ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 1, del
decreto  legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza
degli  enti  territoriali, a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre
1992,  n. 421),  promossi  con  due ordinanze emesse, il 22 settembre
1999 dalla Corte di cassazione sui ricorsi riuniti proposti da Thuile
Rudolf  ed  altro  contro  il comune di Terlano ed altro, iscritta al
n. 181  del  registro  ordinanze  2000  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 18, 1a serie speciale, dell'anno 2000 e
il  2 marzo  2000  dalla  Corte  d'appello di Milano nel procedimento
civile  vertente  tra  Ghiringhelli  Angela e il comune di Castronno,
iscritta  al  n. 340  del  registro ordinanze 2000 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 26,  1a  serie  speciale,
dell'anno 2000.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 12 ottobre 2000 il giudice
relatore Riccardo Chieppa.
    Ritenuto  che  la  Corte  di  cassazione, con ordinanza emessa il
22 settembre  1999  (r.o. n. 181 del 2000), ha sollevato questione di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 16,  comma  1,  del  decreto
legislativo  30 dicembre  1992,  n. 504 (Riordino della finanza degli
enti  territoriali,  a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992,
n. 421);
        che  detta  disposizione  prevede  che l'indennita' dovuta in
caso  di  espropriazione  di area fabbricabile deve essere ridotta al
minor  valore  indicato  nell'ultima  dichiarazione  ICI,  presentata
dall'espropriato;
        che,  ad  avviso  del  giudice a quo la norma in questione si
porrebbe in contrasto sia con l'art. 42 della Costituzione, in quanto
nella  determinazione  dell'indennita'  di  esproprio  imporrebbe  un
criterio  disancorato  dalle caratteristiche essenziali del bene, per
agganciarlo  alla  valutazione,  eventualmente  erronea,  fattane dal
proprietario  ai fini della dichiarazione ICI, sia con l'art. 3 della
Costituzione,  per  la  irragionevole  disparita'  di trattamento tra
proprietario  espropriato  e  proprietario  che sia stato privato del
bene  per  effetto  di  occupazione  appropriativa  ed ancor piu' con
l'evasore  totale  dell'imposta,  al  quale  la norma non sembrerebbe
applicabile;
        che analoga questione di legittimita' costituzionale e' stata
sollevata,   sia   pure   in   riferimento   ad  ulteriori  parametri
costituzionali,  dalla  Corte  d'appello  di Milano con ordinanza del
2 marzo 2000;
        che   il   giudice  a  quo  sottolinea,  in  particolare,  la
peculiarita' della fattispecie, allorche' l'espropriato, gia' colpito
dalla   sanzione   fiscale   a   seguito  di  accertamento  da  parte
dell'amministrazione   comunale,   viene,   altresi',  a  subire  una
ulteriore penalizzazione, giacche' il valore di riferimento - secondo
una interpretazione letterale della norma - verrebbe ad essere quello
indicato  nella  dichiarazione  dell'interessato  ai  fini  ICI e non
quello  determinato a seguito dell'accertamento dell'Ente impositore,
con  conseguente  violazione  del principio del "giusto indennizzo" o
del "serio ristoro";
        che  la  norma denunciata si porrebbe, altresi', in contrasto
con  l'art. 53  della  Costituzione  per violazione del principio del
concorso alle spese pubbliche in ragione della capacita' contributiva
e  del  criterio  di  progressivita'  cui  e'  informato  il  sistema
tributario;
        che  nei  giudizi  introdotti  con  le  predette ordinanze ha
prestato  intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, con il
patrocinio  dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per
la infondatezza della questione.
    Considerato   che  i  giudizi,  in  quanto  propongono  questioni
identiche, vanno riuniti e, conseguentemente, decisi;
        che   le  questioni  sollevate  sono  gia'  state  dichiarate
infondate dalla Corte con sentenza n. 351 del 2000;
        che,  pertanto,  non  essendo  stati addotti motivi nuovi che
possano  indurre  la  Corte  a modificare il proprio orientamento, le
questioni devono essere dichiarate manifestamente infondate.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.