IL TRIBUNALE

    Nel  procedimento  penale  a  carico  di Bruno Esposito, libero e
  contumace,  assistito  e  difeso  dall'avv.  Carlo  Gilli;  Giorgio
  Lombardini,  libero e contumace, assistito e difeso dall'avv. Carlo
  Gilli  e  dall'avv.  Paola  Ghirardelli; Decimo Francesco Spagnulo,
  libero,  assistito  e  difeso  dall'avv.  Serena Cernecca; Nicholas
  Fraser,  libero  e  contumace,  assistito e difeso dall'avv. Jacopo
  Pensa  e  dall'avv.  Antonella  Nardella;  Roberto Cimino, libero e
  contumace,  assistito e difeso dall'avv. Renato Mantovani; Giuseppe
  Barletta,   libero,   assistito   e  difeso  dall'avv.  Gian  Piero
  Biancolella  e  dall'avv.  Alberto Barletta del foro di Santa Maria
  Capua Vetere, imputati:
        Bruno Esposito
        in ordine al reato di cui agli articoli 81 c.p.v., 323 c.p.v.
  476,  primo  e  secondo comma, 490, 61 n. 2 c.p., di cui al decreto
  che dispone il giudizio datato 29 maggio 1997 (via Antonelli);
        in  ordine  ai  reato  di  cui  agli  articoli 81 c.p.v., 319
  c.p.v.,  476,  primo  e secondo comma, 490, c.p. di cui al capo 14)
  del  decreto  che  dispone il giudizio in data 6 giugno 1997 (viale
  Premuda);
        in  ordine  al  reato  di  cui  agli  articoli 81 c.p.v., 319
  c.p.v.,  476,  primo  e secondo comma, 490, c.p. di cui al capo 16)
  del  decreto  che  dispone  il  giudizio in data 6 giugno 1997 (via
  Volturno).
        Giorgio Lombardini
        in  ordine  al reato di cui agli articoli 110, 81 c.p.v., 321
  in  relazione  all'ipotesi  di  cui all'art. 319 c.p., 476, primo e
  secondo  comma,  e  490  c.p.,  di  cui  al  decreto che dispone il
  giudizio datato 2 giugno 1997 (via Asiago n. 45);
        Decimo Francesco Spagnulo
        in  ordine  al reato di cui agli articoli 110, 81 c.p.v., 321
  in  relazione  all'ipotesi  di  cui all'art. 319 c.p., 476, primo e
  secondo comma, e 490 c.p. di cui al decreto che dispone il giudizio
  datato 6 giugno 1997 (viale Premuda n. 38);
        Nicholas Fraser
        in  ordine  al reato di cui agli articoli 110, 81 c.p.v., 321
  in  relazione  all'ipotesi  di  cui all'art. 319 c.p., 476, primo e
  secondo comma, e 490 c.p. di cui al decreto che dispone il giudizio
  datato 12 gennaio 1999 (via Varese n. 16);
        Roberto Cimino
        in  ordine  al reato di cui agli articoli 110, 81 c.p.v., 321
  in  relazione  all'ipotesi  di  cui all'art. 319 c.p., 476, primo e
  secondo comma, e 490 c.p. di cui al decreto che dispone il giudizio
  datato 7 ottobre 1997 (via Castelmorrone n. 26/28);
        Giuseppe Barletta
        in  ordine  al reato di cui agli articoli 110, 81 c.p.v., 321
  in  relazione  all'ipotesi  di  cui all'art. 319 c.p., 476, primo e
  secondo comma, e 490 c.p. di cui al decreto che dispone il giudizio
  datato 6 giugno 1997 (via Castelmorrone 26/28);
    A  scioglimento  della riserva assunta nel corso del procedimento
  ha  emesso  la seguente ordinanza sulla questione di illegittimita'
  costituzionale  degli  articoli  210  e  513 c.p.p., per violazione
  degli   articoli  3,  24,  111,  112  Cost.,  che  viene  sollevata
  d'ufficio;

                            O s s e r v a

    Il procedimento ha per oggetto una serie di fatti di corruzione e
  falso  concernenti  procedimenti amministrativi di condono edilizio
  ai   sensi  della  legge  n. 47/1985,  e  prima  dell'apertura  del
  dibattimento  si  e'  articolato in plurime udienze nel corso delle
  quali  numerose posizioni sono state separate e quindi definite con
  rito  alternativo o con pronuncia di non doversi procedere ai sensi
  dell'art. 469 c.p.p.
