Ricorso  per  conflitto di attribuzione depositato in cancelleria
dalla  Corte  dei conti, in persona del Presidente pro-tempore, prof.
Francesco  Staderini,  suo legale rappresentante, che agisce in forza
dei  poteri  conferitigli  con deliberazione adottata dalla Corte dei
conti,  Sezione  del  controllo,  1o  Collegio,  nell'adunanza del 12
ottobre 2000   con   il   n. 96   (depositata  il  13  ottobre  2000)
rappresentata  e  difesa  dal  prof.  avv. Vincenzo CaputiJambrenghi,
elettivamente  domiciliata  in  Roma alla via Vincenzo Picardi n. 4/B
(presso  il  dott.  Nicola  Ragni),  per  mandato  steso  in calce al
presente atto;
    Contro  il  Consiglio  dei ministri in persona del Presidente del
Consiglio  e il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, in
relazione:
        A) all'emanazione   dell'art.   9,   comma   7   del  decreto
legislativo  30  luglio  1999,  n. 303  in  Gazzetta  Ufficiale della
Repubblica italiana n. 205 del 1o settembre 1999 mediante il quale:
          a) si  sottraggono  esplicitamente  - con lo stesso art. 9,
comma  7  -  al  controllo preventivo di legittimita' della Corte dei
conti  previsto dall'art. 17 legge 23 agosto 1988, n. 400 e dall'art.
3,  comma  1,  2  e  3  della  legge 14 gennaio 1994, n. 20 i decreti
concernenti   la   disciplina  del  personale  della  Presidenza  del
Consiglio  si riservano - con l'art. 7 - a decreti del Presidente del
Consiglio  esenti  da  controllo  la  determinazione "delle strutture
della  cui  attivita' si avvalgono i ministri o sottosegretari da lui
delegati";  l'istituzione  "di  apposite strutture di missione per lo
svolgimento   di   particolari  compiti,  per  il  raggiungimento  di
risultati  determinati  o per la realizzazionedi specifici programmi;
la  disciplina delle "strutture di supporto" degli "organi collegiali
che  operano  presso  la  Presidenza";  la definizione di "modalita'"
particolari  con le quali potranno essere applicate "alla Presidenza"
le  "disposizioni  che  disciplinano  i  poteri  e le responsabilita'
dirigenziali delle p.a., con particolare riferimento alla valutazione
dei  risultati";  "l'individuazione e la composizione degli uffici di
diretta   collaborazione";   l'informativa   triennale   e  in  prima
applicazione  biennale alle Camere circa "i risultati della verifica"
sulla   "razionalita'dell'ordinamento   e  dell'organizzazione  della
Presidenza",  commessa "anche" a "strutture specializzate pubbliche o
private";
        B) all'emanazione  del  decreto  del Presidente dei Consiglio
dei  ministri  del  4  agosto  2000  nella  Gazzetta  Ufficiale della
Repubblica italiana n. 186 del 10 agosto 2000 sull'"Ordinamento delle
strutture generali della Presidenza del Consiglio dei ministri" (Doc.
1);  e  del  decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12
settembre  2000  (nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana
del  14  settembre  2000, doc. 1) che introduce "Modifiche all'art. 6
del  d.P.C.m.  4  agosto  2000,  recante  ordinamento delle strutture
generali della Presidenza del Consiglio dei ministri".

                          Premesso in fatto

    1. - Nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica italiana del 10
agosto   2000,  n. 186  e'  stato  pubblicato,  privo  del  visto  di
legittimita'  della  Corte  dei  conti,  il  d.P.C.m.  4  agosto 2000
concernente  l'ordinamento  delle strutture generali della Presidenza
del  Consiglio  dei ministri (ed il 14 settembre 2000, nella Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica italiana n. 215 la sua modifica adottata
con  esclusivo  riferimento all'art. 6 mediante d.P.C.m. 12 settembre
2000),  decreto  che, nell'abrogare espressamente tutto il precedente
d.P.C.m. di pari oggetto del 15 aprile 2000 (nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana 21 aprile 2000, n. 94), ha fatto venir meno
la  materia  del contendere nel ricorso per conflitto di attribuzione
tra  poteri  dello  Stato  proposto  dalla  Corte dei conti dinanzi a
codesta   ecc.ma   Corte   costituzionale   e  registrato  presso  la
cancelleria  al n. 160 del Reg.amm.confl. quanto al punto concernente
la  domanda  di  declaratoria di inefficacia del medesimo d.P.C.m. 15
aprile 2000.
