ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1-bis
del  d.l.  18 ottobre  1995,  n. 432 (Interventi urgenti sul processo
civile  e  sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990,
n. 353,  relativa  al  medesimo  processo),  convertito  dalla  legge
20 dicembre  1995,  n. 534  (Conversione in legge, con modificazioni,
del  d.l.  18 ottobre  1995,  n. 432,  recante interventi urgenti sul
processo   civile   e   sulla   disciplina  transitoria  della  legge
26 novembre  1990,  n. 353,  relativa al medesimo processo), promosso
con  ordinanza  emessa il 13 marzo 2000 dal giudice istruttore presso
il  tribunale  di Lecce nel procedimento civile vertente tra Miraglia
Rosario  ed  altra  contro  Quarta  Agostino,  iscritta al n. 294 del
registro  ordinanze  2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 23 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 25 ottobre 2000 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che il giudice istruttore presso il tribunale di Lecce,
con  ordinanza  emessa  il  13 marzo  2000, ha sollevato questione di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 4,  comma  1-bis,  del  d.l.
18 ottobre  1995,  n. 432  (Interventi  urgenti sul processo civile e
sulla  disciplina  transitoria  della legge 26 novembre 1990, n. 353,
relativa  al  medesimo  processo), convertito dalla legge 20 dicembre
1995,  n. 534  (Conversione  in  legge,  con modificazioni, del d.-l.
18 ottobre  1995,  n. 432,  recante  interventi  urgenti sul processo
civile  e  sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990,
n. 353,  relativa  al medesimo processo) - che ha sostituito il primo
comma  dell'art. 181  del codice di procedura civile ripristinando il
testo  in  vigore  prima della novella di cui all'art. 16 della legge
26 novembre  1990,  n. 353  (Provvedimenti  urgenti  per  il processo
civile);
        che  ad avviso del rimettente la disposizione impugnata viola
l'art. 111  della  Costituzione,  cosi'  come  modificato dall'art. 1
della  legge  costituzionale  23 novembre 1999, n. 2 (Inserimento dei
principi  del giusto processo nell'art. 111 della Costituzione) ed in
particolare il principio della ragionevole durata dei processi;
        che  il  giudice  a  quo - investito della trattazione di una
causa  civile  nella  quale  entrambe le parti non sono comparse alla
prima  udienza  -  rileva  che  il  nuovo  testo  dell'art. 111 della
Costituzione ha reso costituzionalmente sindacabili anche gli aspetti
intrinseci  e  funzionali  della  giurisdizione,  i  quali secondo la
giurisprudenza  di  questa  Corte  non  erano  scrutinabili  in  base
all'art. 97 Cost;
        che  secondo  il  rimettente  la  norma  impugnata causerebbe
una maggior  durata di tutti i procedimenti civili, sia di quelli nei
quali la mancata comparizione delle parti avrebbe consentito (in base
alla   norma   introdotta   dalla   novella   del  1990)  l'immediata
cancellazione della causa dal ruolo, sia di tutti gli altri processi,
che  devono essere fissati ad udienze piu' lontane nel tempo, appunto
a  causa  del  carico  di lavoro rappresentato dai procedimenti per i
quali e' stata fissata la nuova udienza ex art. 181 cod. proc. civ;
        che,  ad  avviso del rimettente, e' comunque assai ridotto il
numero  delle  cause nelle quali le parti, rimaste assenti alla prima
udienza, compaiono all'udienza successiva;
        che il giudice a quo assume infine che la modifica introdotta
dal  decreto  legge  del 1995 - ad evitare che, anche per un semplice
disguido,  le  parti  debbano  subire la sanzione della cancellazione
immediata  della  causa dal ruolo - ha ripristinato uno strumento non
necessario  e  inefficace, essendovi comunque un anno di tempo per la
riassunzione  della  causa,  non  essendo  tutelata  la parte che non
compare  per  gravi  motivi  - poiche' l'ordinanza del giudice non e'
reclamabile o revocabile - e non essendo quindi garantita una maggior
tutela  del  diritto  di  difesa  delle  parti determinandosi anzi un
allungamento ingiustificato della durata dei processi civili;
        che    e'    intervenuto   nel   giudizio   di   legittimita'
costituzionale    il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo alla Corte di dichiarare la questione infondata;
        che  l'Avvocatura, dopo aver ricordato che analoghe questioni
di  legittimita'  costituzionale della norma in esame - sollevate con
riferimento   al   diverso   parametro   di   cui  all'art. 97  della
Costituzione  -  sono  gia'  state  dichiarate infondate dalla Corte,
rileva  come  la  norma  risponda  alla  ratio di evitare che assenze
casuali  alle udienze provochino l'emissione di un provvedimento - la
cancellazione  immediata  della causa dal ruolo - che darebbe luogo a
oneri processuali, relativi alla riassunzione della lite, gravosi per
le parti;
        che,  osserva ancora la difesa erariale, non vi sarebbe alcun
conflitto  della  norma  denunciata  con  il novellato art. 111 della
Costituzione  -  ed  in  particolare  con  il  principio della durata
ragionevole  del  processo  -  perche',  in  forza dell'art. 81 delle
disposizioni  di  attuazione del codice di procedura civile, la nuova
udienza   dovrebbe   essere   fissata  entro  quindici  giorni  dalla
precedente;
        che rileva infine l'Avvocatura come il rimettente abbia posto
a  base  dell'ordinanza  considerazioni attinenti alla gestione delle
risorse  umane e materiali della giustizia, e cioe' profili di ordine
organizzativo   rimessi  alla  discrezionalita'  del  legislatore  ed
estranei alla garanzia di cui all'art. 111 Cost.
