ha pronunciato la seguente Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e 6, e dell'art. 14, commi 4 e 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), promossi con sei ordinanze del 2 novembre 2000 (r.o. dal n. 762 al n. 767 del 2000), otto del 4 novembre 2000 (r.o. dal n. 768 al n. 775 del 2000) e tredici del 6 novembre 2000 (r.o. dal n. 776 al n. 788 del 2000) dal tribunale di Milano, in composizione monocratica, iscritte nel registro ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, 1a serie speciale, dell'anno 2000. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 2001 il giudice relatore Carlo Mezzanotte. Ritenuto in fatto 1. - Con sei ordinanze in data 2 novembre 2000 (r.o. dal n. 762 al n. 767 del 2000) e con otto ordinanze in data 4 novembre 2000 (r.o. dal n. 768 al n. 775 del 2000), tutte di analogo contenuto, il tribunale di Milano, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento all'art. 13, secondo e terzo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e 6, e dell'art. 14, commi 4 e 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui non prevedono: - che la mancata convalida del trattenimento, in caso di insussistenza dei presupposti di cui all'art. 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998, elida gli effetti del provvedimento di accompagnamento alla frontiera a mezzo di forza pubblica; - che il provvedimento di accompagnamento alla frontiera a mezzo di forza pubblica sia comunicato all'autorita' giudiziaria ed assoggettato a convalida entro 48 ore da parte di tale autorita'. Quanto alla rilevanza, in tutte le ordinanze si osserva che il giudizio di convalida del trattenimento presso il centro di permanenza temporanea e di assistenza non puo' "essere portato a compimento in difetto della pregiudiziale risoluzione del dubbio di costituzionalita' gravante sull'accompagnamento coatto alla frontiera disposto in via amministrativa", accompagnamento del quale, in sede di convalida, devono essere accertati i presupposti di validita' ai sensi dell'art. 14, comma 4, del decreto legislativo n. 286 del 1998. Quanto alla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, i remittenti rilevano che il trattenimento dello straniero presso i centri di permanenza ed assistenza di cui al citato art. 14 e' finalizzato ad assicurare effettivita' alla normativa in tema di allontanamento e presuppone che all'espulsione debba farsi luogo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. Quest'ultimo, rendendo suscettibile di coercitiva esecuzione il provvedimento di espulsione, inciderebbe sulla liberta' personale e dovrebbe essere assoggettato alle garanzie poste dall'art. 13 della Costituzione. Sul punto il tribunale di Milano richiama il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale che, distinguendo la diversa sfera di operativita' dei precetti posti dagli artt. 13 e 16 della Costituzione, ha individuato l'elemento qualificante della restrizione della liberta' personale nell'assoggettamento all'altrui potere. I remittenti - premesso che la prerogativa costituzionale dell'art. 13, concernendo un diritto inviolabile e fondamentale, compete anche allo straniero - lamentano che i casi di accompagnamento alla frontiera conseguenti a provvedimenti di espulsione amministrativa violerebbero la riserva di giurisdizione per la mancata previsione di un provvedimento dell'autorita' giudiziaria che dia le ragioni di quella misura, preventivamente ex art. 13, secondo comma, della Costituzione, ovvero successivamente, mediante convalida del giudice entro quarantotto ore, a seguito di comunicazione da parte dell'autorita' di pubblica sicurezza ex art. 13, terzo comma, della Costituzione. Inoltre, la violazione della riserva di giurisdizione, di immediata rilevabilita' nell'ipotesi in cui lo straniero espulso venga effettivamente accompagnato alla frontiera a mezzo della forza pubblica (in questo caso il giudice non ne viene neanche informato), sussisterebbe, ad avviso dei remittenti, anche quando lo straniero, per l'impossibilita' di eseguire con immediatezza l'espulsione, venga trattenuto ai sensi dell'art. 14, comma 1, del decreto legislativo n. 286 del 1998 presso un centro di permanenza temporanea e assistenza. Infatti, nonostante l'art. 14, comma 4, prescriva al giudice della convalida di valutare la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13 del medesimo decreto, oggetto della convalida sarebbe solo il provvedimento di trattenimento presso il centro. Cio' sarebbe confermato, oltre che dalla lettera del citato art. 14, comma 4, che sembrerebbe riferirsi al solo "provvedimento del questore", anche dal rilievo che la mancata convalida del trattenimento non travolgerebbe il provvedimento di "espulsione con accompagnamento", che continuerebbe cosi' a gravare sullo straniero. 