IL TRIBUNALE

    Riunito in Camera di consiglio ha emesso la seguente ordinanza in
merito  all'atto di appello proposto nell'interesse di Russo Fabrizio
nato  il  25 giugno 1977, imputato per i delitti di cui agli articoli
110  c.p.  e 110, comma 6, lettera b) t.u.l.p.s. e 110 c.p. 718 c.p.,
avverso  l'ordinanza  del  2  novembre  2000  ottobre con la quale il
giudice delle indagini preliminari di Palermo respingeva l'istanza di
restituzione  di  alcuni  beni  (video-poker)  sottoposti a sequestro
probatorio, avanzata dalla difesa;
    Letti gli atti e udito il difensore;

                            O s s e r v a

    1. - La difesa di Russo Fabrizio nato il 25 giugno 1977, imputato
per  i  delitti di cui agli articoli 110 c.p. e 110 comma 6, lett. b)
t.u.l.p.s.  e  110 c.p. 718 c.p, deducendo che si era gia' provveduto
all'emissione  del  decreto  penaledi  condanna,  chiedeva al giudice
procedente  la  restituzione  dei  video-poker sottoposti a sequestro
probatorio  nella  fase  delle  indagini  preliminari  (il  sequestro
operato  d'iniziativa  ex  art. 354  c.p.p. era stato convalidato con
decreto del p.m. ex art. 355 c.p.p.).
    Il  gip competente a pronunciarsi sull'istanza di restituzione in
quanto  era stata gia' stato richiesto l'emissione del decreto penale
di  condanna  ed  aveva  la  disponibilita' del fascicolo, respingeva
l'istanza  di  restituzione  considerando  che  "il  mantenimento del
vincolo   appare   necessario   a  fini  di  prova  in  relazione  al
procedimento pendente".
    Il  difensore  dell'imputato  avverso il provvedimento di rigetto
dell'istanza  di restituzione proponeva motivato appello al tribunale
della liberta'.
    2. - Rileva  il  tribunale che, mentre avverso i provvedimenti di
rigetto  della  richiesta  di  revoca  del  sequestro  preventivo  il
legislatore,   ha   previsto   la   possibilita',  con  la  procedura
contemplata  dall'articolo  310  c.pp., di adire, ex articolo 322-bis
c.p.p.,  in  veste  di  giudice  di  appello  il c.d. tribunale della
liberta'   (ovviamente   da  identificarsi  non  come  il  "tribunale
distrettuale" di cui al comma 7 dell'articolo 309 c.p.p., bensi' come
il  "tribunale  provinciale"  di cui al comma 1-bis dell'art. 322-bis
c.p.p.)  e,  quindi,  ai  sensi  dell'articolo  325 c.p.p., anche per
saltum,  di  proporre  ricorso  per  cassazione,  analoga  facolta' e
procedura  di  impugnazione  non e' prevista in caso di rigetto della
richiesta di restituzione di beni sottoposti a sequestro probatorio.
    Nonostante   l'identita'   degli  effetti,  la  privazione  della
disponibilita',  e  spesso  la  spoliazione,  di un bene al detentore
dello  stesso,  la  diversa  natura e funzione delle due tipologie di
sequestro,  probatorio  e  preventivo,  giustificano la diversita' di
disciplina  prevista  dal legislatore (che, tra l'altro, non riguarda
solo il profilo delle impugnazioni).
    Il  sequestro  preventivo,  appartenente  al  genus  delle misure
cautelari  di  cui  al libro IV e alla species delle misure cautelari
reali  di  cui  al  titolo  II  del  libro IV del codice di procedura
penale,   conosce   una   estensione   integrale   del  regime  delle
impugnazioni  cautelari,  essendo prevista la possibilita' di gravame
al  tribunale della liberta', inteso come "tribunale provinciale", e,
quindi,  del  ricorso  per  cassazione,  sia  avverso i provvedimenti
genetici  (di  adozione  o di rigetto della richiesta di adozione del
decreto   di  sequestro  preventivo),  sia  avverso  i  provvedimenti
successivi  (di  rigetto  della  richiesta  di revoca o di revoca del
sequestro preventivo).
