Ricorso   della   Regione  Liguria,  in  persona  del  presidente
  pro-tempore  della  giunta  regionale,  rappresentato  e difeso per
  mandato  a margine dagli avv.ti Carlo A. Pedemonte e Barbara Baroli
  dell'avvocatura  regionale,  ed  elettivamente  domiciliato in Roma
  presso gli uffici di Piazza Madama n. 9.
    Contro  la  Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del
  presidente  pro-tempore,  rappresentata  e  difesa  dall'Avvocatura
  dello  Stato  per  la declaratoria di illegittimita' costituzionale
  degli  artt. 1,  commi  1,  2,  3 e 4, lett. a), e 6 della legge 24
  novembre  2000,  n. 340, pubblicata lo stesso giorno nella Gazzetta
  Ufficiale  n. 275, recante: "Disposizioni per la delegificazione di
  norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi".
    Nella  Gazzetta  Ufficiale  -  serie  generale  -  n. 275  del 24
  novembre 2000 e' stata pubblicata la legge 24 novembre 2000, n. 340
  recante:  "Disposizioni  per  la  delegificazione di norme e per la
  semplificazione   di   procedimenti   aniministrativi.   Legge   di
  semplificazione   1999",   come   da   errata-corrige  del  titolo,
  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 279 del
  29 novembre 2000.
    Alcune   delle   disposizioni   contenute   nella   citata  legge
  n. 340/2000 appaiono gravemente illegittime, in quanto lesive della
  competenza   legislativa  regionale  garantita  dalla  Costituzione
  secondo le seguenti argomentazioni in

                            D i r i t t o

    1. - Motivo.
    I  commi  1, 2, 3 e la lettera a) del comma 4, nella parte in cui
  sostituisce  il comma 2 dell'articolo 20 della legge 15 marzo 1997,
  n. 59,  dell'articolo 1, della legge n. 340 citata sono illegittimi
  per contrasto con gli articoli 117 e 118 della Costituzione.
    I  commi  1,  2  e  3  dell'articolo  1  della  legge n. 340, che
  disciplinano   la   delegificazione   e   la   semplificazione  dei
  procedimenti  e  degli adempimenti amministrativi individuati negli
  allegati  A e B, e la lettera a) del comma 4 del medesimo articolo,
  la  quale  dispone  che  "nelle  materie di cui all'articolo 117, i
  regolamenti  di  delegificazione  trovano  applicazione solo fino a
  quando  la  Regione  non  provveda  a disciplinare autonomamente la
  materia  medesima",  intervengono  sul rapporto tra fonti normative
  con  specifico  riferimento  a quello intercorrente tra regolamenti
  delegati  di  semplificazione  e  competenze  normative  regionali,
  riconosciute e garantite dell'articolo 117 della Costituzione.
    L'elenco   dei   procedimenti  allegato  alla  legge  n. 340/2000
  comprende,   infatti,   procedimenti   riservati   alla  competenza
  legislativa delle Regioni.
    Si  ritiene  che  la  competenza  del  Governo all'emanazione dei
  regolamenti   delegati  di  semplificazione  debba  necessariamente
  essere  circoscritta  alle  materie  di  competenza statale mentre,
  nelle   materie  attribuite  alla  competenza  regionale  ai  sensi
  dell'articolo  117  della  Costituzione,  i  relativi  procedimenti
  potranno  essere  semplificati solo dal legislatore regionale sulla
  base di principi stabiliti dal legislatore ordinario.
