IL TRIBUNALE Vista l'istanza di patteggiamento in atti, avanzata dall'imputato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento nel giudizio di opposizione al decreto penale di condanna e ritenuto: che analoga istanza di patteggiamento (sia pure in termini diversi) era gia' stata avanzata dall'imputato unitamente all'atto di opposizione a decreto penale di condanna, ai sensi del primo comma dell'art. 557 c.p.p.; che tale precedente istanza era stata respinta dal g.i.p. anche in virtu' del dissenso manifestato dal p.m. circa la pena richiesta dall'imputato; che l'art. 557, comma 2, c.p.p. fa divieto all'imputato di chiedere il patteggiamento (cosi' come il giudizio abbreviato e l'oblazione) nel giudizio conseguente all'opposizione; che, peraltro, il divieto di chiedere il patteggiamento in tale fase non sembra escludere la possibilita' di reiterare la richiesta laddove - come nel caso di specie - la stessa sia stata proposta tempestivamente, vale a dire contestualmente all'atto di opposizione; che, tuttavia, tale possibilita', pur prevista per altri tipi di giudizio (giudizio ordinario, giudizio direttissimo e giudizio immediato), nel procedimento davanti al tribunale in composizione collegiale, dall'art. 448 c.p.p. (richiamato, per il procedimento davanti al giudice monocratico, dall'art. 556, comma 1, c.p.p.), non e', invece, disciplinata da nessun'altra norma, ne' per il procedimento collegiale, ne' per quello monocratico (nel quale la mancata previsione investe anche tutto l'ambito dei procedimenti a citazione diretta); che la mancata inclusione, da parte dell'art. 448 c.p.p. e, conseguentemente, dell'art. 556, comma 1, c.p.p. (cosi' come la omessa previsione di analogo istituto nell'art. 464 c.p.p., richiamato dall'art. 557, comma 3, c.p.p.), dell'opposizione a decreto penale di condanna, nel novero dei riti nei quali e' consentita la reiterazione davanti ad altro giudice, cioe' quello del dibattimento, della richiesta di patteggiamento precedentemente dissentita dal p.m. o respinta dal g.i.p., costituisce una ingiustificata disparita' di trattamento tra imputati, determinata esclusivamente dalla scelta del rito operata dalla pubblica accusa; che, infatti, due soggetti, imputati dello stesso fatto, possono o meno usufruire della possibilita' di vedere esaminata la propria richiesta di patteggiamento da due giudici diversi (con il secondo addirittura dotato del potere di accogliere l'istanza anche in presenza di dissenso del p.m., ancor prima di celebrare il dibattimento) a seconda che il p.m. titolare dell'azione penale abbia deciso di promuovere, nel rispetto delle condizioni previste, da un lato, il rito ordinario, quello direttissimo o quello immediato ovvero, dall'altro lato, il procedimento per decreto; che, nel primo caso, infatti, ai sensi dell'art. 448 c.p.p., l'imputato puo' chiedere, nei tempi prescritti per ciascun tipo di procedimento, il patteggiamento della pena; ma, nell'ipotesi di dissenso del p.m. o di rigetto della richiesta da parte del g.i.p. puo' rinnovare la richiesta davanti al giudice del dibattimento, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado; se il giudice la ritiene fondata, pronuncera' immediatamente sentenza; altrimenti si procedera' al dibattimento davanti ad altro giudice (per via dell'incompatibilita' determinata dal rigetto della richiesta di patteggiamento, conseguente alla pronuncia n. 186 del 22 aprile 1992 della Corte costituzionale), la richiesta non essendo "ulteriormente rinnovabile"; che, nel secondo caso, invece, l'imputato puo' chiedere il patteggiamento della pena contestualmente all'atto di opposizione, ex art. 461, comma 3, o 557, comma 1, c.p.p.; ma, nel caso di dissenso del p.m., di mancato consenso del medesimo (v. art. 464, comma 1, ultimo periodo) o di rigetto della richiesta da parte del g.i.p., costui dovra' emettere decreto di giudizio immediato (nei procedimenti davanti al tribunale collegiale: v. art. 464, comma 1, c.p.p.) o decreto di citazione a giudizio (nei procedimenti davanti al giudice monocratico: v. art. 557, comma 1, c.p.p.), senza che sia prevista alcuna possibilita' per l'imputato, in nessuno dei due casi, di reiterare la richiesta nel giudizio conseguente all'opposizione, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento; che, inoltre, non e' nemmeno previsto, nel caso in questione, che il giudice possa accogliere la richiesta di patteggianiento dopo la chiusura del dibattimento, quando ritenga ingiustificato il dissenso del p.m. o il rigetto della istanza: tale regola e', infatti, dettata dall'art. 448, comma 1, ult. periodo, c.p.p. per i soli riti ivi espressamente indicati, mentre le sentenze della Corte costituzionale n. 81 del 15 febbraio 1991 e n. 23 del 31 gennaio 1992 hanno dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 464, comma 1, c.p.p., nella vecchia fonnulazione, solo limitatamente alla possibilita', per il giudice, di applicare la riduzione di pena prevista per il giudizio abbreviato; la nuova formulazione del citato articolo, del resto, nulla dice circa la possibilita', per il giudice del merito, di accogliere l'istanza di patteggiamento all'esito del dibattimento; che anche questa circostanza appare integrare una ingiustificata disparita' di trattamento tra gli imputati nei cui confronti il p.m. abbia deciso di promuovere l'azione