2. - Con altre tredici ordinanze di analogo contenuto in data 6 novembre 2000 (r.o. dal n. 776 al n. 788 del 2000), il tribunale di Milano, in composizione monocratica, ha sollevato identica questione di legittimita' costituzionale degli artt. 13, commi 4, 5 e 6, e 14, commi 4 e 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in riferimento all'art. 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La questione e' prospettata negli stessi termini e con le stesse argomentazioni delle ordinanze di cui al punto che precede. Nelle tredici ordinanze in esame il tribunale di Milano ha sollevato altresi', sempre in riferimento all'art. 13, secondo e terzo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale del solo comma 5 dell'art. 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, "nella parte in cui prevede che la convalida del provvedimento del questore comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi venti giorni e non prevede che la permanenza nel centro consegua a provvedimento motivato dell'autorita' giudiziaria per il periodo di tempo da questa indicato, nel rispetto del limite massimo di venti giorni". Ad avviso del giudice a quo la permanenza presso i centri (il cosiddetto "trattenimento") sarebbe misura dall'evidente carattere forzoso, come dimostrato: dall'assoluto divieto per lo straniero di allontanarsi dal centro [art. 21, comma 1, del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 (Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'art. 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286)]; dalla previsione del potere del questore di ripristinare la misura del trattenimento senza ritardo, con l'ausilio della forza pubblica, in caso di indebito allontanamento (art. 14, comma 7, del d.lgs. n. 286 del 1998); dall'attribuzione al questore della responsabilita' delle misure occorrenti per la sicurezza e l'ordine pubblico del centro, nonche' di quelle necessarie per impedire l'indebito allontanamento e per ripristinare la misura (art. 21, comma 9, del d.P.R. n. 394 del 1999). In sostanza, prosegue il remittente, il trattenimento pur effettuato in strutture che non fanno capo all'amministrazione penitenziaria, ma a quella del Ministero dell'interno integrerebbe una forma di detenzione amministrativa che dovrebbe ricadere sotto il disposto dell'art. 13, secondo comma, della Costituzione ed essere quindi fondata su un atto motivato dell'autorita' giudiziaria, che non si limiti alla pura convalida dell'operato dell'autorita' di pubblica sicurezza. In tal senso, la disposizione censurata, che prevede la convalida del trattenimento, stabilendo che essa "comporta" la permanenza nel centro per un periodo di complessivi venti giorni, contrasterebbe con l'art. 13 della Costituzione, in quanto attribuirebbe a tale provvedimento non solo la funzione di ratificare l'operato dell'autorita' di pubblica sicurezza, ma anche quella di legittimare per il futuro la privazione della liberta' personale, per un periodo di tempo predeterminato. Il contrasto sarebbe ancor piu' evidente ove si consideri che il giudice non potrebbe in alcun modo valutare entro quali limiti il sacrificio della liberta' del trattenuto sia giustificato alla luce delle ragioni indicate nel primo comma dell'art. 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998. Quand'anche questo vaglio fosse reso possibile dalle generiche indicazioni sul punto fornite dall'autorita' di pubblica sicurezza - conclude il giudice a quo - la disciplina in esame non consentirebbe comunque al giudice di limitare la durata del trattenimento al periodo di tempo ritenuto congruo rispetto alle concrete esigenze del caso. Ne', successivamente alla convalida, sarebbe possibile per il giudice far cessare il trattenimento allorche' ne venissero meno i presupposti o qualora esso si protraesse oltre i termini. 