IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE


                           Fatto e diritto

    l.  - Il ricorso, proposto da docenti universitari afferenti alla
  facolta'  di medicina e chirurgia ed in servizio presso policlinici
  universitari,  investe  vari profili della legislazione delegata di
  riforma  del  settore  sanitario: va allora definito e circoscritto
  l'oggetto  del giudizio, restando estranee allo stesso alcune delle
  argomentazioni  esposte,  in  quanto l'esame di questo giudice deve
  incentrarsi  esclusivamente  sull'oggetto diretto e immediato della
  contestazione  giudiziale,  e  cioe'  l'esercizio  dell'opzione, da
  parte  dei  sanitari  universitari,  per  l'attivita' assistenziale
  intramuraria   (definita   anche   come   "attivita'  assistenziale
  esclusiva"  o  per l'attivita' libero professionale extramuraria ai
  sensi  dell'art. 5,  commi  7  e 8, decreto legislativo 21 dicembre
  1999  n. 517,  e le conseguenze che ne derivano alla loro posizione
  di status nell'una e nell'altra ipotesi.

    2. - In  punto  di  rilevanza,  va  ricordato  che  la contestata
  opzione   e'   imposta  dall'art. 5,  commi  7  e  8,  del  decreto
  legislativo  21  dicembre 1999 n. 517 cit.: si' che, dovendosi fare
  necessariamente  applicazione delle dette disposizioni, il giudizio
  non  puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della
  questione di legittimita' costituzionale.
    D'altro   canto,   il  provvedimento  in  questa  sede  impugnato
  costituisce  puntuale applicazione delle disposizioni medesime, con
  la  conseguenza  che  l'eventuale  eliminazione  delle stesse dalla
  realta'   giuridica   determinerebbe   il   soddisfacimento   pieno
  dell'interesse sostanziale azionato.

    3. - Quanto  alla  completezza  del contraddittorio, in relazione
  all'eccepita  omessa  notifica  del  gravame  alla  regione,  basti
  considerare   che   il  ricorso  risulta  notificato  all'Autorita'
  emanante  il  provvedimento  impugnato  nonche'  ai Ministeri della
  sanita'  e  dell'Universita': il che deve ritenersi sufficiente, ai
  fini  della  rituale  instaurazione  del contraddittorio, facendosi
  nella  specie  questione,  sostanzialmente,  di  riconoscimento del
  diritto  all'esercizio  di  funzioni  caratterizzanti  (in tesi) lo
  status  del  personale  sanitario docente universitario, anche alla
  stregua  dei  princi'pi di autonomia ex art. 33 della Costituzione:
  profili,  questi,  alla cui normazione - ed al relativo giudizio di
  costituzionalita' - la regione resta in definitiva estranea.

    4. - La questione, oltre che rilevante, appare non manifestamente
  infondata;   ed   invero,  la  sezione  dubita  della  legittimita'
  costituzionale  delle norme poste a base della censurata opzione, e
  delle  disposizioni  alle  stesse  sottese  (o  comunque connesse):
  ritiene  pertanto di dover sollevare, anche d'ufficio per i profili
  non  trattati  dalla  parte  riconente,  la  relativa  questione di
  costituzionalita'  per  contrasto  con  gli articoli 3, 97, 33 e 76
  della Costituzione.

