IL PRETORE Sciogliendo la riserva di cui all'udienza del 10 maggio 1999; Letti gli atti della causa civile iscritta al n. 271/94 r.g.a.c. promossa dal sig. Aime Guglielmo contro l'I.N.P.S., alla quale sono state riunite ai sensi dell'art. 151 disp. att. c.p.c. numerose altre cause aventi ad oggetto identiche questioni di diritto; O s s e r v a 1. - I ricorrenti hanno convenuto in giudizio l'I.N.P.S. per ivi sentirlo condannare a corrispondere in loro favore la pensione di reversibilita' in misura pari al 60% del trattamento minimo spettante al loro dante causa, con arretrati maggiorati di rivalutazione monetaria ed interessi legali sulla somma rivalutata, e cio' in applicazione della sentenza 31 dicembre 1993, n. 495, della Corte costituzionale, che dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 "nella parte in cui non prevede che la pensione di reversibilita' sia calcolata in proporzione alla pensione diretta integrata al trattamento minimo gia' liquidata al pensionato o che l'assicurato avrebbe comunque diritto di percepire". L'I.N.P.S. si e' costituito in giudizio eccependo in via pregiudiziale l'intervenuta decadenza dell'azione giudiziaria, promossa dopo la scadenza del termine triennale previsto dall'art. 4 del d.l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, e contestando nel merito la ricorrenza nella specie della situazione di fatto che dovrebbe dare titolo alla prestazione richiesta. Nelle more del giudizio e' stata emanata la legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), la quale all'art. 1, commi 181, 182, 183 e 184 (riproducenti il contenuto dall'art. 1 del d.l. 28 marzo 1996, n. 166, dell'art. 1 del d.l. 27 maggio 1996, n. 295, dell'art. 1 del d.l. 26 luglio 1996 n. 396 e dell'art. 1 del d.l. 24 settembre 1996 n. 499, tutti decaduti per mancata conversione in legge), ha stabilito, per quanto qui interessa; che "il pagamento delle somme, maturate fino al 31 dicembre 1995, sui trattamenti pensionistici erogati dagli enti previdenziali interessati, in conseguenza dell'applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 495 del 1993, e' effettuato mediante assegnazione degli aventi diritto di titolo di Stato"; che tale pagamento avverra' "in sei annualita', sulla base degli elenchi riepilogativi che gli enti previdenziali provvederanno annualmente ad inviare al Ministero del tesoro"; che il diritto al pagamento delle somme arretrate "spetta ai soli soggetti interessati e ai loro superstiti aventi titolo alla pensione di reversibilita' alla data del 30 marzo 1996"; che "nella determinazione dell'importo maturato al 31 dicembre 1995 non concorrono gli interessi e la rivalutazione monetaria" e che "per gli anni successivi, sulle somme ancora da rimborsarsi, sono dovuti gli interessi nella misura della variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati accertata dall'ISTAT per l'anno precedente"; che i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore di detta legge aventi ad oggetto le questioni concernenti l'applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 495 del 1993 "sono dichiarati estinti d'ufficio con compensazione delle spese fra le parti". Questo pretore ha sollevato, in altra causa, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 181, 182 e 183 della legge n. 662/1996 in riferimento agli artt. 3, 24, 38, secondo comma, 101, 102, 103 e 104 della Costituzione. Nelle more della pronuncia del giudice delle leggi sulla suddetta eccezione di incostituzionalita' (analoga a quelle sollevate da altri giudici di merito e anche dalla Corte di cassazione) e' stata emanata la legge 23 dicembre 1998, n. 448 ("misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo"), la quale, all'art. 36 (intitolato "disposizioni modificative ed interpretative dell'art. 1, commi 181 e 182, della legge 23 dicembre 1996, n. 662"), ha stabilito: che "sugli arretrati maturati al 31 dicembre 1995 e' dovuta esclusivamente una somma pari al 5% dell'importo maturato a tale data", mentre "per gli anni successivi, sulle somme ancora da rimborsare, sono dovuti gli interessi sulla base di un tasso annuo pari alla variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertata dall'ISTAT per l'anno precedente" (comma 1); che nell'espressione "aventi diritto" di cui al comma 181 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1996 "si intendono comunque ricompresi gli eredi, anche nei casi di decesso del relativo avente diritto avvenuto anteriormente alla data del 30 marzo 1996" (comma 2); che "i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della "suddetta legge, aventi ad oggetto le questioni di cui all'art. 1, commi 181 e 182, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono dichiarati estinti d'ufficio con compensazione delle spese fra le parti" e che "i provvedimenti giudiziari non ancora passati in giudicato restano privi di effetto" (comma 5). 