ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale:
        degli  artt. 33, comma 1, lettera a), della legge 16 dicembre
1999, n. 479 (Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al
tribunale  in composizione monocratica e altre modifiche al codice di
procedura   penale.   Modifiche  al  codice  di  procedura  penale  e
all'ordinamento  giudiziario.  Disposizioni in materia di contenzioso
civile  pendente,  di  indennita'  spettanti  al giudice di pace e di
esercizio  della  professione  forense) e 446, comma 1, del codice di
procedura  penale,  promossi,  nell'ambito  di  diversi  procedimenti
penali,  con  ordinanze  emesse  il  6 aprile  2000  dal tribunale di
Sciacca   e   il   29 giugno   2000   dal  tribunale  di  La  Spezia,
rispettivamente  iscritte  ai  nn. 509  e  560 del registro ordinanze
2000,  pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 40 e
42, 1a serie speciale, dell'anno 2000;
        degli  artt. 446,  comma  1,  e  555,  comma 2, del codice di
procedura  penale, come modificati dall'art. 33, comma 1, lettera a),
e  44  della legge 16 dicembre 1999, n. 479, promossi, nell'ambito di
diversi  procedimenti  penali, con ordinanze emesse il 25 maggio (due
ordinanze)  e  il  6 giugno 2000 dal tribunale di Torino, iscritte ai
nn. 526,  623  e  651  del  registro ordinanze 2000, pubblicate nella
Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica nn. 40 e 45, 1a serie speciale,
dell'anno 2000;
        dell'art. 461  (recte  dell'art. 464,  comma 3) del codice di
procedura   penale,   come   modificato   dall'art. 37   della  legge
16 dicembre   1999,   n. 479,   promossi,   nell'ambito   di  diversi
procedimenti  penali,  con  ordinanze  emesse il 18 gennaio 2000 (due
ordinanze)  dal  tribunale  di  Genova, iscritte ai nn. 570 e 679 del
registro  ordinanze  2000,  pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 42 e 46, 1a serie speciale, dell'anno 2000.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 4 aprile 2001 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che  con ordinanza emessa il 6 aprile 2000 il tribunale
di  Sciacca ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e
24,  secondo  comma,  della  Costituzione,  questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 33  [comma  1,  lettera  a)],  della  legge
16 dicembre  1999,  n. 479,  recante,  tra  l'altro,  "Modifiche alle
disposizioni  sul  procedimento  davanti al tribunale in composizione
monocratica  e  altre modifiche al codice di procedura penale", nella
parte  in  cui,  modificando  l'art. 446,  comma  1,  del  codice  di
procedura  penale, "non prevede che i soggetti rinviati a giudizio in
processi  transitati  per  l'udienza preliminare nel periodo compreso
fra  il  2 giugno  1999  ed il 2 gennaio 2000 possano avvalersi della
facolta' di patteggiare la pena sino all'apertura del dibattimento";
        che  con  ordinanza  del  29 giugno  2000  il tribunale di La
Spezia  ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma,
e  25,  secondo  comma,  della  Costituzione,  analoga  questione  di
legittimita'  costituzionale,  censurando  l'art. 446,  comma 1, cod.
