IL TRIBUNALE Nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo iscritta al n. 5939 del ruolo generale dell'anno 1998, intrattenuta in riserva all'udienza del 9 novembre 1999 promossa da Zambonelli Luciana rappresentata e difesa dall'avv. Mancini, opponente; Contro Banca Nazionale del Lavoro S.p.a, rappresentata e difesa dall'avv. Caltabiano, opposta; art. 120 comma 3 del d.lgs. 1o settembre 1993 n. 385 (t.u. bancario) come modificato dall'art. 25 comma 3 d.lgs. 4 agosto 1999 n. 342, (in esecuzione della legge 24 aprile 1998 n. 128 la quale ha delegato al governo ad emanare disposizioni integrative e correttive del d.lgs. n. 385/1993; delibera CICR 9 febbraio 2000; Costituzione art. 76). Premesso in fatto Che con atto di citazione in opposizione notificato in data 18 settembre 1998 l'opponente proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso dal Presidente del tribunale di Bologna col quale quest'ultimo ingiungeva alla signora Zambonelli di pagare alla B.N.L. la somma complessiva di L. 310.000.000 oltre agli interessi al tasso convenzionale del 16% con capitalizzazione trimestrale dalla domanda al saldo e le spese cosi' come nello stesso liquidate. Che il credito vantato dalla B.N.L. nei confronti della signora Zambonelli e' originato da uno scoperto di conto corrente per una somma capitale al 31 dicembre 1988 pari a Lire 140.884.926 cosi' come indicata da parte opposta somma sulla quale sono stati calcolati interessi convenzionali al tasso del 17% con capitalizzazione trimestrale prevista dall'art. 6 comma 2 et 3 delle condizioni contrattuali dal 1o gennaio 1989 al 31 dicembre 1991 per L. 86.939.657 e dal 1o gennaio 1992 al 30 settembre 1993 per L. 76.956.051 cosi' per una somma totale di L. 304.780.634 somma sulla quale dal 1o ottobre 1993 sono stati calcolati interessi al tasso convenzionale del 16% con capitalizzazione trimestrale cosi' come ingiunto con d. i. provvisoriamente esecutivo; Che la difesa dell'opponente fonda sul confessato anatocismo trimestrale (parte narrativa d. i. opposto) la propria richiesta di sospensione della provvisoria esecutivita' del decreto opposto; Che il tasso applicato alla somma capitale rimane nel tasso soglia determinato dal Ministero del tesoro per ogni trimestre per cui non si e' di fronte ad un fenomeno usurario; Che pero' le conseguenze economiche per la signora Zambonelli sono notevolmente diverse a seconda che sulla somma capitale come sopra individuata si applichino interessi composti con capitalizzazione annuale o trimestrale. Rilevato in diritto Che l'art. 1283, norma di carattere imperativo e di natura eccezionale, ammette l'anatocismo, solo a determinate condizioni e precisamente: 1) Nel caso di interessi dovuti per almeno un semestre; 2) Nel caso di proposizione di una domanda giudiziale ovvero di perfezionamento di una convenzione successiva alla scadenza degli interessi medesimi. (La convenzione deve essere successiva per impedire che l'accettazione della clausola anatocistica venga utilizzata come condizione che il debitore deve necessariamente accettare per poter accedere al credito). Che la detta norma ammette pero' la possibilita' di derogare alla sua disciplina in presenza di usi normativi contrari; Che con un orientamento giurisprudenziale che ha avuto inizio con la sent. n. 6631/1981 la Corte di cassazione ha ripetutamente affermato l'esistenza di un uso normativo che consente di derogare, secondo quanto previsto dal legislatore, ai limiti posti dall'articolo sopra richiamato all'applicazione dell'anatocismo nei rapporti tra banche e clienti (cfr. cass. 5409/1983, 4920/1987, 3804/1988, 7571/1992, 3296/1997); Che detto orientamento tradizionale e' stato recentemente rivisto ed abbandonato sulla considerazione che l'esistenza di un uso normativo idoneo a derogare ai limiti di ammissibilita' dell'anatocismo previsti dal legislatore appare un'affermazione basata