delega (art. 11, comma 3, della legge n. 59 del
  1997)  pone  rigidi  criteri temporali con riguardo agli interventi
  finalizzati  alla  correzione  e/o  integrazione  della  disciplina
  delegata  in  precedenza  emanata (se la normativa delegata emanata
  successivamente   alla   entrata   in   vigore  del  primo  decreto
  legislativo   non   risulta   correttiva   e/o   integrativa  della
  precedenza,  essa viola sotto altro aspetto la legge di delega che,
  come detto, consente un secondo intervento unicamente per integrare
  e/o correggere la normativa gia' emanata).

    6. - Una  questione  di  legittimita'  costituzionale  analoga  a
  quella  da  ultimo trattata deve essere raffrontata in relazione ad
  alcuni   decreti   legislativi  che  costituiscono  il  presupposto
  normativo  di  rango  primario  della  norma contenuta nell'art. 3,
  comma  2,  lettera  c), del regolamento in esame, che, tra l'altro,
  dispone  che  la  direzione  generale  per  i  servizi e gli affari
  generali   e'   competente  a  svolgere  l'attivita'  di  vigilanza
  amministrativa  sugli  "enti,  societa'  e agenzie, sottoposti alla
  vigilanza del Ministero...".
    In  materia,  si  fa  presente  che l'art. 3; comma 1, del d.lgs.
  n. 143  del  1997  stabilisce  che  gli  enti,  istituti  e aziende
  sottoposti  alla  vigilanza  del  Ministero delle risorse agricole,
  alimentari  e  forestali  (denominazione  del Ministero anteriore a
  quella indicata nel d.lgs. n. 143 del 1997) sono soppressi (in sede
  istruttoria  l'ufficio  ha  chiesto all'amministrazione di indicare
  puntualmente quali fossero tali enti, istituti ed aziende).
    In  epoca  successiva  (anni  1999  e 2000), eralfro, il Governo,
  utilizzando  a  piu'  riprese  la medesima delega legislativa (cfr.
  art. 11  comma 1, lett. b), della legge n. 59 del 1997) attuata con
  il  richiamato  art.  3, del d.lgs. n. 143 del 1997, ha emanato una
  serie  di  decreti  legislativi  tendenti  ad ovviare alla disposta
  soppressione  di alcuni degli organismi vigilati dal Ministero e ad
  introdurre  una  normativa  di  riordinamento  degli  stessi.  Tali
  decreti legislativi sono i seguenti:
        a)  d.lgs.  27  maggio 1999, n. 165 (soppressione dell'AIMA e
  istituzione dell'AGEA);
        b)  d.lgs.  15  giugno  2000, n. 188 (contenente disposizioni
  correttive ed integrative del decreto legislativo indicato sub a);
        c)  d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 419 (riordinamento del sistema
  degli  enti  pubblici  nazionali:  cfr.  per quel che qui interessa
  l'art. 6, commi 2, 5 e 7);
        d) d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 449 (riordinamento dell'UNIRE);
        e)  d.lgs.  29  ottobre  1999,  n. 454  (riorganizzazione del
  settore della ricerca in agricoltura).
    Anche  in  questo  caso  il collegio ritiene doveroso valutare se
  l'emanazione   dei   decreti  legislativi  sopra  elencati  risulti
  rispettosa  delle  regole  fissate  dal  Parlamento  nella legge di
  delega  n. 59  del  1997  (duplice  intervento  -  nel  caso sub b)
  triplice - nell'ambito della medesima materia, con una "correzione"
  a 180 gradi).
    In sede istruttoria l'ufficio ha richiesto all'amministrazione di
  indicare  quali  sono gli enti, societa' e agenzie, sottoposti alla
  vigilanza  del  Ministero.  L'amministrazione  non ha ottemperato a
  tale richiesta istruttoria.
    Al  riguardo,  si  ricorda  che  in  sede di controdeduzioni alle
  censure  formulate  in  relazione  al  d.P.R. in data 25 marzo 1999
  (oggetto  dell'ordinanza  n. 2/1999)  il  Ministro per le politiche
  agricole  affermo'  che  il  Ministero  vigilava  sugli Istituti di
  ricerca  e  sperimentazione agraria, sull'UNIRE e sui relativi enti
  tecnici,  sull'ISMEA,  sull'INEA, sull'AIMA, sull'IDAC, sulla Cassa
  per  la  proprieta' contadina, sull'ENSE, sull'Ente nazionale Risi,
  sulla  RIBS  S.p.a.,  sulla FINAGRA S.p.a., sull'Agecontrol S.p.a.,
  sull'Istituto  nazionale  della  nutrizione,  sui  Consorzi Agrari,
  sull'ENCI e sugli enti irrigui Apulo-Lucano ed Umbro-Toscano.
