ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 34 e 37,
comma  1,  lettera a), del codice di procedura penale, promosso dalla
Corte   di  appello  di  Napoli,  in  una  procedura  di  ricusazione
nell'ambito  di  un  procedimento  penale,  con  ordinanza  emessa il
3 aprile  2000,  iscritta  al  n. 443  del  registro ordinanze 2000 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, 1a serie
speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  7 marzo 2001 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto che nel corso di un procedimento di ricusazione la Corte
di  appello di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e
111  della  Costituzione,  questione  di  legittimita' costituzionale
degli  artt. 34  e  37,  comma 1, lettera a), del codice di procedura
penale, nella parte in cui non prevedono che possa essere ricusato il
giudice  che,  prima  dell'apertura del dibattimento, abbia applicato
una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato;
        che  il  giudice  rimettente  espone  di  essere  chiamato  a
pronunciarsi  sulla  dichiarazione  di  ricusazione  presentata da un
imputato,  rinviato  a  giudizio  insieme  ad altri per il delitto di
associazione di tipo mafioso (art. 416-bis del codice penale) dinanzi
al collegio "B" della terza sezione del tribunale di Napoli;
        che   nel  corso  del  processo  la  richiesta  del  pubblico
ministero  di  disporre  una misura cautelare personale nei confronti
dell'imputato  veniva  presa  in  esame  e  accolta  dai  giudici del
collegio "A" della stessa sezione del tribunale di Napoli;
        che  il  processo perveniva quindi all'udienza del 10 gennaio
2000,  nella  quale  il collegio "B" incaricato della trattazione del
procedimento,  separate  le  posizioni  di  alcuni soggetti - tra cui
quella  dell'imputato  a  cui era stata applicata dal collegio "A" la
misura  cautelare  -  che  avevano chiesto di essere giudicati con il
rito  abbreviato  ai  sensi  dell'art. 223  del  decreto  legislativo
19 febbraio  1998,  n. 51,  disponeva  relativamente  alle  posizioni
stralciate  il  rinvio del processo ad una successiva udienza dinanzi
al collegio "A";
        che  i  giudici  componenti  il  collegio "A" presentavano al
Presidente del tribunale dichiarazione di astensione, sul presupposto
che  con  l'ordinanza  applicativa  della  misura cautelare personale
avevano  gia'  espresso  il  loro  convincimento sui fatti oggetto di
giudizio e sulla responsabilita' dell'imputato;
        che,  a  seguito  del  rigetto  da  parte  del Presidente del
tribunale,  l'imputato  presentava  dichiarazione  di ricusazione per
l'incompatibilita' dei giudici a celebrare il dibattimento, eccependo
in  subordine  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2,
cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;
        che   il  giudice  rimettente,  rilevato  che  la  situazione
prospettata  dall'imputato  non  si  inquadra in alcuna delle ipotesi
previste  dall'art. 37  cod.  proc.  pen.,  ha sollevato questione di
legittimita' costituzionale nei termini sopra indicati;
        che il rimettente precisa che nella specie i giudici ricusati
hanno  compiuto  un  esame  approfondito  degli  atti di indagine del
pubblico    ministero,    in    relazione    sia   alla   sussistenza
dell'associazione camorristica, sia al coinvolgimento dell'imputato e
alle  sue  responsabilita'  penali,  analizzando le dichiarazioni dei
collaboratori  di  giustizia  e  compiendo valutazioni in ordine alla
attendibilita' dei vari mezzi di prova;
        che,  al  riguardo,  il  giudice  a quo pur non ignorando che
analoga  questione,  avente ad oggetto l'incompatibilita' al giudizio
del  giudice  che  si sia pronunciato sull'applicazione di una misura
cautelare  negli  atti  preliminari  al  dibattimento,  e' gia' stata
dichiarata  inammissibile  dalla Corte costituzionale sul presupposto
che l'incompatibilita' non sussiste la' dove la valutazione sia stata
