ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 4, del
decreto   legislativo  25 luglio  1998,  n. 286  (Testo  unico  delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione  dello  straniero), come modificato dall'art. 2 del
decreto  legislativo  13 aprile 1999, n. 113 (Disposizioni correttive
al   testo   unico   delle  disposizioni  concernenti  la  disciplina
dell'immigrazione  e  norme sulla condizione dello straniero, a norma
dell'art. 47, comma 2, della legge 6 marzo 1998, n. 40), promossi con
due  ordinanze  emesse il 26 maggio e il 21 febbraio 2000 dal giudice
per le indagini preliminari presso il Tribunale di Tolmezzo, iscritte
ai  nn. 543  e  657  del  registro  ordinanze 2000 e pubblicate nella
Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica nn. 41 e 46, 1a serie speciale,
dell'anno 2000.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 24 gennaio 2001 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte.
    Ritenuto  che  il  giudice  per le indagini preliminari presso il
tribunale  di  Tolmezzo,  chiamato  a  pronunciarsi sulla opposizione
presentata  da una societa' avverso il diniego, da parte del pubblico
ministero,  della  restituzione  di  un  trattore  e  di un rimorchio
sottoposti  a  sequestro nel corso di un procedimento penale a carico
di  un imputato del reato di cui all'art. 1 (recte: art. 12, comma 1)
del  decreto  legislativo  25 luglio  1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione dello straniero), per avere agevolato l'ingresso di
clandestini  nel  territorio  dello  Stato,  solleva,  in riferimento
all'art. 27    della    Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale   dell'art. 12,   comma   4,   del   medesimo  decreto
legislativo,  come  modificato  dall'art. 2  del  decreto legislativo
13 aprile  1999, n. 113 (Disposizioni correttive al testo unico delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione  dello  straniero,  a  norma dell'art. 47, comma 2,
della  legge  6 marzo 1998, n. 40), nella parte in cui non esclude la
confisca  nel  caso in cui il mezzo di trasporto appartenga a persona
estranea  al  reato  che  possa  provare di non aver potuto prevedere
l'illecito  impiego  del  mezzo e di non essere incorsa in difetto di
vigilanza;
        che  il  giudice  a quo afferma che, a seguito della modifica
introdotta  dal  d.lgs. n. 113 del 1999 nel testo dell'art. 12, comma
4,  del  d.lgs.  n. 286,  la  confisca  dei  mezzi  di  trasporto che
servirono  a  commettere  i  reati  di  cui all'art. 12, comma 1, del
medesimo  decreto legislativo sarebbe divenuta obbligatoria anche nel
caso in cui i mezzi appartengano a persone estranee al reato;
        che,  ad  avviso del remittente, tale interpretazione sarebbe
l'unica  possibile  in  considerazione sia del tenore letterale della
disposizione  (la  precedente  formulazione  dell'art. 12,  comma  4,
faceva   infatti   salvo  il  caso  in  cui  il  mezzo  di  trasporto
appartenesse  a  persona  estranea  al  reato), sia della ratio della
novella  introdotta  dal d.lgs. n. 113 del 1999, intesa chiaramente a
scoraggiare  gli  artifizi  delle  organizzazioni criminali dedite al
traffico di clandestini;
        che,   non   essendo   possibile   dare  una  interpretazione
adeguatrice  di  tale  disposizione, questa, secondo il giudice a quo
sarebbe costituzionalmente illegittima, dal momento che introdurrebbe
una ipotesi di responsabilita' oggettiva, in violazione del principio
della    personalita'    della   responsabilita'   penale   stabilito
dall'art. 27, primo comma, della Costituzione;
        che  infatti,  ricorda  il  remittente,  questa Corte ha gia'
affermato   che  "se  possono  esservi  cose  il  cui  possesso  puo'
configurare  una  illiceita'  obiettiva  in  senso assoluto, la quale
prescinde  dal  rapporto col soggetto che ne dispone e legittimamente
debbono  essere  confiscate  presso chiunque le detenga (art. 240 del
codice  penale),  in  ogni  altro  caso l'art. 27, primo comma, della
Costituzione  non  puo'  consentire che si proceda a confisca di cose
pertinenti  a reato, ove chi ne sia proprietario al momento in cui la
confisca  debba  essere  disposta non sia l'autore del reato o non ne
abbia tratto in alcun modo profitto" (sentenza n. 2 del 1987);
        che, quanto alla rilevanza, il giudice a quo osserva che solo
se  la  questione  venisse  accolta, e venisse quindi ripristinata la
originaria formulazione della disposizione censurata, il proprietario
istante,  dimostrando  la  sua  estraneita' al reato, avrebbe diritto
alla restituzione del bene;
        che,  con  una  seconda ordinanza, il medesimo giudice per le
indagini  preliminari  presso tribunale di Tolmezzo, investito, quale
giudice   dell'esecuzione,   della   richiesta   di  restituzione  di
un'autovettura  della  quale,  a  seguito di sentenza di applicazione
della  pena ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale era
stata  disposta  la  confisca,  solleva, sulla base di argomentazioni
identiche a quelle sopra esposte, la stessa questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 12,  comma  4,  del  d.lgs. 25 luglio 1998,
n. 286,  come  modificato  dall'art. 2  del  d.lgs.  13 aprile  1999,
n. 113.

