Ricorso per conflitto di attribuzione della regione Lombardia, in
  persona   del  presidente  pro-tempore  della  giunta,  on. Roberto
  Formigoni,  ai  sensi  della  delibera  di  giunta  n. 2270  del 22
  novembre  2000,  rappresentato  e  difeso  dal prof. avv. Beniamino
  Caravita   di   Toritto,  e  presso  il  suo  studio  elettivamente
  domiciliato, in Roma, via di Porta Pinciana, 6;
    Contro  il  Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del
  Presidente    del   Consiglio   pro-tempore,   per   l'annullamento
  dell'informazione di garanzia della procura della Repubblica presso
  il  tribunale  di Mantova, notificata al consigliere-regionale Enzo
  Lucchini  in  data  16  ottobre  u.s., per diffamazione aggravata a
  mezzo  stampa  ex  art. 595,  seconda  comma, e art. 13 della legge
  n. 47 del 1948.

                              F a t t o

    Con  atto del 16 ottobre 2000, la procura della Repubblica presso
  il  tribunale  di  Mantova  ha  notificato al consigliere regionale
  della  regione  Lombardia Enzo Lucchini un'informazione di garanzia
  per  eventualmente  rispondere  del  reato  di diffamazione a mezzo
  stampa   nei   confronti   del   direttore   generale  dell'Azienda
  ospedaliera  Carlo  Poma di Mantova, dott. Lelio Pischedda, a causa
  di  un'intervista rilasciata al quotidiano "La Gazzetta di Mantova"
  in data 14 febbraio 2000.
    In tale intervista il consigliere Lucchini esprimeva, in qualita'
  di presidente della commissione consiliare "Sicurezza sociale" (che
  si  occupava,  fra  l'altro,  di  sanita')  le  proprie valutazioni
  politiche  circa il provvedimento del direttore Pischedda di revoca
  dall'incarico di direttore sanitario del dott. Gustavo Galmozzi.
    Contemporaneamente,  in  data  16  febbraio  2000, il consigliere
  Lucchini,   sempre  nell'esercizio  delle  sue  funzioni  politiche
  consiliari  inviava all'assesssore alla sanita' Carlo Borsani ed al
  presidente   Roberto   Formigoni  una  istanza  di  verifica  della
  regolarita'  della delibera del dott. Pischedda di licenziamento di
  tronco  del  direttore  sanitario  dott. Gustavo Galmozzi, opinando
  sulla  sussistenza  della giusta causa della revoca dall'incarico e
  sulla correttezza procedurale della medesima.
    Nonostante   l'evidente   nesso   funzionale   fra  il  contenuto
  dell'intervista   de  qua  e  l'attivita'  politico-consiliare  del
  consigliere   Lucchini,  la  procura  della  Repubblica  presso  il
  tribunale di Mantova ha asserito che tramite siffatta intervista il
  consigliere  Lucchini  stesso  avrebbe  offeso  la  reputazione del
  summenzionato  direttore  generale  dell'Azienda ospedaliera "Carlo
  Poma", dott. Lelio Pischedda.
    L'azione  espletata  dalla  procura  della  Repubblica  presso il
  tribunale  di  Mantova  costituisce  un illegittimo sindacato della
  magistratura   sull'attivita'   del   consigliere   regionale  Enzo
  Lucchini,   con   conseguente   grave   pregiudizio  dell'autonomia
  costituzionalmente garantita alla regione e ai suoi organi, tra cui
  il consiglio regionale, per le seguenti ragioni di

                            D i r i t t o


    1. - Circa l'ammissibilita' del conflitto.
    Non    pare   all'odierna   ricorrente   necessario   diffondersi
  particolarmente   sull'ammissibilita'  del  presente  conflitto  di
  attribuzione,  ne'  sotto  il  profilo soggettivo, ne' sotto quello
  oggettivo.
