IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. di R.G. 03174/1997, tra Mari Eleonora, elettivamente domiciliata in Roma via A. Regolo n. 12d, presso lo studio dell'avv. Italo Castaldi, che la rappresenta e difende giusta procura a margine dell'atto di citazione, attrice, e: Fiorini Franco, convenuto-contumace; Unicem S.p.a., in persona di un procuratore rag. Mario Perotto, rappresentata e difesa dall'avv. Massimo Ozzola con studio in Roma via Germanico, 172, giusta procura in calce alla citazione notificata. Oggetto: famiglia - regime patrimoniale. Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato in data 7 aprile 1997 Mari Eleonora conveniva in giudizio davanti all'intestato tribunale Fiorini Franco e la Unicem S.p.a. chiedendo che venisse dichiarato il suo diritto a percepire una quota della indennita' di fine rapporto spettante al Fiorini nella misura del 40% con ordine al datore di lavoro, Unicem S.p.a., di provvedere al diretto pagamento di tale quota o, in subordine, con condanna del Fiorini al relativo pagamento. Esponeva l'attrice di aver contratto matrimonio con il Fiorini in data 7 ottobre 1967 e di essersi separata dallo stesso nel 1980 . Aggiungeva che con sentenza del 10 ottobre 1989 il tribunale di Roma aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ponendo a carico del Fiorini un assegno di mantenimento, oltre che per i figli, anche per la ex coniuge di L. 100.000 mensili. Precisava che il Fiorini era dipendente Unicem, presso lo stabilimento di Guidonia ed era in procinto di andare in pensione. Il convenuto Fiorini rimaneva contumace, mentre si costituiva regolarmente la Unicem S.p.a. rimettendosi alla decisione del giudice. Prodotta della documentazione e precisate le conclusioni, la causa veniva trattenuta in decisione. Motivi della decisione Secondo l'art. 12-bis della legge 1o dicembre 1970 n. 898, aggiunto con l'art. 8 della legge 6 marzo 1987 n. 74, il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell'articolo 5, ad una percentuale dell'indennita' di fine rapporto percepita dall'altro coniuge, all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennita' viene a maturare dopo la sentenza. Tale percentuale e' pari al quaranta per cento dell'indennita' totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro e' coinciso con quello del matrimonio. Il testo della disposizione, quindi, attribuisce al coniuge divorziato, titolare di assegno (e non passato a nuove nozze) una percentuale dell'indennita' di fine rapporto, nei limiti (anch'essi proporzionali) in cui il matrimonio ha coinciso con il rapporto di lavoro dell'altro coniuge. La disposizione stessa, poi, fa riferimento alla indennita' "percepita" e precisa che tale indennita' e' dovuta sul totale (riferibile agli anni di matrimonio) anche se la stessa viene a maturare dopo la sentenza. Dando rilievo alla differente terminologia usata dal legislatore che distingue l'indennita' percepita e quella che viene a maturare, sembra evidente che il riferimento alla "maturazione" debba essere inteso nel senso del progressivo aumentare dell'indennita', nel corso degli anni, in favore del lavoratore/creditore. Il legislatore del 1987 ha voluto evitare che potessero influire sulla misura della indennita' (da prendere a base della percentuale spettante al coniuge, in relazione al periodo coincidente con il matrimonio), le variazioni degli incrementi (legali o contrattuali) dell'indennita' stessa che possono essersi verificati nel corso degli anni della attivita' lavorativa (anche dopo il divorzio). Ed in tale senso ha stabilito che la misura base, per il calcolo della percentuale spettante all'ex coniuge, e' quella dell'indennita' totale indipendentemente dalla circostanza che la stessa sia venuta a maturare anche dopo la sentenza, con cio' escludendo che potesse essere considerata solamente la misura dell'indennita' "maturata" al momento dello scioglimento (o della cessazione degli effetti civili) del matrimonio. Il riferimento all'indennita' maturata (anche dopo la sentenza), va quindi inteso in senso diverso da quello della indennita' percepita. Il primo riguarda il progressivo incremento del cosiddetto "trattamento di fine rapporto", del lavoratore nei