3. - E' intervenuto in tutti i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o non fondata. Secondo la difesa erariale sarebbe erroneo il presupposto da cui muove il remittente, e cioe' che l'accompagnamento alla frontiera incida sulla liberta' personale dello straniero. L'Avvocatura, premesso che le coazioni fisiche di lieve entita' non sembrerebbero lesive del disposto dell'art. 13 della Costituzione, rileva che l'accompagnamento avrebbe carattere meramente accessorio rispetto al provvedimento principale di espulsione, di cui determinerebbe le modalita' esecutive. In particolare, il provvedimento espulsivo si sostanzierebbe nell'ordine allo straniero di abbandonare il suolo nazionale, mentre l'accompagnamento coattivo sarebbe una modalita' esecutiva complementare a tale ordine e, consistendo nella individuazione ed esecuzione di un itinerario obbligatorio, inciderebbe soltanto sulla liberta' di circolazione. Peraltro, una simile limitazione della liberta' di circolazione dello straniero sarebbe coerente con le garanzie previste dalla Costituzione, corrispondendo a precise e ragionevoli esigenze di tutela della sicurezza pubblica: la necessita' di prevenire il ritorno a situazioni di clandestinita' e quella di garantire la tenuta del sistema di contrasto dell'immigrazione illegale integrerebbero, infatti, - secondo la difesa dello Stato - i motivi di sicurezza che giustificano la limitazione della liberta' di circolazione. Ad avviso dell'Avvocatura, la questione sarebbe comunque infondata anche qualora si ritenesse che l'accompagnamento coattivo determini una restrizione della liberta' personale, perche' la durata dell'accompagnamento sarebbe circoscritta al tempo strettamente necessario allo svolgimento del tragitto fino alla frontiera e ricorrerebbero le ragioni di necessita' ed urgenza che abilitano l'autorita' di pubblica sicurezza ad adottare provvedimenti restrittivi della liberta' personale. In relazione a tale profilo, l'Avvocatura aggiunge che l'esigenza, ineludibile da parte dello Stato, di presidiare le proprie frontiere e quella di predisporre un ordinato flusso migratorio ed una adeguata accoglienza giustificherebbero il sacrificio minimo della liberta' personale imposto allo straniero con l'accompagnamento coattivo. In ogni caso, secondo la difesa erariale, nelle ipotesi di trattenimento nei centri di permanenza temporanea non si verificherebbe alcuna violazione della riserva di giurisdizione. Il giudice, infatti, all'atto della convalida del trattenimento nel centro, sarebbe chiamato a valutare i presupposti di cui agli artt. 13 e 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998 e quindi la sussistenza delle condizioni per poter effettuare un'espulsione con accompagnamento alla frontiera, sicche', in definitiva, dovrebbe pronunciarsi, oltre che sulla legittimita' del trattenimento, anche su quella della misura dell'accompagnamento; pertanto, poiche' la misura del trattenimento, cosi' come prevista dall'art. 14, avrebbe ragione di esistere esclusivamente quale presupposto del successivo accompagnamento in frontiera, l'Avvocatura conclude affermando che la convalida del trattenimento comporterebbe anche quella del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, che non potrebbe ritenersi sottratto al sindacato del giudice. Considerato in diritto 1. - Sollecitata da sei ordinanze del tribunale di Milano, in composizione monocratica, del 2 novembre 2000 (r.o. dal n. 762 al n. 767 del 2000), otto del 4 novembre 2000 (r.o. dal n. 768 al n. 775 del 2000) e tredici del 6 novembre 2000 (r.o. dal n. 776 al n. 788 del 2000), questa Corte e' chiamata a pronunciarsi sulla legittimita', in riferimento all'art. 13, secondo e terzo comma, della Costituzione, dell'art. 13, commi 4, 5 e 6, e dell'art. 14, commi 4 e 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero). Poiche' le ordinanze propongono la medesima questione o questioni connesse, i relativi giudizi debbono essere riuniti per essere decisi congiuntamente. 2. - Prima di dare conto dei temi affrontati dalle ordinanze di rimessione, e' opportuno richiamare, nelle sue linee essenziali, il quadro legislativo dal quale prendono le mosse le questioni di legittimita' costituzionale proposte dal tribunale di Milano. L'art. 10 del decreto legislativo n. 286 del 1998 prevede che la polizia di frontiera puo' respingere gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera senza i requisiti per l'ingresso nel territorio dello Stato. Il respingimento con accompagnamento alla frontiera e' altresi' disposto dal questore nei confronti degli stranieri che, entrando in Italia sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all'ingresso o subito dopo o sono stati temporaneamente ammessi nel territorio per necessita' di pubblico soccorso. Il successivo art. 13 disciplina, invece, l'espulsione amministrativa dello straniero, che e' disposta in ogni caso con decreto motivato (art. 13, comma 3) e puo' avvenire in due modi: mediante intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni e ad osservare le prescrizioni per il viaggio e per la presentazione all'ufficio di polizia di frontiera, oppure mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. A