ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 181 e
182,    della    legge    23 dicembre   1996,   n. 662   (Misure   di
razionalizzazione  della  finanza  pubblica) e successive modifiche e
dell'art. 36,  comma  5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure
urgenti  di  finanza  pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo),
promossi  con  ordinanze  emesse il 14 (n. 2 ordinanze) e il 28 marzo
(n. 2  ordinanze),  l'8 febbraio (n. 5 ordinanze) e il 14 marzo (n. 3
ordinanze)  2000 dal tribunale di Treviso rispettivamente iscritte ai
nn. 255,  256,  317,  318,  da 321 a 325, 333, 334 e 368 del registro
ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 22, 25 e 27, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visti  gli  atti  di costituzione di Burighel Antonia e dell'INPS
nonche'  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 12 ottobre 2000 il giudice
relatore Cesare Ruperto.
    Ritenuto  che nel corso di dodici giudizi d'appello - vertenti in
materia  di  ricostruzione  di trattamenti pensionistici in base alle
sentenze  n. 495  del  1993  e  n. 240  del 1994 di questa Corte - il
tribunale   di   Treviso,   con  altrettante  ordinanze  di  identico
contenuto,  emesse  l'8 febbraio  (r.o.  nn. 321-325  del  2000),  il
14 marzo  (r.o.  nn. 255-256,  333-334 e 368 del 2000) ed il 28 marzo
del  2000  (r.o.  nn. 317-318  del  2000),  ha sollevato questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 181 e 182, della legge
23 dicembre  1996,  n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica),  come  modificato  dall'art. 3-bis  della  legge 28 maggio
1997,  n. 140  (Misure  urgenti  per  il  riequilibrio  della finanza
pubblica),  e  dall'art. 36,  comma  1, della legge 23 dicembre 1998,
n. 448  (Misure  urgenti di finanza pubblica per la stabilizzazione e
lo sviluppo);
        che, secondo il rimettente, le norme impugnate - sopravvenute
nelle   more   dei  giudizi  a  quibus  e  contenenti  una  serie  di
disposizioni  dirette  a  risolvere  il  problema del pagamento delle
somme  vantate  dagli  aventi  diritto  in  applicazione delle citate
sentenze  -  vengono a ledere: a) l'art. 3 Cost., nella parte in cui,
prevedendo  una  liquidazione  forfettaria del 5% degli interessi sul
dovuto   e   dilazionando   i  tempi  di  adempimento,  introduce  un
ingiustificato  deteriore trattamento degli accessori dei crediti dei
pensionati  aventi  diritto alla c.d. cristallizzazione; b) l'art. 38
Cost.,  per  la  conseguente  compressione  di tali diritti di natura
previdenziale, intesi a garantire il minimo vitale;
        che  i dubbi di illegittimita' costituzionale sono estesi dal
rimettente  anche all'art. 36, comma 5, della citata legge n. 448 del
1998,  per  violazione  dell'art. 24  Cost.,  in quanto la previsione
dell'estinzione dei giudizi con compensazione delle spese di lite (in
assenza di un contestuale arricchimento della posizione giuridica del
creditore) vanificherebbe il diritto di agire per la tutela integrale
del  diritto  sostanziale,  cui  accede la rifusione delle spese, con
l'ulteriore  rischio  per l'interessato di vedersi opporre dall'INPS,
in  sede  amministrativa, argomentazioni ed eccezioni gia' dedotte in
giudizio;
        che,  in  tutti  i  giudizi, e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilita' o, comunque,
per la manifesta infondatezza delle sollevate questioni;
        che,  nei  giudizi  promossi  con r.o. nn. 256, 317 e 368 del
2000,  si  e' costituito l'INPS, concludendo per l'infondatezza delle
questioni; mentre, nel giudizio promosso con r.o. n. 317 del 2000, si
e' costituita la parte privata del processo a quo che ha concluso per
la   declaratoria   di   illegittimita'  costituzionale  delle  norme
impugnate.
    Considerato che i giudizi possono essere riuniti e congiuntamente
decisi,  in  quanto concernenti le stesse norme, censurate sulla base
di uguali motivazioni;
        che  identiche  questioni,  sollevate  dallo stesso tribunale
rimettente,    sono    gia'   state   sottoposte   a   scrutinio   di
costituzionalita', conclusosi con la sentenza n. 310 del 2000;
        che  in  tale  pronuncia  questa Corte - con riferimento alla
questione,  di  natura pregiudiziale rispetto alle altre, concernente
l'asserita  illegittimita' della previsione dell'estinzione d'ufficio
dei giudizi pendenti con compensazione delle spese - ha affermato che
le soluzioni approntate dalla normativa impugnata si appalesano tutte
di   segno   certamente  positivo  rispetto  alle  aspettative  degli
interessati,  le  quali,  pur  avendo, appunto in virtu' delle citate
sentenze  di  illegittimita'  costituzionale,  assunto  il  rango  di
diritti di credito, restavano ancora necessariamente da precisare con
riguardo ai modi e ai tempi di adempimento;
        che,  pertanto,  ribadito  il  giudizio  di  sufficienza  nel
rapporto  tra  siffatto  intervento  ed il grado di realizzazione che
alla  pretesa  azionata  e'  stato  accordato  in via legislativa, la
questione va dichiarata manifestamente infondata;
        che  -  dato il nesso di subordinazione logico-processuale di
ogni  altra  censura  rispetto  a  quella  riguardante  la previsione
dell'estinzione  d'ufficio  dei  giudizi  pendenti  non eludibile dai
magistrati che ne sono investiti - resta precluso l'esame delle altre
questioni  sollevate  dal  rimettente,  che  risultano manifestamente
inammissibili per difetto di rilevanza.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.