Il giudice per l'udienza preliminare; Vista la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal p.m. (previo promovimento, dinanzi alla Corte costituzionale, di conflitto di attribuzioni dinanzi alla Camera dei deputati) nei confronti Gasparri Maurizio, nato a Roma il 16 luglio 1956, ivi residente in via S. Maria dell'Anima n. 45, elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Francesco Caroleo Grimaldi, in via Archimede n. 144 Roma, difeso di fiducia dall'avv. Francesco Caroleo Grimaldi, con studio in Roma, via Archimede n. 144, imputato: A) del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv.. 595, 61 n. 10 c.p. e dall'art. 13, legge 8 febbraio 1948, n. 47, perche', con piu' azioni esecutive di un medesimo disegno, rendendo alla stampa le dichirazioni riportate nel comunicato dell'ANSA di Roma del 13 aprile 1998 ore 12, dal titolo "Gasparri: la misura e' colma, su Mori una vendetta", ribadiva in un'intervista al tg 3 della Rai, quindi rendendo un nuovo nel comunicato dell'ANSA di Roma alle ore 19.41, dopo la smentita governativa, dichiarazioni tutte poi riportate negli articoli apparsi il giorno 14 aprile 1998 sui quotidiani: La Repubblica, con il titolo "Gasparri il giudice chiese di decapitare il ROS"; Il Corriere della sera, con il titolo "Prodi: nessun incontro con Caselli sull'Arma. AN e Forza Italia all'attacco: le tre inchieste sugli alti ufficiali sono un tentativo di discredito ; La Stampa, con il titolo "Caselli disse: fermate i ROS. Gasparri: lo ha chiesto al premier. Il procuratore: e' una falsita' ; Il Giornale, con il titolo "Piano di Prodi e di Caselli contro l'Arma.! Gasparri..,(AN): da Palermo la richiesta di ridimensionare i ROS. Secche le smentite"; L'Unita', con il titolo "Gasparri di AN guida l'attacco al governo dopo che il generale dei ROS Mario Mori e' finito in un'inchiesta della procura di Palermo. Prodi ha ceduto a Caselli il premier: Queste sono solo stupidaggini ; Liberazione, con il titolo "Fascisti di AN all'attacco: c'e' un complotto tra Prodi e Caselli contro i Carabinieri. La fiamma sul berretto ; Il Giornale di Sicilia, con il titolo: " E sul caso del generale Mori parla di una "ritorsione dei pm. Secche smentite da Palazzo Chigi e dalla procura di Palermo. Accuse infondate", che si intendono qui integralmente richiamati, offendeva l'onore e il decoro del dott. Guido Lo Forte, procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Palermo, affermando, tra l'altro, che: "il Governo discredita e la magistratura incrimina... basta con questa onnipotenza dei magistrati che rispolverano indagini a scoppio ritardato solo per celare i loro possibili reati e i loro clamorosi errori... ultima e' giunta l'inchiesta sul gen. Mori... la magistratura reagisce alla clamorosa sconfitta nel caso Musotto con la logica della ritorsione, proprio Mori e il ROS hanno presentato documentazioni inoppugnabili su alcuni comportamenti quantomeno discutibili del numero due della Procura di Palermo Lo Forte, sui passati comportamenti di quest'ultimo... perfino le pietre del palazzo di giustizia hanno sempre avuto qualcosa da dire... che il ROS di Mori ha trasformato in una documentata inchiesta. Adesso la Procura invece di accettare il corso delle indagini, reagisce incriminando chi sta investigando... ce n'e' abbastanza, da Musotto a Mori, per ipotizzare gravissime violazioni di legge in aggiunta a quelle che le inchieste attribuiscono al dott. Lo Forte". In Roma, il 3 aprile 1998; B) del reato p. e p. dagli artt. 595, 61 n. 10 c.p., 13 legge n. 47/1958, perche', rendendo alla stampa la dichiarazione di cui al comunicato dell'agenzia ANSA di Roma del 31 luglio 1998 ore 16,38, che si intende qui integralmente richiamato, offendeva l'onore e la reputazione del dott. Guido Lo Forte, procuratore, aggiunto presso il tribunale di