ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 16,  sesto
comma,  della  legge  14 dicembre 1973, n. 829 (Riforma dell'opera di
previdenza   a  favore  del  personale  dell'Azienda  autonoma  delle
ferrovie  dello  Stato),  promosso con ordinanza emessa il 27 ottobre
1999  dal  tribunale  di Roma nel procedimento civile vertente tra le
Ferrovie  dello Stato S.p.a. e Pucci Giovanni, iscritta al n. 156 del
registro  ordinanze  2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 16, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visto l'atto di costituzione di Pucci Giovanni;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 12 ottobre 2000 il giudice
relatore Cesare Ruperto.
    Ritenuto  che,  nel  corso  di un procedimento civile d'appello -
vertente  in materia di corresponsione, al fratello di una dipendente
delle Ferrovie dello Stato, dell'indennita' di buonuscita dovuta alla
propria  autrice,  deceduta in servizio nel mese di aprile del 1992 -
il  tribunale  di  Roma,  con ordinanza emessa il 27 ottobre 1999, ha
sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 16,
sesto comma, della legge 14 dicembre 1973, n. 829 (Riforma dell'opera
di  previdenza  a  favore  del  personale dell'Azienda autonoma delle
ferrovie  dello Stato), nella parte in cui "subordina la possibilita'
della  successione  degli  eredi legittimi, nella specie il fratello,
alla vivenza a carico ed al requisito dell'eta' (21 anni), ove non vi
sia inabilita' permanente a proficuo lavoro";
        che,   secondo   il   rimettente,  in  ragione  della  natura
retributiva con funzione previdenziale dell'indennita' di buonuscita,
la  norma  impugnata  si  pone  in  contrasto con l'art. 3 Cost., per
l'ingiustificata  disparita'  di  trattamento  rispetto  alla  regola
generale  dettata  dal  codice  civile  per  i lavoratori subordinati
privati,  nonche'  alla  disciplina  prevista  per i dipendenti dello
Stato   dall'art. 5   del   d.P.R.  29 dicembre  1973,  n. 1032,  che
nell'attribuzione,   nella   stessa   situazione,  dei  diritti  iure
successionis, prescindono dai richiamati requisiti;
        che si e' costituita la parte privata, attrice nel giudizio a
quo  concludendo  per  l'inammissibilita'  della sollevata questione,
poiche'  riguardante  una  norma  gia'  dichiarata costituzionalmente
illegittima,  nel senso auspicato dal rimettente, con sentenza n. 195
del 1999.
    Considerato  che questione sostanzialmente identica e' stata gia'
decisa  -  nel  senso  della  manifesta  infondatezza - con ordinanza
n. 223 del 1999, non conosciuta dal tribunale rimettente;
        che,  in  tale  sede,  e'  stato ricordato come questa Corte,
superando    l'iniziale    affermazione   del   carattere   meramente
previdenziale  del  complesso  dei  trattamenti  di fine rapporto nel
settore  pubblico, ne abbia definitivamente riconosciuto l'essenziale
natura  di  retribuzione  differita, pur se legata ad una concorrente
funzione  previdenziale  (v.  sentenze  n. 243  e  n. 99  del  1993),
precisando  che  il  relativo  trattamento  fa  parte  integrante del
patrimonio  del  de  cuius  e  costituisce  una porzione del compenso
dovuto per il lavoro prestato, la cui corresponsione viene differita,
appunto  in funzione previdenziale, al fine di agevolare la soluzione
di eventuali difficolta' economiche che possono insorgere nel momento
in cui viene meno la retribuzione;
        che  e'  stato  ivi  ulteriormente sottolineato come la Corte
abbia,  poi,  piu' volte affermato che qualunque forma di devoluzione
anomala  dell'indennita', attribuita ai determinati soggetti indicati
dalle  varie  normative, trova razionale fondamento e giustificazione
esclusivamente    nella    evenienza   della   concorrente   funzione
previdenziale  del  trattamento,  la  quale assume rilievo in ragione
della  peculiare  integrazione  di dette persone nel nucleo familiare
del  dante  causa,  dalla  retribuzione  del quale esse ricevevano un
sostentamento  venuto  a  cessare,  in  tutto o in parte, dopo la sua
morte;
        che,  viceversa,  in  assenza  di tali soggetti, a favore dei
quali   opera   una  riserva  legale  di  destinazione,  la  suddetta
concorrente  funzione  previdenziale  viene a perdere detta rilevanza
tipica, riespandendosi in tutta la sua portata la natura retributiva,
per  cui  la  devoluzione  mortis  causa dell'indennita' non puo' non
essere  soggetta  alle  generali  regole  successorie (v. le sentenze
n. 106 del 1996 e n. 243 del 1997);
        che, in particolare, va qui posto in rilievo come la generale
applicabilita' a qualsiasi tipo di rapporto di lavoro subordinato, di
tali  principi  informatori  della  materia, ha altresi' portato alla
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  anche  della stessa
norma  oggetto del presente giudizio "nella parte in cui esclude che,
nell'assenza dei beneficiari ivi indicati, l'indennita' di buonuscita
formi  oggetto  di  successione  per  testamento  o, in mancanza, per
legge"  (sentenza  n. 195  del  1999,  anch'essa, come le precedenti,
ignorata dal rimettente);
        che  tali  considerazioni  rendono dunque palese l'erroneita'
del  presupposto  da  cui  muove  il  tribunale  a quo la' dove - nel
richiedere   una   pronuncia  incidente  sui  requisiti  dettati  per
beneficiare  iure  proprio  dell'indennita'  in  questione  - porta a
comparazione  discipline dirette a regolarne la trasmissibilita' iure
successionis;
        che,  pertanto, la sollevata questione deve essere dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.