2. - Il nuovo provvedimento legislativo, ad avviso di questo pretore e come argomentato da parte ricorrente nella nota difensiva autorizzata, non elimina tutti i dubbi di legittimita' costituzionale gia' prospettati in relazione all'art. 1, commi 181, 182 e 183, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Segnatamente, la censura di incostituzionalita' delle norme gia' contenute nell'art. 1, comma 183, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ed ora riprodotte nell'art. 36, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (estinzione d'ufficio dei giudizi pendenti con compensazione delle spese fra le parti) appare tuttora non manifestamente infondata e rilevante almeno sotto due profili. 2.1. - La normativa in questione appare, anzitutto, in contrasto con l'art. 24, comma 1, della Costituzione. Essa vanifica, invero, il diritto di azione degli odierni ricorrenti imponendo l'estinzione ope legis dei giudizi in corso senza che correlativamente si sia gia' realizzata l'integrale soddisfazione dell'interesse a tutela del quale la domanda giudiziale e' stata proposta. Essa preclude, inoltre, ai ricorrenti la possibilita' di ottenere un titolo giudiziale da azionare, se del caso, in executivis. In tal modo l'I.N.P.S. viene praticamente lasciato arbitro di determinare la spettanza e la decorrenza dei ratei medio tempore maturati in conseguenza dell'applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 495 del 1993, costringendo cosi' il pensionato che non condivida le determinazioni adottate dall'Istituto ad iniziare un nuovo giudizio. La normativa in esame mutila, infine, il credito vantato dai ricorrenti di quell'"accessorio" rappresentato dal rimborso delle spese processuali sostenute per ottenere l'accertamento giudiziale del diritto. 2.2. - L'art. 36, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, appare, in secondo luogo, non conforme al sistema delineato dagli artt. 101, 102 e 104 della Carta fondamentale. Detti articoli della Costituzione e in particolare l'art. 104 sanciscono il principio della separazione dell'ordine giudiziario dal potere legislativo. Orbene, ad avviso di questo pretore, se puo' ritenersi non contrastare con il sistema delineato dal Costituente il fatto, di per se', che un legge regoli con efficacia retroattiva una fattispecie sub judice (cfr. Corte costituzionale n. 155/1990), non altrettanto puo' dirsi invece nel caso, come e' senza dubbio quello in esame, in cui una legge sia dichiaratamente diretta ad incidere sui giudizi in corso, imponendo ope legis l'estinzione dei processi aventi un determinato oggetto ed imponendo altresi' di dichiarare compensate tra le parti le spese di lite. In tal caso viene di fatto svuotata la funzione giurisdizionale ed il legislatore, sotto la forma della legge, emana in realta' un provvedimento avente sostanza di sentenza. Va, inoltre, evidenziato che, anche nel caso in cui venga a cessare la materia del contendere, secondo le regole generali il giudice rimane comunque investito, su istanze delle parti, della questione relativa al regolamento delle spese processuali e deve in tal caso stabilire la c.d. soccombenza virtuale al fine di porre le spese di lite a carico della parte che ha ingiustamente agito o resistito in giudizio. L'impugnato art. 36, comma 5, della legge n. 448/1998 dispone, invece, d'imperio la compensazione delle spese tra le parti, esautorando cosi' il giudice anche da tale potere e derogare, in relazione alle sole controversie richiamate da tale norma, ai principi generali del processo civile. 3. - In punto rilevanza della prospettata questione di legittimita' costituzionale, e' sufficiente osservare che, ove la normativa impugnata fosse conforme a Costituzione, questo pretore, in applicazione della stessa, dovrebbe limitarsi a dichiarare d'ufficio l'estinzione del giudizio senza poter scendere all'esame (anche solo ai fini dell'accollo delle spese processuali) della fondatezza della domanda dei ricorrenti e delle eccezioni del convenuto.