ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

    nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 9 e 62
  della  legge  3 maggio  1982,  n. 203 (Norme sui contratti agrari),
  promosso  con ordinanza emessa il 30 novembre 1999 dal tribunale di
  Pesaro   nel  procedimento  civile  vertente  tra  Mari  Rossana  e
  Bacchiocchi  Ino,  iscritta  al n. 30 del registro ordinanze 2000 e
  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 8, prima
  serie speciale, dell'anno 2000.
    Visti  l'atto  di  costituzione di Mari Rossana nonche' l'atto di
  intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 12 ottobre 2000 il giudice
  relatore Annibale Marini.
    Ritenuto   che  con  ordinanza  emessa  il  30 novembre  1999  il
  tribunale di Pesaro ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 42 e
  44  della  Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale
  degli  artt. 9  e  62  della legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui
  contratti agrari);
        che, ad avviso del rimettente, le norme denunciate, imponendo
  di  prendere  a  base, per la determinazione del canone, il reddito
  dominicale stabilito a norma del regio decreto-legge 4 aprile 1939,
  n. 589 (Revisione generale degli estimi dei terreni), convertito in
  legge  29 giugno  1939,  n. 976, pur con i previsti coefficienti di
  rivalutazione, non consentirebbero di determinare un canone che non
  sia  irrisorio, con conseguente violazione degli indicati parametri
  costituzionali;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
  dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
  Stato,  il quale ha concluso per l'inammissibilita' della questione
  per   la   mancanza   nell'ordinanza  di  rimessione  di  qualsiasi
  indicazione  concernente  il  giudizio a quo e di una pur sintetica
  motivazione in ordine al requisito della rilevanza;
        che si e' costituita la parte privata Mari Rossana in Tonini,
  attrice nel giudizio a quo - la quale - premessa la descrizione dei
  termini   essenziali   della   controversia   -   ha  concluso  per
  l'accoglimento della questione di legittimita' costituzionale;
        che,  in  particolare,  la  parte  privata osserva che questa
  Corte,  nella  sentenza  n. 139 del 1984, pur dichiarando infondata
  analoga  questione  di legittimita' costituzionale della disciplina
  dettata  dalla  legge  n. 203  del  1982, ha tuttavia affermato che
  l'ulteriore protrarsi del ricorso ad un catasto vecchio di oltre un
  cinquantennio  non  avrebbe  potuto  piu'  ritenersi  razionalmente
  giustificabile   dopo   l'entrata  in  vigore  (all'epoca  ritenuta
  imminente) del nuovo catasto;
        che  non  essendo  intervenuta,  sino  ad oggi, nessuna nuova
  disciplina   della   materia,  ancorata  a  piu'  attendibili  dati
  catastali,   sarebbero   percio'   rimasti  immutati,  e  non  piu'
  giustificabili,   in   considerazione   del   tempo   ulteriormente
  trascorso,  gli  elementi di ingiustizia di un sistema che comporta
  la determinazione del canone in termini quasi simbolici;
        che  in  una  successiva  memoria,  depositata in prossimita'
  dell'udienza  in camera di consiglio, la parte privata ha insistito
  sulla  fondatezza  e  sulla rilevanza della questione osservando in
  particolare,   quanto  al  secondo  di  tali  profili,  come  possa
  desumersi  dall'intero  contesto  dell'ordinanza che "l'esistenza o
  l'inesistenza  della  norma di cui all'art. 62 della legge 203/1982
  era   ed  e'  essenziale  per  la  definizione  della  controversia
  instaurata dalla Sig.ra Mari Rossana".
    Considerato  che l'ordinanza di rimessione non indica quali siano
  i   termini   della   fattispecie  concreta  oggetto  del  giudizio
  principale;
        che l'accennata lacuna espositiva non consente a questa Corte
  di valutare la rilevanza della questione sollevata;
        che,  pertanto,  la  questione  va dichiarata, in conformita'
  alla   costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  manifestamente
  inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
  n. 87,  e  9,  secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
  innanzi alla Corte costituzionale.