ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), come integrati dall'art. 1, comma 2, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), promosso con ordinanza emessa il 10 marzo 2000 dal tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra A. V. e il Ministero della sanita', iscritta al n. 283 del registro ordinanze 2000, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 2000. Udito nella camera di consiglio del 12 ottobre 2000 il giudice relatore Gustavo Zagrebelsky. Ritenuto che il tribunale di Firenze ha sollevato, con ordinanza del 10 marzo 2000, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), come integrati dall'art. 1, comma 2, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione; che il tribunale espone, in punto di fatto, che il ricorrente, affetto da emofilia congenita e sottopostosi percio' a periodiche trasfusioni di emoderivati, ha contratto, a causa di queste ultime, infezioni da HIV e da epatite post-trasfusionale HCV, diagnosticate rispettivamente nel 1985 e nel 1988, ottenendo dal Ministero della sanita' l'indennizzo spettante in base alla legge n. 210 del 1992, con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione delle domande amministrative (1 maggio 1992 per l'infezione HIV; 1 novembre 1994 per l'epatite), senza alcuna erogazione per i periodi antecedenti; che pertanto lo stesso ricorrente ha chiesto in sede giudiziale la condanna dell'amministrazione della sanita', in via principale al pagamento dell'indennizzo in misura piena a decorrere dal manifestarsi dell'evento dannoso, e in via subordinata al pagamento, a decorrere dalla medesima data, dell'assegno una tantum (pari al trenta per cento dell'indennizzo pieno) quale previsto dagli artt. 2, comma 2, ultima parte, della legge n. 210 del 1992 e 1, comma 2, seconda parte, della legge n. 238 del 1997; che, una volta escluso di poter dare ingresso alla domanda principale di erogazione pro praeterito dell'indennizzo in misura piena, in nessun caso prevista dalla legge, rileva - prosegue il rimettente - la domanda subordinata, riferita alla richiesta di erogazione dell'assegno una tantum per il periodo intercorrente tra l'evento dannoso e l'ottenimento dell'indennizzo; che tale ultima richiesta, osserva ancora il tribunale, allo stato della legislazione non potrebbe essere accolta, perche' l'assegno puo' essere corrisposto, secondo le norme vigenti (art. 2, comma 2, ultima parte, della legge n. 210 del 1992; art. 1, comma 2, seconda parte, della legge n. 238 del 1997) e anche nell'estensione che a esse e' stata data con la sentenza n. 27 del 1998 della Corte costituzionale, solo a chi abbia contratto un'infermita' per effetto di un trattamento obbligatorio (vaccinazione); che, ad avviso del rimettente, l'esclusione dell'indennizzo per menomazioni del diritto alla salute conseguenti a trattamenti sanitari che, pur se non effettuati in adempimento di un obbligo legale, si siano resi indispensabili in ragione delle condizioni di salute dell'interessato - come si e' verificato nella specie - contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione, differenziando senza razionale giustificazione situazioni tra loro analoghe: la necessita' di sottoporsi a un trattamento sanitario di emotrasfusione che sia indispensabile per una patologia - argomenta il giudice a quo - non potrebbe dirsi meno cogente del dovere di sottoporsi a un trattamento sanitario che sia obbligatorio per legge o anche (secondo la sentenza n. 27 del 1998 citata) promosso dalla competente autorita'; che la lacuna legislativa sarebbe altresi' in contrasto con l'art. 32 della Costituzione, che prevede la garanzia costituzionale del diritto individuale alla salute, in quanto esclude dal diritto all'indennizzo i soggetti che hanno contratto una infermita' a seguito di trattamenti terapeutici indispensabili appunto in vista dell'esigenza di tutela individuale della salute; che a sostegno della questione il tribunale rimettente richiama infine per relationem altra ordinanza, emessa dallo stesso ufficio giudiziario in data 29 settembre 1999 [r.o. 683/1999], con la quale e' stata rimessa alla Corte la medesima questione. Considerato che il giudice rimettente richiede una pronuncia che estenda il diritto all'assegno una tantum previsto dalle norme impugnate - relativamente al periodo intercorrente tra il manifestarsi della malattia e l'ottenimento dell'indennizzo - per il caso di menomazione permanente alla salute in conseguenza di vaccinazione, obbligatoria o anche (per effetto della sentenza n. 27 del 1998 di questa Corte) promossa e incentivata nell'ambito di una politica sanitaria pubblica, al diverso caso, che si verifica nella specie, di chi abbia subito un danno irreversibile da infezione HIV o da epatite post-trasfusionale contratta in conseguenza di trattamenti trasfusionali ematici, assumendo che la censurata omissione legislativa contrasterebbe con gli artt. 3 e 32 della Costituzione, per l'assimilabilita' tra i due casi anzidetti sotto il profilo della necessita' del trattamento sanitario; che, chiamata a pronunciarsi su identica questione sollevata dal medesimo ufficio giudiziario (r.o. 683/1999, del resto richiamata per relationem dalla presente ordinanza di rinvio), questa Corte, con la sentenza n. 423 del 2000, ha gia' escluso che essa potesse trovare accoglimento; che nella citata decisione (specificando ulteriormente quanto gia' precedentemente affermato con la sentenza n. 226 del 2000 nel dichiarare non fondata una questione analoga sollevata dal pretore di Milano) questa Corte ha osservato che l'assimilazione tra la situazione di chi si sia sottoposto a un trattamento sanitario imposto per legge (o incentivato e promosso dalla pubblica autorita) e la situazione di chi abbia fatto ricorso a un trattamento terapeutico di emotrasfusione reso necessario da una malattia come l'emofilia - assimilazione sulla quale si fonda la censura da parte del rimettente - non e' sostenibile sul piano della ratio costituzionale del diritto all'indennizzo riconosciuto in base agli artt. 32 e 3 della Costituzione, poiche' cio' che rileva e' l'esistenza di un interesse pubblico alla promozione della salute collettiva tramite il trattamento sanitario, il quale viene percio' assunto a oggetto di un obbligo legale o di una politica pubblica di diffusione: e' in questo interesse la ragione della solidarieta' a carico della collettivita' che si esprime nel riconoscimento del diritto all'indennizzo a favore di chi soffra di un pregiudizio alla propria salute per essersi sottomesso al trattamento sanitario; che il raffronto che il giudice rimettente istituisce tra la cogenza dell'obbligo legale e la necessita' terapeutica del trattamento individuale non puo' dunque essere seguito ai fini della richiesta equiparazione di disciplina perche', come gia' affermato nella richiamata sentenza n. 423 del 2000, le rispettive situazioni non si prestano a essere unificate alla stregua dell'art. 3 della Costituzione, solo la prima e non la seconda corrispondendo a un interesse generale che impone costituzionalmente alla collettivita' di assumere la partecipazione alle difficolta' del singolo; che, in mancanza di nuove argomentazioni o di ulteriori profili da parte del rimettente, la questione sollevata deve pertanto essere dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.