ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 3,
della  legge  23 luglio  1991,  n. 223  (Norme  in  materia  di cassa
integrazione, mobilita', trattamenti di disoccupazione, attuazione di
direttive  della  comunita'  europea,  avviamento  al lavoro ed altre
disposizioni  in  materia  di  mercato  del  lavoro), come modificato
dall'art. 8,  com-ma  1,  del  decreto-legge  20 maggio  1993, n. 148
convertito  in  legge  19 luglio 1993, n. 236, promosso con ordinanza
emessa  il  14 marzo 1997 dal pretore di Bari nel procedimento civile
vertente  tra  la  MITER  S.r.l.  e  l'INPS,  iscritta  al n. 408 del
registro  ordinanze  1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 34, 1a serie speciale, dell'anno 1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella camera di consiglio del 28 settembre 2000 il giudice
relatore Fernando Santosuosso.
    Ritenuto   che   nel  corso  di  una  controversia  di  carattere
previdenziale   il   pretore   di  Bari  ha  sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale,  in  riferimento agli artt. 23, 24 e 41
della  Costituzione,  dell'art. 24,  comma  3,  della legge 23 luglio
1991,  n. 223  (Norme  in  materia  di cassa integrazione, mobilita',
trattamenti   di   disoccupazione,   attuazione  di  direttive  della
comunita'  europea,  avviamento  al  lavoro  ed altre disposizioni in
materia di mercato del lavoro), come modificato dall'art. 8, comma 1,
del   decreto-legge   20 maggio  1993,  n. 148  convertito  in  legge
19 luglio 1993, n. 236;
        che  detta  norma  prevede  che,  in  caso  di  licenziamento
collettivo  per  riduzione  di  personale,  l'impresa  che opera tale
licenziamento  sia  tenuta  a  versare  all'Istituto  nazionale della
previdenza   sociale   un   contributo  pari  a  tre  mensilita'  del
trattamento  iniziale  di  mobilita',  somma  che viene elevata nella
misura  di  nove volte detto trattamento nel caso in cui la procedura
di  conciliazione non abbia esito favorevole, per il dissenso opposto
dai sindacati;
        che,  ad  avviso  del giudice a quo siffatta previsione e' in
contrasto con l'art. 41 Cost., in quanto limitativa della liberta' di
iniziativa  economica,  e  con  l'art. 23  Cost., secondo cui nessuna
prestazione  personale  o patrimoniale puo' essere imposta, se non in
base alla legge;
        che  la  norma  impugnata  appare  al rimettente in conflitto
anche  con  l'art. 24  Cost.,  perche'  il  soggetto obbligato non ha
alcuna  possibilita'  di  agire  in  giudizio  per  sentir dichiarare
l'eventuale  illegittimita'  del rifiuto opposto dalle organizzazioni
sindacali al raggiungimento di un accordo;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  Ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione venga dichiarata manifestamente
infondata.
    Considerato che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte,
il  giudice  rimettente  e' tenuto a motivare le circostanze di fatto
che   determinano   la  rilevanza  della  questione  nella  specifica
fattispecie  al  suo  esame;  con  la conseguenza che una motivazione
carente  o  insufficiente  su  tale  punto implica l'inammissibilita'
della  questione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata  in via
incidentale;
        che  lo  stesso  giudice  deve  dare  conto  dell'iter logico
seguito   e  delle  ragioni  per  le  quali  ritiene  di  dover  fare
applicazione della norma impugnata;
        che,  nel  caso  specifico, il giudice rimettente omette ogni
motivazione  sulla  controversia  sottoposta  alla  sua  valutazione,
sicche'   l'applicabilita'   della   norma   impugnata   ne   risulta
apoditticamente affermata;
        che  alla Corte e' conseguentemente impedito di verificare la
sussistenza del preliminare requisito della rilevanza;
        che,   pertanto,   la  presente  questione  e'  da  ritenersi
manifestamente inammissibile.
        Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.