ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  55, quarto
comma,  della  legge  4 novembre 1965, n. 1213 (Nuovo ordinamento dei
provvedimenti   in  favore  della  cinematografia),  come  modificato
dall'art.  12  del d.l. 14 gennaio 1994, n. 26 (Interventi urgenti in
favore  del  cinema),  convertito  in  legge  1o  marzo  1994, n. 153
(Conversione  in  legge, con modificazioni, del d.l. 14 gennaio 1994,
n. 26, recante interventi urgenti in favore del cinema), promossi con
due  ordinanze  emesse  il  3  marzo  2000  dal tribunale di Roma, 7a
sezione   civile,   nei   procedimenti   civili   vertenti   tra   TV
Internazionale   S.p.A.   e  il  Garante  per  la  radiodiffusione  e
l'editoria,  iscritte  ai nn. 389 e 390 del registro ordinanze 2000 e
pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, 1a serie
speciale, dell'anno 2000.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 13 dicembre 2000 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto  che  il  tribunale  di  Roma,  7a  sezione  civile,  in
composizione  monocratica,  con  due  ordinanze emesse in altrettanti
giudizi  il  3  marzo  2000,  ha  sollevato questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  55,  quarto  comma, della legge 4 novembre
1965,  n. 1213  (Nuovo  ordinamento dei provvedimenti in favore della
cinematografia), in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione;
        che  i  giudizi  a  quibus  hanno  ad  oggetto le opposizioni
avverso  due  ordinanze-ingiunzioni,  con  le quali il Garante per la
radiodiffusione  e  l'editoria  ha  irrogato  nei  confronti  di  una
societa'  che gestisce un'impresa audiovisiva sanzioni amministrative
pecuniarie  per  avere  trasmesso sette film anteriormente al decorso
del  termine  di ventiquattro mesi dalla loro prima uscita nelle sale
cinematografiche italiane;
        che  le ordinanze di rimessione, di contenuto sostanzialmente
coincidente, premettono che la questione sollevata sarebbe rilevante,
in  quanto  in  entrambi  i  giudizi  gli accordi per la cessione dei
diritti televisivi sulle opere trasmesse dall'opponente, stipulati in
deroga  al  termine  di  cui  all'art.  55,  primo comma, della legge
n. 1213 del 1965, non risultano sottoscritti anche dalle associazioni
maggiormente  rappresentative delle categorie interessate, cosi' come
dispone la norma impugnata;
        che, ad avviso dei rimettenti, l'art. 55, quarto comma, della
legge  n. 1213  del 1965 - nel testo modificato dall'art. 12 del d.l.
14  gennaio  1994,  n. 26  (Interventi urgenti in favore del cinema),
convertito  con  modificazioni  nella  legge  1o  marzo  1994, n. 153
(Conversione  in  legge, con modificazioni, del d.l. 14 gennaio 1994,
n. 26,  recante  interventi  urgenti  in  favore del cinema) -, nella
parte  in  cui  prevede  la  possibilita'  di  derogare al divieto di
sfruttamento da parte delle emittenti televisive delle opere filmiche
anteriormente  al  decorso  del  termine  previsto  dal  primo  comma
attraverso  accordi  tra  i  titolari  dei  diritti  di  produzione e
distribuzione  delle  opere  filmiche,  le  imprese  audiovisive e le
associazioni maggiormente rappresentative delle categorie interessate
e   i  rappresentanti  delle  imprese  audiovisive,  si  porrebbe  in
contrasto con gli artt. 3 e 41 della Costituzione;
        che,  secondo  i  giudici a quibus la norma impugnata sarebbe
irragionevole,  in  quanto  dispone  che le associazioni maggiormente
rappresentative  delle  categorie  interessate sono "parte necessaria
degli   accordi   di  cessione  dei  diritti  in  deroga  ai  termini
legislativamente   stabiliti",  ma  non  identifica  quali  siano  le
categorie  interessate; non precisa quali siano e come debbano essere
identificate  dette  associazioni;  non  stabilisce  quali  siano  le
modalita'   ed  i  contenuti  del  loro  intervento  nella  procedura
negoziale  e,  in tal modo, introdurrebbe "un vincolo vuoto, privo di
contenuto  oggettivo e soggettivo, in relazione ai suindicati accordi
in  deroga",  a causa della "mancata previsione di qualsiasi criterio
di  determinazione  dei  parametri  soggettivi  ed  oggettivi di tale
coinvolgimento",   che   renderebbe  la  norma  censurata  inadeguata
rispetto allo scopo avuto di mira dal legislatore;
        che   inoltre,  ad  avviso  dei  rimettenti,  anche  se  puo'
ritenersi  giustificata  una  disciplina  della materia finalizzata a
realizzare  il  controllo  e l'indirizzo della liberta' di iniziativa
economica  nel  mercato  televisivo  e  cinematografico,  l'eccessiva
genericita'  della  norma  impugnata  violerebbe anche la liberta' di
iniziativa  economica  delle  imprese  audiovisive e dei titolari dei
diritti di produzione e distribuzione cinematografica;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  in
entrambi  i  giudizi,  con  distinti  atti  di  contenuto  pressoche'
identico,  chiedendo  che la questione sia dichiarata inammissibile e
comunque infondata;
        che,  ad  avviso  della difesa erariale, la questione sarebbe
irrilevante,  poiche'  il  suo  eventuale accoglimento non renderebbe
validi gli accordi di cessione dei diritti di sfruttamento televisivo
e,  quindi,  non  determinerebbe  il  venire meno del presupposto per
l'applicazione delle sanzioni;
        che,  secondo  l'interveniente,  la  questione,  nel  merito,
sarebbe  infondata,  in  quanto il legislatore potrebbe emanare norme
"generali",  il  cui  contenuto  va  identificato  facendo ricorso ai
consueti  canoni  ermeneutici  ed  alla prassi applicativa, mentre il
riferimento   alle   categorie   interessate   ed  alle  associazioni
maggiormente rappresentative non renderebbe generico ed indeterminato
il vincolo in esame, trattandosi di concetti appartenenti da tempo al
lessico  giuridico  corrente  e  di  applicazione diffusa nel diritto
sindacale.
