LA CORTE DEI CONTI

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso iscritto al
  n. 349/Pensioni  civili  del  registro  di  segreteria, proposto da
  Scatena  Paolo, classe 1946, rappresentato e difeso dall'avv. Mario
  Fedrizzi  avverso  i  provvedimenti  dell'Azienda provinciale per i
  servizi  sanitari di Trento e dell'I.N.P.D.A.P., sede di Trento, di
  liquidazione del trattamento provvisorio di pensione.
    Uditi,  nella  pubblica  udienza  del  16  febbraio  2000  e  con
  l'assistenza  del  segretario  sig.ra  Nadia  Bernardi, il relatore
  consigliere   Luigi  Di  Murro  e  l'avv.  Mario  Fedrizzi  per  il
  ricorrente.
    Non rappresentate amministrazioni resistenti.
    Visto  il decreto legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con
  modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19.
    Visto l'atto introduttivo del presente giudizio nonche' gli altri
  atti e i documenti della causa.
                           P r e m e s s o
    Con  ricorso  presentato  in data 16 dicembre 1996 Scatena Paolo,
  classe  1946,  primario  ospedaliero  di pediatria presso la U.S.L.
  Comprensorio   Valle   dell'Adige   di   Trento,  ha  impugnato  il
  provvedimento  dell'Azienda  provinciale  per i servizi sanitari di
  Trento   del  2  ottobre  1996  con  il  quale,  nel  liquidare  il
  trattamento  pensionistico  provvisorio  spettante  al  ricorrente,
  cessato  dal  servizio  il  2  gennaio 1996, e' stata applicata, ai
  sensi   dell'art. 11  della  legge  n. 537/1993  la  penalizzazione
  dell'11%  prevista  dall'art. 1,  comma 26, lettera b), e tabella D
  della legge 8 agosto 1996 n. 335.
    Il  ricorrente  lamenta la ingiustezza di siffatta penalizzazione
  in  quanto  lo  stesso non e' cessato dal servizio volontariamente,
  bensi'   per  risoluzione  unilaterale  del  rapporto  di  incarico
  disposta   dall'ente   di   appartenenza  a  seguito  di  pronuncia
  definitiva del Consiglio di Stato di annullamento della delibera di
  assunzione  che  era  adottata  utilizzando,  oltre  il  biennio di
  validita',  la  graduatoria concorsuale in base alla quale il dott.
  Scatena era stato assunto.
    Il  ricorrente sostiene che lo scopo manifesto della legge n. 335
  del  1995 era quello di disincentivare le cosiddette pensioni-baby,
  penalizzando    con    riduzione    percentuale   del   trattamento
  pensionistico  coloro  che  avessero  scelto  di andare in pensione
  prima del raggiungimento dell'anzianita' di servizio prevista dalla
  legge  stessa  per il collocamento a riposo, escludendo peraltro da
  detta  penalizzazione  non  solo coloro che cessassero dal servizio
  per  invalidita',  gia' previsti dalla precedente norma del 1993 ma
  anche  i  lavoratori  messi  in  mobilita',  quelli  licenziati per
  esuberi  strutturali  di  mano  d'opera,  quelli privi della vista,
  quelli addetti ad attivita' usuranti, ecc.
    Da  tali  esclusioni  il  ricorrente  ricava il convincimento che
  debbano  essere  esclusi  dalla  penalizzazione  tutti  coloro  che
  abbiano  perso il lavoro non per scelta volontaria, ma per cause di
  forza  maggiore,  fossero  esse la diminuita o cessata capacita' di
  lavoro o il licenziamento per causa a loro non imputabile.
    Dopo un'attenta analisi esegetica delle disposizioni in argomento
  il  ricorrente  conclude  affermando  che,  ove  questa sezione non
  ritenesse  di  dover  interpretare  le norme nel senso dallo stesso
  precisato  completando  in  via  ermeneutica  una  evidente  lacuna
  legislativa   integrando   la  disposizione  in  argomento  con  la
  fattispecie  oggi  in discussione e conseguentemente accogliendo il
  gravame,   la   questione   dovrebbe  essere  deferita  alla  Corte
  costituzionale  in  quanto  la  penalizzazione  di  colui  che  sia
  acceduto  al  pensionamento a motivo di disoccupazione involontaria
  inciderebbe  inevitabilmente  su  un diritto garantito dall'art. 38
  della Costituzione.
    Con  memoria depositata il 20 agosto 1999 il ricorrente ribadisce
  la   propria   tesi   richiamando,   a   favore  della  stessa,  la
  giurisprudenza  di  questa  Corte  dei  conti  ed in particolare la
  sentenza  n. 995 del 14 novembre 1995 della sezione giurisdizionale
  per il Lazio, le sentenze n. 1032 del 26 ottobre 1995, n. 875 del 4
  ottobre   1995   e   n. 944   del  22  aprile  1996  della  sezione
  giurisdizionale per la Lombardia oltre che la decisione n. 43 del 3
  giugno 1996 della sezione controllo Sicilia.
