ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 4, secondo
comma,  primo  periodo,  della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. "E"
(Legge sul contenzioso amministrativo), promosso con ordinanza emessa
il  7  luglio 1999 dal giudice istruttore presso il tribunale di Roma
nel  procedimento  civile vertente tra Franco Polidori e il Ministero
delle finanze ed altro, iscritta al n. 26 del registro ordinanze 2000
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, 1a serie
speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  d'intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 15 novembre 2000 il giudice
relatore Franco Bile;
    Ritenuto   che  con  ordinanza  del  7  luglio  1999  il  giudice
istruttore presso il tribunale di Roma - in un procedimento cautelare
promosso  da un ricorrente per la sospensione (ex art. 700 del codice
di   procedura  civile)  dell'esecutivita'  di  un  avviso  di  mora,
notificato  in  data  14 novembre 1997, con cui il concessionario del
servizio  della  riscossione lo aveva invitato al pagamento di quanto
dovuto  a  titolo di imposta di fabbricazione sugli oli minerali - ha
sollevato,  in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione,
questione  incidentale  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 4,
secondo  comma,  della legge 20 marzo 1865, n.2248, All. E (Legge sul
contenzioso   amministrativo),   nella  parte  in  cui  non  consente
all'autorita'  giudiziaria di sospendere il ruolo esattoriale emanato
per   la  riscossione  coattiva  dei  tributi  rientranti  nella  sua
giurisdizione ai sensi dell'art. 9 cod. proc. civ.,
        che,  secondo  il  giudice  rimettente, pur sussistendo nella
specie  i  presupposti  per  l'emissione  del provvedimento d'urgenza
richiesto,   e'   di  ostacolo  alla  concessione  del  provvedimento
cautelare il citato art. 4, secondo comma, della legge 20 marzo 1865,
n. 2248,  All.  E,  che fa divieto al giudice ordinario di revocare o
modificare un atto amministrativo;
        che  tale  impedimento confliggerebbe con l'art. 3 Cost., per
il   trattamento   ingiustificatamente   differenziato   tra  tributi
rientranti  nella  competenza giurisdizionale del giudice tributario,
per   i   quali  il  potere  cautelare  di  sospensione  e'  previsto
espressamente  dall'art. 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1992,
n. 546  (Disposizioni  sul  processo  tributario  in attuazione della
delega  al  Governo  contenuta  nell'art.  30 della legge 30 dicembre
1991, n. 413), e tributi rientranti ancora nella residuale competenza
del  giudice  ordinario,  per  i  quali  invece  tale  potere  non e'
previsto;
        che  sarebbero  violati altresi' l'art. 24 della Costituzione
(perche'  la  mancanza  della  tutela cautelare compromette la stessa
effettivita'   della  tutela  giurisdizionale)  e  l'art.  113  della
Costituzione  (in  ragione  della  ritenuta  limitazione dei mezzi di
impugnazione  degli  atti  di riscossione di tributi rientranti nella
giurisdizione del giudice ordinario);
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha
concluso  per  l'inammissibilita' e comunque per l'infondatezza della
questione di costituzionalita'.
    Considerato   che  il  legislatore  e'  recentemente  intervenuto
riformando  la  disciplina  della riscossione mediante ruolo (decreto
legislativo 26 febbraio 1999, n. 46) e che in particolare all'art. 29
ha  espressamente  previsto  -  per  le entrate tributarie diverse da
quelle  elencate nell'art. 2 del decreto legislativo n. 546 del 1992,
ossia   diverse   da  quelle  rientranti  nella  giurisdizione  delle
Commissioni tributarie (oltre che per le entrate non tributarie) - il
potere  del giudice competente di sospendere la riscossione per gravi
motivi,  che, nel caso di esecuzione gia' iniziata, devono concorrere
con  il  pericolo  di grave ed irreparabile danno per il contribuente
esecutato;
        che tale nuova disciplina si applica alle procedure esecutive
non  ancora in corso al 1o luglio 1999, data di entrata in vigore del
medesimo  decreto  legislativo  n. 46  del  1999  (come espressamente
contemplato dall'art. 39, comma 9, dello stesso);
        che,  pertanto,  a  partire  da  tale  data,  e'  previsto un
generale  potere  del giudice competente di sospendere la riscossione
esattoriale;
        che,  nella  specie,  il  giudice  rimettente non indica se e
quando  l'esecuzione  sia  iniziata,  non  facendo  menzione di alcun
pignoramento,  quale  atto  successivo  all'avviso  di  mora  oggetto
dell'impugnazione,  e  non  si pone il problema dell'applicabilita' o
meno  della  nuova  normativa  (art. 29 cit.), gia' vigente all'epoca
dell'ordinanza  di  rimessione e direttamente rilevante al fine della
valutazione delle censure sollevate;
        che  il  giudice  rimettente neppure considera la circostanza
che,  prima  della  data suddetta, era comunque ancora vigente l'art.
11,  comma 5, del d.l. 13 maggio 1991, n. 151, convertito nella legge
12  luglio  1991,  n. 22,  che,  nell'interpretazione  accolta  dalla
giurisprudenza  di  legittimita', rimetteva la cognizione dei ricorsi
avverso  il ruolo e gli avvisi di mora per la riscossione dei tributi
di cui all'art. 67 del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 (Istituzione del
Servizio  di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e
di  altri  enti  pubblici,  ai  sensi  dell'articolo 1, della legge 4
ottobre  1986,  n. 657)  -  tra cui le imposte di fabbricazione quale
quella  oggetto  del  giudizio  a  quo - alle Commissioni tributarie,
facoltizzate  (ex  art.  47  del  d.lgs.  n. 546  del  1992,  cit.) a
sospendere l'esecuzione dell'atto impugnato;
        che,   pertanto,   la   questione   di  costituzionalita'  e'
manifestamente  inammissibile  per  insufficiente  motivazione  sulla
rilevanza,  non  avendo il giudice rimettente motivato in ordine alla
sussistenza  o  meno dei presupposti di fatto per l'applicabilita' al
caso di specie della norma impugnata.
    Visti  gli  artt.  26,  secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.