ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 444, comma 2,
del   codice   di  procedura  penale,  promosso,  nell'ambito  di  un
procedimento  penale,  con  ordinanza  emessa  il  25 maggio 1999 dal
giudice  per  le  indagini  preliminari  del  tribunale  di  Venezia,
iscritta  al  n. 627  del  registro ordinanze 1999 e pubblicata nella
Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n. 46, 1a speciale, dell'anno
1999.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 29 novembre 2000 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari del tribunale
di  Venezia  ha  sollevato,  in  riferimento  agli artt. 3, 13, primo
comma,  25, secondo comma, 27, primo, secondo e terzo comma, 76 e 112
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art.  444, comma 2, del codice di procedura penale, "nella parte
in  cui  prevede  che il giudice applica la pena indicata dalla parte
della quale non abbia valutato e ritenuto la penale responsabilita'";
        che  il  rimettente premette di essere investito, in qualita'
di giudice dell'esecuzione, della richiesta del pubblico ministero di
revoca  della  sospensione  condizionale  della pena di dieci mesi di
reclusione  e  lire  2.600.000  di  multa,  inflitta  con sentenza di
applicazione  della pena del tribunale di Vicenza in data 22 novembre
1995  a  soggetto  al quale, con sentenza del giudice per le indagini
preliminari  del  tribunale  di  Venezia  in  data  18 novembre 1998,
divenuta  esecutiva il 4 gennaio 1999, era stata applicata, sempre ex
art. 444 cod. proc. pen., la pena di un anno e sei mesi di reclusione
per reati commessi nel giugno 1993 e nel gennaio 1994;
        che   la   seconda   sentenza  di  applicazione  della  pena,
intervenuta  nei  cinque  anni  dalla  prima  per reati anteriormente
commessi, non puo' tuttavia - a parere del rimettente - costituire il
presupposto  per  la  revoca di diritto, a norma dell'art. 168, primo
comma,  cod.  pen.,  della  precedente sospensione condizionale della
pena,  in  quanto,  sulla base della consolidata giurisprudenza delle
Sezioni   unite  della  Corte  di  cassazione,  tale  pronuncia,  non
contenendo  un  accertamento  sulla  responsabilita' dell'imputato e,
quindi,  un  giudizio  di  colpevolezza, non ha natura di sentenza di
condanna;
        che,  ad  avviso  del  rimettente, la norma impugnata, tenuto
conto di tali principi, contrasterebbe:
          con l'art. 76 Cost., in quanto la direttiva n. 45 dell'art.
2  della  legge-delega  16  febbraio  1987, n. 81, non contiene alcun
elemento  da  cui  dedurre  che il legislatore delegante abbia voluto
introdurre  nell'ordinamento  un  "nuovo  genere  di sentenza, non di
condanna e nemmeno di proscioglimento";
          con  gli artt. 13, primo comma, e 25, secondo comma, Cost.,
in  quanto,  essendo  la  liberta' personale un diritto inviolabile e
indisponibile, e posto che nessuno puo' essere punito se non in forza
di  una  legge  entrata in vigore prima del fatto commesso, a maggior
ragione  nessuno  puo'  essere  punito per un fatto "non commesso" e,
dunque,  a  nessuno  puo'  essere  applicata una pena se non e' stato
accertato che ha commesso il fatto a lui imputato;
          con  l'art.  27, primo comma, Cost., in quanto il principio
della personalita' della responsabilita' penale comporta che "nessuno
puo' essere chiamato a rispondere se non per un fatto proprio, di cui
e', davanti all'ordinamento, responsabile";
          con l'art. 27, secondo comma, Cost., in quanto il principio
della  presunzione  di non colpevolezza sino alla condanna definitiva
risulterebbe  violato ove venisse inflitta e fatta espiare una pena a
persona  di  cui  non  sia  stata accertata la responsabilita' e che,
dunque, deve presumersi non colpevole;
          con  l'art. 27, terzo comma, Cost., perche' le affermazioni
contenute  nella  sentenza  n. 313  del  1990,  con la quale la Corte
costituzionale,  in  applicazione  del  principio secondo cui le pene
devono  tendere alla rieducazione del condannato, ha stabilito che il
giudice  deve valutare la congruita' della pena indicata dalle parti,
sarebbero svuotate di significato ove la pena venisse applicata ad un
soggetto  di  cui  non  sia stata accertata la responsabilita' per il
fatto commesso;
          con   l'art.  3  Cost.,  in  quanto  viola  i  principi  di
ragionevolezza  e  di  eguaglianza  una  disciplina  che  da  un lato
comporta  l'espiazione della "pena applicata senza la concessione del
beneficio  della  sospensione",  dall'altro impedisce la revoca della
sospensione condizionale della pena precedentemente concessa;
          con l'art. 112 Cost., in quanto il fatto che la sentenza di
applicazione   della   pena   non  contenga  alcuna  affermazione  di
responsabilita'  dell'imputato comporta che l'ordinamento rinuncia ad
una    pronuncia   giurisdizionale   di   merito,   con   conseguente
vanificazione del principio di obbligatorieta' dell'azione penale;
        che,  ai  fini  della rilevanza, il rimettente precisa che la
questione,  a  differenza  di quelle, analoghe, piu' volte dichiarate
manifestamente  inammissibili  dalla  Corte  (viene  richiamata,  per
tutte,  l'ordinanza  n. 413  del  1998), non e' volta ad ottenere una
sentenza  additiva  che  integri le cause di revoca della sospensione
condizionale della pena, bensi' una pronuncia che valuti se la natura
della  sentenza  di  applicazione della pena, cosi' come intesa dalla
giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione,  sia in armonia con gli
evocati principi costituzionali;
        che  e'  intervento il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
rilevando  che  la  questione  e'  analoga  a  quella gia' dichiarata
manifestamente inammissibile con l'ordinanza n. 399 del 1997.
    Considerato  che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art.  444,  comma  2,  cod.  proc.  pen.  e' stata sollevata dal
giudice  per  le  indagini  preliminari  del  tribunale di Venezia in
funzione  di  giudice dell'esecuzione, investito di una richiesta del
pubblico  ministero  di  revoca  della sospensione condizionale della
pena ai sensi dell'art. 168, primo comma, cod. pen;
        che  nella  fase  dell'esecuzione  sono prive di rilevanza le
questioni  aventi  a  oggetto  norme  che  attengono  al  giudizio di
cognizione  (v.  sentenze  n. 208  del 1987 e n. 18 del 1978, nonche'
ordinanze  n. 14  del 2000, n. 143 del 1999 e n. 437 del 1997), quale
e'  appunto  nel  caso  di specie la norma censurata, di cui ha fatto
definitiva  applicazione  il  giudice  della cognizione, pronunciando
sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti;
        che  la questione di costituzionalita' va pertanto dichiarata
manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt.  26,  secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.