    Tutti   questi  enti  dovrebbero  ritenersi  soppressi  ai  sensi
  dell'art.   3,  comma  1,  (come  accennato  in  precedenza  appare
  censurabile  soltanto il comma 2 dell'art. 3) del d.lgs. n. 143 del
  1997  (nessun  dubbio  in merito alla soppressione sussiste per gli
  enti non "riordinati" dai decreti legislativi sopra elencati).
    Anche in questo caso la sezione ritiene che i decreti legislativi
  sopra  elencati (in disparte ogni questione concernente il rispetto
  dei criteri di delega dettati dalla legge n. 59 del 1997 in tema di
  riordino  degli  enti  in quanto appare illogico ritenere che detti
  criteri   consentano   che   un   ente   prima  venga  soppresso  e
  successivamente  venga "riordinato" risultino emanati in violazione
  dell'art.  76  della  Costituzione  in correlazione alla violazione
  dell'art. 11,  comma  3,  della  legge  n. 59 del 1997: infatti, il
  periodo  intercorso  tra  la  data  di entrata in vigore del d.lgs.
  n. 143  del 1997 e la data di emanazione dei decreti legislativi in
  questione e' superiore all'anno solare.

    7. - Una   ultima   questione  di  illegittimita'  costituzionale
  concerne l'art. 2 del d.lgs. 30 aprile 1998, n. 173, applicabile in
  sede   di  esame  della  competenza  in  tema  di  "meccanizzazione
  agricola"   menzionata   nell'art. 3,   comma   2,  lett.  b),  del
  regolamento    e   sicuramente   attinente   alla   materia   della
  "agricoltura", di competenza regionale ai sensi dell'art. 117 della
  Costituzione  (cfr.  l'art.  1, comma 2, lett. c), del d.P.R. n. 11
  del 1972, nonche' l'art. 66, comma 1, del d.P.R. n. 616 del 1977).
    Sotto  questo profilo. l'art. 2 del d.lgs. n. 173 del 1998 appare
  costituzionalmente  illegittimo  -  per violazione degli artt. 117,
  118  119  della  Costituzione  (e  della  normativa contenuta negli
  statuti  speciali  che  l'attribuisce  alle  regioni  ad  autonomia
  differenziata  potesta'  legislativa  in  tema di agricoltura) - in
  quanto   risulta   lesivo   delle   attribuzioni  e  dell'autonomia
  costituzionalmente  garantite  alle  regioni, le quali, nell'ambito
  delle  materie  elencate  nell'art.  117 della Costituzione e negli
  statuti  speciali,  godendo  della  potesta'  legislativa  e  della
  correlata   potesta'   amministrativa,   sia   programmatoria   che
  gestionale,  devono  godere  di  una  sfera  di  autonomia  tale da
  garantire  la  possibilita'  di gestire adeguatamente gli interessi
  devoluti alla loro cura.
    Da  cio' deriva la illegittimita' costituzionale della normazione
  di   rango   primario  in  base  alla  quale  tali  interessi  sono
  soddisfatti  (anche o esclusivamente) mediante l'attivita' posta in
  essere da terzi, in primis dallo Stato.
    Nel  caso  di  specie,  lo Stato non si limita a ripartire tra le
  regioni   le   risorse  utilizzabili  per  il  finanziamento  degli
  incentivi  per  lo  sviluppo della meccanizzazione agricola, bensi'
  redige  un "programma" vincolante per le regioni, che sono chiamate
  soltanto  ad  attuarlo. In tale modo la autonomia delle regioni, in
  merito  alla  programmazione degli interventi da realizzare risulta
  gravemente compromessa (la sezione del controllo ha gia' avuto modo
  di  affrontare  -  e  di risolvere nei termini sopra riportati - la
  tematica   in  esame:  cfr.  ordinanza  n. 3/1999,  nella  Gazzetta
  Ufficiale - serie speciale, n. 43 del 27 ottobre 1999, sub n. 598).
    8.   Esaurita   la   trattazione  delle  sollevate  questioni  di
  illegittimita'   costituzionale,  ritiene  il  Collegio  che  brevi
  considerazioni vadano svolte in merito alla `rilevanza' ai fini del
  decidere  delle  questioni  di,  legittimita'  costituzionale delle
  norme in precedenza indicate.
    Nella menzionata ordinanza n. 2/1999 la sezione del controllo, in
  sede  di  esame  del  regolamento  di  organizzazione del Ministero
  emanato  in  data  25  marzo  1999,  tra  l'altro,  ha formulato le
  seguenti considerazioni:
        Il  regolamento  in  esame detta la disciplina attinente alla
  organizzazione  del  Ministero per le politiche agricole e pertanto
  la  normativa  di  rango  primario  alla  quale  e' necessario fare
  principalmente  riferimento  in  sede  di  controllo  preventivo e'
  sicuramente il d.lgs. n. 143 del 1997.
