ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 8,  quarto
comma,  della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a
mezzo  posta  e  di  comunicazioni  a  mezzo  posta  connesse  con la
notificazione  di  atti giudiziari), promosso con ordinanza emessa il
2 maggio  2000 dal Tribunale di Reggio Emilia nel procedimento civile
vertente  tra  Carpanoni  Francesco  e Khalikane Miloudi, iscritta al
n. 460  del  registro  ordinanze  2000  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 36, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  7 marzo 2001 il giudice
relatore Annibale Marini;
    Ritenuto  che  con ordinanza emessa il 2 maggio 2000 il tribunale
di  Reggio  Emilia,  nel  corso  di  un procedimento per convalida di
sfratto,  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3  e  24 della
Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 8,
quarto  comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di
atti  a  mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la
notificazione  di  atti giudiziari), il quale prevede che, in caso di
assenza  del  destinatario  di  una notificazione a mezzo posta (e di
rifiuto,   mancanza,   inidoneita'  o  assenza  delle  altre  persone
abilitate  a ricevere l'atto), la notificazione si abbia per eseguita
decorsi  dieci  giorni  dalla  data  di  deposito  del  piego  presso
l'ufficio postale;
        che,  per  quanto  riguarda  il  parametro  di cui all'art. 3
Cost.,  il rimettente ritiene che a seguito della sentenza n. 346 del
1998  -  con  la  quale  questa  Corte  ha  dichiarato,  tra l'altro,
l'illegittimita'  costituzionale  del terzo comma del medesimo art. 8
della  legge  n. 890  del  1982,  nella parte in cui disponeva che il
piego,  decorso  il  ricordato  termine  di dieci giorni dal deposito
senza  che ne fosse stato curato il ritiro, dovesse essere restituito
al  mittente  -  risulterebbe  allo  stato incerto, in mancanza di un
intervento  del  legislatore,  "il lasso di tempo decorso il quale la
notifica puo' intendersi validamente effettuata", con la possibilita'
che  il  vuoto  legislativo venutosi a determinare sia colmato in via
interpretativa  in  modo differente violandosi, in tal modo, l'art. 3
Cost;
        che,  sotto  altro aspetto, e con riferimento al parametro di
cui  all'art. 24  Cost.,  dovrebbe  altresi' dubitarsi, ad avviso del
rimettente,  che  il  termine di dieci giorni dalla data del deposito
del piego presso l'ufficio postale, decorso il quale l'atto si ha per
notificato,  "possa tuttora rappresentare lasso di tempo necessario e
sufficiente al perfezionamento della notifica";
        che   il   medesimo   rimettente,  nella  sola  parte  motiva
dell'ordinanza,  ha  altresi'  sollevato,  in  riferimento all'art. 3
Cost.,  questione  di  legittimita' costituzionale del quinto e sesto
comma  dello stesso art. 8, i quali prevedono che, nel caso in cui il
destinatario  o  un suo incaricato ritirino il piego presso l'ufficio
postale,  la notificazione si ha per eseguita alla data di ritiro del
piego;
        che   anche   tali   norme  comporterebbero  una  illegittima
disparita'  di trattamento derivante dalla possibilita' di differenti
soluzioni   interpretative,   essendo,   ad  avviso  del  rimettente,
compatibile  con  il loro tenore letterale un'interpretazione secondo
la   quale   il   ritiro  del  piego  possa  avvenire,  e  dunque  la
notificazione perfezionarsi, pur dopo il decimo giorno dal deposito;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   concludendo   per  la  declaratoria  di  infondatezza  della
questione;
        che,  ad  avviso dell'Avvocatura, l'art. 8 della legge n. 890
del  1982 avrebbe ormai - dopo la sentenza di questa Corte n. 346 del
1998  -  un  contenuto  precettivo  tale  da  assicurare  (attraverso
l'avviso  del  deposito e la conservazione del piego presso l'ufficio
postale) una effettiva possibilita', per il destinatario, di venire a
conoscenza  dell'esistenza  e  del contenuto dell'atto notificatogli,
cosicche'  qualsiasi ulteriore rafforzamento delle garanzie di difesa
del  destinatario  della  notificazione finirebbe per squilibrare, in
danno del notificante, il bilanciamento degli interessi in conflitto,
lasciando  il  notificante  stesso  in  balia del comportamento della
controparte.
    Considerato  che  la  questione,  sollevata solamente nella parte
motiva  dell'ordinanza,  riguardante  l'art. 8, quinto e sesto comma,
della  legge  20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo
posta  e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione
di atti giudiziari), deve ritenersi priva di rilevanza nel giudizio a
quo,  e  va  percio'  dichiarata  manifestamente  inammissibile,  non
risultando dall'ordinanza stessa che il convenuto, rimasto contumace,
abbia provveduto al ritiro del piego presso l'ufficio postale;
        che,  per  quanto  riguarda  la  questione riferita al quarto
comma  del  medesimo  art. 8,  sotto  il profilo della violazione del
principio   di   eguaglianza,   pur   a  prescindere  da  ogni  altra
considerazione,  l'asserito  vuoto normativo derivante dalla sentenza
n. 346  del  1998  riguarderebbe,  non gia' il momento perfezionativo
della  notificazione,  ma semmai la data di restituzione del piego ai
sensi  del  terzo  comma dell'art. 8; per cui anche tale questione va
dichiarata  manifestamente  inammissibile,  siccome attinente a norma
diversa da quella denunciata;
        che  il  termine  di  dieci  giorni  necessario  ai  fini del
perfezionamento della notificazione a mezzo posta, in caso di assenza
del destinatario (e di rifiuto, mancanza, inidoneita' o assenza delle
altre  persone abilitate a ricevere l'atto), non si pone in contrasto
con  il  diritto  di  difesa garantito dall'art. 24 Cost., risultando
detto   termine  espressione  non  irragionevole  del  bilanciamento,
discrezionalmente   operato  dal  legislatore,  tra  l'interesse  del
notificante  al  compimento  della  notificazione  e  l'interesse del
destinatario   all'effettiva   conoscenza  dell'atto  notificato  (v.
ordinanza n. 591 del 1989);
        che  il richiamo alla sentenza n. 346 del 1998 appare d'altro
canto  non  pertinente, non riguardando essa come gia' osservato - il
momento  di  perfezionamento  della  notificazione,  di cui al citato
quarto  comma  dell'art. 8  (dieci  giorni  dal deposito, ed anzi - a
seguito  della  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  del
secondo   comma   dello   stesso  art. 8  -  dalla  comunicazione  al
destinatario  del  compimento  delle  formalita'  ivi  previste e del
deposito  del  piego), bensi' il termine, anch'esso peraltro di dieci
giorni,  originariamente  previsto  dal  terzo  comma  dell'art. 8 al
diverso  fine  della  restituzione  al  mittente del piego depositato
presso  l'ufficio  postale,  e  ritenuto  lesivo,  con  la  succitata
sentenza, del diritto di difesa del destinatario della notificazione,
in  quanto  ostacolava  irragionevolmente l'effettiva possibilita' di
conoscenza  dell'atto,  dopo  il perfezionamento della notificazione,
senza  che  alla  brevita'  del  termine  stesso corrispondesse alcun
interesse giuridicamente apprezzabile in capo al notificante;
        che    quest'ultima    questione   va   pertanto   dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
innanzi alla Corte costituzionale.