    Tale  ricorso  verra'  trattato  in  punto  di ammissibilita' del
conflitto all'udienza camerale del 15 novembre 2000 dinanzi a codesta
Corte  costituzionale per la parte concernente l'illegittimita' ed il
conseguente  annullamentodell'art.  9, VII comma del d.lgs. 30 luglio
1999,  n. 303 (nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, 1o
settembre 1999, n. 205) e la dichiarazione di inefficacia per mancato
conseguimento  del  visto  di legittimita' ex art. 100, secondo comma
della  Costituzione  del  d.P.C.m.  23 settembre 1999 (nella Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica  italiana  31 gennaio 2000, n. 24) e non
piu'  del  d.P.C.m.  15  aprile 2000 perche' abrogato e sostituito da
quello  del  4 agosto 2000 (nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana n. 186/2000), con la modifica gia' citata.
    2. - Nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica italiana del 21
aprile   2000,  n. 94,  e'  stato  pubblicato,  privo  del  visto  di
legittimita'  della  Corte  dei  conti,  il  d.P.C.m. 15 aprile 2000,
concernente  l'ordinamento  delle strutture generali della Presidenza
del Consiglio dei ministri. Nonostante la sua estrema rilevanza sotto
i  profili  costituzionali  e  la  sua  natura  di atto di Governo, e
nonostante  i  contenuti  contabilistici, evidenziati anzitutto dalla
circostanza  che il decreto importa oneri assai notevoli a carico del
bilancio dello Stato, l'atto non e' stato inviato dallaPresidenza del
Consiglio  al  controllo  preventivo  di  legittimita' come prescrive
l'art.  100,  secondo  comma  della Costituzione e l'art. 3, comma 1,
legge 1994, n. 20.
    3. - Sulla  base dell'art. 100 della Costituzione la legislazione
ordinaria  in  materia  di  controllo di legittimita' della Corte dei
conti  sugli  atti del governo ("tutti i decreti reali", prevedeva il
t.u.  12  luglio 1934, n. 1214), ha subito numerosi adattamenti (cfr.
ad  es.  art.  17,  comma  IV, legge n. 400/1988) sino all'entrata in
vigore  della  legge  1994,  n. 20  che, nell'introdurre una funzione
generale di controllo sulla gestione, ha conservato con l'art. 3 alla
Corte  dei conti, nell'ambito dei rapporti giuridici di piu' spiccato
profilo   contabilistico  e  di  tutela  oggettiva  dei  principi  di
legalita'   e   di   buon   andamento,  il  controllo  preventivo  di
legittimita'   -  un  tempo,  come  abbiamo  osservato,  esteso  alla
generalita'  dei decreti governativi - relativamente ad alcuni atti e
provvedimenti del Governo della Repubblica.
    Sennonche'  proprio  sulla fondamentale norma di cui art. 3 della
legge  1994, n. 20 ha inciso, con una abrogazione parziale, l'art. 9,
comma  7  del  d.lgs.  30 luglio 1999, n. 303 concernente "Disciplina
dell'autonomia   finanziaria  e  contabilita'  della  Presidenza  del
Consiglio  dei  ministri": sicche' il d.P.C.m. 4 agosto 2000 e la sua
modifica  del  12  settembre  successivo  appaiono  il  frutto  della
suddetta abrogazione illegittima.