    Il  sequestro  probatorio  costituisce  un mezzo di ricerca della
prova,  e  solo  avverso  il  provvedimento  impositivo  del  vincolo
probatorio  -  sia che trattasi del decreto di sequestro adottato dal
p.m. (art. 253 c.p.p.), sia che trattasi del decreto di convalida del
p.m.  (art. 355  c.p.p.)  del  sequestro  operato  d'iniziativa dalla
polizia  giudiziaria  (art. 354  c.p.p.) - e' prevista dagli articoli
257  e  355 comma 3 del codice di rito la facolta' della parte incisa
dal  provvedimento  di  sequestro  probatorio  di chiedere il riesame
innanzi al tribunale della liberta' a norma dell'articolo 324 c.p.p.,
ovvero  la medesima procedura contemplata per il riesame delle misure
cautelari reali (sequestro preventivo e sequestro conservativo).
    La   competenza  del  tribunale  della  liberta'  in  materia  di
sequestro   probatorio   deve   quindi   limitarsi   al  riesame  del
provvedimento  genetico  impositivo del vincolo reale, dopo di che il
principio  di  tassativita'  delle  impugnazioni  fissato dal comma 1
dell'articolo  568  c.p.p., inibisce di configurare ulteriori casi di
impugnazione non previsti dalla legge.
    Dopo   l'adozione  del  provvedimento  genetico  applicativo  del
vincolo  reale  probatorio  -  sia  esso imposto, con il procedimento
bifasico   o  a  formazione  progressiva  contemplato  dal  combinato
disposto   dagli   articoli  354  e  355  c.p.p.  (sequestro  operato
d'iniziativa  dalla  polizia giudiziaria e convalida del sequestro da
parte  del  pubblico ministero), o con decreto del pubblico ministero
adottato  ai  sensi dell'articolo 253 c.p.p. - le vicende inerenti la
restituzione   delle   cose  sequestrate  sono  state  considerate  e
disciplinate dal legislatore all'articolo 263 c.p.p., la cui rubrica,
per  l'appunto, e' stata intitolata "Procedimento per la restituzione
delle cose sequestrate".
    Ad  avviso  del  collegio la lettura e l'interpretazione corrente
dell'articolo  263  c.p.p. e delle norme collegate al contenuto dello
stesso,    consentono    di    individuare   dei   punti   fermi   e,
conseguentemente,   di   poter   affermare  che  sulla  richiesta  di
restituzione delle cose sequestrate:
        nella  fase  delle indagini preliminari provvede, con decreto
motivato,  il  pubblico  ministero,  ed  contro  il  provvedimento di
rigetto o di restituzione, l'interessato puo' proporre opposizione al
gip  che  decide  con  le forme del procedimento camerale contemplato
dall'articolo 127 c.p.p.;
        dopo  la  chiusura  delle  indagini  preliminari  e  fino  al
passaggio in giudicato della sentenza provvede il giudice che procede
con  ordinanza  disposta  de  plano  o,  qualora  le  cose sono state
sequestrate  presso  un  terzo  emessa dopo l'audizione, in camera di
consiglio  con  le forme dell'articolo 127 c.p.p., del soggetto terzo
non richiedente la restituzione;
        dopo  il  passaggio in giudicato della sentenza, ai sensi del
combinato  disposto  dagli articoli 676 e 667 comma 4 c.p.p, provvede
il  giudice  dell'esecuzione  con  ordinanza  emessa de plano ("senza
formalita'"),  avverso  la quale (oltre che il pubblico ministero) il
difensore  e  l'interessato  possono proporre opposizione allo stesso
giudice  dell'esecuzione  che,  in  tal caso, dopo aver instaurato la
procedura camerale prevista dai commi 3 e 4 dell'articolo 666 c.p.p.,
provvede con ordinanza ricorribile per cassazione, come stabilito dal
comma 6 del medesimo articolo 666.
    2.1. - Orbene   nella   fattispecie   in   esame   il   difensore
dell'imputato ha impugnato innanzi al tribunale della liberta', adito
come  giudice  di  appello,  l'ordinanza  di  rigetto dell'istanza di
restituzione di un bene sottoposto a sequestro probatorio emessa dopo
la  chiusura delle indagini preliminari e prima che il decreto penale
di  condanna  sia divenuto definitivo (dagli atti non risulta che sia
stato  emesso,  e  comunque,  in  ogni  caso,  non  risultano  ancora
effettuate   le   notifiche   ai   soggetti  legittimati  a  proporre
opposizione ai sensi dell'art. 461 c.p.p).
    Come   si   e'   accennato,  nessuna  norma  prevede  il  rimedio
dell'appello  al  tribunale  della  liberta' avverso il provvedimento
rigetto  dell'istanza  di restituzione di beni sottoposti a sequestro
probatorio   e  deve  ritenersi  pacifica  l'incompetenza  di  questo
collegio.
