ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 641, secondo
comma,  primo  periodo,  del  codice  di  procedura civile, nel testo
modificato  dall'art.  8 del d.l. 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi
urgenti  sul  processo  civile  e  sulla disciplina transitoria della
legge  26  novembre  1990,  n. 353,  relativa  al medesimo processo),
convertito,  con  modificazioni, nella legge 20 dicembre 1995, n. 534
promosso  con  ordinanza  emessa  il  30 luglio 1999 dal tribunale di
Bassano  del  Grappa  nel  procedimento civile vertente tra l'Enoteca
"Alle  ore"  ed  altra  e  la Valbrenta S.r.l., iscritta al n. 82 del
registro  ordinanze  2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 10, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 25 ottobre 2000 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che  il  tribunale di Bassano del Grappa, con ordinanza
emessa  il 30 luglio 1999, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,
primo  comma,  e  24, secondo comma, della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  641,  secondo  comma,  primo
periodo,  del  codice  di  procedura  civile,  nel  testo  modificato
dall'art.  8 del d.l. 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi urgenti sul
processo  civile  e  sulla  disciplina  transitoria  della  legge  26
novembre  1990,  n. 353,  relativa al medesimo processo), convertito,
con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1995, n. 534;
        che la predetta norma fissa in quaranta giorni il termine per
la  proposizione dell'opposizione a decreto ingiuntivo, prevedendo al
secondo  comma  che "quando concorrono giusti motivi, il termine puo'
essere ridotto sino a dieci giorni oppure aumentato a sessanta";
        che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo  la  previsione  della
riducibilita'  fino  a dieci giorni del termine per l'opposizione non
solo  pregiudicherebbe  il  diritto  dell'opponente  di  approntare e
sviluppare  adeguatamente  le  proprie difese - in quanto la modifica
della  domanda  introduttiva e' ammessa dall'art. 183 cod. proc. civ.
solo  in  dipendenza  della  proposizione  di  riconvenzionale  e  di
eccezioni  da parte del convenuto - ma potrebbe addirittura rivelarsi
insufficiente alla stessa notifica dell'opposizione;
        che, per tali ragioni, la disposizione censurata, nella parte
in  cui consente la riduzione del termine di opposizione, si porrebbe
in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, il quale ha concluso per la inammissibilita' o comunque per la
infondatezza della questione.
    Considerato  che  la  previsione di riducibilita' del termine per
l'opposizione  a  decreto  ingiuntivo,  contenuta  nella disposizione
impugnata,  rappresenta una deroga al principio generale, secondo cui
l'opposizione a decreto ingiuntivo si propone nel termine di quaranta
giorni dalla notifica del decreto medesimo;
        che   l'operativita'   di   tale  disciplina  derogatoria  e'
sottoposta a precise condizioni, consistenti nella deduzione da parte
del  creditore  ingiungente di giusti motivi a sostegno della istanza
di  riduzione  del  termine  e nella valutazione ad opera del giudice
della effettiva ricorrenza delle circostanze allegate;
        che, in difetto anche di una sola delle citate condizioni, il
regime  derogatorio  non  puo' operare, riprendendo vigore il termine
ordinario di opposizione;
        che  l'ulteriore valutazione della esistenza delle condizioni
per la riduzione del termine e' rimessa al giudice della opposizione,
innanzi al quale l'opponente puo' far valere i vizi del provvedimento
monitorio, anche relativi alla pretesa illegittimita' del termine ivi
fissato;
        che non puo' quindi condividersi la tesi del rimettente circa
la  inesistenza  di  rimedi  offerti  al debitore ingiunto avverso la
illegittima  abbreviazione  del  termine  di  opposizione, poiche' la
verifica  da  parte del giudice del provvedimento monitorio in ordine
alla  ricorrenza  dei  giusti  motivi  per concedere la riduzione del
termine  e'  soggetta  al successivo controllo in sede di opposizione
circa  il  buon  uso  del  potere  discrezionale  di fissazione di un
termine diverso da quello ordinario;
        che con la disposizione in esame il legislatore ha operato un
equo   contemperamento  dei  contrapposti  interessi,  per  un  verso
consentendo  al  creditore,  munito  di  prova  scritta  del  proprio
credito,  di ottenere una piu' sollecita definizione del procedimento
in  presenza  di  giusti  motivi,  e  per  altro verso assicurando al
debitore  il  diritto  di  opporre le proprie ragioni anche in ordine
alla   eventuale   illegittimita'  della  riduzione  del  termine  di
opposizione;
        che, infine, deve affermarsi la congruita' del termine de quo
sia in relazione alla funzione ad esso assegnata dall'ordinamento sia
con  riferimento  alle  speciali  caratteristiche del procedimento in
oggetto,  risultando  garantita in modo effettivo la possibilita' per
l'opponente   di  esercitare  compiutamente  il  diritto  di  difesa,
soprattutto ove si consideri, in primo luogo, che l'originario rigore
del  regime  delle  preclusioni  contenuto nella novella e' stato poi
temperato  dalle modifiche introdotte con il d.l. n. 432 del 1995; ed
inoltre  che al raddoppiamento del termine per l'opposizione ha fatto
correlativamente  riscontro il raddoppiamento del limite di riduzione
del medesimo termine;
        che,   pertanto,   la  disposizione  in  esame,  non  essendo
irragionevole ne' lesiva del precetto costituzionale posto a garanzia
del  diritto  di  difesa,  si  sottrae  alle  censure prospettate dal
rimettente,   onde   la  questione  deve  dichiararsi  manifestamente
infondata.
    Visti  gli  artt.  26,  secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.