quest'ultima modalita' si ricorre sempre quando l'espulsione sia stata disposta dal Ministro dell'interno per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, ovvero quando lo straniero si sia trattenuto indebitamente nel territorio dello Stato oltre il termine fissato con l'intimazione [art. 13, comma 4, lettera a)]. In tutti gli altri casi l'accompagnamento alla frontiera, pur essendo materialmente eseguito, come nei casi precedenti, dal questore, e' riconducibile ad un provvedimento del prefetto, il quale, in sede di adozione del provvedimento di espulsione, potra' disporre che essa sia eseguita mediante accompagnamento solo ove ritenga sussistente, tenuto conto di circostanze obiettive riguardanti l'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero, un concreto pericolo che questi si sottragga all'esecuzione del provvedimento. In particolare, il decreto di espulsione adottato dal prefetto ai sensi dell'art. 13, comma 2, cui si accompagni una motivazione circostanziata circa le ragioni che lo hanno indotto ad optare per la espulsione immediata con accompagnamento alla frontiera anziche' per quella differita con intimazione, e' il presupposto per l'esecuzione dell'accompagnamento nei confronti dello straniero che sia entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera o non sia stato immediatamente respinto e sia privo di valido documento attestante la sua identita' e nazionalita' [art. 13, comma 2, lettera a), e comma 5]; dello straniero che si sia trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, o il cui permesso di soggiorno sia stato revocato o annullato o sia scaduto da piu' di sessanta giorni senza che ne sia stato chiesto il rinnovo [art. 13, comma 2, lettera b), e comma 6]; infine, dello straniero che appartenga a categorie di persone pericolose [art. 13, comma 2, lettera c), e comma 4, lettera b)]. Avverso i provvedimenti di espulsione adottati dal prefetto e' dato ricorso al giudice ordinario (art. 13, commi 8, 9 e 10), mentre il decreto di espulsione emesso dal Ministro dell'interno per ragioni di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato puo' essere impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma (art. 13, comma 11, del decreto legislativo n. 286 del 1998). Secondo l'art. 14 del medesimo decreto legislativo n. 286 del 1998, quando non sia possibile eseguire con immediatezza il provvedimento di espulsione amministrativa mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perche' occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identita' o nazionalita' ovvero all'acquisizione di documenti di viaggio, o ancora per l'indisponibilita' del vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e di assistenza piu' vicino. Il provvedimento che dispone il trattenimento deve essere trasmesso al giudice senza ritardo e comunque entro le quarantotto ore dalla sua adozione affinche' lo convalidi nelle successive quarantotto ore, ove ne sussistano i presupposti e sentito l'interessato. La mancata convalida comporta la perdita di efficacia del provvedimento, mentre la convalida legittima il trattenimento per un periodo di complessivi venti giorni, prorogabili dal giudice, su richiesta del questore, di ulteriori dieci giorni. 3. - Cosi' sommariamente ricostruita la disciplina della espulsione amministrativa, va rilevato che in tutti i procedimenti che hanno dato origine alle questioni di legittimita' costituzionale si versa in ipotesi di convalida di trattenimento che conseguono ad espulsioni amministrative disposte dal prefetto; resta pertanto estranea al presente giudizio la disciplina dell'espulsione amministrativa per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, di competenza del Ministro dell'interno. In tutte le ordinanze si assume la violazione dell'art. 13, secondo comma, della Costituzione, sul rilievo che oggetto della convalida di cui all'art. 14, comma 4, sarebbe soltanto il provvedimento che dispone il trattenimento presso il centro di permanenza temporanea e assistenza e che quindi sfuggirebbe al vaglio del giudice della convalida la misura dell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica quale modalita' di esecuzione di una espulsione amministrativa; in via subordinata si rileva che, pure a voler ritenere che il controllo del giudice abbia ad oggetto anche l'accompagnamento, questo non verrebbe travolto dal diniego di convalida del trattenimento. Qualche passaggio argomentativo e una certa ambiguita' nella formulazione dei dispositivi potrebbero indurre a ritenere che la censura proposta come principale sia diretta contro il provvedimento di accompagnamento