IL TRIBUNALE

    Premesso che: il trattenimento dello straniero destinatario di un
  provvedimento  di  espulsione  presso  i  centri  di  permanenza  e
  assistenza   di   cui   all'articolo   14   d.lgs.  n. 286/1998  e'
  finalizzato,  nell'economia  del  predetto  decreto,  ad assicurare
  effettivita' alla normativa in tema di allontanamento e presuppone,
  quindi,  che  all'espulsione  debba farsi luogo con accompagnamento
  alla frontiera a mezzo di forza pubblica.
    Sul    punto    il    d.lgs.    contiene   diversi   riferimenti:
  l'accompagnamento  alla  frontiera  puo'  trovare  fondamento in un
  provvedimento del prefetto (art. 13, comma 4-b; comma 5 e comma 6);
  oppure essere disposto dal questore (art. 13, comma 4-a).
    In   ogni   caso,   la   previsione  dell'accompagnamento  coatto
  costituisce,  unitamente  alla  presenza  delle condizioni di fatto
  considerate  al  comma 1 dell'articolo 14, fondamentale presupposto
  per  l'adozione  del  provvedimento  di trattenimento nel centro di
  permanenza.
    L'accompagnamento  alla  frontiera  a  mezzo  di  forza pubblica,
  rendendo  suscettibile di coercitiva esecuzione il provvedimento di
  espulsione,  e'  misura  che  innegabilmente  incide sulla liberta'
  personale,  intesa  come  autonomia  e disponibilita' della propria
  persona,  liberta'  tutelata  dall'articolo  13  della Costituzione
  attraverso inderogabili riserve di legge e di giurisdizione.
    A  conferma  si  richiama  il  costante  orientamento della Corte
  costituzionale  che,  distinguendo la diversa sfera di operativita'
  dei  precetti  posti all'articolo 13 e all'articolo 16 della Carta,
  ha individuato, quale elemento qualificante della restrizione della
  liberta'  personale, l'assoggettamento all'altrui potere, in cui si
  concreta la violazione del principio dell'"habeas corpus" ... (cfr.
  sent. n. 69/1964).
    Tale  criterio  di riferimento ha determinato la dichiarazione di
  incostituzionalita'  dell'articolo  157  TULPS 773/1931 (cfr. sent.
  2/1956),  proprio  nella  parte  in cui consentiva all'autorita' di
  p.s.  di  ordinare  la traduzione del rimpatriando - fattispecie in
  tutto analoga all'accompagnamento coattivo alla frontiera di cui al
  d.lgs.  n. 286/1998  - ed e' stato piu' volte ribadito dalla Corte,
  secondo  la quale " ... in nessun caso l'uomo potra' essere privato
  o limitato nella sua liberta ..., se un regolare giudizio non sia a
  tal  fine  instaurato ...,  se non vi sia provvedimento giudiziario
  che   ne   dia   le  ragioni ..."  (cfr.  le  sentenze  n. 11/1956;
  n. 419/1994, e tutte le decisioni in quest'ultima richiamate).
    La  prerogativa  costituzionale  dell'articolo 13, concernendo un
  diritto inviolabile e fondamentale inerente alla "persona", compete
  anche allo straniero.
    La   Corte  costituzionale  ha  affermato  che  il  principio  di
  eguaglianza  sancito  all'articolo  3  della  Carta vale, quando si
  tratta del rispetto di diritti fondamentali, anche per lo straniero
  (sent.  n. 120/1967)  e,  proprio  con  specifico  riferimento alla
  liberta'  personale, che il principio costituzionale di eguaglianza
  non tollera discriminazioni tra la posizione del cittadino e quella
  dello straniero (sent. n. 62/1994).
    Pertanto,  anche  per  questi,  ogni  restrizione  della liberta'
  personale   ricade   sotto   il  disposto  dell'articolo  13  della
  Costituzione  ed  e'  soggetta  alle assolute riserve di legge e di
  giurisdizione.
    Con   riferimento   alla   possibilita'   ammessa   dalla   Corte
  costituzionale (sentenze n. 104/1969 e n. 62/1994) di una normativa
  differenziata  tra  cittadini  e stranieri anche in tema di diritti
  fondamentali  e  restando sul piano della riserva di giurisdizione,
  pare  difficile  ravvisare nelle ipotesi in esame, ed in quella che
  si  valutera'  sub  II,  elementi  che  giustifichino e legittimino
  costituzionalmente  una disciplina differente per cui la privazione
  della  liberta'  personale  degli  stranieri  resti sottratta ad un
  effettivo controllo giurisdizionale.
