IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso R.G.R. n. 3316/2000 proposto da Trombetta Francesco e Nicoletti Maria Annunziata, rappresentati e difesi dagli avv. Marcello Bologna e Sergio Guerrizio ed elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo in Torino, via Brofferio, 3, come da mandato a margine del ricorso; Contro il Comune di Domodossola, in persona del sindaco in carica, non costituito in giudizio; per l'annullamento previa sospensione dell'esecuzione, dell'ordinanza dirigenziale 26 settembre 2000, n. 159, prot. n. 15529, di riduzione in pristino della destinazione d'uso direzionale di un immobile, con avvertimento che in caso di inottemperanza l'immobile verra' acquisito gratuitamente al patrimonio comunale; per quanto necessario, delle relazioni di sopralluogo in data 25 maggio 2000; di tutti gli atti antecedenti, presupposti, conseguenziali e comunque connessi; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa; Relatore il referendario Bernardo Baglietto; udito inoltre all'udienza camerale del 21 dicembre 2000 l'avv. Sergio Guerrizio per i ricorrenti, ritenuto e considerato in Fatto e diritto Considerato che il provvedimento impugnato intima ai ricorrenti la riduzione in pristino della modifica di destinazione d'uso da dirigenziale ed abitativa di un appartamento compreso in un caseggiato realizzato in base ad un Piano Esecutivo Convenzionato. Considerato avverso il progetto preliminare del nuovo PRGC l'impresa costruttrice aveva presentato osservazioni, chiedendo la modifica del PEC in base al quale stava costruendo l'edificio ed in particolare chiedendo l'assenso a destinare ad uso residenziale tutto il primo piano, originariamente destinato ad uso dirigenziale; Considerato che le dette osservazioni sono state accolte dal consiglio comunale con deliberazione 20 luglio 2000; Considerato che l'edificio venne realizzato con alcune difformita', in relazione alle quali tutti i condomini (compresi i ricorrenti) hanno congiuntamente presentato domanda di concessione edilizia in sanatoria a sensi dell'art. 13 legge 28 febbraio 1985, n. 47; Considerato che i ricorrenti, per quanto cofirmatari della domanda di sanatoria, riconoscono che la domanda stessa non specificava quali dei diversi appartamenti compresi nel caseggiato fossero stati oggetto di cambiamento di destinazione d'uso e che in particolare fra questi non era espressamente menzionato l'appartamento di loro proprieta'; Ritenuto pertanto che allo stato degli atti detto cambiamento non appare ritualmente assentito dal comune; Considerato che e' comunque pacifico che esso e' avvenuto senza l'esecuzione di opere di trasformazione dei locali; Considerato tuttavia che nell'ambito della Regione Piemonte costituisce variazione essenziale ex art. 8 legge 28 febbraio 1985, n. 47, rispetto al progetto assentito con la concessione - e quindi intervento a sua volta soggetto a concessione ulteriore - anche il cambiamento di destinazione d'uso da direzionale a residenziale, ancorche' eseguito senza lavori (art. 8 legge regionale 8 luglio 1999, n. 19); Considerato che tale disposizione appare in contrasto con il principio generale stabilito dall'art. 25 legge 28 febbraio 1985, n. 47, a norma del quale la variazione della destinazione d'uso degli immobili, se eseguita senza opere edilizie, puo' essere soggetta tuttalpiu' a semplice autorizzazione; Considerato che questo tribunale, con ordinanza 12 novembre 1992, aveva gia' sollevato l'analoga questione di legittimita' dell'art. 48 legge regionale 6 dicembre 1977, n. 56 (che assoggettava a concessione edilizia i mutamenti di destinazione d'uso di immobili di volume superiore a 700 mc., anche se eseguiti senza opere), in relazione all'art. 117 Cost. e che la Corte costituzionale, con sentenza interpretativa 29-31 dicembre 1993, n. 498, ha dichiarato la questione inammissibile, rilevando che la norma dell'art. 25 legge 28 febbraio 1985, n. 47, essendo successiva e gerarchicamente sovraordinata, aveva implicitamente abrogato quella regionale con essa confliggente; Considerato peraltro che la legge regionale 8 luglio 1999, n. 19 e' a sua volta successiva alla citata legge 28 febbraio 1985, n. 47, per cui nel caso in esame non puo' farsi applicazione degli stessi principi enunciati nella sentenza costituzionale sopra ricordata; Ritenuto pertanto che la questione come sopra sollevata non appare manifestamente infondata e che essa e' altresi' rilevante, in quanto dalla sua risoluzione dipende la legittimita' o meno del provvedimento ripristinatorio impugnato nel giudizio di merito, che e' precluso se l'intervento non puo' effettivamente ritenersi soggetto a concessione edilizia; Ritenuto percio' opportuno disporre la sospensione del giudizio con conseguente trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione della detta questione; Ritenuto che, stante il pericolo di danni gravi e irreparabili derivanti dall'esecuzione coattiva del provvedimento impugnato ed in particolare dal prosieguo del procedimento sanzionatorio, sussistono i presupposti per disporre la sospensione dell'esecutorieta' del provvedimento impugnato fino alla definizione della questione di costituzionalita' come sopra sollevata (Cons. St., Ad. Plen., ord. 20 dicembre 1999, n. 2; Cons. St., VI, ord. 24 marzo 2000, n. 1431);