    Con  note  difensive  depositate  il  9 settembre 1999 la sede di
  Trento dell'l.N.P.D.A.P. sostiene che il comma 32 dell'art. 1 della
  legge  n. 335 del 1995 stabilisce la sopravvivenza delle previgenti
  disposizioni in materia di requisiti di accesso e di decorrenza dei
  trattamenti   pensionistici  di  anzianita'  solo  in  cinque  casi
  tassativamente  elencati  dovendosi  ravvisare  la  ratio delle non
  numerose   eccezioni   nella   volonta'   del  legislatore  di  non
  penalizzare  quelle  limitate  categorie di lavoratori di difficile
  collocamento  o riconversione appartenenti a fasce sociali "deboli"
  e  quindi  latamente protette in quanto e solo allorche' si trovino
  nella  situazione  di  perdere,  soprattutto  in massa, il posto di
  lavoro.
    L'amministrazione  resistente  non ravvisa quindi la possibilita'
  di  stendere analogicamente le eccezioni tassativamente indicate ad
  altri  casi  ma  soprattutto  al  caso  del  ricorrente che, medico
  pediatra gia' dirigente di secondo livello, all'eta' di 59 anni ben
  difficilmente  si  poteva  considerare  come  lavoratore  di fascia
  "debole" e chiede pertanto il rigetto del ricorso.
    Alla  pubblica udienza l'avv. Mario Fedrizzi, dopo aver precisato
  che  il dott. Scatena e' cessato dal servizio a 50 e non a 59 anni,
  contesta  le eccezioni dell'I.N.P.DAP insistendo sulla richiesta di
  accoglimento   del  gravame,  e  sollevando,  in  via  subordinata,
  questione   di  illegittimita'  costituzionale  delle  disposizioni
  penalizzanti  applicate,  nel  caso  di  specie,  nei confronti del
  ricorrente.
                             Considerato
    La   questione   sulla   quale   questa  sezione  e'  chiamata  a
  pronunciarsi concerne l'esatta interpretazione da dare al combinato
  disposto  del  comma  16  dell'art. 11 della legge 24 dicembre 1993
  n. 537,  contenente  interventi correttivi di finanza pubblica, del
  comma  27, lettera b), nonche' del comma 32 dell'art. 1 della legge
  8   agosto   1995   n. 335,  concernente  la  riforma  del  sistema
  pensionistico obbligatorio e complementare.
    Secondo  la  prima  delle  disposizioni citate, con effetto dal 1
  gennaio  1994, fermi restando i requisiti concessivi previsti dalla
  vigente  normativa  in materia di pensionamento anticipato rispetto
  all'eta'  stabilita  per  la  cessazione dal servizio ovvero per il
  collocamento  a  riposo  d'ufficio,  nei  confronti  di  coloro che
  conseguono  il  diritto  a  pensione  anticipata  con un'anzianita'
  contributiva  inferiore  a  trentacinque  anni, escluse le cause di
  cessazione  dal  servizio,  per invalidita', l'importo del relativo
  trattamento  pensionistico,  ivi  compresa l'indennita' integrativa
  speciale,   e'   ridotto  in  proporzione  agli  anni  mancanti  al
  raggiungimento  del  predetto  requisito  contributivo,  secondo le
  percentuali di cui alla tabella A allegata alla legge n. 537/1993.
    Ai  sensi  della  lettera b) del comma 27 dell'art. 1 della legge
  n. 335/1995,  il diritto alla pensione anticipata di anzianita' per
  le  forme  esclusive  dell'assicurazione  generale obbligatoria per
  l'invalidita',  la vecchiaia ed i superstiti e' conseguibile, nella
  fase  transitoria, oltre che nei casi previsti dal precedente comma
  26  anche a prescindere dall'eta' anagrafica di cui alla precedente
  lettera  a)  in  presenza  dei requisiti di anzianita' contributiva
  indicati  nella tabella C allegata alla medesima legge n. 335/1995,
  con  applicazione  delle riduzioni percentuali sulle prestazioni di
  cui  alla  tabella  D  allegata  alla  medesima  legge  che operano
  altresi'  per i casi di anzianita' contributiva ricompresa tra i 29
  e  i 37 anni. I lavoratori, ai quali si applica la predetta tabella
  D,  possono  accedere  al  pensionamento dal 1 gennaio successivo a
  quello di maturazione del requisito contributivo prescritto.
    Infine  il  comma  32 dell'art. 1 della legge n. 335/1995 precisa
  che le previgenti disposizioni in materia di requisiti di accesso e
  di   decorrenza   dei   trattamenti   pensionistici  di  anzianita'
  continuano a trovare applicazione:
        nei   casi   di  cessazione  dal  servizio,  per  invalidita'
  derivanti o meno da cause di servizio;
        nei  casi  di  trattamenti di mobilita' previsti dall'art. 7,
  commi 6 e 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223;
        nei  casi  di  pensionamenti  anticipati,  previsti  da norme
  specifiche, alla data del 30 aprile 1995, in connessione ad esuberi
  strutturali di manodopera;
        per i lavoratori privi della vista.