    Si    profilano    le    seguenti   questioni   di   legittimita'
  costituzionale:
        pare alla scrivente che l'accompagnamento alla frontiera, non
  conseguente   obbligatoriamente   a   provvedimento  di  espulsione
  ordinato   dall'autorita'   giudiziaria,   violi   la   riserva  di
  giurisdizione   per  la  mancata  previsione  di  un  provvedimento
  dell'autorita'  giudiziaria  che  dia  le ragioni di quella misura,
  adottata sulla base di un ampia discrezionalita' amministrativa (si
  consideri, ad esempio, la genericita' delle "circostanze obiettive"
  che  secondo  l'articolo  13, commi 2-a e 2-b determinano la scelta
  tra   espulsione   immediata   con  accompagnamento  ed  espulsione
  differita con intimazione);
        la  violazione  della  riserva di giurisdizione, di immediata
  rilevabilita'  nell'ipotesi  in  cui  lo  straniero  espulso  venga
  effettivamente   accompagnato  alla  frontiera  a  mezzo  di  forza
  pubblica  (di  cio'  il  giudice  non  verra'  nemmeno  informato),
  sussiste    anche   nell'ipotesi   in   cui   lo   straniero,   per
  l'impossibilita'  di  eseguire con immediatezza l'espulsione, venga
  trattenuto  ai sensi dell'articolo 14, comma 1, presso il centro di
  permanenza.  Infatti, nonostante l'articolo 14, comma 4, del d.lgs.
  n. 286/1998  faccia  riferimento alla valutazione della sussistenza
  dei  presupposti  di  cui  all'articolo 13 dello stesso decreto, e'
  evidente   che  il  giudice  e'  chiamato  a  convalidare  il  solo
  "...provvedimento..." di trattenimento presso il centro.
    Lo  confermano,  oltre  che  il testo letterale dell'articolo 14,
  comma  4,  che  usa  il  singolare  facendo  unico  riferimento  al
  provvedimento  del  questore  (l'accompagnamento puo' essere invece
  oggetto  di  provvedimento del prefetto) e la conseguente richiesta
  da   parte  della  questura  di  convalida  "del  provvedimento  di
  trattenimento",   il   rilievo   che   la   mancata  convalida  del
  trattenimento non incide sul permanente vigore del provvedimento di
  "espulsione  con  accompagnamento"  che continuera' a gravare sullo
  straniero.
    Sicche',   anche  quando  l'accompagnamento  sia  previsto  quale
  modalita'  esecutiva  dell'espulsione a carico dell'intimato che si
  sia  trattenuto  indebitamente nel territorio dello Stato (art. 13,
  comma  4-a)  e  sia  in  quel  senso  richiamato dal questore nella
  motivazione del provvedimento che dispone il trattenimento, ritiene
  la scrivente che la convalida del trattenimento non possa implicare
  convalida  del  disposto  accompagnamento che resta cosi' fuori dal
  controllo giurisdizionale.
    Qualora,  invece,  dovesse ritenersi, secondo una diversa lettura
  della  normativa,  che  la  convalida  del  trattenimento  abbia in
  qualche  modo ad oggetto l'accompagnamento, sussisterebbe il dubbio
  di  costituzionalita'  in  relazione  alla omessa previsione che la
  mancata convalida del trattenimento, a causa dell'insussistenza dei
  presupposti  dell'articolo 13 d.lgs., faccia venir meno gli effetti
  del provvedimento di accompagnamento.
Il presente  giudizio  di convalida del trattenimento non puo' essere
  portato a compimento in difetto della pregiudiziale risoluzione del
  dubbio  di  costituzionalita'  gravante sull'accompagnamento coatto
  alla  frontiera disposto in via amministrativa, accompagnamento del
  quale  il  giudice  deve accertare la ricorrenza dei presupposti di
  validita'   ai   sensi   dell'articolo  14,  comma  4,  del  d.lgs.
  n. 286/1998.
    La   ritenuta  violazione  della  riserva  di  giurisdizione  non
  consente,  infatti,  di  valutare l'esistenza di eventuali vizi del
  provvedimento  che  ha  disposto  l'accompagnamento  - essendo tale
  provvedimento  emesso  in base a normativa che, per le ragioni piu'
  sopra   dette,   presenta  profili  di  incostituzionalita'  -  con
  conseguente    venir    meno   dell'ineludibile   presupposto   del
  trattenimento presso il centro di via Corelli.
    La  permanenza  presso i centri, pur definita "trattenimento", e'
  misura dall'evidente carattere forzoso.
    E', infatti, previsto:
        l'assoluto  divieto  per  lo  straniero  di  allontanarsi dal
  centro (art. 21, comma 1 d.P.R. n. 394/1999);
        il  ripristino, senza ritardo, della misura del trattenimento
  "con   l'ausilio   della   forza   pubblica  in  caso  di  indebito
  allontanamento" (art. 14, comma 7, del d.lgs.);
        l'attribuzione al questore della responsabilita' delle misure
  occorrenti per la sicurezza e l'ordine pubblico del centro, nonche'
  per  quelle  occorrenti ad impedire l'indebito allontanamento e per
  ripristinare la misura (art. 21, comma 9, citato d.P.R.).
    Alla   scrivente   non   pare   seriamente  contestabile  che  il
  "trattenimento"  -  pur  effettuato in strutture che non fanno capo
  all'amministrazione  penitenziaria, ma a quella degli interni - dia
  luogo,  secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, ad un
  " ... assoggettamento  all'altrui  potere,  in  cui  si concreta la
  violazione dell'habeas corpus... "; ad una "degradazione giuridica"
  dell'individuo. Sicche' questa forma di "detenzione amministrativa"
  deve  ricadere  sotto  il  disposto dell'art. 13 della Costituzione
  (cui,   peraltro,   fa   riferimento   la   stessa   relazione   di
  accompagnamento  al  d.d.l.  governativo) e dovrebbe essere percio'
  supportata  da provvedimento motivato dell'autorita' giudiziaria ex
  articolo 13, della Costituzione secondo comma.