alla frontiera in se', anche indipendentemente dall'esistenza di un provvedimento di trattenimento da convalidare. Tuttavia il requisito della rilevanza impone di interpretare le ordinanze di rimessione nel senso che con esse ci si limiti a dolersi del fatto che, in sede di convalida del trattenimento presso il centro di permanenza, non sia consentita al giudice la verifica della legittimita' dell'accompagnamento alla frontiera. Diversamente, le ordinanze, in parte qua non potrebbero sottrarsi alla sanzione della inammissibilita', giacche' nel procedimento di convalida ex art. 14, comma 4, puo' venire in considerazione solo il provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica cui faccia seguito una misura di trattenimento. 4. - La questione, la cui consistenza si e' ora precisata, deve essere dichiarata non fondata nei sensi di cui appresso si dira'. Il trattenimento dello straniero presso i centri di permanenza temporanea e assistenza e' misura incidente sulla liberta' personale, che non puo' essere adottata al di fuori delle garanzie dell'art. 13 della Costituzione. Si puo' forse dubitare se esso sia o meno da includere nelle misure restrittive tipiche espressamente menzionate dall'art. 13; e tale dubbio puo' essere in parte alimentato dalla considerazione che il legislatore ha avuto cura di evitare, anche sul piano terminologico, l'identificazione con istituti familiari al diritto penale, assegnando al trattenimento anche finalita' di assistenza e prevedendo per esso un regime diverso da quello penitenziario. Tuttavia, se si ha riguardo al suo contenuto, il trattenimento e' quantomeno da ricondurre alle "altre restrizioni della liberta' personale", di cui pure si fa menzione nell'art. 13 della Costituzione. Lo si evince dal comma 7 dell'art. 14, secondo il quale il questore, avvalendosi della forza pubblica, adotta efficaci misure di vigilanza affinche' lo straniero non si allontani indebitamente dal centro e provvede a ripristinare senza ritardo la misura ove questa venga violata. Si determina dunque nel caso del trattenimento, anche quando questo non sia disgiunto da una finalita' di assistenza, quella mortificazione della dignita' dell'uomo che si verifica in ogni evenienza di assoggettamento fisico all'altrui potere e che e' indice sicuro dell'attinenza della misura alla sfera della liberta' personale. Ne' potrebbe dirsi che le garanzie dell'art. 13 della Costituzione subiscano attenuazioni rispetto agli stranieri, in vista della tutela di altri beni costituzionalmente rilevanti. Per quanto gli interessi pubblici incidenti sulla materia della immigrazione siano molteplici e per quanto possano essere percepiti come gravi i problemi di sicurezza e di ordine pubblico connessi a flussi migratori incontrollati, non puo' risultarne minimamente scalfito il carattere universale della liberta' personale, che, al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama inviolabili, spetta ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunita' politica, ma in quanto esseri umani. Che un tale ordine di idee abbia ispirato la disciplina dell'istituto emerge del resto dallo stesso art. 14 censurato, la' dove, con evidente riecheggiamento della disciplina dell'art. 13, terzo comma, della Costituzione, e della riserva di giurisdizione in esso contenuta, si prevede che il provvedimento di trattenimento dell'autorita' di pubblica sicurezza deve essere comunicato entro quarantotto ore all'autorita' giudiziaria e che, se questa non lo convalida nelle successive quarantotto ore, esso cessa di avere ogni effetto. 5. - E' dunque in questo contesto normativo - in cui la formulazione dell'art. 13, terzo comma, della Costituzione, con riferimento alla misura del trattenimento, appare dalla legge ricalcata alla lettera - che devono essere valutate le censure mosse dai remittenti, secondo i quali il giudice della convalida non potrebbe estendere la propria valutazione all'accompagnamento, giacche' questo rimarrebbe estraneo al procedimento giurisdizionale, e in ogni caso la sanzione dell'inefficacia conseguente alla mancata convalida del trattenimento non riguarderebbe anche l'accompagnamento alla frontiera. Una simile interpretazione, sorretta da argomenti testuali assai labili, non puo' essere condivisa. Secondo le ordinanze di rimessione, l'art. 14, comma 4, quando, riferendosi all'oggetto della convalida, usa il termine "provvedimento" al singolare, intenderebbe fare esclusivo riferimento al provvedimento del questore, autorita' competente a disporre il trattenimento, e non anche all'accompagnamento alla frontiera (potenzialmente riconducibile