    Le  predette  disposizioni si applicano altresi' per i lavoratori
  di  cui  all'art.  13,  comma 4, letera e), della legge 23 dicembre
  1994, n. 724, ove conseguano il requisito contributivo previsto dai
  rispettivi    ordinamenti   durante   il   periodo   di   fruizione
  dell'indennita' di mobilita' e per i lavoratori che raggiungano nel
  corso  del  1995  il  requisito  contributivo previsto dall'art. 18
  della  legge  30  aprile  1969,  n. 153, in base ai benefici di cui
  all'art.  13,  commi 6, 7 e 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, e
  successive modificazioni, e nel medesimo anno presentino domanda di
  pensionamento.
    L'apparente  semplicita' delle disposizioni soprariportate lascia
  peraltro irrisolto il problema della applicabilita' delle riduzioni
  in  parola  anche a casi per i quali non ne sia stata espressamente
  sancita l'esclusione.
    Da  un  lato  vi  e',  quindi,  la  tesi del ricorrente, il quale
  ritiene   che  rientrino  nell'esclusione  dall'appIicazione  delle
  riduzioni  in  discorso,  chiamate anche "penalizzazioni", tutte le
  cessazioni   dal   servizio  diverse  dalle  volontarie  dimissioni
  anticipate rispetto ai requisiti di anzianita' e di eta' anagrafica
  previsti   dalle   disposizioni.   in  argomento;  dall'altro  lato
  l'amministrazione    resistente    afferma   la   tassativita'   ed
  esaustivita'  dell'elencazione  contenuta  nel comma 32 dell'art. 1
  della legge n. 335/1995 e, quindi, l'applicabilita' delle riduzioni
  anche  ai  casi  nei  quali  la cessazione dal servizio avvenga per
  fatti   non  dipendenti,  neppure  latamente,  dalla  volonta'  del
  soggetto interessato.
    Questo   collegio   ritiene   che   la  seconda  interpretazione,
  certamente  riduttiva  ed  ancorata  al significato letterale delle
  parole  utilizzate  dal  legislatore,  non sia conforme ai principi
  costituzionali  e,  nello specifico, a quelli di cui agli artt. 3 e
  38  della Costituzione in quanto il voler ricondurre al trattamento
  penalizzante previsto per i lavoratori, che liberamente decidono di
  interrompere   anzi   tempo  il  proprio  rapporto  di  lavoro  per
  beneficiare  del trattamento pensionistico anticipatamente rispetto
  all'epoca  di  naturale  maturazione  anche  quello  previsto per i
  lavoratori  che  cessino  anzitempo  dal servizio contro la propria
  volonta',  significa  per un verso rendere omogenee nel trattamento
  situazioni che appaiono ictu oculi affatto diverse e da trattare in
  maniera,  adeguatamente  diversificata, nella considerazione che ai
  primi  e'  lasciata una facolta' che risulta invece inibita per gli
  altri;   per   l'altro   verso,   considerato  che  il  trattamento
  pensionistico  ordinario,  nel  sistema retributivo quale e' quello
  della  categoria  cui  appartiene il ricorrente, risulta rapportato
  agli anni di servizio utili a pensione ed a tale riduzione rispetto
  al   massimo   della   pensione  conseguibile  viene  poi  aggiunta
  un'ulteriore  riduzione  collegata alla cosiddetta "penalizzazione"
  per  i  pensionamenti  anticipati,  con determinazione quindi di un
  trattamento  pensionistico notevolmente inferiore al trattamento di
  servizio  fruito  in  limine  di  cessazione,  le  esigenze  vitali
  dell'interessato  possono  risultare oltremodo compresse e finanche
  compromesse   dall'ulteriore   riduzione  di  cui  si  controverte,
  venendosi  cosi'  a  violare, i principi sanciti dall'art. 38 della
  Costituzione in tema di garanzia di mezzi adeguati alle esigenze di
  vita   dei   lavoratori  anche  nei  casi  di  loro  disoccupazione
  involontaria.
    Ne',  ad  avviso del collegio alla disposizione prevedente i casi
  di   esonero   dalla  penalizzazione  in  discorso  possono  essere
  aggiunte,  in via di interpretazione, fattispecie non espressamente
  previste  dal  legislatore, proprio per la natura eccezionale della
  disposizione  in  parola e per la contestuale irreperibilita' di un
  unico  criterio  ispiratore  del  dettato  di  favore nel quale far
  ermeneuticamente  rientrare  le  fattispecie non indicate in quello
  che  appare,  ictu  oculi,  un  elenco  tassativo di eccezioni alla
  disposizione di carattere generale.
    Il  giudizio  va  quindi,  sospeso, con il rinvio degli atti alla
  Corte costituzionale per la conseguente pronunzia.