LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di pensione civile iscritto al n. 12053/C del registro di segreteria promosso ad istanza di Badagliacco Salvatore, rappresentato e difeso dall'avv. Pompeo Mangano, nei confronti della Regione siciliana - direzione regionale per i servizi di quiescenza, assistenza e previdenza per il personale. Visto l'atto introduttivo del giudizio depositato il 26 ottobre 2000, con contestuale istanza di sospensione dell'atto impugnato. Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale. Udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 2001 il relatore Consigliere Pino Zingale e l'avv. Angela Lombardo, su delega dell'avv. Pompeo Mangano, per il ricorrente; costituita ma non rappresentata la Regione siciliana. F a t t o La direzione regionale per i servizi di quiescenza, assistenza e previdenza per il personale della Regione siciliana con nota n. 2561 del 2 agosto 2000 comunicava all'ex dipendente Badagliacco Salvatore che, a seguito di una revisione, contabile, era risultato che il trattamento di quiescenza a lui effettivamente corrisposto risultava eccedente quello a lui spettante in forza del d.d.R. n. 3157 del 10 marzo il 1997, con il quale il trattamento medesimo era stato rideterminato con esclusione del beneficio economico di cui all'art. 15 della legge regionle n. 11/1988. Il predetto Badagliacco Salvatore, con atto depositato il 26 ottobre 2000, impugnato i suddetti provvedimenti sotto diversi profili, l'illegittimita' e ne ha chiesto, preliminarmente, la sospensione degli effetti adducendo un danno grave ed i derivante dalla loro esecuzione. La Regione Siciliana si e' costituita con atto depositato il 12 febbraio 2001 ed ha chiesto il rigetto del ricorso. Nella camera di consiglio del 21 febbraio 2000, non rappresentata la Regione siciliana, l'avv. Angela Lombardo, su delega dell'avv. Pompeo Mangano, ha chiesto, in via principale, l'immediato accoglimento nel merito del ricorso, in applicazione dell'art. 9, comma 1, cpv. 1 e 2, e comma 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205, con sentenza succintamente motivata, previo riconoscimento della manifesta fondatezza dello stesso, ed in subordine ha insistito per l'accoglimento della sola istanza cautelare. D i r i t t o Ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 21 luglio 2000, n. 205, la Corte dei conti in materia di ricorsi pensionistici civili, militari e di guerra, in primo grado giudica in composizione monocratica, attraverso un magistrato assegnato alla sezione giurisdizionale competente per territorio, in funzione di giudice unico. In sede cautelare la Corte giudica sempre in composizione collegiale. In forza della suddetta norma, pertanto, questo Collegio e' stato chiamato a pronunciare sull'istanza cautelare in epigrafe, sebbene la competenza per il merito appartenesse, ormai, al giudice unico delle pensioni. Tale residua competenza in capo al Collegio solo per l'esame dei provvedimenti cautelari desta, pero', alcune perplessita' di ordine costituzionale. Non vi e' dubbio che al legislatore debba riconoscersi la piu' ampia discrezionalita' nella conformazione degli istituti processuali e' nell'articolazione del processo, fermo il limite della ragionevolezza (Corte cost., ord. 16 aprile 1999, n. 128). Tale limite, pero', nel caso di specie sembrerebbe superato. Se per un verso, infatti, la garanzia cautelare non costituisce, alla stregua delle norme costituzionali, una componente essenziale della funzione giurisdizionale (Corte cost., ord., 26 novembre 1987, n. 427; sentenza n. 63 del 1982 e ordinanze nn. 68 e 288 del 1986), tuttavia costituisce dato di agevole constatazione la presenza nel vigente ordinamento di una linea di condotta normativa secondo la quale laddove essa sia attribuita al giudice e' intestata allo stesso organo che e' competente per la pronuncia di merito o, in taluni casi, ad un organo (monocratico) che offre minori garanzie di quello (collegiale) competente per il merito, ed i cui provvedimenti sono assoggettati a possibile gravame innanzi a quest'ultimo. Anche nel vigente ordinamento processuale innanzi a questa Corte in tema giudizi di responsabilita' e' un giudice monocratico a pronunciare in materia cautelare, salvo il possibile reclamo innanzi al Collegio; ed il rilevo patrimoniale dei giudici di responsablita' amministrativa per la parte privata e' indubitabilmente e di gran lunga