ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge
7 agosto  1990,  n. 241  (Nuove  norme  in  materia  di  procedimento
amministrativo  e di diritto di accesso ai documenti amministrativi),
promossi  con  cinque ordinanze emesse il 25 novembre 1999, quindi il
27 gennaio  2000 con undici ordinanze, il 10 gennaio 2000 con quattro
ordinanze, il 27 gennaio 2000 con sette ordinanze, il 10 gennaio 2000
con   13   ordinanze,  il  27 gennaio  2000  con  sei  ordinanze,  il
10 febbraio  2000  con  sei  ordinanze  e  il  9 marzo 2000 con sette
ordinanze  dal  Tribunale  amministrativo  regionale  della Lombardia
rispettivamente  iscritte  ai nn. dal 117 al 121, dal 213 al 253, dal
417  al  421,  449  e  dal  502  al 508 del registro ordinanze 2000 e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 13, 21, 30 e
31, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di  Russo  Aldo, di De Grazia
Antonio  e  di Angelillo Giustina, nonche' gli atti di intervento del
Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  26 settembre  2000 il giudice
relatore Francesco Guizzi;
    Uditi  gli avvocati Giovanni Cocco per Russo Aldo, Umberto Ghezzi
per De Grazia Antonio e l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per
il Presidente del Consiglio dei Ministri.
    Ritenuto   che   il   Tribunale  amministrativo  regionale  della
Lombardia  - investito di ricorsi per l'annullamento di provvedimenti
di  non  ammissione alle prove orali per l'esame di abilitazione alla
professione  di  avvocato  -  con cinquantanove ordinanze di identico
contenuto  ha  sollevato,  in  riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 113
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia
di  procedimento  amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi);
        che  ad  avviso  del rimettente l'enunciazione dei motivi del
giudizio,   ancorche'   sintetica,  e'  indispensabile  affinche'  il
candidato  possa effettuare un riscontro fra il contenuto della prova
e  la valutazione sfavorevole, potendosi comprendere il "perche'" del
voto  soltanto  quando  esso  e'  accompagnato da un giudizio o trova
illustrazione nella simbologia utilizzata nelle correzioni o, ancora,
quando puo' essere compiuto il raffronto con criteri predeterminati;
        che secondo il diritto vivente, quale risulta dalle decisioni
del Consiglio di Stato, l'art. 3 della legge n. 241 del 1990 esime la
commissione dall'obbligo di motivare i giudizi d'esame; ma il vincolo
costituito dal diritto vivente - prosegue il Tribunale amministrativo
regionale  -  non  implica che su di esso non possano essere avanzati
dubbi di legittimita' costituzionale, come chiarito dalla sentenza di
questa Corte n. 350 del 1997;
        che   il   tribunale  amministrativo  dubita  pertanto  della
conformita'   a   Costituzione   di  tale  indirizzo  interpretativo,
sostenendo  che  non sarebbe ragionevole (art. 3) escludere l'obbligo
di motivazione per i giudizi d'esame;
        che  la tutela giurisdizionale (artt. 24 e 113) si ridurrebbe
al  mero  riscontro  di  profili  estrinseci  e  formali, come quelli
inerenti   alle  garanzie  relative  alla  collegialita'  dell'organo
giudicante  e alla sua composizione; e che, comunque, il principio di
buon  andamento  e  di  imparzialita'  (art. 97)  richiede  la  piena
trasparenza dell'azione amministrativa;
        che  il  giudice  a quo chiede "in subordine", ove si ritenga
conforme  al dato normativo l'interpretazione dell'art. 3 della legge
n. 241,  quale  risulta  dal  diritto  vivente,  che  sia  dichiarata
l'illegittimita'  di  esso,  in  rapporto ai parametri costituzionali
indicati;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, nel
senso della inammissibilita' e comunque della infondatezza;
        che  si  sono  costituite  innanzi  a  questa Corte tre parti
private,  aderendo  ai  dubbi di legittimita' costituzionale avanzati
dal tribunale amministrativo;
        che  e'  pervenuto, altresi', atto tardivo di costituzione di
altro ricorrente innanzi al tribunale amministrativo.
    Considerato  che  il  Tribunale  amministrativo  regionale  della
Lombardia  ha  sollevato,  in  riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 113
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 3   della   legge   7 agosto   1990,   n. 241,   alla  luce
dell'interpretazione  di  detta disposizione fornita dal Consiglio di
Stato  in  pronunce  che  il  rimettente  reputa  "diritto  vivente":
pronunce  che  hanno escluso l'obbligo di esplicita motivazione per i
giudizi  espressi  in sede di valutazione degli esami di abilitazione
professionale;
        che   il   Tribunale   amministrativo  regionale  chiede  una
pronuncia   sulla   conformita'  a  Costituzione  di  tale  indirizzo
interpretativo,   con   riguardo  ai  principi  costituzionali  sopra
indicati;
        che   "in   subordine"   si   chiede   la   declaratoria   di
illegittimita' dell'art. 3, citato;
        che i giudizi, aventi a oggetto identica norma, vanno riuniti
e decisi con unica pronuncia;
        che  la  questione e' palesemente inammissibile, perche' essa
non  e'  in  realta'  diretta  a  risolvere un dubbio di legittimita'
costituzionale,  ma si traduce piuttosto in un improprio tentativo di
ottenere  l'avallo  di  questa  Corte  a  favore  di  una determinata
interpretazione della norma, attivita', questa, rimessa al giudice di
merito  (v.,  tra  le  varie,  le ordinanze nn. 70 del 1998 e 436 del
1996),  tanto  piu'  in  presenza  di indirizzi giurisprudenziali non
stabilizzati,  si' che non e' congruente il richiamo alla sentenza di
questa Corte n. 350 del 1997.