piu' su un dato di comune esperienza che su di una convincente dimostrazione (cass. 3096/1999, 12507/1999, 2374/1999); Che non vi e' chi non veda che i clienti delle banche, nel momento in cui addivengono alla stipula di un contratto di finanziamento, non sono convinti di obbedire, accettando la clausola sull'anatocismo trimestrale, ad un imperativo giuridico; essi si trovano piuttosto nella tipica condizione del contraente debole il quale ritiene di trovarsi di fronte ad una prassi generale e costante in concreto ineludibile se vuole porre in essere un certo tipo di rapporti; Che manca nel cliente il c.d. elemento soggettivo dell'uso negoziale e cioe' la convinzione di attuare una regola vertente su materia giuridicamente rilevante per la natura delle situazioni disciplinate; Che cio' dimostra che la clausola sull'anatocismo trimestrale ha valenza di uso negoziale imposta ai privati e non di uso normativo accettato dai medesimi come norma di diritto sicche' stante il divieto dell'anatocismo, le clausole d'uso che lo prevedono non potrebbero trovare applicazione - ammettendo la legge solo gli usi normativi contrari e non gli usi contrattuali contrari; Che ovvia conseguenza di quanto sopra esposto e' che le c.d. norme bancarie uniformi che prevedono l'anatocismo trimestrale assumono rilevanza nel singolo rapporto contrattuale col cliente se ed in quanto richiamate nel contratto e che ad esse si applica la disciplina contenuta negli art. 1341 et 1342 c.c.; Che a cio' deve aggiungersi che se la capitalizzazione trimestrale degli interessi trovasse radice in un uso normativo non sarebbe necessario farne oggetto di specifica previsione contrattuale, sarebbe all'uopo sufficiente il richiamo all'uso come fonte del diritto; Che tale previsione invece trova ragione nel fatto che in assenza di una regola giuridica si reputa necessario trovare una base pattizia; Che l'inserimento della clausola prevedente la capitalizzazione degli interessi trimestrale a carico del cliente e' acconsentita da parte di quest'ultimo solo perche' compresa nei moduli predisposti unilateralmente dagli istituti di credito, insuscettibili di negoziazione individuale, la cui sottoscrizione costituisce presupposti indefettibile per accedere ai servizi bancari; Che alla stregua delle considerazioni sopra viste la clausola deve essere considerata nulla perche' in contrasto con l'art. 1283; Che detto ragionamento e' stato posto a fondamento dell'ultima Cassazione per dichiarare nulle le clausole dei contratti bancari di capitalizzazione trimestrale degli interessi; Che proprio quando la Cassazione sembrava orientarsi nel senso sopra detto e' intervenuto il d.lgs. n. 342/1999 oggetto della presente ordinanza con l'evidente scopo di dirimere le incertezze che nella prassi si riscontravano sull'anatocismo trimestrale, sopra riferite, incertezze le quali apparivano idonee a provocare un'imponente contenzioso suscettibile da un lato di togliere certezza ai rapporti giuridici e dall'altro di aggravare le disfunzioni della giustizia civile; Che la base di tale decreto legislativo e' rappresentata dall'art. 1, comma 5, della legge n. 128/1998 la quale ha delegato il governo a emanare disposizioni integrative e correttive d.lgs. n. 385/1993; Che il comma terzo dell'art. 25 del detto d.lgs. n. 342/1999 prevede che "le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera" CICR "sono valide ed efficaci fino a tale data" - 22 aprile 2000 - "e dopo di essa debbono essere adeguate al disposto della menzionata delibera" .... "in difetto di adeguamento, le clausole divengono inefficaci e l'inefficacia puo' essere fatta valere solo dal cliente; Che la detta delibera del 9 febbraio 2000 all'art. 7 rubricato disposizioni transitorie stabilisce che "le condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente delibera devono essere adeguate alle disposizioni in questa contenute entro il 