LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 144 del ruolo generale delle cause dell'anno 1999, riservata all'udienza di trattazione del 5 aprile 2000 tra Notaristefano Antonia Ida e Saracino Giuseppe, residenti in Taranto e quivi elettivamente domiciliati al V.le Virgilio n. 71, presso l'avv. Carlo Tagariello dal quale sono rappresentati e difesi giusta procura a margine all'atto di citazione per opposizione a decreto ingiuntivo, appellanti, e Banco di Napoli S.p.a., Societa' per azioni, sede in Napoli via Toledo n. 177, del "Gruppo Bancario Banco di Napoli S.p.a.", iscritto all'albo dei Gruppi Bancari al n. 20020, Capitale Sociale L. 1.978.193.107.000 interamente versato, registro societa' n. 4180/91 tribunale di Napoli REA Ufficio registro imprese di Napoli n. 487026, cod. fisc. e partita IVA n. 06365880635, aderente al Fondo Interbancario di tutela dei depositi iscrizione albo aziende di credito n. 5065, filiale di Taranto, in persona dei legali rappresentanti pro-tempore sigg.: Dr. Giuseppe Caprino - Direttore e Dr. Anna Cosima Sanarica - Direttore, domiciliati per la carica presso la detta filiale di Taranto, via D'Aquino n. 49/51, nella sua qualita' di procuratore della societa' per la gestione di attivita' - S.G.A. S.p.a., con sede in Napoli alla via Toledo n. 177, in persona del Presidente legale rappresentante, dott. Marco Zanzi, partita I.V.A. 05828330638, giusta procura del 13 marzo 1997 autenticata dal notaio Mario Mazzocca di Napoli, rep. n. 46062, rappresentati e difesi, giusta mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall'avv. Mario Esposito, presso il quale eleggono domicilio in Taranto alla via Cavallotti n. 153; appellato. La Corte esaminati gli atti e rilevato per modo di premessa: A. - Che gli attuali appellanti Antonia Ida Notaristefano e Giuseppe Saracino hanno proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo 14 novembre 1995 del Presidente del tribunale di Taranto con atto di citazione notificato in data 5 gennaio 1996 al Banco di Napoli S.p.a. chiedendo, tra l'altro, che venisse dichiarata l'illegittimita' della capitalizzazione trimestrale degli interessi applicata nei suoi confronti dalla predetta banca; B. - Che il tribunale di Taranto, con sentenza 3 marzo 1999 n. 287, ha rigettato i motivi di opposizione formulati dalla Notaristefano e dal Saracino, ivi compreso quindi il motivo riguardante la capitalizzazione trimestrale degli interessi; C. - Che i predetti opponenti avverso il provvedimento monitorio hanno proposto appello con atto di citazione notificato il 2 luglio 1999 chiedendo la riforma della sentenza di primo grado tra l'altro insistendo nella istanza di declaratoria dell'illegittimita' della capitalizzazione trimestrale degli di cui sopra; D. - che la Corte di cassazione con le sentenze n. 2374 del 10 marzo 1999 e n. 3096 del 30 marzo 1999, ribaltando iI proprio costante quasi ventennale orientamento di segno opposto, ribadito da ultimo ex professo dalla sentenza n. 9211 del 1995 e indirettamente, ma non meno inequivocabilmente, dalle sentenze n. 3296 del 17 aprile 1997 e n. 12685 del 18 dicembre 1998, ha statuito che la previsione, contenuta nei contratti di conto corrente bancario conformemente alle c.d. N.U.B. (norme bancarie unitarie aprrontate dall'A.B.I.), concernente la capitalizzazione degli interessi dovuti dal cliente, si basa su un mero uso negoziale del tipo di quelli previsti dall'art. 1341 cod. civ. e non su un vero uso normativo nel senso tecnico-giuridico del termine e come tale e' nulla perche' in contrasto con il disposto dell'art. 1283 cod. civ. sia sotto il profilo della sua stipulazione, anteriore e non successiva alla scadenza degli interessi, sia sotto il profilo della periodicita' nella stessa fissata, trimestrale e non semestrale e comunque piu' breve rispetto a quella annuale applicabile sui saldi di conto corrente attivi per la clientela; E. - Che in data 19 ottobre 1999 e' entrato in vigore il d.lgs. 4 agosto 1999 n. 342 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 4 ottobre 1999, il cui art. 25 ha integrato il testo dell'art. 120 del t.u. delle leggi in materia bancaria e creditizia aggiungendo all'originario unico comma altri due, con il primo dei quali viene attribuito al comitato interministeriale per il credito ed il risparmio (C.I.C.R.) il potere di stabilire con apposita delibera modalita' e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attivita' bancaria e viene fissata la regola inderogabile della identica periodicita' degli interessi sia debitori che creditori, dando cosi' vita ad una vera e propria disciplina speciale dell'anatocismo bancario in deroga al disposto dell'art. 1283 cod. civ.; mentre con il secondo viene sancita, mediante una vera e propria disposizione transitoria, la validita' e l'efficacia delle clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati contenute nei contratti stipulati anteriornente alla data di entrata in vigore della delibera C.I.C.R. e