a provvedimenti di piu' autorita'), il quale continuerebbe cosi' a gravare sullo straniero nonostante la mancata convalida. A tale argomentazione e' agevole opporre, gia' sul piano letterale, che l'art. 14, comma 4, stabilisce che il giudice convalida il provvedimento del questore, sentito l'interessato, solo "ove ritenga sussistenti i presupposti di cui all'art. 13 ed al presente articolo". Da cio' e' possibile desumere che il controllo del giudice investe non solo il trattenimento, ma anche l'espulsione amministrativa nella sua specifica modalita' di esecuzione consistente nell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, regolata dall'art. 13. Ulteriormente seguendo questa linea argomentativa, tendente a valorizzare dati testuali, non puo' essere trascurato il fatto che l'art. 14, comma 3, dispone che il questore del luogo in cui si trova il centro trasmetta al giudice copia degli "atti": non quindi del solo provvedimento di trattenimento, ma di tutti gli atti del procedimento, incluso evidentemente il provvedimento di espulsione amministrativa corredato dalle valutazioni del prefetto sulle circostanze che lo hanno indotto a ritenere che lo straniero potesse sottrarsi all'esecuzione di una semplice intimazione e lo hanno persuaso a scegliere l'accompagnamento immediato come modo di esecuzione dell'espulsione. Un simile onere di trasmissione, entro il termine perentorio di quarantotto ore, non puo' avere altro significato se non quello di rendere possibile un controllo giurisdizionale pieno, e non un riscontro meramente esteriore, quale si avrebbe se il giudice della convalida potesse limitarsi ad accertare l'esistenza di un provvedimento di espulsione purchessia. Il giudice dovra' infatti rifiutare la convalida tanto nel caso in cui un provvedimento di espulsione con accompagnamento manchi del tutto, quanto in quello in cui tale provvedimento, ancorche' esistente, sia stato adottato al di fuori delle condizioni previste dalla legge. Se a questi argomenti testuali si affiancano considerazioni di ordine sistematico circa la collocazione e la funzione della misura del trattenimento nel procedimento di espulsione amministrativa, l'interpretazione restrittiva dei poteri del giudice della convalida fatta propria dalle ordinanze di rimessione si conferma priva di ogni consistenza. Il trattenimento costituisce la modalita' organizzativa prescelta dal legislatore per rendere possibile, nei casi tassativamente previsti dall'art. 14, comma 1, che lo straniero, destinatario di un provvedimento di espulsione, sia accompagnato alla frontiera ed allontanato dal territorio nazionale. Il decreto di espulsione con accompagnamento, che, giova ribadire, ai sensi dell'art. 13, comma 3, deve essere motivato, rappresenta quindi il presupposto indefettibile della misura restrittiva, e in quanto tale non puo' restare estraneo al controllo dell'autorita' giudiziaria. Per eliminare ogni eventuale residuo dubbio basta considerare che l'accompagnamento inerisce alla materia regolata dall'art. 13 della Costituzione, in quanto presenta quel carattere di immediata coercizione che qualifica, per costante giurisprudenza costituzionale, le restrizioni della liberta' personale e che vale a differenziarle dalle misure incidenti solo sulla liberta' di circolazione. E' proprio muovendo da simili premesse che questa Corte, fin dalla sentenza n. 2 del 1956, ha affermato che la traduzione del rimpatriando con foglio di via obbligatorio e' misura incidente sulla liberta' personale e, nella piu' recente sentenza n. 210 del 1995, ha negato che l'ordine di rimpatrio comporti lesione dei beni protetti dall'art. 13 della Costituzione, in considerazione del carattere obbligatorio, ma non coercitivo, che tale ordine presenta. Ancora, sulla distinzione tra mera obbligatorieta' e coercitivita' della misura si e' basata la sentenza n. 194 del 1996, in tema di accompagnamento per i necessari accertamenti tossicologici del conducente di un veicolo in condizioni di alterazione fisica o psichica che si possano ragionevolmente ritenere correlate all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope. In quella non lontana decisione, in effetti, per escludere la attinenza dell'accompagnamento all'area della liberta' personale e' stata decisiva la considerazione che il destinatario della misura puo' rifiutarsi di seguire gli agenti, pur esponendosi in tal caso al rischio di un giudizio e di una sanzione penale, senza pero' che l'autorita' di polizia possa esercitare alcuna forma di coazione fisica. Infine, in una fattispecie assai vicina a quelle attuali, nella sentenza n. 62 del 