    Nella  prassi  giudiziaria  non  e' infrequente, tuttavia, che il
provvedimento   di  rigetto  dell'istanza  restituzione  di  un  bene
sottoposto  a  sequestro  probatorio  sia  stato impugnato innanzi al
tribunale  della  liberta', tant'e' che sul punto si rinvengono varie
pronunce della suprema Corte.
    L'esame   della   giurisprudenza   di  legittimita'  consente  di
distinguere   le   ipotesi   afferenti  al  rigetto  dell'istanza  di
dissequestro  nella fase delle indagini preliminari, da quelle in cui
detta  fase  era  stata  superata, come nella fattispecie concreta in
esame  ove e' pendente il procedimento per decreto disciplinato dagli
artt. 459 e ss. c.p.p.
    Nel  caso  in  cui  veniva  impugnato  innanzi al tribunale della
liberta'  (spesso  indicato  anche  come  tribunale  del  riesame) il
provvedimento  di rigetto del gip adito come giudice dell'opposizione
ai  sensi  dell'articolo  263,  comma 5  c.p.p.,  la  suprema  Corte,
ribadendo  sempre  e  comunque  l'incompetenza  del  tribunale  della
liberta'  per il principio di tassativita' dei mezzi di impugnazione,
ha  ritenuto  che  avverso  il  provvedimento  adottato  dal gip come
giudice   dell'opposizione  l'unico  rimedio  fosse  il  ricorso  per
cassazione, ai sensi del comma 7 dell'articolo 127 c.p.p. per vizi di
carattere  procedurale inerenti il mancato rispetto delle forme ed il
principio del contraddittorio, stabiliti a pena di nullita' dal comma
5  del  medesimo  articolo  127  (cfr.  in C.E.D: sez III nr. 414/92,
Accinni  G;  sez.  III  nr. 3143/93, De Nictolis; sez. I nr. 4468/94,
Turchetta, sez. VI nr. 521/95 Hochstalff, sez. V nr. 18/96, Telleri);
in  taluni  casi  e'  stato affermato che il tribunale della liberta'
adito  erroneamente doveva riqualificare l'impugnazione, ai sensi del
comma   5   dell'articolo   568  c.p.p,  e  trasmetterla  al  giudice
competente, per l'appunto la Corte di cassazione (cfr. sez. VI 521/95
Hochstalff, cit)
    Nell'ipotesi, analoga alla fattispecie in esame, in cui l'istanza
di  dissequestro  veniva  respinta dal giudice dopo la chiusura delle
indagini  preliminari,  la suprema Corte, pur ribadendo pacificamente
l'incompetenza  del  tribunale  della liberta' adito dal destinatario
del provvedimento di rigetto, ha espresso due orientamenti diversi.
    Secondo  un  orientamento  piu' datato gia' adattato dalla quinta
sezione  e  seguito  dalla  seziona  sesta della Corte di cassazione,
"Avverso  il  provvedimento  di  rigetto dell'istanza di restituzione
delle  cose  sequestrate emesso dal giudice nel corso del giudizio di
cognizione  ai sensi dell'art. 263 n. 1 cod. proc. pen., e' possibile
esperire  l'opposizione  prevista  per  gli  incidenti  di esecuzione
dall'art. 667  n. 4,  cui  fa  rinvio  l'art. 676 cod proc. pen. Tale
mezzo  di  impugnazione  deve  infatti  essere  esteso  via analogica
poiche'   l'esigenza   di   tutela   sostanziale  dei  diritti  degli
interessati  deve  essere  salvaguardato,  anche  in  assenza  di una
esplicita  previsione del legislatore con la possibilita' di proporre
successivamente opposizione davanti allo stesso giudice che ha emesso
il  provvedimento  "de plano" (Cosi' da ultimo sez. VI, nr. 20296/95,
Mancini, RV 202975; analogamente, cfr. sez. V, nr. 3018/1993, Bartke,
RV 195238, in C.E.D.).
    In  entrambi  casi  i  giudici  di  legittimita'  procedendo alla
riqualificazione    dell'impugnazione,   ai   sensi   del   comma   4
dell'articolo  568 c.p.p.,  hanno  trasmesso  gli atti al collegio di
cognizione  affinche' si pronunciasse in opposizione, sulla richiesta
di restituzione, come giudice dell'esecuzione.