    5. - Viene in primo luogo in considerazione la norma dell'art. 5,
  comma 8, del decreto lagislativo n. 517/1999, che impone un termine
  perentorio (che sia di tale natura non sembra revocabile in dubbio,
  attese  le conseguenze derivanti dall'omesso esercizio dell'opzione
  nel  termine  fissato, previste dall'ultima parte del comma stesso)
  per  l'esercizio  dell'opzione ai sensi e per gli effetti di cui al
  comma  7:  tale  ultimo  comma  stabilisce  che  i  professori ed i
  ricercatori  universitari  afferenti  alla  facolta'  di medicina e
  chirurgia  optano  rispettivamente  per  l'esercizio  di  attivita'
  assistenziale  intramuraria ai sensi dell'articolo 15-quinquies del
  decreto   legislativo   30   dicembre   1992  n. 502  e  successive
  modificazioni  e  "secondo le tipologie di cui alle lettere a), b),
  c)  e  d) del comma 2 dello stesso articolo" ovvero per l'esercizio
  di  attivita'  libero  professionale extramuraria; tali "tipologie"
  fanno  espresso  riferimento  alle "strutture aziendali individuate
  dal  direttore generale d'intesa con il collegio di direzione", con
  cio'  ponendo  una  stretta correlazione tra l'individuazione delle
  strutture    destinate   all'attivita'   libero   professionale   e
  l'esercizio dell'attivita' medesima.
    Tale  stretta correlazione e', del resto, logico corollario della
  "compenetrazione  tra  l'attivita' sanitaria assistenziale e quella
  didattico-scientifica  dei  docenti  universitari della facolta' di
  medicina,  che operano nelle cliniche e negli istituti universitari
  di  ricovero  e  cura", che costituisce "il dato caratterizzante le
  loro  funzioni  ed  il  conseguente  stato  giuridico"  (cfr. Corte
  costituzionale 16 maggio 1997 n. 134).
    E nel senso della "inscindibilita'" delle attivita' assistenziali
  del  personale universitario da quelle di didattica e di ricerca si
  pone  anche  l'art. 5  del decreto ministeriale 31 luglio 1997, che
  reca  le  linee  guida  per  la  stipula  dei  protocolli  d'intesa
  Universita'-regioni.
    Nel  sistema  normativo  scaturente  dall'art. 5,  comma  7,  del
  decreto  lagislativo n. 517/1999 e dall'art. 15-quinquies, comma 2,
  del  decreto  lagislativo  n. 502/1992,  e' quindi configurabile un
  obbligo  dell'amministrazione di individuare le strutture aziendali
  entro  cui  va esercitata l'attivita' assistenziale intramuraria (o
  le soluzioni alternative, di cui all'art. 72, comma 11, della legge
  23 dicembre 1998, n. 448), si' da rendere concretamente disponibili
  le  strutture stesse ed i servizi (in tal senso, cfr., anche, Cons.
  Stato,  VI  sez.,  ord.za,  24  marzo 2000 n. 1431). E tale obbligo
  dell'amministrazione  e'  correlato  al  "diritto  all'esercizio di
  attivita'  libero  professionale  individuale...  nell'ambito delle
  strutture  aziendali"  (art. 15-quinquies,  punto  2,  lett. a, del
  decreto  lagislativo  30 dicembre 1992, n. 502 nel testo introdotto
  dall'art. 13  del  decreto  lagislativo  19  giugno 1999 n. 229) da
  parte dei sanitari universitari, diritto il cui esercizio sembra di
  dubbia   attuabilita'  in  assenza  della  detta  individuazione  e
  predisposizione delle strutture, non apparendo rilevante, sul piano
  della  effettivita'  del  diritto  stesso,  la mera possibilita' di
  tutela   nelle   competenti   sedi  nei  confronti  dei  funzionari
  inadempienti (ex art. 72, comma 11, della legge n. 448 del 1998).