1994, l'espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica dello straniero sottoposto a custodia cautelare o in espiazione di una pena detentiva, anche se residua, non superiore a tre anni, e' stata ritenuta misura incidente sulla liberta' personale, sulla premessa, non esplicitata, ma non per questo meno chiara, che il passaggio dalla condizione di detenzione ad altra misura coercitiva determinasse una diversita' di grado e non di qualita', identica rimanendo, in entrambe le ipotesi, la natura del bene costituzionale coinvolto. Se pure dunque l'interpretazione prospettata dai remittenti fosse astrattamente plausibile limitando l'analisi alla sola legge ordinaria, e' comunque la forza del precetto costituzionale dell'art. 13 a imporre una accezione piena del controllo che spetta al giudice della convalida: un controllo che non puo' fermarsi ai margini del procedimento di espulsione, ma deve investire i motivi che hanno indotto l'amministrazione procedente a disporre quella peculiare modalita' esecutiva dell'espulsione - l'accompagnamento alla frontiera - che e' causa immediata della limitazione della liberta' personale dello straniero e insieme fondamento della successiva misura del trattenimento. 6. - Una volta chiarito che il controllo si estende a tutti i presupposti del trattenimento, e' risolta per implicito anche l'ulteriore questione, posta subordinatamente dai remittenti, secondo i quali nessuna delle disposizioni censurate prevede espressamente che il diniego di convalida sia suscettibile di incidere sul provvedimento di espulsione con accompagnamento. Anche in assenza di una espressa previsione in tal senso, non puo' dubitarsi che, nell'ipotesi in cui il giudice ritenga insussistenti o non congruamente motivate le ragioni per le quali l'autorita' di polizia non si sia limitata ad adottare un provvedimento di espulsione con intimazione, ma abbia disposto l'esecuzione dell'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera, il diniego di convalida travolgerebbe, insieme al trattenimento, anche la misura dell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. Se infatti presidio della liberta' personale, nel sistema delineato dall'art. 13 della Costituzione, e' l'atto motivato dell'autorita' giudiziaria, non v'e' alcuna possibilita' di sostenere che un atto coercitivo come l'accompagnamento, che direttamente incide sulla liberta' della persona e che e' allegato come presupposto della misura del trattenimento, possa essere assunto dall'autorita' di polizia come pienamente legittimo e ancora eseguibile quando il giudice ne abbia accertato l'illegittimita' ponendo proprio tale accertamento a fondamento del diniego di convalida. 7. - L'art. 14, comma 5, dell'anzidetto decreto legislativo, pur menzionato in tutte le ordinanze, e' fatto oggetto di specifica censura soltanto nelle ordinanze dal n. 776 al n. 788 del 2000, che, con una seconda questione, ne denunciano l'illegittimita', sempre in riferimento all'art. 13, secondo e terzo comma, della Costituzione "nella parte in cui prevede che la convalida del provvedimento del questore comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi venti giorni e non prevede che la permanenza nel centro consegua a provvedimento motivato dell'autorita' giudiziaria per il periodo di tempo da questa indicato, nel rispetto del limite massimo di venti giorni". La questione e' infondata. Il legislatore, con valutazione che non appare affetta da irragionevolezza, ha ritenuto che, per rimuovere gli impedimenti all'esecuzione del provvedimento di espulsione, sia necessario un periodo di tempo che puo' giungere nel massimo a venti giorni, prorogabili di ulteriori dieci giorni a richiesta del questore, limite varcato il quale e' da ritenersi che il trattenimento perda efficacia. Non si tratta di un tempo di restrizione della liberta' personale che deve essere consumato interamente. E' infatti previsto dall'art. 14, comma 1, del decreto legislativo di cui si tratta che lo straniero deve essere trattenuto "per il tempo strettamente necessario" e quindi, concorrendone le condizioni, la misura deve cessare prima dello spirare del termine ultimo. Il fatto che la convalida si riferisca all'operato dell'autorita' di pubblica sicurezza e, insieme, costituisca titolo per l'ulteriore trattenimento fino al limite dei venti giorni, non comporta alcuna violazione della riserva di giurisdizione posta dall'art. 13 della Costituzione, giacche' il trattenimento convalidato e' riferibile, sia per la restrizione gia' subita, sia per il periodo residuo entro il quale puo' protrarsi, ad un atto motivato dell'autorita' giudiziaria.