    Considerato  che  i  giudizi hanno ad oggetto la stessa norma, in
riferimento  agli  stessi  parametri,  sicche' essi vanno riuniti per
essere decisi con un'unica pronuncia;
        che entrambi i giudici impugnano, in riferimento agli artt. 3
e 41 della Costituzione, l'art. 55, quarto comma, della legge n. 1213
del 1965 - nel testo modificato dall'art. 12 del d.l. n. 26 del 1994,
convertito  con modificazioni nella legge n. 153 del 1994 nella parte
in  cui,  nel  prevedere  la  possibilita'  di derogare al divieto di
sfruttamento da parte delle emittenti televisive delle opere filmiche
-  anteriormente  al  decorso  del  termine  previsto dal primo comma
attraverso accordi stipulati tra i titolari dei diritti di produzione
e  distribuzione  delle  opere  filmiche,  le imprese audiovisive e i
rappresentanti delle imprese audiovisive, dispone che a detti accordi
debbano    partecipare    anche    le    associazioni    maggiormente
rappresentative delle categorie interessate;
        che,  anteriormente  alle  ordinanze di rimessione - entrambe
emesse  il 3 marzo 2000 - l'art. 2 della legge 30 aprile 1998, n. 122
ha  espressamente  abrogato  la norma impugnata (comma 7), stabilendo
inoltre  che,  "con  regolamento  da  emanarsi ai sensi dell'art. 17,
comma   2,   della   legge   23  agosto  1988,  n. 400,  su  proposta
dell'autorita'  di Governo competente in materia di spettacolo, fatte
salve   le   competenze   dell'Autorita'   per   le   garanzie  nelle
comunicazioni  (...) di concerto con il Ministro delle comunicazioni,
sono  disciplinate  le  modalita' di sfruttamento dei film italiani e
stranieri da parte delle emittenti televisive" (comma 8);
        che   successivamente,   ma   sempre  in  data  anteriore  ai
provvedimenti di rimessione, la delibera 16 marzo 1999 dell'Autorita'
per  le  garanzie  nelle  comunicazioni, ha altresi' disposto che "lo
sfruttamento   televisivo   delle   opere   cinematografiche  avviene
esclusivamente  nel rispetto dei periodi eventualmente concordati tra
l'emittente ed i titolari dei diritti" (art. 6);
        che,  secondo  la consolidata giurisprudenza di questa Corte,
qualora   anteriormente   alla   proposizione   della   questione  di
costituzionalita'  la  norma  impugnata  sia  stata  abrogata  e  sia
intervenuta una nuova disciplina della materia, il giudice rimettente
ha  l'onere di specificare in modo rigoroso i motivi della perdurante
rilevanza  della  questione (tra le piu' recenti, ordinanze n. 28 del
2000; n. 213 del 1999; n. 162 del 1999);
        che  il  tribunale  di  Roma  non  ha invece assolto siffatto
onere,  in  quanto entrambe le ordinanze di rimessione non contengono
nessun  riferimento  e  nessuna  valutazione  in ordine all'eventuale
incidenza  sulla  questione proposta della abrogazione espressa della
norma  sottoposta  all'esame di costituzionalita' e dell'introduzione
di una nuova disciplina;
        che,   pertanto,   deve   essere   dichiarata   la  manifesta
inammissibilita' della questione.
    Visti  gli  artt.  26,  secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.