    Sulla  base  di  tale  premessa e richiamati i rilievi piu' sopra
  svolti  in  tema  di riconoscimento allo straniero del fondamentale
  diritto  alla liberta' personale, dubbi di costituzionalita' ancora
  con  riferimento  alla  riserva  di  giurisdizione  si profilano in
  ordine  alla  natura  ed  agli  effetti  della  convalida  prevista
  all'articolo 14 del decreto legislativo.
    La  convalida  disposta  dal  giudice all'esito del controllo dei
  presupposti  per l'espulsione e per il trattenimento e' atto idoneo
  ad  attribuire  validita' alla restrizione della liberta' personale
  per  il  periodo di tempo antecedente alla convalida stessa, ma non
  puo'  operare  per  il  futuro, legittimando l'ulteriore privazione
  della liberta' per i successivi venti giorni.
    Infatti,    l'accezione    del   termine   "convalida"   recepita
  dall'articolo  13  della Costituzione, al cui modulo si richiama il
  decreto,  e'  quella di provvedimento destinato a ratificare quanto
  gia'  avvenuto.  E tale comune accezione trova riscontro, oltre che
  in  numerose  disposizioni  del  nostro  ordinamento,  anche  nella
  giurisprudenza  della Corte costituzionale (cfr. ord. n. 267/1996 e
  sent.   n. 384/1996   in   tema   di   distinzione  della  funzione
  dell'interrogatorio  dell'arrestato,  cui procede il g.i.p. in sede
  di  udienza di convalida, da quella dell'interrogatorio ex articolo
  294 c.p.p. di persona sottoposta a custodia cautelare).
    Il  decreto  in  esame, prevedendo che la convalida "comporta" la
  permanenza  nel centro, per un periodo di complessivi venti giorni,
  attribuisce  al  provvedimento del giudice, che dovrebbe ratificare
  l'operato  della  pubblica sicurezza per il passato, la funzione di
  legittimare  la  privazione della liberta' personale per il futuro,
  per un periodo di tempo determinato solo nel massimo.
    Proprio  tale  ultimo rilievo impedisce una lettura in termini di
  costituzionalita'  dell'articolo  14,  e  cioe'  ritenere  che, nel
  contesto di un unico formale provvedimento di convalida, il giudice
  emetta  sia la "convalida" vera e propria che opera per il passato,
  ex  art. 13  Cost.,  terzo comma; sia il provvedimento motivato che
  dispone per il futuro, ex art. 13 Cost., secondo comma.
    Nessuna  motivazione  potrebbe, infatti, sorreggere adeguatamente
  un  provvedimento  col  quale  si  legittima  la  restrizione della
  liberta'  per  un periodo di tempo, la cui durata non forma oggetto
  di  valutazione alcuna da parte del giudice, ma e' solo conseguenza
  automatica derivante dalla legge.
    La  durata  del  trattenimento  deve  rispondere  al  criterio di
  stretta necessita' per le ragioni indicate al comma 1 dell'articolo
  14  del  decreto,  sicche' il giudice e' tenuto a considerare entro
  quali  limiti il sacrificio della liberta' personale del trattenuto
  sia   giustificato,   vagliando   innanzitutto  le  difficolta'  di
  accompagnamento   immediato   e   poi   il  concreto  programma  di
  accertamento   dell'identita'   personale   e   di  espatrio  dello
  straniero,  al  fine  di  contenere  nel tempo minimo necessario il
  trattenimento per il futuro.
    Quand'anche  tale  vaglio  fosse  reso  possibile dalle generiche
  indicazioni  sul  punto  fornite  dall'autorita' di p.s. (e' prassi
  l'uso   di   prestampati   con  casistica  che  ripete  il  dettato
  legislativo),  la  disciplina  normativa  in  esame non consente al
  giudice  di  contenere la durata del trattenimento entro il periodo
  di tempo ritenuto congruo rispetto alle concrete esigenze del caso.
  Ne',  successivamente  alla  convalida,  sarebbe  possibile  per il
  giudice  far  cessare  il  trattenimento allorche', nel corso dello
  stesso,  ne  venissero  meno  i  presupposti o qualora lo stesso si
  protraesse oltre i termini.
    Per  tali  ragioni,  e  considerato  che  il  sacrificio del bene
  "liberta'" non appare giustificato dalla realizzazione o protezione
  di  altri  valori  costituzionali  di  pari  rango,  il  dubbio  di
  costituzionalita'   appare   non   manifestamente  infondato  e  la
  questione  di indubbia rilevanza nel presente giudizio di convalida
  del trattenimento.
    Per  i  rilievi  svolti sub I e II, deve percio' provvedersi alla
  sospensione del presente giudizio.