    4. - Or, sta di fatto che gia' nell'Adunanza del 5 aprile 2000 il
1o Collegio della sezione del Controllo della Corte ricorrente ebbe a
decidere  (con  la  deliberazione 39 esibita nel conflitto n. 160 del
2000,  a  cui  ci  si  riporta)  di  proporre dinanzi a codesta Corte
costituzionale  il conflitto attribuzione contro il Governo per avere
esso  "illegittimamente menomato le attribuzioni intestate alla Corte
dei  conti  dall'art.  100,  secondo  comma, della Costituzione", per
l'effetto  chiedendo  alla medesima Corte costituzionale di annullare
l'art.  9,  comma 7, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 e
di  dichiarare  che  spetta  alla  Corte  dei  conti di effettuare il
controllo  preventivo  di  legittimita' sugli atti previsti nel comma
anzidetto".   Chiedendo   altresi  alla  Corte  "che  sia  dichiarata
l'inefficacia  del  decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
del  23  dicembre 1999 per non essere stato lo stesso assoggettato al
controllo preventivo di legittimita' della Corte dei conti".
    5. - Successivamente,  con  l'emanazione  del  d.P.C.m. 15 aprile
2000,  la  sezione  del controllo, primo collegio, ha ritenuto, nella
Adunanza  del  18 maggio 2000 con deliberazione n. 48, di proporre un
ulteriore   conflitto,  (che  fu  poi  contenuto  nell'unico  ricorso
n. 160/2000)  dolendosi  della  medesima  violazione  dell'art.  100,
secondo  comma  della  Costituzione  e della medesima menomazione qui
richiamata  sub  4,  nonche' per la declaratoria dell'inefficacia del
d.P.C.m.  15 aprile 2000, non assoggettato al controllo preventivo di
legittimita'.
    6. - Il  ricorso  presente  muove  dalla  necessita' di investire
della  censura  di  inefficacia  il  d.P.C.m. 4 agosto 2000 (e la sua
modifica  del  12 settembre 2000) che, dopo aver innovato in parte il
precedente  d.P.C.m. 15 aprile 2000, lo ha abrogato facendo cessare -
come  gia'  osservato  -  la  materia  del  contendere  in  ordine al
conflitto aperto contro il suddetto decreto 15 aprile stesso.
    7. - Data  la stretta dipendenza della inefficacia del d.P.C.m. 4
agosto 2000 dalla illegittimita' del d.lgs.1999 n. 303, si ritiene di
dover  ripetere  i  motivi di conflitto anzitutto in relazione a tale
ultimo atto legislativo, motivi per altro gia' dedotti nel precedente
ricorso n. 160/2000.

                            D i r i t t o

    1. - Presupposti soggettivi ed oggettivi del conflitto.
    Sulla   sussistenza   dei  presupposti  soggettivi  del  presente
conflitto  e  di  quelli oggettivi ci permettiamo di fare riferimento
per  brevita'  e  per  doveroo  rispetto dell'ecc.ma Corte adita alle
deduzioni  svolte alle pagg. 4, 5, 6 del ricorso n. 160/2000, ricorso
al  quale  espressamente  si  chiede  sia  riunito  quello  presente,
strettamente connesso.
    2. - Nel merito.
    2.1. - Sulla illegittimita' del d.lgs. 1999, n. 303.