    Da  un lato, infatti, e' assolutamente pacifica la legittimazione
  attiva  e  passiva  delle  regioni e della procura della Repubblica
  presso   il   tribunale  a  stare  in  giudizio  nei  conflitti  di
  attribuzione;   dall'altro,   per  cio'  che  concerne  l'idoneita'
  dell'atto   ad  essere  oggetto  del  conflitto,  pare  sufficiente
  ricordare  che  codesta ecc.ma Corte ha sempre ritenuto ammissibile
  il   conflitto   di   attribuzione   proposto   avverso   un   atto
  giurisdizionale  lesivo della sfera di autonomia costituzionalmente
  riservata ad altro potere dello Stato od alle regioni.
    In  proposito,  la  scrivente  difesa  si  limita semplicemente a
  ricordare  la recente sentenza n. 226 del 1999, di accoglimento del
  conflitto  di  attribuzione  della  odierna  ricorrente avverso una
  sentenza  del  tribunale  amministrativo regionale della Lombardia,
  sez.  II,  n. 1738/1997  (con la quale erano state annullate alcune
  delibere   della   giunta   regionale   relative   al  procedimento
  legislativo    di    approvazione   del   piano   territoriale   di
  coordinamento) nonche' la Sentenza n. 392 del 1999, di accoglimento
  del  conflitto  di  attribuzione  della  regione  Lombardia avverso
  l'atto  di  citazione  in  giudizio  del  presidente  del consiglio
  regionale e dei componenti dell'ufficio di presidenza emanato dalla
  procura regionale della Corte dei conti per la Lombardia.
    L'ammissibilita'    del    presente   conflitto   pare,   dunque,
  incontestabile sotto ogni profilo.
    Circa  la fondatezza della pretesa - violazione e invasione della
  sfera   di  autonomia  costituzionalmente  garantita  alla  regione
  dall'art. 122,  comma  4,  anche in relazione agli artt. 117, 118 e
  123  Cost.,  nonche'  agli artt. 7 e 11 della legge 22 maggio 1971,
  n. 339 "Approvazione, ai sensi dell'art. 123, secondo comma, Cost.,
  dello   Statuto  della  regione  Lombardia".  Difetto  assoluto  di
  giurisdizione.
    Il   nostro  ordinamento  giuridico  attribuisce  ai  consiglieri
  regionali  la  guarentigia  dell'irresponsabilita'  per le opinioni
  espresse ed i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
    Ed   infatti,   l'art. 122,   quarto  comma,  della  Costituzione
  stabilisce che i consiglieri regionali "non possono essere chiamati
  a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio
  delle loro funzioni".
    Tale  formulazione  ricalca,  seppur  con  qualche  significativa
  differenza,  il  modello tradizionale dell'insindacabilita' di voti
  ed   opinioni   politiche   dei   membri  del  Parlamento,  di  cui
  all'art. 68, primo comma, Cost.
    Secondo l'ormai consolidato orientamento di codesta ecc.ma Corte,
  la  ratio  dell'insindacabilita' delle opinioni espresse e dei voti
  dati  dai  consiglieri regionali nell'esercizio delle loro funzioni
  e'   costituita  dall'irrinunciabile  esigenza  di  "preservare  da
  interferenze  e  condizionamenti esterni le determinazioni inerenti
  alla  sfera  di  autonomia  costituzionale  garantita al consiglio"
  (Corte  cost.,  sent.  n. 289 del 1997 e, nello stesso senso, sent.
  392   del  1999),  la  quale  inevitabilmente  "comporta  l'assenza
  (perpetua,  non legata cioe' alla singola legislatura) di qualsiasi
  responsabilita'  civile, penale amministrativa" (v. da ultimo Corte
  cost.,  sent.  n. 100/1986) per i voti e le opinioni nell'esercizio
  delle funzioni.
    Orbene,  e'  di  tutta  evidenza che l'esclusione di ogni tipo di
  responsabilita'   giuridica   e'  connaturata  all'insindacabilita'
  stessa,  giacche'  questa  e' diretta a precludere l'indagine sulle
  modalita' di esercizio della funzione e, in particolare, e' volta a
  "precludere l'indagine sui motivi che hanno determinato la volonta'
  dei  componenti  dell'assemblea:  in questo modo viene garantita la
  libera  esplicazione  del  mandato  rappresentativo  e,  per questo
  tramite,  la  piena  e  totale  liberta' del processo di formazione
  della  volonta'  politica  dell'organo  rappresentativo  (in questo
  senso,  Corte  cost.,  sent.  n. 69/1985),  preservando - come gia'
  anticipato  sopra  -  le  determinazioni  inerenti  alla  sfera  di
  autonomia  costituzionalmente  riservata  al consiglio regionale da
  ogni possibile interferenza o condizionamento esterno (Corte cost.,
  sent. n. 70/1985)".