Palermo, affermando, in particolare, "Perche' la Procura di Palermo vuol devastare il ROS dei carabinieri? - la risposta e' forse nell'indagine condotta dal ROS sul numero due della Procura, dott. Lo Forte .. l'archiviazione.. da parte della Procura di Caltanissetta pare non abbia dissolto i dubbi e addirittura lo stesso magistrato avrebbe ammesso alcuni suoi comportamenti illeciti come mai nessuno si sia meravigliato che l'on.le Folena abbia annunciato l'arresto di Provenzano e successivamente..Vendola abbia confermato .. chi da' queste notizie a Folena e a Vendola? e' la Procura di Palermo? ipotizzando che si voglia cosi' lanciare "un avvertimento affinche' Provenzano possa sottrarsi ancora una volta all'arresto .. basta con le buffonate della sinistra, con i summit Caselli PDS, con l'attacco a Mori e al ROS, si faccia finalmente la lotta alla mafia". In Roma, il 31 luglio 1998); C) del reato p. e p., dagli artt. 81. 595, 61 n. 10 c.p..13 legge n. 47/1958, perche' rendendo alla stampa la dichiarazione di cui ai comunicato dell'agenzia ANSA di Roma del 13 aprile 1998, che qui si intende integralmente riportato, offendeva l'onore e la reputazione dei magistrati della, procura di Palermo Giancarlo Caselli, Vittorio Teresi e Antonio lngroia, titolari dell'inchiesta sul generale dei ROS Mori, anche con l'attribuzione di fatti determinati, affermando piu' volte che si trattava di una vendetta e sopraggiungendo "basta con questa onnipotenza dei magistrati che rispolverano indagini a scoppio ritardato solo per celare i loro possibili reati e i loro clamorosi errori..., a Palermo la magistratura reagisce alla clamorosa sconfitta del caso Musotto con la logica della ritorsione. In Roma, il 13 aprile 1998. O s s e r v a A seguito di querela per diffamazione proposta da Guido Lo Forte, Giancarlo Caselli, Vittorio Teresi ed Antonio Ingroia, nelle loro qualita' di magistrati in servizio presso la procura della Repubblica di Palermo, il p.m. di Roma, territorialmente competente, ha iscritto notizia di reato nei confronti dell'on. Maurizio Gasparri per le dichiarazioni (richiamate nei capi di imputazione) da questi rilasciate alla stampa e diffuse il 13 aprile 1998 dall'agenzia di stampa ANSA. Nel corso delle indagini preliminari, l'indagato, sentito, si e' difeso ammettendo che quelle riportate nel comunicato stampa erano sue opinioni e che egli le aveva espresse in un conteso politico particolarmente acceso. Ravvisando la sussistenza di elementi idonei a sostenere l'accusa in giudizio, il p.m., in data 12 giugno 1999 ha esercitato l'azione penale contestando a Gasparri i reati specificati in rubrica. Con delibera assembleare del 17 giugno 1999, la Camera dei deputati, su conformi conclusioni della Giunta, ha, tuttavia, stabilito che i fatti per i quali e' in corso il presente procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68 Cost. Sulla scorta di tale pronuncia, consegue inevitabile un effetto inibitorio alla delibazione, da parte di questo giudice, delle richiesta di rinvio a giudizio ed il p.m., in vista di cio', ha chiesto di sollevare conflitto di attribuzioni richiamando, a tal fine, l'attenzione sul fatto che la declaratoria di insindacabilita' della assemblea parlamentare e' fondata "sulla apodittica esistenza di un implicito collegamento tra la funzione parlamentare - in quanto tale e noti con specifico riferimento ad alcuno degli atti tipici nei quali si estrinseca - e la riferibilita' delle espressioni utilizzate daI parlamentare ad una questione oggetto di dibattito politico". Tanto premesso, si osserva, in primo luogo, come sia fuor di dubbio che l'autorita' giudiziaria e' legittimata, in tale situazione, a sollevare conflitto di attribuzioni nei confronti del Parlamento lamentando la privazione dei poteri di ius dicere in ordine a fatti per i quali deve