proc.  pen., come modificato dall'art. 33, comma 1, lettera a), della
legge  16 dicembre 1999, n. 479, "nella parte in cui non salvaguarda,
con  riferimento  ai  giudizi  in corso, la facolta' dell'imputato di
chiedere   l'applicazione  della  pena  sino  alla  dichiarazione  di
apertura del dibattimento";
        che  entrambi  i  rimettenti  premettono che in dibattimento,
immediatamente  dopo l'accertamento della regolare costituzione delle
parti,  gli  imputati  -  rinviati a giudizio con decreti del giudice
dell'udienza  preliminare  emessi  prima dell'entrata in vigore della
legge  n. 479  del  1999  -  hanno avanzato richiesta di applicazione
della pena e che il pubblico ministero ha prestato il consenso;
        che   a   parere   dei  giudici  a  quibus  la  richiesta  di
patteggiamento  non  e'  ammissibile  perche'  la  retrodatazione del
termine ultimo per la presentazione della richiesta di patteggiamento
alla   fase   dell'udienza  preliminare,  conseguente  alla  modifica
apportata  all'art. 446  cod.  proc.  pen. dall'art. 33  della  legge
n. 479 del 1999, sarebbe, in assenza di disposizioni transitorie e in
virtu'  del  principio tempus regit actum norma di natura processuale
di immediata applicazione;
        che   i   rimettenti   ritengono   che  la  preclusione  alla
proponibilita'  in dibattimento della richiesta di applicazione della
pena,  in quanto immediatamente applicabile ai processi in corso, sia
in  contrasto  con  l'art. 3 della Costituzione per la ingiustificata
disparita'  di trattamento tra imputati rinviati a giudizio prima del
2 gennaio  2000,  a  seconda  che  l'udienza dibattimentale sia stata
fissata  precedentemente  o successivamente al 2 gennaio, nonche' per
l'intrinseca  irragionevolezza  della disciplina che, incidendo sulla
situazione  sostanziale dell'imputato, frustra ogni affidamento sulla
certezza del diritto (solo r.o. n. 560 del 2000);
        che  tale  disciplina  violerebbe  inoltre  l'art. 24  Cost.,
perche'  rappresenta  un  ingiustificato  mutamento  delle regole del
processo in corso, tale che l'imputato, che sino al 31 dicembre 1999,
in  base  alla  legge  vigente  sulla quale faceva affidamento, aveva
facolta'  di  avanzare  richiesta  di  applicazione  della  pena fino
all'apertura  del  dibattimento  di  primo  grado, si trova ad essere
decaduto  da  tale  facolta'  senza  aver potuto conoscere il termine
entro il quale avrebbe dovuto formulare la richiesta;
        che sarebbe quindi violato anche l'art. 25 della Costituzione
(solo  r.o.  n. 560 del 2000), perche' viene istituita "una decadenza
con  effetto  retroattivo,  in  ordine  all'esercizio  di  un diritto
dell'imputato  avente  riflessi  [...] non solo processuali, ma anche
sostanziali   in   relazione  alla  quantificazione  della  pena,  al
contenuto  del  provvedimento  sanzionatorio  e  agli  altri  effetti
penali";
        che  con  tre  ordinanze,  emesse  il 25 maggio e il 6 giugno
2000,  il  tribunale  di  Torino  ha  sollevato,  in riferimento agli
artt. 3,  primo  comma,  e  24,  secondo  comma,  Cost., questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  555,  comma  2,  cod.  proc.
pen. (r.o.  nn. 526,  623  del 2000), anche in combinato disposto con
l'art. 446,  comma  1,  cod. proc. pen. (r.o. n. 651 del 2000), nella
parte  in cui non prevede che la richiesta di applicazione della pena
ex  art. 444  cod.  proc.  pen. possa  essere  presentata  fino  alla
dichiarazione di apertura del dibattimento;
        che  la  questione  riguarda  sia "processi aventi ad oggetto
reati  (quale quello di cui all'art. 628 c.p.) divenuti dal 2 gennaio
2000  di  competenza  del  tribunale  in composizione monocratica con
citazione  non  diretta,  nel  caso  in cui l'udienza preliminare sia
stata  tenuta  prima  del  2/1/2000"  (r.o.  n. 526  del  2000),  sia
"processi  aventi  ad oggetto reati (quale quello di cui all'art. 589
c.p.)  di  competenza  del  tribunale  in  composizione  monocratica,
divenuti  dal 2 gennaio 2000 a citazione non diretta, nel caso in cui
il  decreto  di  citazione  a  giudizio  sia  stato  emesso prima del
2/1/2000  (cioe' prima dell'entrata in vigore della legge n. 479/1999
e  quindi  senza previa udienza preliminare)" (r.o. nn. 623 e 651 del
2000);
        che nelle ordinanze di rimessione si evidenzia che in tutti i
giudizi   a  quibus  gli  imputati,  con  il  consenso  del  pubblico
ministero,  avevano  avanzato richiesta di applicazione di pena nella
fase degli atti introduttivi del dibattimento;
        che  a parere del tribunale rimettente le modifiche apportate
dalla  legge  n. 479  del  1999 alla disciplina del termine entro cui
deve  essere  presentata la richiesta di patteggiamento impongono, in
"assenza   di   disposizioni  transitorie  relative  alla  disciplina
introdotta" da tale legge, di ritenere inammissibile la richiesta;
        che  la  preclusione  alla  presentazione  della richiesta di
applicazione  della  pena  fino  alla  dichiarazione  di apertura del
dibattimento sarebbe in contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 24,
secondo  comma,  Cost.,  in  quanto (r.o. n. 526 del 2000) l'imputato
rinviato  a giudizio a seguito di udienza preliminare celebrata prima
della  data  di  entrata  in  vigore  della  legge n. 479 del 1999 e'
privato   della  possibilita'  di  richiedere  il  patteggiamento  in
dibattimento,  senza  essere stato in grado di prevedere il mutamento
di disciplina, mentre (r.o. nn. 623 e 651 del 2000) l'imputato tratto
a giudizio con decreto di citazione emesso e notificato prima di tale
data  e'  addirittura  privato  della  possibilita'  di richiedere il
patteggiamento  in  dibattimento  per  effetto di modifiche normative
(previsione  dell'udienza preliminare per il reato a lui contestato e
termine  sino  a tale udienza per la richiesta ex art. 444 cod. proc.