    E'  pertanto  fisiologico  che  l'organo  di  controllo valuti la
  legittimita'  costituzionale  del menzionato decreto legislativo al
  fine  di  verificare se la istituzione del Ministero che si intende
  organizzare  e le funzioni ad esso attribuite rispettino il disegno
  organizzativo  funzionale delineato nella legge di delega (analoghe
  considerazioni  sono state svolte dalla sezione del controllo nella
  menzionata ordinanza n. 3/1999).
    Nell'ordinanza  n. 265/2000  della  Corte costituzionale si legge
  che,   in  prossimita'  della  camera  di  consiglio,  l'Avvocatura
  generale   dello   Stato  ha  depositato  una  memoria,  sostenendo
  l'inammissibilita'  delle  questioni,  per  difetto  di valutazione
  della loro rilevanza: la Corte dei conti avrebbe dovuto specificare
  in   relazione   a  quali  specifiche  previsioni  del  regolamento
  sottoposto  al  suo  controllo  assumevano  rilievo  le  ipotetiche
  illegittimita'  del  d.lgs.  parametro del giudizio, tanto piu' che
  l'emanazione  del  regolamento governativo di organizzazione non si
  fonda  necessariamente  sull'art. 2, comma 4, del d.lgs. n. 143 del
  1997,   ma   si  configura  come  diretta  espressione  dei  poteri
  governativi  di normazione di cui al comma 4-bis dell'art. 17 della
  legge 23 agosto 1988, n. 400.
    La Corte costituzionale, peraltro, non ha esaminato la fondatezza
  di  tale  eccezione  di  inammissibilita',  ritenendo che a seguito
  dell'entrata  in  vigore  degli artt. 33, 34, 55, comma 2, e 78 del
  d.lgs.  n.   300  del  1999  (in  base al quale e' stato emanato il
  d.P.R.   28   marzo   2000)  fosse  necessario  in  via  del  tutto
  preliminare, rispetto a ogni problema di ammissibilita', restituire
  gli atti alla Corte dei conti.
    L'eccezione  formulata  dalla  Avvocatura  generale dello Stato -
  almeno nei termini riportati nella menzionata ordinanza n. 265/2000
  della Corte costituzionale - non e' condivisibile.
    Al  riguardo,  si  osserva,  anzitutto, che tutte le questioni di
  legittimita'  costituzionale  in precedenza prospettate attengono a
  norme   che   l'Amministrazione   ha   posto   a  fondamento  delle
  attribuzioni  ripartite fra i dipartimenti menzionati negli artt. 2
  e 3 del regolamento in esame.
    In  sede  di  verifica  della  legittimita'  di tali disposizioni
  regolamentari la Corte dei conti (ovviamente) deve verificare se le
  norme  con  forza  di legge che prevedono tali attribuzioni - e che
  essa e' chiamata ad applicare - siano costituzionalmente legittime.
    In altri termini, si fa presente che la sezione del controllo, in
  sede   di   esame  della  conformita'  a  legge  di  una  normativa
  regolamentare,  e' chiamata ad "applicare" la legislazione di rango
  primario   che   costituisce   il  fondamento  giuridico  dell'atto
  sottoposto al suo esame.
    Tale  "applicazione"  e'  necessaria  poiche'  se cosi' non fosse
  mancherebbe  il  parametro  normativo  in base al quale valutare la
  conformita' a legge del regolamento.
    Priva   di   pregio   appare   al  collegio  anche  la  ulteriore
  considerazione  formulata  dall'Avvocatura generale dello Stato per
  cui  l'emanazione  del regolamento governativo di organizzazione si
  configura  come  diretta  espressione  dei  poteri  governativi  di
  normazione di cui al comma 4-bis dell'art. 17 della legge 23 agosto
  1988, n. 400.
    Tale  affermazione  non puo' essere condivisa poiche' nel caso di
  specie  si tratta di operare una applicazione congiunta delle norme
  vigenti  in  materia di organizzazione del Ministero. Nessun dubbio
  sussiste   sul   fatto   che   la  organizzazione  della  struttura
  ministeriale   debba   essere  pienamente  rispettosa  del  disegno
  organizzativo   delineato   dalla  normativa  con  forza  di  legge
  (speciale  e  successiva  rispetto  all'art. 17, comma 4-bis, della
  legge  n. 400  del  1988, introdotto dall'art. 13 della legge n. 59
  del 1997) contenuta nel d.lgs. n. 143 del 1997 e negli art. 33 e 34
  del d.lgs. n. 300 del 1999.
    Il  richiamo  dell'art. 17,  comma  4-bis, della legge n. 400 del
  1988 rileva ai fini della individuazione:
        a)   anzitutto,   dello  strumento  normativo  da  utilizzare
  (regolamento delegato ex art. 17, comma 2, della medesima legge);
        b)  altresi',  dell'ulteriore  normativa  di rango secondario
  (cfr. le lettere a), c), d), ed e) del menzionato comma 4-bis).
    Per   tali   motivi  la  sezione  ritiene  che  le  questioni  di
  legittimita' costituzionale in precedenza esaminate siano rilevanti
  ai fini del decidere e non manifestamente infondate.