    Di  contrario avviso la giurisprudenza piu' recente della sezione
seconda  della  suprema  Corte, secondo cui "Avverso la decisione del
giudice  del dibattimento che rigetta l'istanza di restituzione delle
cose  sequestrate  e'  ammessa  esclusivamente l'impugnazione insieme
della  sentenza;  non  puo' infatti ipotizzarsi ne' la ricorribilita'
per cassazione di tale provvedimenti in applicazione della disciplina
del  procedimento camerale prevista dall'art. 127 cod. proc. pen., in
quanto  l'art. 263  cod. proc. pen., che regola la speciale procedura
per  la  restituzione  delle  cose  sequestrate,  rinvia  alle  forme
previste  dal  predetto  art. 127  soltanto con riferimento alla fase
delle indagini preliminari e non del giudizio, ove e' gia' instaurato
un  pieno  contraddittorio;  ne'  l'esperibilita'  dell'incidente  di
esecuzione  ai  sensi  dell'art. 666,  terzo  comma,  cod.  proc. pen
poiche' il medesimo art. 263 cod. proc. pen. contempla tale procedura
soltanto  nell'potesi di "sentenza non piu' soggetta ad impugnazione"
(cfr. sez. II, nr. 605, Di Rosa, RV 204263, in C.E.D.).
    2.2. - Ritiene    il    collegio   di   non   poter   condividere
l'orientamento  che facendo ricorso all'analogia reinveste il giudice
di cognizione come giudice di esecuzione.
    Detta  soluzione,  individuata  dai  giudici  di legittimita' per
conciliare la carenza legislativa di un mezzo di impugnazione avverso
il provvedimento di rigetto dell'istanza di dissequestro da parte del
giudice  di  cognizione  con  la  "esigenza di tutela sostanziale dei
diritti  degli  interessati.."  (v. pag. 3 motivazione della sentenza
sez.  VI,  nr. 20296/95, Mancini, sopra cit.), non appare in sintonia
con l'ordine normativo vigente.
    Infatti:
        in   un   sistema  processuale  improntato  al  principio  di
tassativita'     dei     provvedimenti     soggetti     a    gravame,
all'interpretazione   analogica   non   puo'  affidarsi  un'efficacia
"creativa" di un grado di impugnazione non previsto dal legislatore;
        il  procedimento  di  esecuzione  presuppone  il passaggio in
giudicato  della  sentenza e tale presupposto e' incompatibile con il
procedimento di cognizione;
        il  giudizio  di  opposizione  del procedimento di esecuzione
disciplinato dal combinato disposto dagli articoli 667, comma 4 e 666
c.p.p.,  prevede  una  procedura camerale a partecipazione necessaria
del  difensore  e  del  pubblico ministero (comma 4 dell'articolo 666
c.p.p.) e con potesta' istruttorie del giudice (comma 5 dell'articolo
666  c.p.p.) molto piu' incisiva e pregnante rispetto al procedimento
in camera di consiglio di cui all'articolo 127 c.p.p. e che regola il
giudizio  di  opposizione  davanti  a  gip  nell'ipotesi  di  rigetto
dell'istanza  di  restituzione  nella fase delle indagini preliminari
(comma   5   dell'articolo  263  c.p.p.);  sicche'  l'interpretazione
analogica avallata dall'orientamento della suprema Corte in esame per
colmare  il  vuoto  di  tutela  individuato  dagli  stessi giudici di
legittimita'  finisce per creare una tutela rafforzata nella fase del
giudizio  di cognizione sicuramente sbilanciata rispetto alla sistema
di  tutela  massima  prevista  dal  legislatore  avverso  il  diniego
dell'istanza  di  restituzione  nella fase delle indagini preliminari
con  l'opposizione  al  gip  disciplinata  dalla  procedura  camerale
dell'articolo  127  c.p.p.  che  non  prevede,  ne' la partecipazione
necessaria del pubblico ministero e del difensore (richiesta, invece,
dal   comma   4   dell'articolo  666  c.p.p.),  ne'  alcuna  facolta'
istruttoria  del giudice (diversamente da quanto previsto dal comma 5
dell'articolo 666 c.p.p.).
    Ritiene,  quindi il collegio, che le superiori considerazioni non
consentono  di  aderire  all'orientamento della Suprema Corte che per
far  fronte  ad  un  oggettivo  vuoto di tutela, estendendo oltremodo
l'interpretazione   analogica,   ha   creato   una   possibilita'  di
impugnazione  avverso  il  provvedimento  di  rigetto dell'istanza di
restituzione  da  parte del giudice di cognizione non contemplata dal
legislatore,  tra  l'altro,  attingendo alla procedura di opposizione
riservata  al  giudizio  di  esecuzione  e ben distante, sia sotto il
profilo  della  disciplina  sostanziale,  sia  da  un  punto di vista
sistematico   dal  giudizio  di  opposizione  previsto  dal  comma  5
dell'articolo 263 c.p.p., sia pure solo avverso il decreto di rigetto
del  pubblico ministero adito come organo di prima istanza nella fase
delle indagini preliminari.