    Tale  assunto  e'  suffragato dalla consolidata giurisprudenza di
  codesta  Corte, che gia' con la sentenza n. 465 del 1991, decidendo
  sul ricorso concernente gli articoli 19 e 20 della legge n. 241 del
  1990,  ha  stabilito  che "i regolamenti governativi in questione -
  quand'anche  caratterizzati  dalla  speciale  efficacia propria dei
  regolamenti   c.d.   "delegati"   -  non  risultano  legittimati  a
  disciplinare,   per   la  naturale  attribuzione  delle  competenze
  normative  tra  Stato  e Regioni desumibile dall'articolo 117 della
  Costituzione,    le    materie    di    spettanza    regionale   e,
  conseguentemente, neppure i procedimenti amministrativi attinenti a
  tali   materie.   Se   e'   vero,   infatti,  che  il  procedimento
  amministrativo  non  coincide con uno specifico ambito materiale di
  competenza,  in  quanto modo di esercizio delle competenze, e' vero
  anche  che  la  disciplina  dei  vari  procedimenti  dovra'  essere
  affidata  a  fonti  statali  o a fonti regionali, a seconda che gli
  stessi  attengano  all'esercizio  di  competenze  materiali proprie
  dello  Stato  o delle Regioni: e questo tanto piu' ove si consideri
  la   connessione   naturale   esistente   tra   la  disciplina  del
  procedimento  e  la  materia  dell'organizzazione;  connessione che
  conduce a individuare nella regolamentazione ad opera della Regione
  dei procedimenti amministrativi di propria competenza un corollario
  della  competenza  regionale,  richiamata  nell'articolo  117 della
  Costituzione,  concernente  l'ordinamento degli uffici e degli enti
  dipendenti della regione". (Corte cost., sentenza n. 465 del 1991).
    Il  richiamo  testuale  alla  motivazione  della  decisione e' di
  particolare   interesse,  per  avere  codesta  Corte  stabilito  un
  importante  punto  fermo nel riconoscere la competenza regionale in
  ordine alla disciplina dell'attivita' amministrativa.
    La  linea  interpretativa  tracciata nella sentenza riportata, e'
  stata,  recentemente  ribadita  con  la  sentenza  n. 408 del 1998,
  concernente  la  questione  di legittimita' dell'articolo 20, commi
  1-7  della  legge  n. 59  del 1997, ove codesta Corte ha dichiarato
  infondata  la questione, sulla base di argomentazioni perfettamente
  in linea con la precedente giurisprudenza citata.
    Si  e',  infatti,  affennato  che  "fermo  il valore di principio
  legittimamente  vincolante per i legislatori regionali, dei criteri
  indicati  nell'articolo  20,  comma  4,  quale  che  sia  il  senso
  attribuibile  all'affermazione  -  invero  non  perspicua - per cui
  "tali  disposizioni  (quelle  contenute  nei  commi  da  1  a 6 del
  medesimo  articolo  20)"  operano  direttamente  nei riguardi delle
  Regioni  fino  a quando esse non avranno legiferato in materia" non
  e'  possibile  attribuire  ad  essa  un  significato che riguardi o
  comprenda  l'attitudine  di  future  norme  regolamentari statali a
  disciplinare  materie  di  competenza  regionale"  (punto  28 della
  sentenza n. 408/1999).
    Al  riguardo,  infine, e' necessario rilevare come, sino ad oggi,
  siano  stati  inseriti  negli  elenchi  previsti da alcune leggi di
  semplificazione   (legge  n. 537/1993;  legge  n. 59/1997  e  legge
  n. 50/1999) procedimenti amministrativi di competenza delle Regioni
  cui  ha  fatto,  talvolta,  seguito  l'approvazione  governativa di
  regolamenti delegati di semplificazione.
    Ebbene, alcuni di tali regolamenti:
        o  sono  stati  annullati da codesta Corte (v., ad es., sent.
  n. 69  del  1995  con  cui  e'  stato  annullato  il regolamento di
  semplificazione  dei  procedimenti  amministrativi  di approvazione
  degli    enti    autonomi   fieristici   vigilati   dal   Ministero
  dell'industria del commercio e dell'artigianato)
        o non sono stati registrati dalla Corte dei conti, che in due
  occasioni  ha  sollevato  questione  di legittimita' costituzionale
  delle  relative  norme  (ordinanza.  n. 598 del 1999 nella Gazzetta
  Ufficiale  n. 43  del  27  ottobre 1999 e ordinanza n. 689 del 1999
  nella Gazzetta Ufficiale del 22 dicembre 1999).
