IL TRIBUNALE Rilevato che il comune di Prato, parte opponente, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 305 c.p.c. per le seguenti motivazioni: la natura di ente pubblico soggetto a meccanismi conoscitivi e deliberativi ben diversi ed oggettivamente piu' lunghi di quelli necessari ad un privato, pone il problema di incostituzionalita' della norma di cui all'art. 305 c.p.c. sotto il profilo di una evidente disparita' di trattamento nel momento in cui prevede termini deliberativi uguali fra soggetti profondamente diversi. Difatti la pubblica amministrazione per prendere cognizione di un giudizio ed assumere le delibere del caso, deve sottostare a precisi meccanismi legislativi, a cui si aggiunge, nel caso di specie, l'effettiva incertezza sulla individuazione del soggetto legittimato a subentrare nei rapporti processuali dell'ente estinto Casa di Riposo di Prato, considerato che l'utilizzatore della struttura immobiliare e' la U.S.L. e non il comune. Un simile elemento di incertezza fa si' che non possa essere considerato utilmente invocabile al caso in esame il principio di ultrattivita' del mandato processuale e di sopravvenienza della procura ad-litem in base al quale la giurisprudenza ha ritenuto che la dichiarazione del procuratore in udienza non integri un dovere, bensi' un diritto potestativo processuale: premesso che tale principio ha carattere del tutto eccezionale e deve percio' essere contenuto nella sua applicazione, nel caso della difesa processuale di un ente pubblico il problema della validita' ed efficacia della procura debba essere esaminato piuttosto sotto un profilo sostanziale giacche' l'Amministrazione comunale in mancanza di incarichi formali, non avrebbe comunque riconosciuto ne' l'attivita' del procuratore del de cuius ne' i relativi oneri, essendo peraltro la contabilita' pubblica sottoposta a precise regole formali. Il Comune di Prato, in forza delle motivazioni sopra esposte, propone pertanto come questione di legittimita' costituzionale rilevante ai fini del decidere e non manifestamente infondata il profilo del combinato disposto degli artt. 300 e 305 c.p.c. per evidente disparita' di trattamento nell'esercizio del diritto di difesa tra soggetti ed enti privati da un lato ed enti pubblici dall'altro nella parte in cui anche nel caso di interruzione del giudizio a seguito di dichiarazione del procuratore della parte venuta meno ex art. 300 c.p.c. fa pur sempre decorrere il termine utile per la riassunzione del processo dal momento in cui l'interruzione e' dichiarata anziche' da quello in cui l'ente pubblico ne abbia avuto conoscenza. L'ing. Andrea Preti, parte opposta, ha eccepito che in data 6 febbraio 1998 il G.I. dichiarava l'interruzione del procedimento a causa della estinzione della IPAB Casa di Riposo, e che nel termine dei sei mesi la causa non veniva riassunta e cio' neppure considerando il termine di sospensione feriale. Il termine per riassumere il processo scadeva infatti il 22 settembre 1998. Successivamente all'estinzione, in data 24 novembre 1999 il comune di Prato, riassumeva il processo ex art. 302 c.p.c. L'opposta quindi chiede che venga dichiarata con ordinanza ex art. 307, quarto comma, c.p.c., l'estinzione del presente processo. Effettivamente dall'esame della documentazione processuale appare fondato il rilievo avanzato dalla parte opposta con riferimento all'avvenuto decorso del termine dei sei mesi dalla data dell'udienza tenutasi il 6 febbraio 1998 nella quale e' stata dichiarata l'interruzione del procedimento e il momento in cui e' stata promossa la riassunzione del procedimento in nome e per conto del comune di Prato, ente pubblico succeduto alla Casa di riposo di Prato. L'effetto previsto in caso di mancata riassunzione del procedimento e' l'estinzione dello stesso. L'opponente per le motivazioni sopra citate propone rilievo di incostituzionalita' del combinato disposto degli artt. 300 e 305 c.p.c. che appare nel caso in esame e per i motivi dedotti non manifestamente infondato. In materia di articolo 305 c.p.c. sono state emanate due sentenze della Corte costituzionale (sentenza 15 dicembre 1967 n. 139 e sentenza 6 luglio 1971 n. 159), le quali hanno sancito l'incostituzionalita' dell'articolo nella parte in cui si faceva decorrere dalla data di interruzione del processo il termine per la sua prosecuzione o la sua riassunzione anche nei casi di morte o di impedimento del procuratore costituito, regolati al precedente art. 301 c.p.c. e nella parte in cui si disponeva che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto al sensi dei precedenti artt. 299 e 300, terzo comma, decorreva dall'interruzione anziche' dalla data in cui le parti ne avessero avuto conoscenza. La Corte costituzionale rileva in entrambe le sentenze la mancanza di garanzia della tutela giurisdizionale e della difesa in ogni stato e grado del processo in disposizioni nelle quali il termine stabilito per la prosecuzione o riassunzione del processo non veniva fatto decorrere dalla data dell'effettiva conoscenza dell'evento stesso dalla parte interessata. Nel caso di evento interruttivo riguardante la parte costituita a mezzo procuratore la Corte costituzionale ha viceversa ritenuto infondata la questione di legittimita' costituzionale per contrasto con l'art. 24 della Costituzione. Il termine decorre dalla data in cui il procuratore della parte che ha perso la capacita' di stare in giudizio a seguito di estinzione, effettua in giudizio la dichiarazione che determina l'estinzione del procedimento. Nulla pero' assicura e garantisce che l'ente pubblico che giuridicamente succeda a quello estinto sia o venga a conoscenza dell'evento interruttivo e della necessita' di procedere alla riassunzione del processo. La conoscibilita' di tale circostanza sarebbe rimessa solo al difensore di un terzo, l'ente estinto, senza nessuna garanzia certa per la parte succeduta. Nel caso in esame l'ente succeduto assume altresi natura pubblica. Risulta pertanto difficoltosa in primis l'esatta individuazione del successore nella causa, mentre poi, una volta identificato l'ente, lo stesso deve seguire iter e procedure legislativamente vincolanti, che nella migliore delle ipotesi non consentono allo stesso di utilizzare pienamente il termine dei sei mesi, quando non vanno addirittura oltre detto termine, con conseguente disparita' di trattamento rispetto agli altri soggetti di diritto, e violazione del diritto di difesa. Non ha poi rilievo il fatto che l'art. 300 c.p.c. consenta al procuratore di dilazionare il termine in cui dichiarare l'evento interruttivo, perche' tali comportamenti riguardano il procuratore di una parte terza rispetto a quella che si deve costituire, il quale terzo dovrebbe secondo la norma attivarsi alla ricerca dell'ente successore, al quale ente verrebbero poi imputate le attivita' e i conseguenti effetti del procuratore di una parte terza rispetto a quella cui incombe l'onere della riassunzione. Pare pertanto che si possa ipotizzare un conflitto della norma con l'art. 24 della Costituzione in quanto, mediante la sanzione dell'estinzione del processo, si verrebbe a pregiudicare gravemente il diritto di difesa di un potenziale soggetto processuale senza sua colpa. La questione sollevata non appare pertanto manifestamente infondata per i motivi dinnanzi esposti, ed appare rilevante nel giudizio in corso in quanto una conservazione giuridica della norma sospettata di incostituzionalita' imporrebbe senz'altro di dichiarare l'estinzione del processo. Gli atti devono quindi essere rimessi alla Corte costituzionale per il giudizio di costituzionalita' della norma denunciata, con sospensione del giudizio in corso sino all'esito.