    Se    cio'   e'   vero,   sembra   ravvisabile   una   intrinseca
  contraddittorieta',  pur  nel  medesimo  contesto normativo, tra il
  comma  8  dell'art. 5  decreto legislativo n. 517/1999 cit. - nella
  parte  in  cui  introduce  il  censurato  termine  "perentorio" per
  l'opzione,  omettendo di subordinare o comunque correlare l'opzione
  medesima alla concreta disponibilita' delle strutture - ed il comma
  7, nella parte in cui (rinviando alle tipologie di cui alle lettere
  a),  b), c), d), comma 2, art. 15-quinquies del decreto legislativo
  n. 502/1992    e    successive    modificazioni)   fa   riferimento
  all'individuazione   delle   strutture  medesime,  con  conseguente
  configurabilita',  per tale profilo, di un'ipotesi di contrasto tra
  la  censurata  disposizione  dell'art.  5,  comma  8,  del  decreto
  legislativo  n. 517/1999;  sub-specie di manifesta irragionevolezza
  ed  intrinseca  contraddittorieta'  col sistema normativo in cui si
  colloca  e l'art. 3 Cost. - inteso come generale canone di coerenza
  e    ragionevolezza    dell'ordinamento    (Corte    costituzionale
  n. 204/1982)  -  nonche' col principio di buon andamento ex art. 97
  Cost.:   quest'ultimo,  in  particolare,  sotto  il  profilo  della
  mancanza  di  proporzionalita'  dei mezzi prescelti dal legislatore
  delegato  rispetto  alle  esigenze  obiettive  da soddisfare o alle
  finalita'  da  perseguire, nonche' sotto il profilo della razionale
  organizzazione dei servizi.
    Appare  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
  costituzionalita'  dell'art. 5,  comma  8,  del decreto legislativo
  n. 517/1999  nella  parte  in cui, imponendo di compiere una scelta
  entro  un  termine  perentorio,  e attribuendo alla mancata opzione
  dell'interessato  un  significato  legale  tipico (equivalenza alla
  scelta  per  l'attivita' assistenziale esclusiva), non condiziona o
  correla l'esercizio dell'opzione alla concreta disponibilita' delle
  strutture, per contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione
  sotto i profili indicati.

    6. - Il   collegio  dubita  nel  contempo  della  conformita'  ai
  parametri costituzionali ex art. 33 della Costituzione dell'art. 5,
  comma  7,  del  decreto legislativo n. 517/1999, nella parte in cui
  impone  la  detta  opzione  relativamente  al  personale  sanitario
  universitario,  in  uno  con le disposizioni allo stesso sottese (o
  comunque  connesse,  art. 5 commi da 1 a 6 e da 8 a 11, e art. 3 in
  parte qua) in quanto sembra porsi ex se - indipendentemente, cioe',
  dal   profilo   della   necessita'  di  prescrizione  della  previa
  individuazione  delle  strutture  -  altresi'  in  contrasto con il
  principio  dell'autonomia  universitaria nel perseguimento dei fini
  istituzionali didattici e scientifici.
    Stabilisce  il  comma  7  cit.  che  "l'opzione  per  l'attivita'
  assistenziale  esclusiva e' requisito necessario per l'attribuzione
  ai  professori e ricercatori universitari di incarichi di direzione
  di struttura nonche' dei programmi di cui al comma 4".
    A  tacere della incidenza sullo stato giuridico degli interessati
  di  una  prescrizione  siffatta,  giusta  altresi'  le  conseguenze
  derivanti  alla posizione degli stessi (cfr., in particolare, commi
  4,  5  e 6 dello stesso art. 5), certo e' che i programmi di cui al
  comma   4,   infra   o  interdipartimentali,  sono  dichiaratamente
  finalizzati   "alla  integrazione  delle  attivita'  assistenziali,
  didattiche  e di ricerca, con particolare riguardo alle innovazioni
  tecnologiche  ed  assistenziali,  nonche'  al  coordinamento  delle
  attivita'  sistematiche  di  revisione  e valutazione della pratica
  clinica ed assistenziale".
    La  preclusione  della attribuzione della responsabilita' e della
  gestione  dei  detti  programmi  per  i  sanitari  universitari non
  optanti  per  l'attivita'  assistenziale esclusiva appare con tutta
  evidenza  lesiva di quel principio di compenetrazione tra attivita'
  sanitaria   assistenziale   e  attivita'  didattica  e  di  ricerca
  scientifica,  che  costituisce dato caratterizzante l'attivita' dei
  sanitari  universitari  e che trova tutela (anche) nei princi'pi di
  autonomia didattico-scientifica postulati dall'art. 33 Cost..