    Una  volta individuata e compresa la ratio della insindacabilita'
  delle  opinioni  espresse e dei voti dati dai consiglieri regionali
  nell'esercizio  delle loro funzioni, occorre determinare l'ampiezza
  di   siffatta   guarentigia,   rapportandola   proprio  alla  ratio
  dell'istituto.
    Sin  dalla  sentenza  n. 81  del  1975 questa ecc.ma Corte ebbe a
  formulare  il canone interpretativo fondamentale della disposizione
  dell'art. 122,  comma  4,  della  Costituzione,  stabilendo che "la
  tutela  privilegiata,  apprestata  ...  a  favore  dei  consiglieri
  regionali,  e'  connessa alla tutela delle piu' elevate funzioni di
  rappresentanza  politica  dell'organo  in  questione, e quindi alla
  funzione  primaria  di  tipo  legislativo,  a  quella  di indirizzo
  politico,   di   controllo,   e  di  autorganizzazione  interna,  a
  prescindere  dal  fatto  che  tali  funzioni  si esplichino in atti
  formalmente amministrativi".
    E'  dunque chiaro che siffatta immunita' attiene alla particolare
  natura  delle  funzioni  svolte  dal  consiglio regionale, le quali
  costituiscono,  secondo  quanto  affermato  da codesta ecc.ma Corte
  gia'  nella  citata  sentenza  n. 81  del  1975,  "esplicazione  di
  autonomia  costituzionalmente  garantita" attraverso l'esercizio di
  funzioni  "in  parte  disciplinate  dalla  stessa Costituzione e in
  parte dalle altre fonti normative cui la prima rinvia".
    Seguendo  tale  percorso logico, la Corte ha finito per affermare
  l'estensibilita'   della   garanzia   in   esame   alle   attivita'
  amministrative spettanti ai consigli regionali.
    Di  talche', "il criterio di delimitazione della insindacabilita'
  dei   consiglieri  regionali  sta  nella  fonte  attributiva  della
  funzione,   e  non  nella  forma  degli  atti,  si'  che  risultano
  garantite,  sotto  tale  aspetto, anche le funzioni che, benche' di
  natura  amministrativa, sono assoggettate al consiglio regionale in
  via  immediata  e  diretta  dalle  leggi dello Stato" (Corte cost.,
  Sent. n. 289 del 1997).
    Partendo   da   tale   indiscutibile   presupposto,   e'  agevole
  individuare  i  tratti  essenziali  dell'immunita'  dei consiglieri
  regionali,  con  particolare riferimento, in primo luogo, alle sedi
  nelle quali opinioni e voti sono coperti dall'immunita'.
    Ed  allora  occorre  sgombrare  il campo da eventuali dubbi circa
  l'estensione  della  succitata immunita' dei consiglieri regionali:
  non  v'e'  alcun  dubbio  che il mandato elettorale dei consiglieri
  regionali  si esplica nelle attivita' svolte in seno al consiglio e
  ai  suoi  organi  (commissioni  consiliari,  ufficio di presidenza,
  ...). E' ormai pacifico, inoltre, che l'insindacabilita' si estenda
  anche  ad  attivita'  svolte  fuori  della sede consiliare, purche'
  dette  attivita'  siano  riconducibili  alla  sfera  delle funzioni
  consiliari.
    Del  resto,  non  potrebbe  che essere cosi'. La recente sentenza
  n. 320  del  2000  ha,  infatti,  espressamente  confermato  che le
  dichiarazioni  rese  ad  un quotidiano ben possono avere un preciso
  collegamento  con  l'esercizio  della  funzione  politica, giacche'
  "l'attivita'  dei  membri  delle  Camere  nello  Stato  democratico
  rappresentativo  e'  per sua natura destinata infatti a proiettarsi
  al  di  fuori  delle aule parlamentari, nell'interesse della libera
  dialettica  politica  che  e'  condizione di vita delle istituzioni
  democratico-rappresentative".