    Si  ritiene, pertanto, alla luce dell'orientamento interpretativo
  chiaramente  manifestato  da  codesta  Corte,  che  in  materia  di
  semplificazione  -  laddove  si  verta  in  materie  di  competenza
  regionale - lo Stato possa soltanto formulare, indirizzi e principi
  generali, e conseguentemente che le disposizioni legislative citate
  in   epigrafe   realizzino   una   illegittima  compressione  della
  competenza legislativa regionale garantita e tutelata dall'articolo
  117   della  Costituzione.  E  vero,  infatti,  che  i  regolamenti
  govemativi non possano disciplinare materie di competenza regionale
  e che lo strumento della delegificazione non puo' operare per fonti
  tra le quali vi e' un rapporto di competenza e non di gerarchia.

    2. - Motivo
    Illegittimita'  dell'articolo  6  della  legge n. 340/2000, nella
  parte in cui inserisce l'articolo 27-bis nel decreto legislativo 31
  marzo  1998,  n. 112 (laddove "degrada" ad attivita' istruttorie le
  competenze   delle   amministrazioni,   enti  ed  autorita'  i  cui
  procedimenti sono coinvolti nella procedura dello sportello unico),
  per  contrasto con gli articoli 5, 81, 97, 117, 118, 119, 128 e 129
  della Costituzione, nonche' con i principi di certezza del diritto,
  di chiarezza normativa e di legalita' sottesi agli articoli 70, 71,
  72, 97, 101, 111 e 113 della Costituzione.
    L'articolo   6   della   legge   n. 340,   nella   parte  in  cui
  apparentemente  introduce,  con il nuovo articolo 27-bis del d.lgs.
  n. 112/1998,  una  norma  di  per se' gia' ovvia ed implicita nella
  normativa   vigente,   effettivamente   si   propone  lo  scopo  di
  qualificare  espressamente  come  "atti  istruttori"  gli atti ed i
  provvedimenti  propri  dei  diversi enti coinvolti (Stato nelle sue
  diverse  articolazioni,  Regioni,  Province,  Enti  parco,  Aziende
  sanitarie  locali,  e cosi' via) al fine di attribuire al Comune la
  competenza sostanziale all'esercizio di tali funzioni.
    In realta', come emerso in sede di confronto presso la conferenza
  Stato-Regioni  e  presso  la  Conferenza Unificata, sembra che, con
  tale  "degradazione"  ad atti istruttori, si tenda a concentrare in
  un  unico  Ente  l'intera  potesta'  autorizzativa,  residuando  ai
  soggetti  coinvolti  prima  richiamati  (Stato, Regioni, Province e
  cosi'  via)  un  potere istruttorio "non riservato" ed "eventuale";
  come  gia',  peraltro,  puo'  essere fatto dal Comune, in forza del
  potere  di  avvalimento di cui all'articolo 24, comma 4, del d.lgs.
  n. 112/1998  (il  quale prevede che "ai fini del presente articolo,
  gli enti locali possono avvalersi, nelle forme concordate, di altre
  amministrazioni  ed  enti  pubblici,  cui  possono  essere affidati
  singoli atti istruttori del procedimento").
    Si  delinea, cosi, un quadro in cui il Comune sarebbe il titolare
  di  tutte  le  funzioni  autorizzative  relative  agli insediamenti
  produttivi,   funzioni   che   potrebbe   svolgere  direttamente  o
  avvalendosi di altri enti pubblici.
    La  linea  normativa descritta trova poi completamento e conferma
  interpretativa   nella   correlata  modificazione  al  decreto  del
  Presidente  della  Repubblica  n. 447/1998 che, nel testo approvato
  dal Consiglio dei ministri il 3 novembre 2000 e non ancora emanato,
  reitera  sistematicamente  la  soppressione  di ogni riferimento ai
  termini   "procedimentale",   "provvedimento"   "procedimento"  per
  sostituirli  con le parole "atti istruttori", al fine di perseguire
  la   totale  attribuzione  sostanziale  ai  comuni  delle  funzioni
  amministrative svolte dagli altri Enti.