    Ma  la  stessa  opzione per l'attivita' assistenziale esclusiva -
  tra  l'altro irretrattabile, a norma del comma 10 dell'art. 5 cit.,
  fatta  eccezione  per  limitate  specifiche ipotesi - non sembra in
  linea con i princi'pi di autonomia didattico-scientifica ex art. 33
  Cost..
    L'opzione comporta l'assoggettamento dell'attivita' assistenziale
  del   sanitario  universitario  alle  determinazioni  organizzative
  assistenziali  del direttore generale dell'azienda ospedaliera (sia
  pure  d'intesa  col  rettore  o  su  proposta  del  responsabile di
  struttura  complessa;  in particolare, commi 1, 2, 5, 6 dell'art. 5
  cit.): dell'adempimento delle attivita' assistenziali - che pur "si
  integrano" con quelle di didattica e di ricerca a norma del comma 2
  dell'art.  5  -  il  personale  universitario  risponde  al  (solo)
  direttore  generale,  ai sensi dello stesso comma; l'attribuzione e
  la  revoca  degli incarichi di struttura semplice e degli incarichi
  di  natura  professionale  e'  disposta  dal  direttore generale su
  proposta del responsabile della struttura complessa di appartenenza
  del  sanitario  (comma  6);  l'incarico  di  direzione di struttura
  complessa  e'  attribuito (e revocato) dal direttore generale sulla
  base  di  (mera)  intesa  con  il  rettore,  ai  sensi  del comma 5
  (analogamente  a  quanto disposto per il direttore del dipartimento
  ad attivita' integrata dall'art. 3, comma 4).
    Ne discende la possibile incidenza delle dette determinazioni del
  direttore  generale  sulle  attribuzioni  in materia didattica e di
  ricerca riservate all'istituzione universitaria (anche per cio' che
  concerne  l'attivita' di programmazione di tali aspetti); la stessa
  collocazione  funzionale assistenziale per effetto della esercitata
  opzione  - rimessa, in definitiva, al direttore generale - ben puo'
  incidere,  in concreto, sulla liberta' d'insegnamento (si pensi, in
  particolare,  all'attribuzione di un incarico assistenziale che non
  consenta  un'adeguata  e  proficua  utilizzazione  di  strutture  e
  personale  per  esigenze  di  didattica  e ricerca nel quadro della
  programmazione del dipartimento).
    L'attivita'  di insegnamento appare, in sostanza, suscettibile di
  condizionamenti   in   relazione  alle  determinazioni  in  materia
  assistenziale  di  un  direttore  generale  che  ha  come obiettivo
  gestionale  essenzialmente  la  realizzazione  di  un  progetto  di
  assistenza  sanitaria  ospedaliera,  e  non  certo  di un programma
  universitario scientifico-didattico.
    Cio'  in  presenza  di  una  posizione  "marginale" assegnata dal
  sistema    normativo    in    esame   agli   organi   istituzionali
  dell'Universita'  in  materia  di coordinamento degli interessi che
  sono   propri   dell'autonomia   dell'istituzione   (id   est,   di
  insegnamento e ricerca scientifica), posizione non bilanciata dalla
  previsione  di  partecipazione  (recte,  intesa)  del  rettore alla
  nomina  del  direttore  del  dipartimento ad attivita' integrata ex
  art. 3  comma  4,  quale  centro  di  collegamento  tra assistenza,
  didattica e ricerca.
    Se  e' vero, infatti, che tale organismo e' concepito in funzione
  del  detto  necessario coordinamento, e' pur vero che gli interessi
  istituzionali    dell'Universita'   restano   comunque   ampiamente
  condizionati    dalle   scelte   gestionali   del   direttore   del
  dipartimento: e cio' in termini di programmazione, organizzazione e
  gestione  dell'attivita'  di  insegnamento  e  di  aggiornamento  e
  ricerca  scientifica,  che  la  Costituzione  assegna primariamente
  all'autonomia dell'universita' stessa.
