IL TRIBUNALE

    Nella  causa n. 1743 R.G. affari contenziosi dell'anno 1996 fra i
  sigg. Nicola Montrone e Lucia De Tullio quali esercenti la potesta'
  sulla  minore  E.M.  e  la  sig.ra  Maria Montrone, con l'avv. Vito
  Notarnicola  parte  attorea; e il sig. Nicola Battista, contumace e
  Bernese  assicurazioni  s.p.a.,  con il prof. Paolo De Felice parte
  convenuta,  avente  ad  oggetto  risarcimento del danno da sinistro
  stradale;
    ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Premesso  in fatto che in data 30 luglio 1994 alle ore 7 circa la
  minore  E. M. e la sig.na Maria Montrone viaggiavano in qualita' di
  terze  trasportate  a bordo dell'autovettura Alfa 33 tg. BA 916395,
  di  proprieta'  del  sig.  Nicola  Battista  e  da  lui condotta ed
  assicurata   per   la   r.c.a.  dalla  Bernese  ass.ni.  S.p.a.,  e
  percorrevano  la  SS.  16-bis, allorche', all'altezza di Cerignola,
  l'autovettura  usciva  di  strada;  E. e Maria Montrone riportavano
  lesioni  personali  che  rendevano  necessaria  l'ospedalizzazione;
  richiedevano  dunque  con l'atto introduttivo del presente giudizio
  il risarcimento del danno patito.
    Istruita  la causa con l'ammissione di interrogatorio formale del
  convenuto  contumace  e  con l'espletamento di prova per testimoni,
  nominata consulente tecnico di ufficio la dott.ssa Sonia Minafra al
  fine  di  determinare  l'entita'  delle  lesioni  subite  dalle due
  attrici, risultava che a seguito del sinistro:
        E.  M. risultava affetta da esiti di frattura discosomatica e
  dell'olecrano  ulnare sinistro, con un danno biologico nella misura
  del quindici per cento, ITT di gg. 71, ITP di gg. 60, mediamente al
  50%. Veniva dunque emessa Sentenza, con accoglimento della domanda,
  ristoro del danno e vittoria di spese e di competenze del giudizio;
  la  sig.  E.  M.  di  anni  15 all'epoca del sinistro, aveva dunque
  diritto   alla   somma  complessiva  di  L.  138.095.381,95,  oltre
  risarcimento del danno da svalutazione monetaria ed interessi nella
  misura  legale sulla somma rivalutata; vittoria nelle spese e nelle
  competenze  del  giudizio,  in favore del procuratore costituito il
  quale si dichiarava distrattario;
        Maria  Montrone, di anni 21 all'epoca del sinistro, riportava
  trauma  cranico e ferita lacero contusa al gomito destro; i postumi
  permanenti    rappresentati    dalla    sindrome   soggettiva   del
  traumatizzato   cranico  hanno  integrato  nella  specie  un  danno
  biologico valutabile nella misura del sei per cento, ITT di gg. 10,
  ITP di gg. 27 (mediamente al 50%).
    Trattasi  dunque  di micropermanente, come tale regolamentata dal
  d.l.  28  marzo  2000  n. 70:  recante  disposizioni urgenti per il
  contenimento    delle    spinte   inflazionistiche;   provvedimento
  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 73  del  28  marzo 2000;
  l'applicazione della disciplina introdotta e' pacifica anche per le
  fattispecie  antecedenti,  dal  momento che, non essendovi stata in
  precedenza  alcuna disciplina ma soltanto valutazioni equitative da
  parte  dei  giudici,  la  retroattivita'  della  norma  e' soltanto
  apparente,   essendosi   introdotta   una   disciplina  laddove  in
  precedenza  non  esisteva (secondo il Rescigno, trattato di diritto
  privato  UTET  ed,  l'applicazione immediata della nuova legge agli
  effetti successivi della sua emanazione non e' vera retroattivita',
  a  meno  che  non  incida sul fatto generatore; ed alla gamma delle
  dottrine   nel   detto   trattato   esposte   questo  giudice  deve
  necessariamente  rinviare,  data  l'obbligatoria sinteticita' della
  motivazione di una ordinanza).
