IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente sentenza sul ricorso n. 5518/1995 reg. gen., proposto da Bianco Vito Antonio ed altri, (v. elenco allegato) rappresentati e difesi dall'avv. Arturo Marzano ed elettivamente domiciliati presso il medesimo in Roma, via Sabotino n. 45; Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, nei cui uffici e' domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Per l'accertamento del diritto a percepire gli interessi e la rivalutazione monetaria sulle somme loro liquidate ai sensi dell'art. 4, comma 8 della legge n. 312/1980; E per la condanna al pagamento di quanto dovuto dalla data di scadenza di ciascuna mensilita' fino a quella dell'effettivo pagamento; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Alla pubblica udienza del 14 giugno 2000 data per letta la relazione del magistrato cons. Germana Panzironi e uditi i procuratori delle parti, avv. Marzano ed avv. Sclafani; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o I ricorrenti, dipendenti dell'Avvocatura generale dello Stato, deducono di essere destinati dalle norme di cui alla legge n. 312/1980, la quale ha apportato modifiche all'ordinamento dei dipendenti civili dello Stato, prevedendo in particolare, il superamento del precedente assetto, basato sull'inquadramento del personale in profili professionali e sulla sovraordinazione gerarchica delle carriere. La citata legge n. 312 ha, tra l'altro, disciplinato nei primi articoli il passaggio al nuovo ordinamento, prevedendo all'art. 4 una fase di primo inquadramento, consistente nell'inserimento nelle qualifiche funzionali, ai soli fini retributivi, sulla base della qualifica posseduta precedentemente, ed un'altra fase, di vero e proprio inquadramento funzionale. Il legislatore ha previsto che le due fasi anzidette dovessero avere la decorrenza 1o gennaio 1978, ai fini giuridici, e del 1o luglio 1978, ai fini economici. La legge prevedeva, inoltre, che le amministrazioni avrebbero dovuto portare a termine le operazioni di definitivo inquadramento entro un anno dall'entrata in vigore della medesima e, quindi, entro il 13 luglio 1981. Tuttavia soltanto di recente agli interessati e' stato attribuito il profilo professionale e la conseguente qualifica funzionale. Per effetto di dette operazioni i ricorrenti sono stati posti retroattivamente in una qualifica funzionale immediatamente superiore a quella originariamente attribuita, maturando di conseguenza il diritto a percepire le relative somme a titolo di arretrati retributivi ed anche il diritto a percepire su tali emolumenti interessi corrispettivi e rivalutazione monetaria. L'amministrazione ha pero' corrisposto ai medesimi, i benefici derivanti dal predetto inquadramento retroattivo con notevole ritardo sia in relazione al termine fissato dalla legge n. 312/1980, sia anche con riguardo alla data dei decreti cumulativi di reinquadramento, senza procedere al necessario pagamento degli interessi e della rivalutazione dalla data di spettanza. Pertanto, i ricorrenti hanno richiesto il pagamento degli accessori, senza, tuttavia, ricevere alcuna risposta dall'amministrazione. Tanto premesso, poiche' allo stato i loro diritti non sono stati soddisfatti, gli istanti propongono ricorso deducendo la violazione e falsa applicazione di legge e l'eccesso di potere sotto vari profili. L'amministrazione ha pagato con grave ritardo le somme derivanti dal c.d. ricompattamento, senza corrispondere, su tali somme, gli interessi e la rivalutazione monetaria spettanti. La citata legge prevedeva che le operazioni di identificazione dei profili professionali dovessero avvenire entro dodici mesi dall'entrata in vigore della stessa, fissando, quindi, un termine ben preciso per far ottenere ai dipendenti il dovuto inquadramento. Nel caso in esame, tuttavia, cio' non si e' verificato, essendo trascorsi molti anni prima che le procedure fossero definite. Dal momento che l'obbligazione di cui si discute ha natura pecuniaria, ritengono i ricorrenti, che l'amministrazione, in quanto debitrice, debba corrispondere gli interessi e la rivalutazione, a decorrere dalla data di nascita del credito principale. Tale data e' identificabile con la data stabilita dalla legge n. 312 per la decorrenza degli effetti economici dell'inquadramento e, in subordine, dalla data di entrata in vigore della legge medesima. Sostengono gli istanti che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, gli atti adottati dalla commissione paritetica all'uopo costituita, sono atti di natura meramente ricognitiva, dovendosi far risalire alla lettere della legge gli effetti dell'inquadramento, poiche' essa stessa stabilisce i criteri da seguire nella revisione dell'assetto giuridico ed economico del pubblico impiego, e, pertanto, gli accessori sarebbero dovuti quanto meno dalla data di entrata in vigore della legge n. 312. Successivamente alla proposizione del gravame, nelle more del giudizio, e' entrata in vigore la legge n. 448/1998 che ha statuito che le somme corrisposte al personale del comparto ministeri e per effetto dell'inquadramento ex lege n. 312/1980 "non danno luogo a interessi ne' rivalutazione monetaria", recando norme in grado di incidere direttamente sulla controversia, in quanto afferenti l'oggetto principale del gravame. Con ordinanza