    All'udienza  del 12 gennaio 2000 e' stato aperto il dibattimento,
  dopodiche' il seguente 28 gennaio, emessa l'ordinanza di ammissione
  delle  prove,  e'  stata  espletata l'istruttoria orale chiesta dal
  pubblico  ministero,  che  si e' articolata in plurime udienze, nel
  corso  delle  quali  sono  stati  esaminati  alcuni  testimoni,  il
  consulente del pubblico ministero che ha eseguito una perizia sulle
  pratiche   amministrative   di  condono  edilizio  riguardanti  gli
  immobili  menzionati  nei  capi  di  imputazione,  nonche' svariati
  soggetti  ex  art.  210  c.p.p.,  dei  quali  soltanto  pochi hanno
  rinunciato ad avvalersi della facolta' di non rispondere.
    Occorre  poi  ulteriormente  premettere  che  il  procedimento e'
  evidentemente  ed  incontestatamente  soggetto  ai  principi di cui
  all'art.  111  Cost., come modificato dalla legge cost. 23 novembre
  1999  n. 2,  in  quanto  il  dibattimento  e' stato aperto in epoca
  successiva    alla    introduzione   della   predetta   innovazione
  legislativa.
    All'udienza  del 28 gennaio 2000, e' stato sottoposto ad esame ai
  sensi   dell'art.  210  c.p.p.  Bruno  Fumagalli,  un  imputato  in
  procedimento  connesso  che nella fase predibattimentale aveva reso
  dichiarazioni  accusatorie  nei  confronti degli imputati Esposito,
  Lombarduni  e Spagnulo. Del pari, il 30 giugno 2000 e' stato citato
  l'imputato  in  procedimento  connesso Pietro Agazzini in relazione
  alla  posizione di Nicholas Fraser, e alla odierna udienza e' stato
  sottoposto    ad    esame    l'imputato    Filippini    nell'ambito
  dell'acquisizione  della  prova  a  carico nei confronti di Roberto
  Cimino e Giuseppe Barletta. Fumagalli, Agazzini e Filippini si sono
  avvalsi  della  facolta'  di  non  rispondere,  sicche' il pubblico
  ministero  ha  proceduto  alle contestazioni ai sensi dell'art. 500
  c.p.p.
    Il   pubblico  ministero  -  a  ricapitolazione  dell'istruttoria
  concernente  l'esame delle persone esaminate ai sensi dell'art. 210
  c.p.p.  -  la  insistito  nella richiesta di produzione dei verbali
  utilizzati  per  le contestazioni ai predetti Fumagalli, Agazzini e
  Filippini,  rinunciando invece alla medesima richiesta in relazione
  a tutti gli altri imputati in procedimento connesso, o che comunque
  avevano  reso  dichiarazioni  eteroaccusatorie,  che avevano voluto
  esercitare il diritto al silenzio.
    In  detto  contesto  appare  dunque prospettabile - riguardo alla
  posizione  degli  imputati  indicati  in epigrafe - la questione di
  legittimita'   costituzionale   gia'   sollevata   nell'ambito  del
  procedimento   nell'interesse   dell'imputato  Tommaso  Berger,  in
  relazione  al  quale il tribunale aveva disposto la separazione del
  procedimento,   emettendo  in  data  20  marzo  2000  ordinanza  di
  trasmissione   degli   atti,   in   ragione   della  non  manifesta
  infondatezza  della  questione di legittimita' costituzionale degli
  articoli 210 e 513 c.p.p., per violazione degli articoli 3, 24, 111
  e 112 Cost.
    In   quel  procedimento  la  difesa  dell'imputato  Berger  aveva
  formulato  denuncia  (alla quale si sono poi richiamati i difensori
  di altri imputati) di contrarieta' alla nuova regola costituzionale
  dell'art.   513   c.p.p.   -  nella  portata  precettiva  scaturita
  dall'intervento  della Corte costituzionale con sentenza n. 361 del
  1998  -  per contrarieta' della norma ivi contenuta al principio di
  formazione  della prova in contraddittorio espresso dal nuovo testo
  dell'art. 111 Cost., che limita ad ipotesi del tutto eccezionali la
  possibilita' di deroga al confronto dialettico per l'assunzione nel
  processo delle dichiarazioni accusatorie contro l'imputato.