piu' ampio di quello dei giudizi in materia pensionistica. Persino nel rito del lavoro in parte ora esplicitamente richiamato nel processo pensionistico innanzi a questa Corte, ai sensi dell'art. 5, comma 2 della legge 21 luglio 2000, n. 205, non si prevede, per la cautela, alcuna deroga alla competenza del giudice unico competente per il merito. Sulla base di tali considerazioni, l'esaminata "eccezione" afferente il processo cautelare pnsionistico innanzi a questa Corte, difforme da quello che invece, parrebbe essere l'archetipo processuale seguito dal legislatore nella generalita' dei casi, non sembrerebbe essere supportata da giustificazione alcuna e, quindi, non appare manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1, ultimo periodo, della legge 21 luglio 2000, n. 205, con riferimento all'art. 3 della Costituzione. Ma un altro aspetto, forse anche di maggiore evidenza, sembrerebbe emergere dall'esame della disposizione in esame con quella di cui all'art. 9, comma 1, cpv. 1 e 2, e comma 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205, la cui applicazione e' stata espressamente invocata dal ricorrente. In forza della norma citata il Collegio potrebbe, nella camera di consiglio fissata per l'esame dell'istanza cautelare, decidere anche il merito con sentenza succintamente motivata, laddove riconoscesse che il ricorso sia manifestamente fondato o infondato, irricevibile, inammissibile o improcedibile. Cio' significa che sulla base di una valutazione del ricorso piu' ampia, rispetto alla sola cautela, il Collegio, proprio in quanto giudice della cautela potrebbe spostare in proprio favore la competenza per la decisione del merito sottraendola al giudice unico precostituito per legge e cio' non sulla base di parametri oggettivamente certi e verificabili "a priori", ma in ragione di una libera scelta del ricorrente (l'attivazione della domanda cautelare) e di quella componente soggettiva del giudizio che risponde al libero convincimento del giudice, sindacabile"a posteriori" solo con riferimento all'eventuale vizio di motivazione. E' noto, infatti, come debba essere considerato giudice naturale precostituito per legge, ai sensi dell'art. 25 Cost., l'organo giudicante istituito in base a criteri generali fissati in anticipo dalla legge (Corte Cost., 21 aprile 1994, n. 149), e come tale principio per essere pienamente rispettato non possa dipendere di volta in volta dalla scelta del giudice sull'applicabilita' o meno di norme giuridiche, ma da criteri obbiettivi (Cass. civ., Sez. II, 3 luglio 1998, n. 6492), ne', tanto meno, dalla volonta' delle parti, non potendosi ammettere che il mutamento del rito (innanzi al Collegio il rito e' ora diverso da quello del giudice unico delle pensioni, essendo previsto, tra l'altro, solo innanzi a quest'ultimo il tentativo obbligatorio di conciliazione) e della competenza sia opera di una scelta finalizzata del ricorrente (cfr. Cass. civ., sez. lav., 19 dicembre 1996, n. 11390). Orbene, se appare del tutto coerente con le finalita' di accelerazione processuale e, quindi, di giustizia non solo formale ma anche sostanziale (qui intesa nel senso di sollecita) che il giudice in sede di esame dell'istanza cautelare possa subito rilevare quegli elementi che ictu oculi consentono di definire anche nel merito il giudizio - norma che, pertanto, appare del tutto legittima e ragionevole - non cosi', invece, sembra per quella disposizione che identificando il giudice della cautela in un organo diverso da quello del merito assume l'attitudine ad un arbitrario sovvertimento delle competenze, quindi, alla sottrazione della potestas decidendi al giudice al quale l'ordinamento l'attribuisce per il merito e con quelle peculiari garanzie processuali proprie del ritopensionstico. Sulla base di tali considerazioni la questione di legittimita' costituzionale appare non manifestamente infondata pure con riferimento all'art. 25 della Costituzione. La questione e' rilevante al fine del decidere, poiche' dall'accoglimento della questione di costituzionalita' nei termini qui prospettati deriverebbe l'incompetenza di questo giudice a decidere in ordine alla domanda cautelare proposta dal ricorrente ed a quella di merito nella ritenuta manifesta fondatezza del ricorso. Il processo deve, pertanto, essere sospeso ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e gli atti rimessi alla Corte Costituzionale per il giudizio di competenza.