    Considerato  che,  poiche'  le ordinanze di rimessione pongono la
medesima  questione,  i  relativi  giudizi possono essere riuniti per
essere decisi congiuntamente:
        che  l'art. 12,  comma 4, del decreto legislativo n. 286, nel
testo  risultante  dalle  modifiche apportate dall'art. 2 del decreto
legislativo  13 aprile  1999,  n. 113, dispone che "Nei casi previsti
dai  commi 1 e 3 e' obbligatorio l'arresto ed e' disposta la confisca
del  mezzo  di  trasporto  utilizzato per i medesimi reati, anche nel
caso  di  applicazione  della  pena  su  richiesta  delle  parti. Nei
medesimi  casi  si  procede comunque con giudizio direttissimo, salvo
che siano necessarie speciali indagini";
        che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo dalla
soppressione   dell'inciso  "salvo  che  si  tratti  di  mezzi  [...]
appartenenti  a  persona  estranea  al  reato",  che  figurava  nella
precedente  formulazione  dell'art. 12,  comma 4, non consegue che si
debba  procedere  a  confisca  anche  nel  caso  in  cui  il mezzo di
trasporto utilizzato per la commissione dei reati di cui ai commi 1 e
3 appartenga a persona estranea, giacche' trova applicazione anche in
tale ipotesi, in assenza di prescrizioni di segno diverso, l'art. 240
del  codice  penale,  il  quale  detta norme di carattere generale in
materia  di  confisca,  stabilendo  fra  l'altro  che questa non puo'
essere  disposta  sulle  cose  che  servirono  o  furono  destinate a
commettere  il reato appartenenti a persona estranea al reato, sempre
che delle stesse non sia vietata la detenzione;
        che  non  sussiste,  quindi,  alcun  ostacolo  letterale  ne'
sistematico a che la disposizione censurata possa essere interpretata
nel senso che la confisca dei mezzi di trasporto puo' essere disposta
solo nei confronti dei soggetti che abbiano concorso alla commissione
dei  reati  di  cui ai commi 1 e 3 dell'art. 12 del d.lgs. n. 286 del
1998 o ne abbiano comunque tratto profitto;
        che, del resto, nella giurisprudenza di legittimita', nel pur
breve periodo trascorso dalla entrata in vigore del d.lgs. n. 113 del
1999,  si  e'  gia' formato un orientamento uniforme teso a far salva
l'ipotesi in cui la persona sia estranea al reato, non abbia cioe' ad
esso partecipato con attivita' di concorso o altrimenti connesse, con
una  soluzione  interpretativa, dunque, il cui obiettivo risultato e'
quello  di lasciare indenne la disposizione censurata dal prospettato
dubbio  di  illegittimita'  per contrasto con l'art. 27, primo comma,
della Costituzione;
        che  e' rimesso ovviamente al remittente l'accertamento delle
condizioni  che  consentano nel caso di specie di escludere qualsiasi
forma  di  partecipazione  ai  reati mediante attivita' di concorso o
altrimenti connesse;
        che,   pertanto,   la   questione   deve   essere  dichiarata
manifestamente infondata.

    Visti  gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.