penale richiedendo l'emissione di un decreto penale di condanna rispetto e quelli verso i quali abbia deciso di procedere con altri riti; la Corte costituzionale, del resto, si era gia' pronunciata - come si e' appena visto - nel senso della incostituzionalita' dell'art. 464 comma 1 c.p.p. nella parte in cui non prevedeva la possibilita', per il giudice del merito, di applicare la riduzione di pena contemplata dall'art. 442 comma 2 c.p.p., quando, a dibattimento concluso, avesse ritenuto inginstificato il dissenso del p.m. o il rigetto della richiesta da parte del g.i.p.; pur essendo venuta meno l'attualita di queste pronunce per l'intervenuta modifica del rito abbreviato, la ratio della decisione pare estendibile anche al patteggiamento; che le differenze di trattamento fin qui evidenziate tra le due situazioni in esame non appaiono giustificabili nemmeno alla luce delle particolari caratteristiche del procedimento per decreto, finalizzato ad una rapida definizione della vicenda processuale; in effetti, l'estensione a questo rito della possibilita' di reiterazione dell'istanza di patteggiamento precedentemente respinta risponde ad un'esigenza deflativa e di definizione anticipata del processo prima della celebrazione del dibattimento; ne' diversa appare, nelle due situazioni, la ratio dell'istituto di cui all'art. 448 c.p.p., teso a consentire all'imputato la presentazione della richiesta di patteggiamento davanti a due giudici diversi (il g.i.p. e il giudice del dibattimento), al secondo dei quali (che ha facolta' di intervento soltanto se l'imputato ha rispettato i termini di decadenza per la richiesta di patteggiamento, prescritti dall'art. 446 c.p.p. e, nel caso specifico dell'opposizione a decreto penale di condanna, dagli artt. 461, comma 3, e 557, comma 1, c.p.p.) e' data la facolta' di accogliere la richiesta anche senza il consenso del p.m. ed inibendo ogni ulteriore rinnovo della stessa davanti ad altro giudice, all'evidente scopo di evitare la infinita reiterazione delle istanze, si da determinare l'impossibilita' di celebrazione del dibattimento, anche per l'incompatibilita' a giudicare del giudice che ha respinto la richiesta; che deve, quindi, sollevarsi d'ufficio, in quanto non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 556, comma 1, c.p.p. e 448, comma 1, c.p.p. (richiamato dal primo in quanto applicabile ai procedimenti davanti al tribunale in composizione monocratica), ovvero, in alternativa, dell'art. 464 c.p.p,. in quanto richiamato dall'art. 557, comma 3, c.p.p., per contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che l'imputato, nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica (ma anche in quello davanti al tribunale in composizione collegiale), possa reiterare, davanti al giudice del dibattimento, nel giudizio conseguente all'opposizione a decreto penale di condanna, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, la richiesta di patteggiamento tempestivamente presentata unitamente all'atto di opposizione al predetto decreto e non accolta per mancato consenso o dissenso del p.m. ovvero per rigetto da parte del g.i.p.; che tale questione e' sicuramente rilevante nel caso di specie, avendo, per l'appunto, l'imputato reiterato (sia pure in termini diversi, anche per l'intervenuta depenalizzazione di uno dei due reati contestatigli), nel giudizio conseguente all'opposizione a decreto penale di condanna, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, la richiesta di patteggiamento gia' tempestivamente avanzata unitamente all'atto di opposizione e respinta dal g.i.p., anche per il dissenso espresso dal p.m. sulla congruita' della pena; che a tale questione di costituzionalita' appare strettamente e conseguenzialmente collegata quella concernente gli stessi articoli di legge, ancora per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che, nel giudizio di opposizione a decreto penale, nei procedimenti davanti al tribunale in composizione monocratica (ma anche collegiale), il giudice possa provvedere sulla richiesta di patteggiamento tempestivamente avanzata dall'imputato (ed eventualmente reiterata davanti al giudice del dibattimento prima della dichiarazione di apertura dello stesso) e non accolta per mancato consenso o dissenso del p.m. ovvero per rigetto da pane del giudice; che anche tale questione e' rilevante nel caso di specie, sia per il caso in cui, accolta dalla Corte costituzionale la prima questione di costituzionalita', questo giudice dovesse rigettare la richiesta di patteggiamento; in tale ipotesi, infatti, il procedimento dovrebbe essere trattato da altro giudice, davanti al quale non sarebbe ulteriormente rinnovabile l'istanza di patteggiamento per l'espresso divieto previsto dall'art. 448 c.p.p., ma che potrebbe decidere di accoglierla all'esito del dibattimento ritenendo ingiustificato il rigetto della richiesta da parte di questo giudice; sia per il caso in cui non dovesse essere accolta la prima questione di costituzionalita'; in tale evenienza, infatti, dovrebbe quantomeno lasciarsi al giudice del giudizio di opposizione la facolta' di pronunciare sentenza di patteggiamento in accoglimento della richiesta qualora, all'esito del dibattimento, il predetto dovesse ritenere ingiustificato il dissenso o il mancato consenso del p.m. o il rigetto della stessa da parte del g.i.p.