    Secondo  quanto  emerso dalla ctu, non contestata da alcuna delle
  parti  in  causa  e  comunque  immune  da  vizi  logici  ed  errori
  metodologici  e  dunque  da  condividere  nelle  premesse  e  nelle
  conclusioni  ed  applicandosi  i  calcoli  fino ad oggi eseguiti da
  questo  giudice,  con  il  criterio  c.d. del triplo della pensione
  sociale,  la  sig.na  Maria  Montrone,  di  anni  21  all'epoca del
  sinistro, avrebbe avuto diritto ad un risarcimento del danno pari a
  L. 52.007.629,1368  complessive,  in tal modo determinate: pensione
  sociale   maggiorata   all'epoca   del   sinistro   x3=1.404.750  x
  13=18.261.750 x 34.3645 (moltiplicatore in relazione ad un soggetto
  di  sesso  femminile di anni 21 compiuti)=627.555.907,875; il 6% di
  tale  somma  e'  L.  37.653.354,4725,  val dire il danno biologico;
  sarebbe  spettante ancora L. 500.321,917808 per ITT (18.261.750:365
  x  10) e L. 675.434,58904 per ITP mediamente al 50% (18.261.750:365
  x  27:2); il danno morale, riconosciuto nella misura di un terzo di
  quello  biologico,  sarebbe stato di L. 12.551.118,1575; nonche' L.
  1.005.750 per spese mediche documentate.
    Invece  dovendosi applicare la nuova disciplina introdotta con le
  introdotte misure antinflazionistiche, la sig.na Maria Montrone, in
  relazione  al sinistro per cui e' causa, avrebbe diritto alla somma
  complessiva  di  L. 13.052.400: L. 9.000.000 per danno biologico (o
  L.  5.500.500  qualora divenisse maggioritario l'orientamento delle
  compagnie  di  assicurazione  di  considerare  i primi 5 punti a L.
  800.000  e  i  successivi  a  L.  1.500.000); L.500.000 per ITT, L.
  675.000 per ITP L. 2.250.000 per danno morale (ove si applicasse la
  misura  massima),  oltre  le  spese  mediche  documentate;  con una
  decurtazione che ictu oculi appare probabilmente non giustificata e
  che richiede attenta valutazione..
    E dunque questo giudice ritiene di sollevare d'ufficio (la difesa
  tecnica della Montrone dati i tempi del processo non avrebbe potuto
  farlo)   la   questione  della  legittimita'  costituzionale  della
  disciplina  contenuta  nell'art. 3 del d.l. 28 marzo 2000 n. 70, in
  attesa di conversione in legge.
    Tale    disciplina    da'    luogo    a    diverse   censure   di
  incostituzionalita':  il  d.l. 28 marzo 2000 n. 70 e' intervenuto a
  disciplinare  con fonte legislativa prima (dunque sindacabile dalla
  consulta  ex art. 134 Cost.) la liquidazione del danno alla persona
  nei casi di lesioni personali con postumi invalidanti riconducibili
  alla  categoria  delle  micropermanenti; vengono per la prima volta
  introdotti  criteri  che  si  sostituiscono (in tal modo escludendo
  l'applicabilita' dell'art. 1226 cc.), all'equita' del giudice.
    Equita'  che  i  giudici  di  merito avevano tradotto in apposite
  tabelle  liquidatorie. Ritiene altresi' questo giudice che, secondo
  quanto  statuito  dalla Corte costituzionale con sent. 184/1986 (ma
  anche  con  sent.  365/1991  e  prima ancora con sent. 87/1979), il
  risarcimento del danno ex art. 2043 cc. e' la minima delle sanzioni
  che  l'ordinamento  appresta per la tutela di un interesse, sicche'
  il  legislatore  ordinario, rifiutando o limitando in alcun modo la
  tutela   risarcitoria   a  seguito  della  violazione  del  diritto
  dichiarato  fondamentale,  non  lo  tutelerebbe affatto, almeno nei
  casi  esclusi;  mal  si presta un decreto legge, dettato al fine di
  contenere le spinte inflazionistiche del settore dei carburanti, in
  quello  della  pesca,  in  quello  del  trasporto ferroviario ed in
  quello   dei  premi  assicurativi,  a  regolamentare  la  complessa
  materia,  di  rango  costituzionale per la tutela, del risarcimento
  del danno biologico alla persona.