    Ed  invero, a tacer d'altro, il direttore del dipartimento assume
  la  responsabilita' gestionale nei confronti del direttore generale
  in ordine alla razionale e corretta programmazione e gestione delle
  risorse  assegnate per la realizzazione degli obiettivi attribuiti,
  tenendo  "anche"  conto della necessita' di soddisfare le peculiari
  esigenze  connesse  alle  attivita'  didattiche e scientifiche, con
  cio'  conferendo,  nelle  scelte  decisionali, priorita' ai profili
  dell'assistenza  rispetto a quelli della ricerca e della didattica,
  in  violazione,  altresi',  del disposto dell'art. 6 lett, b) della
  legge delega (vedasi al riguardo il successivo punto 7), laddove si
  intende  "assicurare"  lo svolgimento delle attivita' assistenziali
  "funzionali  alle  esigenze  della  didattica e della ricerca", con
  inversione,  quindi,  del processo logico postulato dal legislatore
  delegante.
    Quanto   sopra   fa  dubitare,  anche,  in  via  derivata,  della
  conformita'  al  dettato  costituzionale  delle  norme  in  tema di
  organizzazione interna delle aziende, di cui all'art. 3 del decreto
  legislativo  cit.,  per  i  riflessi  sulla  posizione dei sanitari
  optanti per l'attivita' assistenziale esclusiva, nella parte in cui
  non  prevedono  una  partecipazione  diretta di organi universitari
  alle  scelte  decisionali  in  tema di collegamento tra assistenza,
  didattica e ricerca.
    Sembra  quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
  costituzionalita'  dell'art. 5,  comma  7,  del decreto legislativo
  n. 517/1999  e delle norme ad esso sottese, o comunque connesse, in
  parte  qua  (art. 5,  commi  da  1  a  6 e da 8 ad 11 e art. 3) per
  contrasto con l'art. 33 Cost..

    7. - La  normativa  delegata  in  materia di opzione dei sanitari
  universitari  non  sembra  inoltre avere compiutamente realizzato -
  attese  le  evidenziate  incongruenze  del sistema - il disegno del
  legislatore  delegante  in  ordine  alla  "coerenza fra l'attivita'
  assistenziale  e  le  esigenze  della  formazione  e della ricerca"
  (art. 6,  lett.  b), c), della legge 30 novembre 1998 n. 419, anche
  in relazione a quanto sopra esposto).
    E  ben  vero  che la normativa medesima si occupa di tale profilo
  laddove  si  prevede  -  come  gia'  ricordato  al  punto  6  - una
  organizzazione  dipartimentale  al  fine  di assicurare l'esercizio
  integrato  delle  attivita'  assistenziali, didattiche e di ricerca
  (art. 3)  anche sotto l'aspetto della utilizzazione delle strutture
  assistenziali;  ma  sembra  al  collegio  che debba ragionevolmente
  dubitarsi  della  effettivita'  della  richiesta  "coerenza" tra le
  dette  esigenze e l'attivita' assistenziale (oltre che per i motivi
  gia'   illustrati)  in  presenza  di  un  espresso  disposto  della
  legislazione  delegata  che non consente al sanitario universitario
  non    optante   per   l'attivita'   assistenziale   esclusiva   la
  preposizione, non solo alla direzione di strutture, con conseguente
  impossibilita'  di  impostazione  dei  programmi, delle modalita' e
  degli specifici contenuti della ricerca scientifica, ma addirittura
  ai  programmi  espressamente  finalizzati  alla "integrazione delle
  attivita'  assistenziali,  didattiche e di ricerca, con particolare
  riguardo alle innovazioni tecnologiche ed assistenziali".
    E  tale  limite  di legge non puo' essere posto nel nulla neppure
  dal   sistematico  rinvio  a  futuri  (ed  incerti  nei  contenuti)
  protocolli d'intesa.
