IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza di rimessione degli atti per giudizio incidentale di legittimita' costituzionale relativamente agli articoli 9 e 62, legge 3 maggio 1982, n. 203, nella causa iscritta al n. 1479/1999 avente per oggetto: pagamento somma Svolgimento del processo Con ricorso depositato l'8 ottobre 1999 dinanzi alla Sezione specializzata agraria, Mari Rossana chiedeva che, previa se del caso rimessione degli atti alla Corte costituzionale, venisse fissato il canone di affitto per il fondo di proprieta' della ricorrente stessa e sito in Marotta di Mondolfo nella misura di lire 15 milioni per anno o in quella maggiore o minore ritenuta congrua alla stregua dei criteri fissati dalla legge 203/1982 e condannare il Bacchiocchi alla corresponsione delle differenze dovute per tutte le annate agrarie decorse ad iniziare dall'annata agraria 1994/1995, con gli interessi legali dal giorno della domanda al saldo. Si costituiva il Bacchiocchi chiedendo il rigetto della domanda attrice. All'udienza del 30 novembre 1999 il tribunale pronunciava ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale dichiarando non manifestamente infondata la questione di legittimita' degli artt. 9 e 62 legge 203/1982 per contrasto con gli artt. 3, 42 e 44 Cost., sospendendo il giudizio. Veniva decisa la questione da questa ecc.ma Corte con ordinanza 449/2000 che dichiarava la manifesta inammissibilita' della questione sollevata, stante la lacuna espositiva dell'ordinanza di rimessione che non aveva indicato i termini della fattispecie concreta oggetto del giudizio principale. Con successivo provvedimento del 3 novembre 2000 veniva fissata l'udienza di prosecuzione del giudizio dinanzi al tribunale e all'udienza del 30 gennaio 2001 le parti discutevano la causa. Il tribunale pronunciava, all'esito, la presente ordinanza di rimessione. Rilevanza La questione dedotta ha nel procedimento de quo un'incidenza attuale e non meramente eventuale; questo giudicante non puo' prescindere dalla decisione della questione di legittimita' costituzionale e la pregiudizialita' necessaria si ravvisa sotto il seguente profilo. Se fosse accertata la incostituzionalita' della norma citata la ricorrente avrebbe diritto alla percezione di un canone di affitto non irrisorio, piu' alto quindi di quello percepito nelle annate agrarie del 1994/1995 (canone pari a 1.600.000 circa), annata 1995/1996 (pari a lire 1.700.000), annata 1996/1997 (pari a lire 1.700.000), annata agraria 1997/1998 (pari a lire 1.800.000), annata agraria 1998/1999 (pari a lire 1.800.000 circa). Ora, il fondo della ricorrente si trova in una zona classificata come seminativo arborato, e' sito in pianura e secondo le tabelle formate dalla speciale Commissione regionale con sede in Pesaro e' inserito nella zona III (colle piano litoraneo) e prevalentemente nel gruppo di coltura A, sostanzialmente la zona piu' fertile dal punto di vista agrario (circostanza, questa, non smentita da controparte). La ricorrente sostiene che non si debba piu' applicare l'art. 62 della predetta legge, ora che e' entrata in vigore la normativa 1987/403 che prevede una revisione delle tariffe dei redditi dominicali relativi all'intero territorio nazionale; si sarebbe realizzata la previsione dell'art. 62 della predetta legge per cui i redditi dominicali da porre a base del calcolo sono quelli del competente ufficio del catasto. A dire della ricorrente inoltre i vicini di fondo, aventi un fondo delle medesime estensioni circa, percepiscono un canone annuale ben superiore a quello da lei percepito, pari a lire 15.000.000 (circostanza questa pero' contestata da controparte). Se venisse accolta la questione di legittimita' costituzionale, la ricorrente avrebbe diritto ad un canone ben superiore alle attuali L. 50.000 circa mensili per un fondo di ben 14 ettari, molto fertile. La domanda attrice verrebbe pertanto accolta. In caso di infondatezza della questione verrebbe invece respinta dovendosi applicare il combinato disposto degli artt. 9 e 62 legge n. 203/1982 e la ricorrente non avrebbe diritto ad un canone piu' alto. Non manifesta infondatezza Ritenuto preliminarmente che la questione di legittimita' costituzionale sia ancora proponibile nel corso di questo grado di giudizio, posto che l'art. 24 della legge 1953/1987 impone che la questione venga sollevata all'inizio di ogni ulteriore grado del processo solo qualora vi sia stata una ordinanza di rigetto per manifesta irrilevanza o infondatezza, mentre nel caso di specie vi e' stata una ordinanza di manifesta inammissibilita' perche' non motivata sul punto della rilevanza dal giudice remittente. Ritenuto che la questione non sia manifestamente infondata sotto i seguenti profili: In relazione all'art. 3, primo comma Cost., per la disparita' di trattamento che tale norma viene a creare. Il legislatore puo' si' trattare