    Sono  note  le  differenze  di liquidazione del danno biologico a
  seconda  che  il giudice di merito scegliesse il criterio del punto
  c.d. pisano, con tutte le varianti ed i moltiplicatori possibili, o
  il  criterio  del  triplo  della  pensione sociale, ancorato ad una
  esegesi  dell'art.  4  legge  39  del  1977  e  giuridicamente piu'
  corretto,  seppur  piu'  laborioso;  e  dunque  con favore e' stato
  osservato,  nelle  intenzioni  di uniformita', ma non nei risultati
  allo  stato  non  convincenti,  lo  studio  operato da un gruppo di
  lavoro  costituito presso il C.N.R, mentre l'Isvap procedeva ad uno
  studio  autonomo;  il  C.N.R.  ha  predisposto  dunque  una tabella
  indicativa  nazionale  (c.d. T.i.n.) che, insieme a quanto proposto
  dall'Isvap,  il Governo ha fatto proprio con disegno di legge del 4
  giugno  1999,  sottoposto  poi  all'ordinario  corso parlamentare e
  rimasto  allo  stato  di  legge;  in  sintesi  appare soddisfacente
  l'obiettivo di realizzare una uniformita' di risarcimento del danno
  biologico;  ma  i  risultati allo stato sono tali da indurre questo
  giudice a mantenere inalterati i criteri sino ad ora seguiti, ed in
  particolare  la  regolamentazione  introdotta dal d.l. 70/2000; nel
  dichiarato  intento  di  contenere  gli  oneri risarcitori a carico
  degli autori di fatti illeciti (e delle compagnie che li assicurano
  obbligatoriamente),    da'    luogo    a    diverse    censure   di
  incostituzionalita':
        violazione  dell'art. 32 Cost. ad opera dell'art. 3.1 lett. a
  del  d.l.  in  relazione  alla misura economica del valore-punto di
  invalidita'.  Il  risarcimento dei danni biologico e morale e' bene
  primario  di  rango  costituzionale,  trattandosi  di  diritto alla
  salute.  E  per rendere effettivo il risarcimento delle lesioni del
  bene  giuridico  in  questione,  le  tecniche liquidatorie adottate
  devono   esprimere   una   effettiva   idoneita'   a  ristorare  il
  pregiudizio.  Invece  i  valori  economici  espressi  nel  d.l. non
  appaiono   ancorati   ad   alcun  appropriato  e  congruo  apparato
  economico,  appaiono  assai  lontani dalla t.i.n. e soprattutto non
  prevedono  lo  sviluppo  progressivamente  crescente  in  relazione
  all'eta'  del  danneggiato:  la  sig.na Maria Montrone, di anni 21,
  avrebbe ricevuto il medesimo risarcimento se avesse avuto 41 anni o
  91 anni;
        violazione   dell'art.   3.1   della  Costituzione  ad  opera
  dell'art.  3.1  lett.  a  del  decreto  legge in relazione alla non
  derogabilita'  da parte del giudice, con specifica motivazione, dei
  limiti massimi definiti da tale norma. La Corte costituzionale, con
  sent.  174/1996  ha  sottolineato  l'esigenza  di  pervenire  ad un
  sistema  di  liquidazione  del  danno  alla persona con criteri che
  coniughino  l'esigenza  della  uniformita'  pecuniaria  di base con
  l'adeguata   valorizzazione   soggettiva   del   caso   di  specie;
  inevitabile la correzione equitativa del ristoro pecuniario;
        violazione del combinato disposto degli articoli 3 e 32 della
  Costituzione  ad  opera  dell'art. 3.1 lett. a del decreto legge in
  relazione  alla  misura  fissa  del valore punto di invalidita'; le
  conseguenze  menomative  delle  lesioni personali non hanno infatti
  natura  lineare,  ma  crescono progressivamente in base al grado di
  menomazione   funzionale;   manifestamente  illegittimo  dunque  un
  sistema  che  fissa  un unico valore monetario per ciascun punto di
  invalidita'  compreso tra l'1 e il 5%, come pure un identico valore
  economico  di  ogni  punto  compreso tra il 6 ed il 9, senza alcuna
  progressione  con  il  progredire  del grado invalidante: immediato
  l'effetto  perverso  nella  pratica  applicazione: nella ipotesi di
  numero di punti superiore al 5%, infatti i liquidatori tendono gia'
  ad  applicare  L. 800.000 per i punti da 1 a 5 e L. 1.500.000 per i
  punti eccedenti, con ulteriore sacrificio del ristoro economico del
  danneggiato;
      violazione  dell'art.  3  della Costituzione da parte dell'art.