    2.3 - L'orientamento  piu'  rigoroso adottato dalla sesta sezione
(v.   sopra   sub  2.1.),  appare  piu'  aderente  sia  alla  lettera
dell'articolo   263   c.pp.,   sia   al   fondamentale  principio  di
tassativita'  delle  impugnazioni  previsto dal comma 1 dell'articolo
568 c.p.p., e a sua volta espressione del principio di certezza della
situazioni  e dei rapporti giuridici immanente all'intero ordinamento
giuridico.
    L'adesione  a  detto orientamento comporterebbe nella fattispecie
in  esame,  che  questo  collegio,  prendendo  atto  della carenza di
legittimazione   al   gravame  non  previsto  dalla  legge,  dichiari
l'inammissibilita'  dell'appello  - ex articolo 591, comma 1, lettera
a)  c.p.p.  -  proposto avverso l'ordinanza di rigetto emessa dal gip
innanzi  al  quale  pende  il procedimento per decreto ai sensi degli
articoli 459 e ss. c.p.p. e adito dalla difesa per pronunciarsi sulla
richiesta  di  restituzione  dei beni sequestrati (ex artt. 354 e 355
c.p.p.) all'imputato nella fase delle indagini preliminari.
    Tra  l'altro,  poiche'  l'ordinanza  del gip e' stata adottata de
plano  -  essendo  prevista la procedura camerale di cui all'articolo
127   c.p.p.  solo,  quando  vi  e'  un  rapporto  di  alterita'  tra
richiedente  la  restituzione  e soggetto al quale le cose sono state
sequestrate (art. 263 comma 2 c.p.p.) - non sarebbe neanche possibile
riqualificare  l'impugnazione  come  ricorso  per cassazione ai sensi
dell'articolo  127,  comma  7 c.p.p. e, quindi, trasmettere, ai sensi
del  comma  5  dell'articolo  568  c.p.p.,  il  gravame alla Corte di
Cassazione competente.
    3. - Un   provvedimento   di   declaratoria   di  inammissibilita
dell'impugnazione,  allo  stato unica soluzione aderente alla sistema
normativo vigente, striderebbe oltremodo con la "..esigenza di tutela
sostanziale  dei diritti degli interessati..", gia' individuata dagli
stessi giudici di legittimita' (v. sopra sub. 2.2.).
    Avuto riguardo all'indagine normativa e giurisprudenziale sino ad
ora espletata, ritiene, pertanto il collegio che ricorrono gli stessi
presupposti   che   hanno  recentemente  indotto  questo  collegio  a
sollevare  (ord. 202/00  Seq  del 14/20 novembre 2000, imputato Luca'
Gaetano; ord. 224/00 sequestro del 28 novembre 2000, imputato Mangano
Francesco   Paolo)   di   ufficio   la   questione   di  legittimita'
costituzionale dell'articolo 263 c.p.p. per violazione degli articoli
3 e 24 della Carta Costituzionale.
    3.1 - Invero,   mentre  se  il  pubblico  ministero  respinge  la
richiesta  di  restituzione,  ai  sensi del comma 5 dell'articolo 263
c.p.p.,  i  soggetti interessati possono immediatamente adire il gip,
ai  medesimi  soggetti il legislatore nell'architettura dell'articolo
263  c.p.p.  non  ha  assicurato  alcun  tempestivo rimedio di merito
avverso  l'ordinanza  di  rigetto  disposta  dal  giudice adito dalla
richiesta  di  restituzione di beni sottoposti a sequestro probatorio
avanzata  dopo  la  chiusura  delle  indagini preliminari e prima del
passaggio  in giudicato della sentenza, o, comunque, come nel caso di
specie,  prima,  che  venga emesso o, comunque, diventi definitivo il
decreto penale di condanna.