    Ed  e'  chiaro  che  siffatto  principio,  sancito per deputati e
  senatori,  trova  applicazione  anche nei confronti dei consiglieri
  regionali.  Ed  infatti,  il  conflitto di attribuzione proposto in
  relazione alle esternazioni del consigliere regionale della Regione
  Veneto   Michele   Boato   nasceva  da  dichiarazioni  (coperte  da
  insindacabilita') rese ad un organo di stampa.
    Su tale vicenda la Corte si e' pronunciata con la sentenza n. 391
  del  1999,  nella quale ha affermato che: "l'immunita' in parola si
  estende  ai  comportamenti  che,  pur  non  rientrando fra gli atti
  tipici,  siano  collegati  da  un  nesso funzionale con l'esercizio
  delle attribuzioni proprie dell'organo di appartenenza".
    Al  fine  di  inquadrare  la  vicenda  del  consigliere  Lucchini
  nell'ambito  dell'art. 122, quarto comma, pare, inoltre, necessario
  verificare l'oggetto dell'immunita', cioe' la natura dell'attivita'
  espletata   in   presenza   della   quale   si   attiva  l'istituto
  dell'insindacabilita'.  In  proposito si ricorda che tale immunita'
  ha  ad oggetto l'esercizio, da parte dei consiglieri regionali, sia
  delle  funzioni  legislative,  sia di quelle di indirizzo politico,
  nonche'  quelle  di  controllo e di autorganizzazione (Corte cost.,
  sent. n. 70 del 1985).
    Alla  luce dell'insegnamento di codesta ecc.ma Corte, e', infine,
  ormai  incontroverso che l'insindacabilita' delle opinioni espresse
  dai    consiglieri    regionali   attiene   anche   alle   funzioni
  amministrative,   poiche'   "il  criterio  di  delimitazione  della
  insindacabilita'   dei   consiglieri   regionali  sta  nella  fonte
  attributiva  della  funzione, e non nella forma degli atti, si' che
  risultano  garantite  sotto  tale  aspetto  anche  le funzioni che,
  benche'  di  natura  amministrativa,  sono  assegnate  al consiglio
  regionale  in  via  immediata  e  diretta  dalle leggi dello Stato"
  (Corte cost., sent. n. 289 del 1997).
    Una  volta  individuata  la  sede  e l'oggetto dell'attivita' dei
  consiglieri      regionali      coperte      dalla      guarentigia
  dell'insindacabilita',  pare  opportuno  verificare  l'orientamento
  della  giurisprudenza  costituzionale  relativo  al rapporto fra la
  funzione   politica  svolta  e  le  concrete  manifestazioni  delle
  opinioni  dei  consiglieri  regionali,  che  viene indicato come il
  "nesso funzionale" fra tali aspetti.
    Orbene,  tale  ricostruzione  si  rende  assolutamente necessaria
  anche  in  considerazione  della  piu'  recente  giurisprudenza  di
  codesta   ecc.ma   Corte,   la   quale   ha  piu'  volte  ricordato
  l'imprescindibile    necessita'    -   al   fine   dell'attivazione
  dell'istituto   dell'insindacabilita'   di   opinioni   e  voti  di
  parlamentari  e  consiglieri  regionali  -  della  sussistenzadi un
  preciso  "nesso funzionale" fra le dichiarazioni rese e l'attivita'
  politica   del   soggetto,   qualificabile   "non   come   semplice
  collegamento  di argomento o di contesto tra attivita' parlamentare
  e  dichiarazione,  ma  come  identificabilita'  della dichiarazione
  stessa  quale  espressione di attivita' parlamentare" (Corte cost.,
  sentenze nn. 10, 58 e 82 del 2000).
    E'  dunque  evidente  che  la Corte ha rintracciato nell'inerenza
  delle  opinioni all'attivita' politica il discrimine fra opinioni e
  giudizi  coperti  da  insindacabilita'  e semplici critiche che, al
  contrario, esulano da siffatta guarentigia.