l'obbligo del loro adeguamento dopo tale data alle disposizioni della delibera medesima secondo le modalita' ed i tempi in essa previsti a pena della loro inefficacia in caso di mancato adeguamento, inefficacia ex nunc, non rilevabile ex officio, ma eccepibile solo dal cliente; Osservato che il summenzionato ultimo comma dell'art. 120 del t.u. n. 385/1993 introdotto dall'art. 25 d.lgs. 342/1999 ha comportato una vera e propria sanatoria retroattiva delle clausole sull'anatocismo contenute nei contratti di conto corrente bancario stipulati anteriormente alla delibera C.I.C.R., merce' una sorta di interpretazione autentica della normativa vigente e che tale anteriorita' non riguarda soltanto i contratti stipulati nel ristretto lasso di tempo ricompreso tra la data di entrata in vigore del d.lgs. 342/1999 e la data della delibera C.I.C.R, bensi' come la lettera e la ratio del testo suggeriscono, tutti i contratti anteriori tout court e quindi anche i contratti, come quello di specie, stipulati prima dell'entrata in vigore del citato d.lgs. 342/1999, posto che, ad avviso di questa Corte, conforme a quello dei piu' autorevoli ed avveduti commentatori, con la disciplina ex lege degli interessi anatocistici bancari e con la sanatoria delle situazioni pregresse il legislatore delegato ha inteso evitare le conseguenze del terremoto cagionato nel mondo creditizio dall'imprevisto ed imprevedibile mutamento di indirizzo della Suprema Corte in subiecta materia: donde l'incontestabile immediata applicazione al giudizio in corso della sopravvenuta normativa in parola e la sua altrettanto incontestabile rilevanza ai fini del decidere in ordine alla declaratoria di nullita' della clausola relativa agli interessi anatocistici. Ritenuto, tuttavia, che allo stato la causa non puo' essere decisa perche' sussistono apprezzabili dubbi in ordine alla legittimita' costituzionale del piu' volte citato art. 25 d.lgs. 342/1999 (idest del terzo comma dell'art. 120 del d.lgs. 385/1993) nella parte relativa alla sanatoria delle clausole in tema di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori contenute nei contratti di conto corrente bancario stipulati anteriormente alla sua entrata in vigore sotto il profilo dell'eccesso di delega e, quindi, per contrasto con l'art. 76 della Costituzione: dubbi alimentati dal fatto che nella legge delega 24 aprile 1998 n. 128, che all'art. 1 comma 5 ha delegato il Governo ad emanare disposizioni integrative e correttive" del t.u. delle leggi in materia bancaria e creditizia "nel rispetto dei principi e criteri direttivi e con l'osservanza della procedura" indicati dall'art. 25 della legge delega n. 142/1992 concernente l'adozione del t.u. suindicato in conformita' all'attuazione della direttiva CEE 89/646, non e' rinvenibile alcun riferimento, neppure indiretto ed implicito, alla materia degli interessi anatocistici, rimasta, peraltro, sempre del tutto estranea alla disciplina legislativa dell'attivita' bancaria e creditizia e non affatto includibile tra i possibili oggetti delle "disposizioni integrative e correttive" delegate; e cio' specie ove si abbia presente che l'interpretazione autentica di norme giuridiche preesistenti comporta l'efficacia retroattiva delle relative disposizioni e che per costante insegnamento del giudice delle leggi l'efficacia retroattiva di una norma delegata e' costituzionalmente legittima solo se expressis verbis prevista dalla legge delega, sicche' in mancanza di tale previsione la norma in parola non potrebbe non costituire una patente violazione del dettato dell'art. 76 della Costituzione in forza del quale e' in ogni caso vietato che la legge delegata si risolva in una sorta di "contenitore pluriuso" in ispregio alle prerogative del Parlamento pronto ad essere riempito delle norme suggerite dalle contingenze piu' disparate, semmai insorte successivamente alla legge delega come nel caso di specie clamorosamente evidenziato dal fatto che nella sua prima stesura il d.lgs. in parola non conteneva alcuna delle norme di poi introdotte con il citato art. 25, comparso solo nella stesura del testo definitivo; Preso, infine, atto che anche il tribunale di Lecce con due ordinanze di due distinti giudici istruttori in funzione entrambi di giudici unici di primo grado, depositate rispettivamente in data 21 e 29 ottobre 1999, ed il tribunale di Brindisi con ordinanza di uno dei suoi giudici istruttori anche in tal caso in veste di giudice unico di primo grado, depositata in data 13 dicembre 1999, hanno sollevato di ufficio la questione di legittimita' del comma 3 dell'art. 25 d.lgs. 349/1999 per contrasto con l'art. 76 della Costituzione e considerato che alla stregua di siffatta condivisibile situazione giurisdizionale, insorta, peraltro, nell'ambito della medesima Corte di appello, il contenuto e la finalita' della presente ordinanza si appalesano ancor piu' sostenibili e dotati di coerente opportunita' in ordine alla corretta gestione e decisione della presente causa;