ritenersi non incidente la pronunci insindacabilita' ex art. 68 della Costituzione (Corte cost. n. 1150/1988) nella misura in cui siano contestabili le concrete modalita' di esercizio del potere del Parlamento "per vizi del procedimento oppure per omessa o erronea valutazione dei presupposti di volta in volta richiesti ai fini della validita' del suddetto esercizio (C. cost. nn. 289/1998, 375/1997 e 443/1993). In effetti, e' proprio con riferimento all'apprezzamento del nesso funzionale che delimita l'ambito di operativita' dell'art. 68 Cost., che, convenendo con la richiesta del p.m., si ritiene di poter ravvisare, nella specie, una erroneita' di valutazione da parte della Camera di appartenenza dell'on. Gasparri. E', infatti, principio ormai pacifico anche nella giurisprudenza della Corte di cassazione che il parlamentare al di fuori delle sue funzioni "ha gli stessi limiti espressivi degli altri cittadini . L'assunto affermato sin dagli anni passati (Cass. sez. VI, 16 giugno 1980. La Bella) e' stato ribadito piu' volte anche in tempi recenti (sez. V, 14 gennaio 1982, Frasca; sez. V, 4 febbraio 1987, Saraceni). La prerogativa di cui all'art. 68 Cost., infatti, non copre tutte le opinioni espresse dal parlamentare nello svolgimento della sua attivita' politica ma solo quelle legate al "nesso funzionale diversamente si risolverebbe in una sorta di privilegio personale. Quanto, poi, alla delimitazione dell'ambito di operativita' della espressione "esercizio delle loro funzioni di cui all'art. 68 della Costituzione sia la Corte di Cassazione che la Consulta sembrano ormai aver raggiunto una totale concordia nell'affermare che deve distinguersi nettamente tra "mandato politico - che intercorre tra elettori ed eletti - e funzioni parlamentari - che devono essere esercitate nell'interesse di tutta la nazione - ditalche' risponde di diffamazione il deputato che, fuori dall'esercizio delle sue funzioni, esprime opinioni offensive pubblicandole su un giornale (sez. VI 16 giugno 1980, La Bella). Ancora piu' chiaramente, il principio e' stato affermato da sez. V, 14 febbraio 1982, Frasca, laddove precisa che "le attivita' estraparlamentari non costituiscono funzioni proprie dei membri del parlamento e quindi, nel campo della propaganda politica, il parlamentare deve ritenersi sottoposto agli stessi limiti di ogni altro cittadino che voglia concorrere a delimitare la politica nazionale mediante la libera manifestazione del pensiero . Infine, con decisione del 24 settembre 1997, (imp. Sgarbi) la sez. V della Cassazione ha puntualizzato che gli atti c.d. di funzione ... .sono soltanto quelli relativi all'esercizio delle funzioni proprie di membro del Parlamento, vale a dire, gli atti tipici del mandato parlamentare (presentazione di disegni di legge, interpellanze ed interrogazioni, relazioni dichiarazioni) compiuti nei vari organi parlamentari o para-parlamentari (gruppi) con l'esclusione di quelle attivita' che, pur latamente connesse con l'esercizio di tali funzioni, ne sono tuttavia estranee, quale l'attivita' politica extraparlamentare esplicata all'interno dei partiti . La decisione appena citata, enunciando un principio che appare assolutamente calzante nella fattispecie in esame, ha, quindi, affermato che "non possono farsi rientrare nell'attivita' coperta dalla prerogativa della insindacabilita' tutte quelle manifestazioni di pensiero che, espresse in comizio code trasmissioni radio-televisive, o durante lo svolgimento di scioperi non possono vantare alcun collegamento funzionale con l'attivita' parlamentare e cio' in quanto l'unico legame con l'attivita' parlamentare e' di natura esclusivamente soggettiva perche' si tratta di dichiarazioni promananti da persona fisica che e' "anche membro del Parlamento. D'altro canto, siffatta pronuncia si pone perfettamente in