    Il   regime  delle  contestazioni  all'imputato  in  procedimento
  connesso   che   si  avvalga  della  facolta'  di  non  rispondere,
  l'acquisizione  dei  verbali  a  norma dell'art. 500, comma quarto,
  c.p.p.  e  la  conseguente  valutazione  ai  fini  della  decisione
  implicherebbero,  secondo  la  difesa,  una  deroga al principio di
  formazione  dialettica  della  prova che non e' compresa tra quelle
  previste dal comma sesto dell'art. 111 Cost.
    In  ordine  alla rilevanza della questione per la definizione del
  processo, basti osservare che dal decreto che dispone il giudizio e
  dalla  richiesta di prove formulata dal pubblico ministero ai sensi
  dell'art.  493  c.p.p.,  ammesse dal tribunale con ordinanza del 28
  gennaio  2000,  si  evince  che  la  responsabilita' degli imputati
  Esposito,  Lombardini, Spagnulo, Fraser, Barletta e Cimino non puo'
  essere   valutata   prescindendo  dalle  dichiarazioni  accusatorie
  formulate  dai  citati  Fumagalli,  Agazzini  e Filippini. Esse non
  possono  trovare  ingresso nel dibattimento posto che questi ultimi
  si sono avvalsi della facolta' di non rispondere.
    Non  risultano  poi  elementi  da cui desumere la sussistenza dei
  presupposti  ex  art.  111, quinto comma, Cost., per l'acquisizione
  dei   verbali   utilizzati  per  le  contestazioni,  ossia  per  la
  formazione  della  prova  in  deroga  al  principio  del  confronto
  dialettico   (consenso   dell'imputato;  impossibilita'  di  natura
  oggettiva; provata condotta illecita).
    In  parziale  difformita' rispetto alla originaria prospettazione
  della  difesa Berger - tanto da generare la necessita' di sollevare
  d'ufficio  la  questione di costituzionalita' - il collegio ritiene
  che  il  principio  di formazione della prova in contraddittorio di
  cui  al quinto comma dell'art. 111 Cost., comporta la non manifesta
  infondatezza  della questione di costituzionalita' non soltanto del
  meccanismo  dettato  dall'art.  513  c.p.p.,  ma  piu'  in generale
  dell'intero sistema di assunzione della prova per cio' che concerne
  le  dichiarazioni  di  persone  esaminate  ai  sensi  dell'art. 210
  c.p.p.,  sotto  il  profilo  della previsione della facolta' di non
  rispondere  in  ordine a circostanze concernenti la responsabilita'
  di altri.
    La  Corte  costituzionale  con  la sentenza n. 361 del 1998 aveva
  individuato  nel  meccanismo delle contestazioni ai sensi dell'art.
  500  c.p.p.,  il sistema con il quale contemperare il principio del
  diritto di difesa (art. 24), con quelli di ragionevolezza (art. 3),
  di    obbligatorieta'    dell'azione    penale   (112   Cost.),   e
  conseguentemente di conservazione della prova.
    Tale  assetto  di  composizione  dei diversi principi risulta ora
  superato  dall'introduzione  di specificazioni circa la garanzia di
  formazione  in  contraddittorio  della prova fissato dal nuovo art.
  111,    con   l'esplicita   vanificazione,   quanto   all'efficacia
  probatoria,   delle   dichiarazioni   gia'   rese   nelle  indagini
  preliminari  da  chi  si sottrae volontariamente al contraddittorio
  mediante l'esercizio della facolta' di non rispondere.
    Secondo   il  parere  del  tribunale,  le  nuove  regole  fissate
  dall'art.  111  della  Costituzione  impongono  una  revisione  dei
  confini  tra  il  diritto  alla formazione in contraddittorio della
  prova,  ed  il  diritto al silenzio del dichiarante erga alios, nel
  senso  che alla maggiore espansione ed alla piu' intensa tutela del
  primo,   corrisponde   inevitabilmente   la   riduzione   dell'area
  costituzionalmente  protetta riguardante l'esercizio della facolta'
  di non rispondere.