    Ritiene  questo  collegio  che  l'interesse alla restituzione del
bene   sequestrato   da   parte   degli   interessati   (siano   essi
l'indagato/imputato, la persona offesa dal reato e/o l'avente diritto
alla restituzione) e', ed rimane ontologicamente identico, per cui il
mero  passaggio  dalla  fase delle indagini preliminari alla fase del
giudizio  o,  come  nel  caso  di  specie,  al  procedimento speciale
contemplato  dagli  articoli  459 e ss. c.p.p., costituendo un evento
fisiologico  al  "divenire"  dell'iter procedimentale, non giustifica
minimamente  una  diversita'  di  trattamento tra le diverse fasi del
procedimento.
    Non  si rinviene alcuna ragione che possa giustificare una tutela
minor,   nella  fase  di  cognizione  e  durante  l'espletamento  dei
procedimenti  speciali  contemplati  nel libro VI del codice di rito,
dell'aspirazione a rientrare nella disponibilita' del bene sottoposto
a  vincolo  reale probatorio, rispetto alla doppia e immediata tutela
di  merito  assicurata  nella  fase delle indagini preliminari con il
giudizio di opposizione.
    Ne', d'altro canto, la diversita' di tutela appare trovare alcuna
logica  giustificazione  nel  mutamento  dello status all'interno del
procedimento, da soggetto sottoposto ad indagini ad imputato.
    In   sostanza   nell'articolo   263   c.p.p.   si   rinviene  una
ingiustificata  disparita'  di trattamento tra il soggetto che chiede
la  restituzione  nella  fase  delle  indagini  preliminari e dopo il
passaggio in giudicato della sentenza, al quale - sia pur, come si e'
detto  sub  2.2,  con  le diverse procedure camerali previste nell'un
caso dall'articolo 127 c.p.p. e nell'altro dall'articolo 666 c.p.p. -
e'  assicurato  un  tempestivo  giudizio  di  opposizione  avverso il
provvedimento di rigetto dell'istanza di restituzione, ed il soggetto
che  vede  respinta  l'istanza di restituzione dopo la chiusura delle
indagini  preliminari  al  quale non e' consentito di proporre alcuna
tempestiva opposizione.
    La   lacuna   legislativa  in  esame  oltre  che  comportare  una
disparita'   di   trattamento   contrastante   con  il  principio  di
ragionevolezza  espresso dall'articolo 3 della Costituzione, a parere
del  collegio,  si  risolve  anche  in  una violazione del diritto di
difesa  contemplato  dall'articolo 24 della Costituzione, non potendo
l'imputato  dopo  la chiusura delle indagini preliminari difendere la
propria  istanza  di  restituzione  mediante  adeguata  e tempestiva,
facolta'  di  gravame,  assicuratagli,  invece, come piu' volte si e'
detto,  sia  nella  fase  delle  indagini,  sia  dopo il passaggio in
giudicato della sentenza.
    Ritiene,   quindi,  il  collegio  che  "Il  procedimento  per  la
restituzione.."   disciplinato   dall'articolo  263  c.p.p.,  sarebbe
apparso, oltre che piu' equilibrato da un punto di vista sistematico,
in  piena  armonia  con  i  parametri  costituzionali  previsti dagli
articoli 3 e 24 della Costituzione, qualora il legislatore al comma 5
o  in  altradisposizione  dell'articolo 263 c.p.p. avesse previsto in
caso  di rigetto dell'istanza di restituzione da parte del giudice di
cognizione.  la  facolta' di proporre opposizione innanzi al medesimo
giudice a norma dell'articolo 127 c.p.p. (si e' gia' detto, sub 2.2.,
come  il  contraddittorio  camerale rafforzato previsto dall'articolo
666 c.p.p., creerebbe nella fase di cognizione una tutela sbilanciata
rispetto a quella prevista nella fase delle indagini preliminari).
    Tra l'altro l'opposizione al medesimo giudice non si risolverebbe
in un rimedio defatigatorio o superfluo.
    Invero, sia in dottrina che in giurisprudenza, si e' affermata la
natura  devolutiva  dell'opposizione,  per  cui dopo il rigetto della
prima   istanza,   il  giudice  di  cognizione  si  pronuncerebbe  su
specifiche  doglianze  degli  interessati  e  non  solo  su  una mera
riproposizione della richiesta gia' respinta.
    4. - La questione di legittimita' costituzionale appare rilevante
poiche' qualora venisse accolta, l'impugnazione della difesa proposta
a  questo  collegio,  anziche'  dichiararsi  meramente inammissibile,
potrebbe  essere  riqualificata  e  trasmessa,  ai  sensi del comma 5
dell'articolo  568  c.p.p., al giudice procedente, per il giudizio di
opposizione da esperire a norma dell'articolo 127 c.p.p.