confronti dell'azienda o dell'ente da cui dipende, il secondo invece determina la misura della somma da prendersi a base del successivo calcolo, percentuale e proporzionale, che definisce il diritto dell'ex coniuge nei confronti del lavoratore. Il tribunale ritiene quindi, sulla base del tenore letterale della norma, che non e' suscettibile di altre interpretazioni, neppure con l'ausilio di altri criteri (e secondo il proprio orientamento costante): che il coniuge divorziato ha diritto, se non passato a nuove nozze, ad una quota dell'indennita' di fine rapporto percepita dall'altro coniuge, all'atto della cessazione del rapporto di lavoro; che la misura di tale diritto va determinata sulla base della indennita' totale percepita, indipendentemente dalla circostanza che l'indennita' sia maturata (in qualunque modo) dopo la sentenza; che l'ex coniuge puo' chiedere la quota dell'indennita' solo se la stessa e' stata percepita dopo il passaggio in giudicato della sentenza che ha pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, e che gli ha attribuito un assegno divorzile. Su tale ultimo punto, il convincimento del tribunale, gia' espresso in numerose pronunce, tutte conformi, non puo' essere messo in dubbio dalle due recenti (ed uniche) sentenze della Corte di Cassazione, n. 7249 del 1995 e n. 5553 del 1999, che hanno invece ritenuto possibile l'attribuzione della quota unitamente alla decisione sul divorzio o a quella sull'assegno divorzile, in quanto basate su di una considerazione dell'espressione "maturata anche dopo", che non corrisponde al significato della disposizione. Quello che e' rilevante, e' che la disposizione legislativa ricollega in modo evidente e non contestabile il diritto alla percentuale, con la circostanza che l'indennita' sia percepita, ossia non solamente "maturata" o "liquidata" dall'azienda o dall'ente datore di lavoro, ma concretamente ed effettivamente versata al lavoratore. Con la conseguenza che il rapporto obbligatorio, secondo l'orientamento costante seguito dal tribunale di Roma, sorge e si perfeziona solamente tra i due ex coniugi, con esclusione di qualsiasi coinvolgimento dell'azienda o dell'ente che deve corrispondere l'indennita'. Tale parte della disposizione, anch'essa non suscettibile di diverse interpretazioni per il suo chiaro tenore letterale, puo' ritenersi in contrasto, ad avviso del tribunale, con il precetto dell'art. 3 della Carta costituzionale, e la relativa questione, sollevata d'ufficio, non e' manifestamente infondata ed e' rilevante nel presente giudizio in cui la parte attrice ha chiesto il pagamento della quota dell'indennita' direttamente alla societa' presso cui l'ex coniuge prestava la propria attivita' lavorativa. La disposizione infatti: 1) non permette all'ex coniuge di riscuotere la propria quota dell'indennita' direttamente all'azienda o all'ente datore di lavoro, per realizzare il suo diritto, neppure in via preventiva e cautelare, senza doverla richiedere a chi ha percepito l'indennita' stessa, senza alcuna giustificazione razionale, dal momento che il diritto e' certo e semplicemente determinabile sin dal momento della sua "liquidazione" ed il pagamento diretto non pregiudica m alcun modo il corrispondente diritto dell'obbligato; 2) e' solamente "punitiva" nei confronti dell'ex coniuge, in quanto lo pone in una posizione di inferiorita' rispetto a quella dell'altra parte, che puo' sottrarsi agevolmente alla propria obbligazione, in relazione ad una sua vera od apparente condizione di impossidenza; 3) e' in contrasto, senza alcun motivo razionale, con le altre disposizioni che mirano ad assicurare e garantire l'adempimento dell'obbligazione al pagamento dell'assegno divorzile (art. 8, primo comma, legge n. 898 del 1970, sull'obbligo di prestare idonea garanzia; art. 8, secondo comma, stessa legge, sulla trascrivibilita' della sentenza di divorzio; art. 8 terzo e quarto comma, stessa legge, sulla possibilita' di richiedere direttamente al terzo datore di lavoro, la corresponsione diretta dell'assegno divorzile), pur avendo il diritto alla quota dell'indennita' di fine rapporto la stessa natura assistenziale dell'assegno divorzile, di cui costituisce una sorta di "accessorio" differito.