    In  proposito, occorre infine ricordare che la Corte ha affermato
  con   chiarezza   che   "nell'ordinario   svolgimento   della  vita
  democratica  e  del  dibattito  politico  (sentenze nn. 10 e 56 del
  2000), questo - la sostanziale corrispondenza e quindi il carattere
  divulgativo  -  e' infatti il criterio che consente di identificare
  le   dichiarazioni   rese   al  di  fuori  di  quelle  attivita'  e
  ciononostante  riconducibili o inerenti alla funzione parlamentare"
  (Corte cost., sent. n. 320 del 2000).
    Ma  veniamo  al  caso  di  specie. Come e' stato anticipato nella
  parte  in  "Fatto", il consigliere Lucchini rilasciava l'intervista
  oggetto  dell'informazione di garanzia della procura di Mantova nel
  momento   in   cui  era  presidente  della  commissione  consiliare
  "Sicurezza".  Tale  commissione  si  occupava di questioni relative
  alla sanita', all'igiene, nonche' all'assistenza.
    E'  di  tutta  evidenza, dunque, che il contenuto dell'intervista
  rilasciata  al  Gazzettino di Mantova dal consigliere Lucchini e la
  sua  contestuale  istanza di verifica inoltrata al presidente della
  giunta  regionale  nonche' all'assessore alla sanita' costituiscono
  diverse   modalita'   di   esercizio   della   medesima   attivita'
  politico-istituzionale, ovvero quella di controllo, affidata sia al
  consiglio regionale nel suo complesso, sia alle commissioni, sia ai
  singoli componenti del medesimo.
    Non  e'  fuor  d'uopo ricordare, in proposito, che le commissioni
  consiliari  godono  di  ampi  poteri  di  controllo  e di vigilanza
  sull'attuazione  dei  programmi  regionali da parte della giunta ed
  altrettanti  poteri  di controllo e vigilanza sugli enti ed aziende
  dipendenti dalla regione.
    E,  dunque,  lo strettissimo nesso funzionale fra le esternazioni
  del  consigliere  Lucchini  sulla  vicenda dell'Azienda ospedaliera
  "Carlo  Poma"  di Mantova e le sue iniziative politiche nel settore
  della sanita' nella comunita' regionale lombarda si evidenzia anche
  alla luce della carica di presidente della commissione sicurezza di
  cui si e' detto sopra.
    Se  ne  deduce,  quindi, agevolmente che le opinioni espresse dal
  consigliere  Lucchini  relativamente  alla  revoca dell'incarico di
  direttore   sanitario  dell'Azienda  ospedaliera  "Carlo  Poma"  di
  Mantova  ad  opera  del  direttore  generale della stessa rientrano
  appieno nelle sue doverose iniziative politico-istituzionali.
    Dalle  considerazioni  che  precedono  risulta  evidente l'errore
  della  procura  della Repubblica presso il tribunale di Mantova, il
  quale  e'  caduto "sui confini stessi della giurisdizione e non sul
  concreto  esercizio  di essa" (sempre Corte cost., sent. n. 285 del
  1990).
    Le regioni sono, infatti, soggetti pienamente autonomi con i soli
  limiti  previsti  dalla  Costituzione, dalle leggi e dagli atti con
  forza  di legge statali; nel coerente contesto della forma di stato
  della  Repubblica  e  della  forma  di  governo  delle  regioni,  i
  consiglieri  regionali  sono  dotati di una piena irresponsabilita'
  per i voti dati e le opinioni espresse nell'esercizio della propria
  attivita'  politica non solo nell'ambito dei rapporti interorganici
  regionali,  bensi',  anche - e a maggior ragione - nel contesto dei
  rapporti intersoggettivi con lo Stato.
    Di talche', esorbita dai poteri della magistratura la facolta' di
  ingerirsi  nell'esercizio  delle funzioni politiche dei consiglieri
  regionali   e   di  sottoporre  a  giudizio  le  opinioni  espresse
  nell'esercizio delle proprie funzioni politiche.