    D'altro canto, non puo' esservi "coerenza" tra i detti profili se
  il  sistema e' "sbilanciato" verso la primaria considerazione delle
  esigenze  assistenziali;  ne'  il  legislatore delegato si e' mosso
  nell'ottica  di un rafforzamento dei processi di collaborazione tra
  Universita' e Servizio sanitario nazionale ex art. 6 lett, a) della
  legge  delega,  se  e'  vero  che  l'autonomia  dell'Universita' ne
  risulta    ampiamente    "sacrificata",    giusta    le   pregresse
  considerazioni.
    Non  sembra  altresi' che la delega ex art. 6 lett. c) cit. abbia
  ad  oggetto  anche  la  modificazione  dello  stato  giuridico  del
  personale  sanitario  universitario:  nel  momento  in cui si va ad
  alterare, quantomeno per il personale universitario non optante per
  l'attivita'  assistenziale  esclusiva,  il  quadro  di  ragionevole
  compenetrazione  fra  attivita'  didattico-scientifica  e attivita'
  assistenziale,  siccome consolidato anche dal complessivo andamento
  della pluriennale legislazione in materia, si va invero ad incidere
  in  modo sostanziale sulla particolare connotazione della posizione
  dei sanitari universitari, che costituisce il "dato caratterizzante
  le   loro  funzioni  ed  il  conseguente  stato  giuridico"  (Corte
  costituzionale n. 134/1997 cit.).
    L'art. 6  della  legge  delega,  alla  lett. c), si e' limitato a
  demandare   al   legislatore   delegato   l'emanazione  di  "idonee
  disposizioni  in  materia di personale" nel quadro dell'esigenza di
  assicurare  la "coerenza" fra l'attivita' assistenziale e quella di
  formazione  e  ricerca, e non ha inteso assolutamente consentire lo
  stravolgimento  dello stato giuridico dei sanitari universitari: ed
  invero,  l'oggetto  della  delega  e'  espressamente  e chiaramente
  definito nella prima parte del comma 1, laddove la delega stessa e'
  intesa   all'emanazione  di  decreti  legislativi  specificatamente
  "volti  a  ridefinire i rapporti tra Servizio sanitario nazionale e
  universita'";   ed  in  tali  limiti  deve  mantenersi  l'attivita'
  normativa del legislatore delegato.
    Ne'  e' riferibile ai professori e ricercatori universitari - sia
  per  la  collocazione  sistematica  della norma che per il richiamo
  inequivoco   al  "solo  personale  della  dirigenza  sanitaria"  in
  servizio  al  31  dicembre  1998  -  il  criterio  direttivo di cui
  all'art. 2  lett.  q)  della legge n. 419/1998 cit., in ordine alla
  previsione di modalita' per pervenire all'esclusivita' del rapporto
  di lavoro quale scelta individuale.
    Sembra  pertanto ipotizzabile il contrasto della norma di opzione
  (e delle norme sottese o connesse, gia' sopra indicate) anche con i
  canoni costituzionali ex art. 76 Cost..

    8. - Per  le  considerazioni  che  precedono, va conseguentemente
  sollevata  la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5,
  comma  8,  del  decreto  lagislativo  21  dicembre  1999 n. 517 per
  contrasto  con gli articoli 3 e 97 Cost.; dell'art. 5, comma 7, del
  decreto  lagislativo n. 517/1999 per contrasto con gli artticoli 33
  e  76  Cost.;  nonche'  dell'art. 5,  commi da 1 a 6 e da 8 a 11, e
  dell'art. 3 del decreto legislativo n. 517/1999 cit., in parte qua,
  per contrasto con gli articoli 33 e 76 Cost..
    Va  disposta,  pertanto,  la  trasmissione  degli atti alla Corte
  costituzionale,  con  conseguente sospensione del giudizio ai sensi
  dell'art. 23  della  legge  11  marzo  1953 n. 87, per la pronuncia
  sulla legittimita' costituzionale delle suindicate norme.