30 giugno 2000 ..."; Che la retroattivita' operata con la sanatoria e' tipica delle leggi di interpretazione autentica le quali riguardano tutte le situazioni pendenti (non definite da giudicato decadenza prescrizione) per il fatto che sono dirette a conferire certezza a situazioni giuridiche rese incerte dal diritto vivente o da testi normativi; Che non puo' di certo sostenersi che la dichiarazione di validita' ed efficacia della clausola sull'anatocismo fino alla data dell'entrata in vigore della delibera del CICR trovi una ragione nella effettiva sussistenza in concreto e con riferimento ai singoli casi di specie, di tale validita' ed efficacia perche', se cosi' fosse, il comma in esame sarebbe una petizione di principio del tutto inutile; Che data quindi per dimostrata la rilevanza nel presente giudizio del d.lgs. n. 342/1999 si deve osservare che lo stesso, come si e' sopra detto, e' stato emanato in attuazione dell'art. 1 comma 5 della legge n. 128/1998 la quale delegava il governo ad emanare "disposizioni integrative e correttive del d.lgs. n. 385/1993 e successive modificazioni nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi e con l'osservanza della procedura indicati nell'art. 25 legge n. 142/1992"; Che nel testo dell'art. 142/1992 non era contenuto alcun principio o criterio direttivo attinente la materia dell'anatocismo; Che la delega legislativa copriva soltanto il generico potere del governo di emanare disposizioni integrative e correttive del t.u. bancario. Che interpretando la delega alla luce dell'art. 76 della Costituzione, il quale non legittima deleghe in bianco al governo o deleghe con vincoli solo apparenti, il potere integrativo e correttivo conferito al governo dall'art. 1, comma 5 della legge n. 128/1998 al miglioramento e all'armonizzazione della tecnica di redazione e della coerenza interna al t.u. bancario, si finisce naturalmente con l'escludere la sanatoria delle clausole bancarie sull'anatocismo a mezzo di interpretazione autentica delle norme preesistenti (richiamate implicitamente dal testo dell'art. 120 comma 3 t.u. bancario) dall'ambito delle integrazioni e correzioni prettamente tecnico formali; Che bisogna comunque ricordare che il testo precedente del t.u. bancario non conteneva disposizioni specifiche in tema di anatocismo, come tali astrattamente suscettibili di integrazioni e correzioni; Che in nessun caso poi la legge avrebbe potuto delegare al governo l'interpretazione autentica di norma giuridica sia essa implicita o esplicita che dalla lettura del testo dell'art. 76 della Costituzione emerge che il potere normativo delegato al governo riguarda le sole scelte di c.d. discrezionalita' tecnica e cioe' l'individuazione di soluzioni di dettaglio empiricamente meglio praticabili per la realizzazione delle scelte di merito risultanti dalla legge delega e riservate al parlamento; Che l'interpretazione autentica di una o piu' norme al contrario operando una scelta tra due o piu' prospettazioni ugualmente possibili, ma tra loro contrapposte comporta l'esercizio di una discrezionalita' non meramente tecnica bensi' di merito e politica come tale al di fuori dei poteri normativi del governo; Che pertanto risulta violato l'art. 76 della Costituzione per violazione dei principi contenuti nella legge delega da parte del decreto delegato. A cio' si puo' aggiungere, a titolo di mera riflessione, che non esisterebbe nulla di strano se il legislatore nel dettare una nuova regolamentazione di un requisito del contratto non travolgesse gli obblighi gia' sorti vigente la normativa precedente (quindi validamente assunti a quel tempo), ma nel caso di specie il legislatore e' andato ben oltre ha cioe' dichiarato la validita' di convenzioni che vagliate alla luce del diritto all'epoca vigente potrebbero non esserlo come dimostrano le numerose pronunce di invalidita' della Corte di cassazione sopra esposte.