    Considerato  che  il  giudice  istruttore  presso il tribunale di
Lecce  dubita  della  legittimita'  costituzionale dell'art. 4, comma
1-bis  del  d.l.  18 ottobre  1995,  n. 432  (Interventi  urgenti sul
processo   civile   e   sulla   disciplina  transitoria  della  legge
26 novembre  1990, n. 353, relativa al medesimo processo), convertito
con  modificazioni  dalla legge 20 dicembre 1995, n. 534 (Conversione
in  legge,  con  modificazioni,  del  d.-l.  18 ottobre 1995, n. 432,
recante  interventi  urgenti  sul  processo civile e sulla disciplina
transitoria   della  legge  26 novembre  1990,  n. 353,  relativa  al
medesimo  processo)  - che ha sostituito il primo comma dell'art. 181
del  codice di procedura civile ed ha reintrodotto il testo in vigore
prima  della  modifica apportata dall'art. 16 della legge 26 novembre
1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile);
        che  secondo  il giudice a quo la norma violerebbe l'art. 111
della  Costituzione,  cosi'  come  modificato dall'art. 1 della legge
costituzionale  23 novembre 1999, n. 2 (Inserimento dei princi'pi del
giusto  processo  nell'art. 111  della  Costituzione) poiche' darebbe
luogo  ad  un  adempimento  -  la  necessita',  in  caso  di  mancata
comparizione  delle  parti  alla  prima udienza, di fissare una nuova
udienza  della  quale  la  cancelleria  deve  dare  avviso alle parti
costituite  -  tale  da  non  assicurare  la  ragionevole  durata dei
processi civili;
        che  questa  Corte  ha  gia'  esaminato  altre  questioni  di
legittimita' costituzionale della stessa norma oggi impugnata, allora
sollevate  in  relazione,  tra gli altri, al diverso parametro di cui
all'art. 97  Cost.,  ritenendole manifestamente infondate poiche' "il
legislatore,  nel  regolare  il  funzionamento  del processo, dispone
della  piu'  ampia  discrezionalita', sicche' le scelte concretamente
compiute  sono sindacabili soltanto ove manifestamente irragionevoli"
e che "i lamentati inconvenienti di fatto derivanti dall'applicazione
di  norme  non  possono  costituire  unico fondamento di questioni di
legittimita' costituzionale" (ordinanza n. 7 del 1997);
        che   l'introduzione   nella  Costituzione  del  nuovo  testo
dell'art. 111  non produce modifiche all'orientamento di questa Corte
sul  punto,  dal  momento  che  l'esigenza  di  garantire  la maggior
celerita'  possibile  dei  processi  deve tendere ad una durata degli
stessi  che sia, appunto, "ragionevole" in considerazione anche delle
altre tutele costituzionali in materia, in relazione al diritto delle
parti di agire e difendersi in giudizio garantito dall'art. 24 Cost;
        che  il  legislatore  continua  quindi  a disporre della piu'
ampia discrezionalita' in materia, pur essendo vincolato a scelte che
non  siano  prive  di  una valida ragione, ora anche sotto il profilo
della durata dei processi;
        che  la  scelta di prevedere, in caso di mancata comparizione
delle  parti  all'udienza civile, la fissazione entro quindici giorni
dalla  precedente  di una nuova udienza con avviso da dare alle parti
costituite,  non  puo'  di per se' importare una durata irragionevole
del  processo;  e  ancora  che  la  diversa soluzione prospettata dal
rimettente  -  la  cancellazione immediata della causa dal ruolo, con
eventuale  riassunzione  della  stessa a cura di parte entro l'anno -
non  importa  di  per  se'  una  accelerazione  dei  processi  civili
provocando   inconvenienti  di  segno  contrario  ai  quali  aggiunge
l'inevitabile maggior costo del processo per le parti;
        che  gli  altri  inconvenienti  prospettati dal giudice a quo
concernono  aspetti  organizzativi  della  giustizia  ma  non toccano
profili di legittimita' costituzionale della norma impugnata;
        che   percio'   la   questione  sollevata  e'  manifestamente
infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.