  3.1   lett.  a  del  decreto  per  disparita'  di  trattamento  tra
  danneggiati di eta' diversa: si e' gia' sottolineato come la sig.na
  Maria  Montrone, di anni 21, avrebbe diritto, ben che le vada, a L.
  13.052.400  e  che  la medesima somma avrebbe ricevuto se all'epoca
  del sinistro avesse compiuto 41 o 91 anni;
        violazione degli articoli 2 e 32 Cost. da parte dell'art. 3.1
  lett.  c  del  decreto  legge  in relazione alla misura massima del
  danno  morale;  la  disposizione  secondo  la  quale  il  danno non
  patrimoniale,   ove   risarcibile,   non   puo'   superare  il  25%
  dell'importo   liquidato   a   titolo   di  danno  biologico  viola
  fondamentali    precetti    costituzionali;    e    codesta   Corte
  costituzionale   si   e'   ripetutamente   pronunciata   sulla  non
  riconducibilita'   del   danno  morale  soggettivo  (il  transeunte
  turbamento   psicologico   del   soggetto   offeso)   alla   tutela
  costituzionale dell'art. 32 (sentenze 356/1991; 37/1994; 293/1996):
  e  l'assenza  di  protezione costituzionale giustificherebbe regimi
  risarcitori differenziati, con limitazione del risarcimento ai casi
  tassativamente richiamati nell'art. 2059 cc.; inopinatamente invece
  di  superare  tale  limitazione,  dalla  migliore dottrina da tempo
  stigmatizzata,  il  d.l.  in  esame  si  e' limitato a contenere al
  massimo  la  misura  del danno morale, che nel caso di ITT e di ITP
  non  si  discosta  da  una  decina  di migliaia di lire, e talvolta
  ancora  meno. Non va omesso di sottolineare che per quanto limitati
  i  casi di risarcimento del danno morale, l'art. 2059 c.c. e' posto
  a  presidio  di diritti inviolabili e fondamentali che godono della
  tutela  costituzionale  degli  articoli 2 e 32 Cost. (cfr. sentenza
  10606 della Corte di cassazione del 1996);
        violazione  dell'art.  3  Cost.da parte dell'art. 3.1 lett. c
  del  decreto legge in relazione alla coesistenza di diversi criteri
  per  la  liquidazione  del danno morale da reato: infatti ulteriore
  profilo  di  violazione  costituzionale si ravvisa tenendo presente
  che  non  tutte  le  liquidazioni  del  danno  morale da reato sono
  sottratte  all'equita'  del giudice ma solo quelle che si collegano
  al   danno   biologico;  tale  distinzione  e'  priva  di  adeguata
  giustificazione in relazione alla gerarchia di valori riferita alla
  persona  umana intesa nella sua integrita' biologica e psicologica:
  fattispecie giuridiche meno gravi restano affidate alla valutazione
  equitativa  del  giudice  mentre  il risarcimento del danno morale,
  collegato al danno biologico, ne viene sottratto.
    Operati  tali  rilievi  sulla  non  manifesta  infondatezza della
  questione di costituzionalita', e rilevato che un atto avente forza
  di  legge puo', ex art. 134 Cost., essere sindacato dalla consulta,
  va  osservato  che  la  rilevanza della questione emerge dalla fase
  decisoria  in  cui  la  causa  si  trova  e  che, per le ragioni di
  soltanto  apparente  retroattivita'  cui innanzi si e' fatto cenno,
  non  puo' che applicarsi la nuova disciplina nella liquidazione del
  danno   (peraltro,  il  decreto  legge  non  contiene  disposizioni
  transitorie, inopportune secondo lo schema delineato dalla migliore
  dottrina,   data  la  applicabilita'  della  norma,  immediatamente
  vigente  nella  sua  apparente  retroattivita').  La Montrone Maria
  verrebbe  dunque  gravemente  penalizzata  dalla  nuova disciplina,
  vedendosi  corrispondere, come si e' visto, una somma di gran lunga
  inferiore  a  quella che sarebbe risultata dal calcolo abitualmente
  effettuato dal giudice naturale