    Alla   luce  della  nuova  composizione  delle  diverse  garanzie
  fondamentali  scaturita  dalle  innovazioni introdotte con la legge
  cost.  23  novembre  1999  n. 2,  si  rivela  contraria al precetto
  costituzionale   del   diritto   al  contraddittorio  -  come  tale
  suscettibile    di    ristrettissime    esclusioni,   espressamente
  individuate   dall'art.   111   stesso   (consenso   dell'imputato;
  impossibilita' di natura oggettiva; provata condotta illecita) - la
  previsione  della facolta' di non rispondere prevista dall'art. 210
  c.p.  quanto  alle  dichiarazioni  che  un  imputato renda su fatti
  concernenti la responsabilita' di altri.
    In  altre  parole,  confligge  con  siffatta  ridisegnazione  del
  principio  del  confronto dialettico in dibattimento, la previsione
  della  legge  ordinaria  circa  la  facolta'  dell'imputato  di non
  rispondere  per  quanto  attiene alle dichiarazioni accusatorie nei
  confronti di altri soggetti.
    Ferma   restando   l'intangibilita'   del   diritto  al  silenzio
  dell'imputato  fin dall'inizio delle indagini preliminari, va posto
  in  evidenza  che per effetto della nuova composizione creatasi tra
  le  diverse  garanzie costituzionali, l'eventuale scelta di rendere
  dichiarazioni  su  fatto  che  implica la responsabilita' altrui ha
  ormai  acquisito la connotazione dell'irrevocabilita', posto che le
  dichiarazioni  stesse  spiegano nei confronti dell'accusato effetti
  di  rilevanza tanto grande nella fase predibattimentale, da portare
  in  alcuni  casi persino alla limitazione della liberta' personale,
  in   ottemperanza   al  principio  -  anch'esso  costituzionalmente
  protetto - di esercizio della giurisdizione penale.
    Una  volta  intrapresa la via della formulazione di dichiarazioni
  coinvolgenti  la  responsabilita'  di altri, l'esercizio successivo
  del  diritto al silenzio da parte della persona sottoposta ad esame
  ai  sensi  dell'art.  210  c.p.p.,  finisce  per  scontrarsi con il
  diritto  dell'accusato  al  confronto  dialettico  nella formazione
  della prova, ormai assunto a regola costituzionale.
    La concorrenza tra le due predette contrapposte articolazioni del
  diritto   di   difesa   puo'   essere   composta   solo  affermando
  l'intervenuta  compressione  -  per effetto dell'introduzione delle
  nuove  regole  ex  art.  111  della  Costituzione  -  dello  spazio
  costituzionalmente  garantito del diritto al silenzio, che non puo'
  piu'  includere  la  facolta'  di non rispondere per il dichiarante
  erga  alios. La contraria opinione implicherebbe l'irragionevole ed
  inaccettabile  sacrificio dei principi del libero convincimento del
  giudice,  della  irrinunciabile  funzione conoscitiva del processo,
  dell'indefettibilita'  della  giurisdizione  e dell'obbligatorieta'
  dell'azione penale.
    Non  si potrebbe poi ovviare alla dispersione della prova neppure
  ricorrendo  allo  strumento  dell'incidente  probatorio,  posto che
  detto  meccanismo costituisce una mera anticipazione del sistema di
  assunzione  della prova, nell'ambito del quale resta comunque salva
  la  facolta'  di  non  rispondere.  Con  riferimento  al caso posto
  all'attenzione  del  tribunale, non vi sono elementi che consentano
  di  ipotizzare che Fumagalli, Agazzini e Filippini avrebbero tenuto
  un  atteggiamento  diverso  se  fossero  stati esaminati in sede di
  incidente probatorio.
    Da  ultimo,  va notato che lo stesso tenore letterale delle nuove
  norme costituzionali (quarto comma dell'art. 111 Cost.) nella parte
  in  cui  esse  definiscono  come  sottrazione al contraddittorio la
  volonta'  di  non  rispondere,  sembrano  connotare di disvalore la
  mancanza   di  coerenza  nel  proposito  di  rendere  dichiarazioni
  accusatorie  nei confronti di altre persone, implicitamente ponendo
  il precetto dell'obbligo giuridico di rispondere per chi, una volta
  operata   la   scelta   di  raccontare  fatti  che  coinvolgono  la
  responsabilita'  di altri, rifiuti di sottoporsi al contraddittorio
  per  motivi  diversi  da quelli enunciati dal sesto comma dell'art.
  111  Cost.,  e  dunque  persino per ragioni non meritevoli d'essere
  tutelate dall'ordinamento.