n. 631 del 15 giugno 1999, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 46, questo tribunale ha sollevato questione di legittimita' costituzionale della norma della legge n. 448/1998 (legge finanziaria per il 1999), per violazione degli artt. 3, 36, primo comma, 97, primo comma, della Costituzione, avendo introdotto nella fattispecie il legislatore una norma che, da una parte viola il principio di parita' dei cittadini con riguardo ad una fattispecie che e' comune a tutti i crediti di lavoro, ledendo anche la regola della proporzionalita' tra retribuzione e prestazione lavorativa, dall'altra si pone in contrasto con il principio di buon andamento ed imparzialita' della p.a. con l'elusione dell'obbligo del ristoro economico per tardiva erogazione. Si e' costituita in giudizio l'amministrazione intimata chiedendo il rigetto dei ricorsi siccome infondati ed eccependo la prescrizione dei crediti per il periodo anteriore al quinquennio che precede la sua notifica. All'udienza del 14 giugno 2000 la causa e' stata trattenuta in decisione. Il collegio ha ritenuto di pronunciarsi parzialmente sulla questione relativa alla prescrizione, rimettendo la questione di legittimita' costituzionale a separata ordinanza. D i r i t t o La questione posta a base delle controversie in esame concerne il problema del riconoscimento del diritto alla percezione degli interessi e della rivalutazione monetaria, riferiti ai benefici, conseguenti al reinquadramento disposto dall'art. 4, comma 8, della legge n. 312/1980, tardivamente corrisposti. Su tale problematica si e' ormai formata una giurisprudenza consolidata del giudice amministrativo che riconosce il diritto alla percezione degli accessori, in presenza di una tardiva corresponsione delle somme dovute. Senonche', al riguardo, la legge finanziaria per l'anno 1999, legge n. 448/1998, all'art. 26, commi 4 e 5, ha specificatamente disposto, con una norma definita di interpretazione autentica, che "le somme corrisposte al personale del comparto Ministeri per effetto dell'inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali ai sensi dell'art. 4, comma 8, della legge n. 312/1980 e le somme liquidate sui trattamenti pensionistici in conseguenza dell'applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991 non danno luogo ad interessi e rivalutazione monetaria", ed inoltre che "fatta salva l'esecuzione dei giudicati alla data di entrata in vigore della presente legge, le somme corrisposte in difformita' da quanto disposto dal comma 4 sono considerate a titolo di acconto sui trattamenti economici e pensionistici in essere e recuperate con i futuri miglioramenti comunque spettanti sui trattamenti stessi". Tale norma afferma, quindi, modificando retroattivamente la disciplina in materia attraverso la forma di disposizione autentica, che i dipendenti pubblici non hanno mai avuto diritto a percepire interessi e rivalutazione monetaria relativamente ai soli crediti di lavoro derivanti dall'applicazione del citato art. 4, senza alcuna razionale spiegazione al riguardo. Come in precedenza esposto, il tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza n. 631 del 15 aprile 1999, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26, commi 4 e 5, della legge n. 448/1998 per violazione degli artt. 3, primo comma, 36, primo comma e 97, primo comma della Costituzione. La questione posta a base dei presenti ricorsi e' del tutto analoga a quella trattata nella citata ordinanza, ed anche in questo caso il collegio ne ravvisa la rilevanza nei giudizi in corso. Questo collegio ritiene di aderire alle argomentazioni poste a base dell'ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale della citata norma dell'art. 26, commi 4 e 5, della legge n. 448/1998, poiche' tale disposizione introduce una nuova disciplina che sembra contrastare, in relazione all'art. 3, primo comma, della Costituzione, con il principio di parita' tra i cittadini in relazione alla particolare fattispecie relativa alla corresponsione degli interessi e della rivalutazione monetaria dei crediti di lavoro, qualora liquidi ed esigibili. La norma appare in contrasto, inoltre, con l'art. 36 della Costituzione, in quanto lesiva del principio di proporzionalita' tra retribuzione e prestazione lavorativa, giacche' le somme di cui viene esclusa l'idoneita' a produrre interessi e rivalutazione sono di natura retributiva e si riferiscono a benefici erogati dalla p.a. con notevole ritardo, incidendo, quindi, sul diritto riconosciuto dalla Costituzione a che il lavoratore abbia una retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' del lavoro svolto. Nella fattispecie, inoltre, non viene rispettato il principio dell'art. 97 della Costituzione, poiche' si consente ad un soggetto pubblico, quale e' la p.a., che ha corrisposto con notevole ritardo somme previste da una legge, la legge n. 312/1980, la possibilita' di eludere in concreto l'obbligo conseguente dell'attribuzione del ristoro economico, in favore dei dipendenti interessati. I giudizi, pertanto, vanno sospesi in attesa della soluzione da parte della Corte costituzionale della sollevata questione di legittimita' costituzionale della norma dell'art. 26, commi 4 e 5, della legge n. 448/1998, in relazione agli artt. 3, 36, primo comma e 97, primo comma della Costituzione.