linea con la nota decisione della Consulta (n. 1150/1988) prima citata. Sempre la Corte costituzionale, poi, nelle sue recentissime pronunce dell'anno in corso (nn. 10, 11, 56, 58 ed 82), ha nuovamente affermato che, mentre e' pacifico che ricorre il nesso funzionale per le opinioni manifestate nel corso dei lavori della Camera o dei suoi vari organi, in occasione dello svolgimento di una qualsiasi fra le funzioni svolte dalla camera medesima, ovvero manifestate in atti anche individuali costituenti estrinsecazioni delle facolta' proprie del parlamentare in quanto membro dell'assemblea, non puo' invece, "dirsi di per se' esplicazione della funzione parlamentare nel senso preciso cui si riferisce l'art. 68 primo comma della Cotituzione, l'attivita' politica svolta dal parlamentare al di fuori di questo ambito (C. cost. n. 10/2000). Alla considerazioni che precedono, va ad aggiungersi il rilievo che la stessa delibera della Camera qui in contestazione non fornisce elementi di valutazione tali da giustificare, nella specie, una riferibilita', delle affermazioni fatte dall'on. Gasparri all'agenzia Ansa, alla sua funzione parlamentare. A tal fine giova, invece, nuovamente rammentare come, sempre la Consulta, abbia con estrema chiarezza enunciato il principio che "nel normale svolgimento della vita democratica e del dibattito politico, le opinioni che il parlamentare esprima fuori dai compiti e dalle attivita' propri delle assemblee, rappresentano piuttosto esercizio della liberta' di espressione comune a tutti i consociati: ad essa, dunque, non puo' estendersi, senza snaturarla, una immunita' che la Costituzione ha voluto in deroga al generale principio di legalita' e giustiziabilita' dei diritti, riservare alle opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni (Corte cost. n. 10/2000). Discende da quanto fin qui evidenziato che, nel caso in esame, lungi dal voler formulare un giudizio che e' riservato alla fase di merito del giudizio penale (se, cioe' le dichiarazioni dell'on. Gasparri possano considerarsi diffamatorie ovvero siano manifestazione del diritto di critica politica), va, tuttavia, sottolineato come sia di palmare evidenza - anche alla luce delle stesse ammissioni dell'on. Gasparri - che si e' in presenza di affermazioni fatte esclusivamente ad organi di stampa e che, ancorche' rilasciate nell'ambito di un vivace dibattito politico, non sono in alcun modo ricollegabili alla funzione parlamentare tipica dell'on. Gasparri. A tale proposito, in analoga vicenda la Consulta ha, infatti, espressamente affermato (Corte cost. n. 11/2000) che si debbono ritenere, in linea di principio, sindacabili, tutte quelle dichiarazioni che fuoriescono dal campo applicativo del `diritto parlamentare' e che non siano immediatamente collegabili con specifiche forme di esercizio di funzioni parlamentari anche se siano caratterizzate da un asserito "contesto politico . Discende inevitabile la conclusione che, nella specie, il potere conferito al Parlamento dalI'art. 68 della Costituzione sia stato esercitato in modo arbitrario e che la delibera di insindacabilita' della Camera in data 17 giugno 1999, relativa all'on. Gasparri, appare lesiva delle attribuzioni di questo organo giurisdizionale. Si impone, quindi, un ricorso al giudizio della Corte costituzionale deputata a pronunciarsi sui conflitti tra Poteri dello Stato (da un lato quello ex art. 68 della Cost. e dall'altro quello garantito dagli artt. 102 e ss. Cost.). Dal momento che l'art. 37 legge n. 87/1953 richiama, in quanto applicabili, le disposizioni degli artt. 23, 25 e 26 della stessa legge, giova, ad abundantiam sottolineare come, vertendosi in tema di conflitto positivo, la questione appare rilevante posto che, diversamente, si assisterebbe ad una vera e propria invasione in una sfera di competenza aliena.