alcune situazioni o determinati soggetti in modo diverso oppure parificarli ad altri soggetti o ad altre situazioni gia' oggetto di altra disciplina purche' cio' sia ragionevole. Nel caso di specie si rileva che in diverse regioni italiane per esempio l'Emilia Romagna sono stati stipulati accordi fra le organizzazioni sindacali dei proprietari e degli affittuari per giungere ad un equo contemperamento dei contrastanti interessi e ad una effettiva remunerazione del locatore. Nelle Marche invece tali accordi non esistono e quindi si applica l'art. 62 legge n. 203 /1982. E' vero che tale contrasto deriva dall'iniziativa delle organizzazioni sindacali ma e' reso possibile proprio dall'attuale sistema legislativo in particolare dall'art. 45 della legge che prevede la possibilita' di stipulare accordi collettivi. In relazione all'art. 42 e all'art. 44 della Costituzione: Il canone come stabilito dal combinato disposto degli articoli in oggetto va calcolato sulla base del reddito domenicale e il reddito domenicale da prendere in considerazione e' ancora quello stabilito dal r.d. 4 aprile 1939, n. 589, nonostante l'entrata in vigore della revisione degli estimi catastali avvenuta il primo gennaio 1988. Ora che i dati catastali sono stati elaborati, la sopravvivenza del vecchio catasto non e' piu' giustificata. E' vero che questa ecc.ma Corte costituzionale con sentenza del 1984, n. 139 si e' gia' pronunciata affermando che e' infondata la questione di legittimita' degli artt. 8, 9, 10, 13 legge n. 203/1982 nella parte in cui vengono fissati i coefficienti di moltiplicazione per il calcolo dell'equo canone per l'affitto, in riferimento agli artt. 3, 42 e 44; tuttavia dopo 17 anni da quella pronuncia puo' ritenersi non piu' rispettato quel principio legislativo (e prima ancora costituzionale di cui si dira') previsto dall'art. 9, comma 6, laddove si sancisce che si deve assicurare in primo luogo una equa remunerazione del lavoro dell'affittuario e della sua famiglia. Le commissioni tengono anche conto degli apporti di capitali dell'affittuario dei costi di produzione, della esigenza di riconoscere un compenso ai capitali investiti e degli altri apporti del locatore. Ne viene che anche il disposto dell'art. 42 della Costituzione (la proprieta' privata e' riconosciuta e garantita dalla legge) viene ad essere violato riconoscendo al concedente un corrispettivo irrisorio. Il canone derivante dall'applicazione dell'art. 62 legge n. 203/1982 riveste solo valore simbolico in questo modo. Viene inoltre, tale disciplina, ad essere in contrasto con l'art. 44 della Costituzione perche' non stabilisce equi rapporti sociali. I dati catastali per il lungo periodo trascorso perdono sempre piu' idoneita' a rappresentare le effettive caratteristiche dei terreni agricoli (il valore di mercato del terreno in questione, a parere degli esperti componenti la presente sezione specializzata, e' pari a circa sette volte quello che si ottiene secondo il criterio legislativo). "Non puo' essere piu' razionalmente giustificabile l'ulteriore protrarsi del ricorso ad un catasto vecchio di circa un cinquantennio e la mancata utilizzazione di elementi che sono invece idonei a rappresentare la realta' attuale e quindi a porre i rapporti tra concedente e affittuario su un piano ad essa piu' rispondente". A volere continuare ad utilizzare il parametro del 1939 "si porrebbe il problema della intrinseca razionalita' di una norma fondata su elementi ormai superati": questo aveva gia' affermato l'ill.ma Corte costituzionale gia' nella sentenza del 1984 n. 139. La stessa legge all'art. 62 prevede che la disciplina doveva rimanere ferma in attesa di una nuova successiva che ancora non si e' avuta. Questa ecc.ma Corte costituzionale pertanto gia' nella sentenza 139/1984 affermava che i dati catastali del 1939 avevano perso l'idoneita' a rappresentare le effettive caratteristiche dei terreni agricoli auspicando quindi un aggiornamento della disciplina. Prima ancora con la sentenza 153/1977 la Corte aveva dichiarato illegittimi gli artt. 3, 24, 55, legge n. 814/1973, per contrasto con gli artt. 3, 42, 44 della Costituzione laddove stabilivano un limite massimo di adeguamento dei canoni di affitto di fondi rustici; in seguito il legislatore emanava, adeguandosi, la legge n. 203/1982. In conclusione si censurano le disposizioni della legge, artt. 9 e 62, in relazione al seguente profilo: laddove prevedono che si debba prendere a base il reddito domenicale stabilito a norma del regio decreto legge 4 aprile 1939, n. 589, sino all'entrata in vigore di una nuova legge che disciplini la materia, ancorche' intervenga la revisione degli estimi catastali, e prevedono quindi un canone di affitto talmente basso da svuotare o comunque tale da comprimere irrazionalmente il diritto di proprieta' e comunque da impedire di stabilire equi rapporti sociali;