ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli articoli 10 e 147
del  regio  decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento,
del  concordato  preventivo, dell'amministrazione controllata e della
liquidazione coatta amministrativa), promosso con ordinanza emessa il
28  giugno  2000  dal  tribunale di Catanzaro nel procedimento civile
vertente  tra  la  Banca  Popolare  di Crotone e Varano Giuseppe & C.
s.n.c.,  iscritta  al  numero  650  del  registro  ordinanze  2000  e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, 1a serie
speciale, dell'anno 2000.
    Udito  nella  camera di consiglio del 14 dicembre 2000 il giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto  che il tribunale di Catanzaro, nel corso di un giudizio
per la dichiarazione di fallimento di una societa' in nome collettivo
e dei suoi soci illimitatamente responsabili, con ordinanza emessa il
28  giugno 2000, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 10
e  147  del  regio  decreto  16  marzo  1942,  n. 267 (Disciplina del
fallimento,    del    concordato   preventivo,   dell'amministrazione
controllata e della liquidazione coatta amministrativa);
        che   il   giudice   rimettente  evidenzia  che  la  societa'
resistente   nel   giudizio   a  quo,  pur  essendo  stata  posta  in
liquidazione  e  cancellata  da  oltre  un  anno  dal  registro delle
imprese,    dovrebbe    considerarsi,    secondo    una   consolidata
giurisprudenza  di legittimita', ancora in vita a causa della mancata
estinzione   di   tutti   i   debiti   precedenti   l'apertura  della
liquidazione;
        che,  conseguentemente, mentre resterebbe precluso il decorso
del  termine  annuale previsto dall'art. 10 della legge fallimentare,
dovrebbe   essere  dichiarato,  ricorrendone  nella  specie  tutti  i
presupposti, il fallimento sia della societa' che del socio unico non
receduto;
        che,  oltre  alla  menomazione  del  diritto  di  difesa,  si
verificherebbe, in tal modo, una palese disparita' di trattamento tra
l'imprenditore  individuale,  assoggettato  al  fallimento  solamente
entro  il  termine  di  un  anno  dalla  cessazione dell'attivita', e
l'impresa  sociale, sostanzialmente esposta al fallimento senza alcun
termine,  nonche' tra il socio illimitatamente responsabile receduto,
cui  il  predetto  termine si applicherebbe in virtu' della pronuncia
interpretativa  di  questa  Corte  n. 66  del  1999,  ed  il socio di
societa'  cancellata  da  oltre un anno dal registro delle imprese, a
sua volta esposto al fallimento senza limiti temporali.
    Considerato  che l'art. 10 della legge fallimentare e' gia' stato
dichiarato  costituzionalmente  illegittimo,  con sentenza n. 319 del
2000, "nella parte in cui non prevede che il termine di un anno dalla
cessazione    dell'esercizio    dell'impresa    collettiva   per   la
dichiarazione    di   fallimento   della   societa'   decorra   dalla
cancellazione della societa' stessa dal registro delle imprese";
        che   la  questione  va  pertanto  dichiarata  manifestamente
inammissibile.
    Visti  gli  artt.  26,  secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
innanzi alla Corte costituzionale.