effettuata  da  parte  dello stesso giudice gia' investito nel merito
del   procedimento,   sollecita  un  nuovo  intervento  della  Corte,
affinche'  valuti "se il sistema attuale sia legittimo anche nel caso
in  cui il giudice del dibattimento abbia applicato ex novo la misura
sulla base del solo materiale di prova in possesso del p.m.";
        che   tale  intervento  sarebbe  reso  necessario  sia  dalla
particolarita'  del  caso concreto, sia dai mutamenti intervenuti nel
quadro normativo;
        che  sotto  il primo profilo il rimettente sottolinea che nel
momento  in  cui  avevano  disposto  la  misura  cautelare  i giudici
ricusati non erano stati ancora investiti del giudizio di merito, che
all'epoca pendeva dinanzi all'altro collegio della loro sezione;
        che  sotto il secondo profilo assumerebbero rilevanza i nuovi
principi  sul  "giusto  processo"  introdotti nell'art. 111 Cost., in
quanto  l'espressa previsione del principio del contraddittorio nella
formazione  della  prova  precluderebbe  all'organo  della  accusa di
portare  all'esame  del giudice di merito tutto il materiale di prova
in suo possesso, sia pure ai limitati fini di ottenere l'applicazione
di una misura coercitiva a carico dell'imputato;
        che  sarebbe  altresi'  violato l'art. 3 della Costituzione a
causa della disparita' di trattamento tra gli imputati che affrontano
il  processo  da  liberi  e  quelli  che  invece  sono  costretti  ad
affrontarlo  in  stato  di  detenzione,  atteso  che  il  pregiudizio
all'imparzialita'  di  giudizio  puo'  configurarsi  solo  rispetto a
questi ultimi;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  rilevando  che  analoga  questione  e'  gia' stata dichiarata
inammissibile con la sentenza n. 51 del 1997;
        che   il   tribunale  di  Napoli  con  successiva  ordinanza,
trasmessa  a  questa  Corte  in data 12 febbraio 2001 per unione agli
atti, ha comunicato che i giudici ricusati hanno presentato una nuova
dichiarazione  di  astensione,  accolta dal Presidente del tribunale,
che  ha  provveduto  ad assegnare il processo ad altro collegio della
medesima terza sezione del tribunale;
        che  dal  verbale  dell'udienza del 7 febbraio 2001, allegato
all'ordinanza   trasmessa   alla   Corte,  risulta  che  il  pubblico
ministero,  preso atto della sopravvenuta irrilevanza della questione
di  legittimita'  costituzionale, ha chiesto che venisse inviata alla
Corte  una  "nota"  per  comunicare  il  venire  meno  della causa di
incompatibilita'   e  consentire  alla  Corte  stessa  di  dichiarare
l'inammissibilita' della questione.
    Considerato  che,  come  risulta  dall'ordinanza del tribunale di
Napoli,   i   giudici  ricusati  hanno  presentato  dichiarazione  di
astensione, accolta dal Presidente del tribunale;
        che  a norma dell'art. 39 cod. proc. pen. la dichiarazione di
ricusazione, che ha dato luogo alla procedura nell'ambito della quale
e'  stata  sollevata  la questione di legittimita' costituzionale, si
considera  come non proposta quando il giudice, anche successivamente
ad essa, dichiara di astenersi e l'astensione e' accolta;
        che    l'astensione   dei   giudici   ricusati,   intervenuta
successivamente   alla   ordinanza   di   rimessione,  appare  quindi
suscettibile   di  incidere  sul  rapporto  processuale  instauratosi
innanzi  al  giudice  della  ricusazione e sulla perdurante rilevanza
della presente questione di legittimita' costituzionale (v. ordinanze
n. 448 del 1994, n. 65 del 1991, n. 250 del 1990);
        che  non  e'  di  ostacolo a questa conclusione la disciplina
dettata  dall'art. 22  delle  norme integrative per i giudizi davanti
alla  Corte  costituzionale,  che  si riferisce ai diversi casi della
sospensione, interruzione ed estinzione del giudizio a quo;
        che  deve pertanto essere disposta la restituzione degli atti
al giudice a quo per un riesame della rilevanza della questione.