    Cio'  posto, quanto alla reale portata della disposizione de qua,
  deve  evidenziarsi come essa, per i dubbi, appunto, di legittimita'
  costituzionale,  sia.  stata  oggetto  di  esplicita  richiesta  di
  modifica,  nel parere espresso dalle Regioni, in sede di conferenza
  Stato-Regioni  e  di  Conferenza Unificata, sul disegno di legge di
  semplificazione 1999 (e cioe' l'attuale legge n. 340/2000).
    Non   risulta,  per  altro  aspetto,  che  la  finalita'  sottesa
  all'articolo  6  della  legge  n. 340/2000  sia stata adeguatamente
  evidenziata  nella  relazione  al  disegno  di legge, rendendo cosi
  "occulta" la disposizione.
    L'articolo  6 pare cosi' eludere i principi di collaborazione tra
  Stato  e  regioni  e  le procedure legislative come delineate dalla
  Costituzione  ledendo cosi', per un primo profilo, gli articoli 70,
  71  e  72  della Costituzione (in connessione con gli articoli 117,
  118  e  119  Cost.,  per  gli  aspetti relativi alla garanzia delle
  potesta'  legislative  e  amministrative  della  Regione),  per gli
  aspetti relativi alla formazione delle leggi - nonche' gli articoli
  5,  128 e 129, siccome lesivo sia dei principi dell'autonomia e del
  decentramento  riconosciuti  alle  autonomie locali (art. 5), per i
  quali  sono  le  leggi generali della Repubblica che determinano le
  funzioni   dei  comuni  e  delle  province  e  non  un  insieme  di
  disposizioni   sparse,   derivanti   da  fonti  normative  diverse,
  continuamente   modificati   (art. 128),   e   sia  di  quelli  sul
  decentramento  (statale  e  regionale),  per cui sono i comuni e le
  province le circoscrizioni di esercino del medesimo (art. 129).
    L'articolo  6,  per  un  secondo  profilo,  appare  lesivo  delle
  competenze  legislative  e amministrative delle Regioni di cui agli
  articoli   117,   118  e  119,  nella  parte  in  cui  ri-conforma,
  sostanzialmente,  procedure  e  competenze  in  materie, quali sono
  quasi  tutte  quelle  riconducibili  allo  sportello  unico  per le
  imprese,  di  competenza  legislativa concorrente della Regione, ma
  altresi'  perche'  altera  la  disciplina regionale vigente, per le
  numerose  funzioni delegate alle province o alle comunita' montane,
  riconducibili  allo  sportello  unico,  in  palese violazione degli
  articoli   117,  118  e  119  citati,  incidendo  gravemente  sulla
  autonomia regionale.
    L'articolo  6, per un terzo profilo, contrasta poi con l'articolo
  81  della  Costituzione,  poiche'  attribuisce competenze ai comuni
  senza  la correlativa copertura finanziaria e, nel contempo, altera
  la  copertura gia' prevista nelle leggi e nei bilanci delle Regioni
  che  hanno  delegato numerose funzioni riconducibili allo sportello
  unico, prevedendone il relativo finanziamento.
    L'articolo  6,  infine, comporta violazione tanto dei principi di
  certezza  del  diritto  e  di  chiarezza  della normativa quanto di
  quelli   di   legalita'   e   del  buon  andamento  della  pubblica
  amministrazione  sotteso  agli  articoli 70, 71, 72, 97, 101, 111 e
  113  nella  parte  in  cui,  degradando  a  funzioni istruttorie le
  attivita'  provvedimentali  dei numerosi enti, introduce situazioni
  normative  non  chiare sia per le pubbliche amministrazioni in oggi
  titolari  delle  funzioni  - in relazione a singoli atti di rinnovo
  per   le   autorizzazioni  soggette  a  scadenza  differenziata,  a
  procedure  gia' piu' semplificate rispetto a quelle dello sportello
  unico,  ai  poteri  di  vigilanza  e  di  controllo,  ai  poteri di
  annullamento  e cosi via - sia per i cittadini e per le imprese che
  necessitano di norme chiare e certe al fine di poter legittimamente
  esercitare  i  propri  diritti  e  concorrere  allo  sviluppo della
  comunita' nazionale.