    2.1.1. - Eccesso di delega:
        a) si  premette  che,  pur  non  vertendosi nella fattispecie
impugnatoria   della   legge,   il   vizio  di  eccessodi  delega  e'
legittimamente deducibile allorche' sussista - come nel nostro caso -
uno   stretto   collegamento   tra   violazione  dell'art.  76  della
Costituzione  e  compressione  delle  attribuzioni costituzionalmente
tutelate  (Corte  costituzionale,  sentt.  nn. 408 del 1998 e 457 del
1999).  In particolare la Corte ricorrente ritiene che il Governo, in
un  quadro  generale  di forzata introduzione di elementi normativi -
legislativi, normativi, regolamentari e provvedimentali - tendente ad
affrancare  il  piu'  possibile  la  propria attivita' amministrativa
dalla   sgradita  "ingerenza"  della  Corte  dei  conti  in  sede  di
controllo,   si   sia   imbattuto   nella  stringente  necessita'  di
interpretare in estensione immotivata ed irragionevole una norma come
quella contenuta nell'art. 11, comma 1, lett. a) e nell'art. 12 della
legge  15  marzo 1997, n. 59. Da tale forzatura discende direttamente
la  serie  consequenziale sospinta nel precedente giudizio, a partire
dall'art.  9  del  d.lgs.  n. 303  del  1999  che  neutralizza  parte
significativa dell'art. 3 della legge 1994, n. 20, senza abrogarlo ma
dichiarandolo  inapplicabile  proprio ai decreti governativi previsti
nello  stesso  testo  di  legge  che  ha  vulnerato  le  attribuzioni
costituzionali  in  materia  di controllo di legittimita' della Corte
ricorrente attuate con le regole dettate dalla legge 1994, n. 20;
        b) in  particolare, il comma 1 dell'art. 11 fa riferimento ad
una  "razionalizzazione anche attraverso il riordino, la soppressione
e  la  fusione" di Ministeri e della Presidenza del Consiglio: non ad
una  "razionalizzazione"  nel  senso di una "irrazionale" sottrazione
delle  attivita'  amministrative concernenti la realizzazione di tale
riorganizzazione  (i  due  d.P.C.m. sospinti, ad esempio) e di quelle
risultanti  da  tale  razionalizzazione  al  controllo  preventivo di
legittimita'.  Questo  e'  stato  -  come  e'  noto  -  rivisitato in
occasione  della profonda riforma del controllo della Corte dei conti
attuata  nel  1994  seguendo  un'ispirazione riduttiva dell'area - in
precedenza  senza limiti - del controllo in questione, ma proprio per
questo  motivo gli attuali, piu' ristretti e "razionalizzati" confini
sono  da tenere per invalicabili, a pena di alterare dati fisionomici
precisi del nostro ordinamento.
    Cosicche'  gli atti governativi delineati ed elencati nell'art. 3
della  legge  n. 20  del  1994  devono  ritenersi  insuscettibili  di
interpretazioni  riduttive che contrasterebbero senz'altro con l'art.
100, secondo comma della Costituzione;
        c) quanto  all'art. 12, comma secondo della legge 1977, n. 59
di  delega,  essa  addirittura  attribuisce  e regola nuovi poteri di
bilancio  per  il Presidente del Consiglio (puo' "disporre variazioni
compensative  in  termini  di  competenza  e di cassa"), sicche' deve
ritenersi  che,  essendo  entrato  soltanto  fino  a quel segno nelle
materie  della  contabilita'  pubblica  senza  toccare la materia del
controllo,  il  legislatore delegante ha in sostanza inteso escludere
ogni  modificazione  al  regime dei controlli di cui all'art. 3 della
legge  n. 20  del  1994  visto alla luce dell'art. 100, secondo comma
della Costituzione: Ubi voluit dixit, ubi noluit tacuit.
    Nessuno  dei  commi  degli artt. 11 e 12 della 1egge 1997, n. 59,
pur  nel  dettaglio  talora  estremo  che  caratterizza  le norme ivi
contenute,  allude se pur di sfuggita ad una incisione del regime dei
controlli   sui  "nuovi"  atti  amministrativi  del  Governo.  Dunque
l'eccesso  di delega (violazione dell'art. 76 Cost.) e la sua diretta
influenza  sull'alterazione  dell'ordine costituzionale sono entrambi
lampanti.
    2.1.2. - Violazione dell'art. 100, secondo comma Costituzione.
    La  norma  di  cui  al  secondo  comma  dell'art.  100 Cost., nel
riportare  al  controllo  preventivo  di  legittimita'  gli  "atti di
governo",  non  puo'  che  dare  a  questi  la  significazione appena
scolpita  nelle  norme  di  poco  precedenti  sul  Governo  nella sua
struttura e funzione (artt. 92-95 Cost.). Ne discende che il rispetto
della  norma  costituzionale sul controllo della Corte e' un elemento
compositivo  del  quadro  costituzionale  rigido  ed  immodificabile,
precise  essendo  le  definizioni dei termini soggettivi ed oggettivi
del   controllo   de   quo  nel  combinato  disposto  dell'art.  100,
secondo comma  della Costituzione e degli artt. 92, 93, 94 e 95 della
Costituzione: questo e' il controllo di legittimita', questi sono gli
atti  di  Governo,  questo  e'  il  Governo. Chi voglia complicare la
realta'  semplice,  mistificandola  non sembra, dunque, affrontare un
compito agevole.
