IL TRIBUNALE

    Sciogliendo  la riserva espressa alla udienza del 26 luglio 2000,
osserva quanto segue.
    La  vicenda  che  ha  interessato  il  ricorrente  e portato alla
emanazione  nei  suoi  confronti  del decreto di espulsione prende le
mosse   dal   rigetto   della   domanda   di   sanatoria   presentata
dall'interessato  ai  sensi  del  d.P.C.m.  16 ottobre 1998, motivata
dalla  carenza  di prova circa l'ingresso in Italia in data anteriore
al 27 marzo 1998.
    A  seguito  di  questo  provvedimento  di  rigetto, impugnato dal
ricorrente  avanti  al  giudice  amministrativo,  che  ha respinto la
domanda  cautelare  di sospensione del provvedimento, e' stato emesso
il  decreto  di espulsione, motivato dall'ingresso del ricorrente nel
territorio  italiano  avvenuto  con  la  sottrazione  ai controlli di
frontiera  e  dalla  permanenza  in  Italia in assenza di permesso di
soggiorno.
    Il  primo  motivo  di  opposizione  e'  costituito  dalla mancata
previsione, da parte della autorita' che ha emanato il provvedimento,
degli  opposti  interessi  considerati  dalla  normativa  in materia,
quello  legato  a  principi  di  accoglienza  e solidarieta', per cui
situazioni,  come  quella del ricorrente, di occupazione lavorativa e
disponibilita'  di  un  alloggio,  dovrebbe  trovare risposte diverse
dalla  espulsione,  e  quello collegato a esigenze di controllo delle
frontiere  e  regolamentazione  dei  flussi di ingresso, per cui deve
essere  disposta  l'espulsione  degli stranieri che contravvengono le
norme dettate in questa specifica materia.
    In  realta', il dato normativo non consente di ritenere esistente
un  potere  discrezionale  del prefetto in materia di espulsioni, nel
senso   che,   accertato  il  verificarsi  dei  presupposti  previsti
dall'art. 13  TU  di  cui al d.lgs. n. 286/1998 (d'ora in avanti TU),
l'emanazione del decreto di espulsione deve considerarsi automatica.
    In  questo  senso va fatto riferimento non solo alla formulazione
letterale  della norma e dalla differenza tra la previsione del primo
comma,  che,  relativamente alla espulsione disposta dal ministro per
motivi  di  ordine pubblico o di sicurezza, prevede espressamente che
l'espulsione  "puo'" essere disposta, e quella del secondo comma, che
invece   si   esprime   in   termini  di  automatismo  e  assenza  di
discrezionalita'  ("l'espulsione  e' disposta dal prefetto") ma anche
alla  interpretazione della giurisprudenza di legittimita' menzionata
dal  ricorrente,  nella  cui  motivazione e' chiaro il riferimento al
carattere  automatico  della  espulsione  prevista  dal secondo comma
dell'art. 13 (cfr. cass. 23 giugno 1999 n. 6374).
    Si  tratta  peraltro  di una lettura compatibile con le finalita'
del  provvedimento  espulsivo,  che  consegue  all'accertamento della
violazione delle norme dettate in materia di ingresso e permanenza in
Italia, evitando valutazioni caso per caso con una sostanziale delega
alle  prefetture  della  gestione  della immigrazione e con rischi di
gestione  non  unitaria  e frammentata nel territorio a seconda delle
esigenze specifiche della zona di riferimento.
    La natura vincolata del decreto di espulsione del prefetto non e'
contraddetta  dall'obbligo  di  motivazione,  ove si consideri che la
motivazione  ha  lo  scopo di assicurare la verifica della congruenza
tra presupposti e conclusioni adottate dalla autorita' competente.
    In  questo  senso,  si ritiene estraneo all'ambito di valutazione
demandato   al  prefetto  il  giudizio  di  non  meritevolezza  dello
straniero a permanere nel territorio dello stato.
    In  questo  senso,  anche  la motivazione della sentenza della SC
richiamata  dalla difesa del ricorrente riferisce tale valutazione ad
un  momento  diverso da quello preso in considerazione dal ricorso, e
piu  precisamente  sul piano della interpretazione della norma per le
ipotesi di espulsione motivata dal ritardo nella richiesta di rinnovo
del permesso di soggiorno, nel senso di tenere conto delle differenti
situazioni  che  originano la fattispecie della omessa richiesta e la
distinguono da quella del semplice ritardo.
    La  situazione  prospettata  dal  ricorrente  conduce  tuttavia a
evidenziare  aspetti  della disciplina dettata dal TU che contrastano
con  principi  costituzionali, incidendo in modo ingiustificato sulla
effettivita' dell'esercizio di diritti costituzionalmente garantiti.
    In  realta',  e'  proprio  l'automaticita'  della  emanazione del
decreto  di  espulsione che impedisce di tenere conto dei principi di
solidarieta'  e  accoglienza che costituiscono l'approccio principale
del sistema normativo, che affronta il tema della immigrazione non in
termini  di  ordine  pubblico  ma  valorizzando  l'inserimento  e  il
riconoscimento   di  diritti  fondamentali  e  di  partecipazione  ai
cittadini  stranieri  che  non  si pongono in contrasto con il nostro
ordinamento.
    In  questo  senso,  la  mancata  previsione  di attenuazioni alla
automaticita'  della  espulsione  nonostante  il  cittadino straniero
abbia  dimostrato  una situazione che ne legittimerebbe la permanenza
in  Italia,  viene  a  contrastare  con  i  principi  di solidarieta'
enunciati  dall'art. 2  della Costituzione, con quello di uguaglianza
enunciato  dall'art. 3  della  Costituzione,  per  cui  il  cittadino
straniero  in  possesso dei requisiti per la concessione del permesso
di  soggiorno  al  momento  della pronuncia del decreto di espulsione
subisce  un  trattamento  diverso  e peggiore rispetto a colui che si
trova  nella  stessa  situazione  di fatto ma ha a monte il titolo di
permanenza.
    In   questo  modo,  l'espulsione  automatica  viene  ad  incidere
direttamente  su  altri  diritti costituzionalmente garantiti, come i
diritti  che  spettano  a  ogni lavoratore in forza di un rapporto di
lavoro  subordinato,  che  lo straniero espulso verrebbe pregiudicati
(si   pensi   alle   implicazioni  degli  art. 35  e  seguenti  della
Costituzione   sugli  specifici  diritti  alla  retribuzione  o  alla
stabilita'  del posto di lavoro, compromessi a causa della espulsione
e   del   divieto   di  rientro  nel  territorio  italiano  ai  sensi
dell'art. 11 commi 13 e 14 TU).,
    Si  ritiene  che  il  contrasto  tra  la  norma  richiamata  e le
disposizioni  costituzionali non possa essere superato attraverso una
interpretazione  adeguatrice, non sussistendo margini per una lettura
diversa  da  quella  che  si  e'  data nella prima parte del presente
provvedimento.
    La  questione di costituzionalita' si presenta rilevante nel caso
di  specie,  considerando  che  il  ricorrente  e'  nel  possesso dei
requisiti  abitativi  e di lavoro che ne legittimerebbero il regolare
ingresso  nel  territorio  dello  Stato  ai  sensi  dell'art. 4  e il
successivo  rilascio  del  permesso di soggiorno ai sensi dell'art. 5
TU.