    3. - Illegittimita'-inefficacia  del d.P.C.m. 4 agosto 2000 e del
d.P.C.m. 12 settembre 2000 che modifica l'art. 6 del precedente.
    Come  gia'  osservato  l'illegittimita'-inefficacia  del  decreto
concernente  l'ordinamento  delle strutture generali della Presidenza
del  Consiglio  dei  ministri deriva direttamente dall'illegittimita'
che  ictu  oculi  affetta  l'art. 9,comma 7, del d.lgs. 1999, n. 303,
anzitutto   in  ed  alla  violazione  dell'art.  100,  secondo  comma
Costituzione.
    Anche  qui  si  censura la conseguenza dell'eccesso di delega che
affetta  il  d.lgs. n. 303 del 1999 con violazione dell'art. 76 della
Costituzione:  eppero'  la  inefficacia del d.P.C.m. privo, del tutto
illegittimamente, della fondamentale fase del controllo preventivo.
    Piu' nel merito, il d.P.C.m, del 4 agosto ripercorre i principali
punti  del  d.lgs.  n. 303 che abbiamo considerato disarticolatamente
nell'epigrafe del presente ricorso nei suoi ampi e generali contenuti
normativi.
    Ne  emerge un atto amministrativo di inusitata portata, che trova
il   suo   elemento   caratterizzante   piu'   generale  proprio  nel
rappresentare  esso  la  nuova fonte di disciplina degli uffici della
dirigenza  generale  operanti  presso la Presidenza del Consiglio: si
tratta  dunque  di  un  atto  normativo  a  rilevanza esterna che non
avrebbe potuto essere adottato se non dal Governo (non certamente dai
dirigenti  generali  interessati),  dunque  di  un  atto  costituente
esercizio di indirizzo politico-amministrativo spettante agli "organi
di  governo"  ex  art. 3, comma 1, d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, non
certo   di   un   atto   di   "gestione   finanziaria,   tecnica   ed
amministrativa",  categoria  (di  atti di gestione) che, ai sensi del
comma 2 dell'art. 3 d.lgs. 1993, n. 29, si contrappone a quella degli
atti di governo.
    Infine,  persino  se  si  aderisse alla tesi avversa sulla natura
regolamentare  interna del d.P.C.m. in questione si dovrebbe comunque
riconoscere  che  il  d.P.C.m. del 4 agosto 2000 rientra nel comma 1,
lett. b) dell'art. 3 legge 1994, n. 20: in quanto atto del Presidente
del Consiglio avente ad oggetto l'esternazione di direttive generali,
l'indirizzo e lo svolgimento di un'azione amministrativa destinata ad
incidere con effetti visibilmente cospicui, anche per il loro profilo
riguardante  la  finanza  pubblica,  nell'ambito  dell'organizzazione
amministrativa generale e dell'ordinamento giuridico.
    4. - Conclusione.
    Alla  luce  delle  deduzioni  poste  a  base  del conflitto e nel
concludere  la  presente  difesa,  la  Corte  ricorrente  si onora di
rappresentare  alla  ecc.ma  Corte  costituzionale  la  necessita'  -
purtroppo  stringente  - di offrire al Governo della Repubblica ed al
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  il  suo  contributo  piu'
autorevole,  nel  senso  della  netta chiarificazione del confine tra
momenti  ed  istituzioni  propriamente  politiche  della Costituzione
repubblicana   e   momenti   ed   istituzioni  giuridiche,  pur  essi
considerati   e   garantiti   nella  Costituzione  a  presidio  della
autenticita'  e  dell'efficienza  della democrazia ed, in definitiva,
del bene comune.