pen.)  intervenute  in  pendenza dei termini precedentemente previsti
per la proposizione della richiesta di applicazione della pena;
        che,   inoltre,   in  entrambe  le  situazioni  gli  imputati
patirebbero  una  ingiustificata disparita' di trattamento rispetto a
chi  e' stato rinviato o citato a giudizio nelle medesime condizioni,
ma  con  udienza  dibattimentale fissata prima dell'entrata in vigore
della   legge  n. 479  del  1999,  in  relazione  alla  possibilita',
essenziale per l'effettivo esercizio del diritto di difesa, di optare
per il rito speciale;
        che con due ordinanze in data 18 gennaio 2000 il tribunale di
Genova  ha  sollevato,  in riferimento all'art. 3 Cost., questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 461  cod.  proc.  pen. [recte
art. 464,  comma  3,  cod.  proc.  pen.], come modificato dalla legge
16 dicembre  1999,  n. 479,  nella  parte in cui prevede, anche per i
procedimenti  instaurati a seguito di opposizione a decreto penale di
condanna precedente alla data di entrata in vigore della legge n. 479
del  1999,  e  pendenti  a  tale  data  in  fase  dibattimentale, che
l'imputato,  a pena di decadenza, debba chiedere l'applicazione della
pena ex art. 444 cod. proc. pen. con l'atto di opposizione;
        che  il  tribunale  di  Genova  premette  che  in udienza gli
imputati  hanno  presentato  richiesta di applicazione della pena, ma
che  la richiesta deve ritenersi tardiva, in quanto l'art. 464, comma
3,  cod.  proc. pen., come modificato dall'art. 37 della legge n. 479
del  1999,  non  consente  piu',  in assenza di norme transitorie, di
chiedere l'applicazione di pena in dibattimento;
        che, a parere del rimettente, per i procedimenti instaurati a
seguito  di  opposizione a decreto penale di condanna precedente alla
data  di  entrata in vigore della legge n. 479 del 1999, e pendenti a
tale data in fase dibattimentale, la preclusione sarebbe in contrasto
con  l'art. 3  Cost.,  in  quanto  determinerebbe  una  irragionevole
omologazione   del   trattamento   dell'imputato   che  ha  formulato
opposizione  a  decreto  penale  durante  la vigenza della precedente
normativa rispetto all'imputato che presenta invece opposizione sotto
il  vigore della nuova normativa, "poiche' ad ambedue non e' concesso
proporre   istanza  di  applicazione  pena  dinanzi  al  giudice  del
dibattimento,  benche'  il  primo potesse prima farlo ed ora soltanto
tale facolta' gli e' preclusa";
        che  nei giudizi relativi alle questioni iscritte ai nn. 560,
526,  570  e  679  del r.o. del 2000 e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che le questioni siano dichiarate
inammissibili o infondate.
    Considerato   che   oggetto   delle   questioni  di  legittimita'
costituzionale  e'  la  immediata  operativita'  della disciplina dei
termini   di  decadenza  per  la  presentazione  della  richiesta  di
applicazione  della  pena,  introdotta  dalla legge 16 dicembre 1999,
n. 479,  con  riferimento alle ipotesi di rinvio a giudizio a seguito
di  udienza  preliminare  (art. 446  del codice di procedura penale),
ovvero  di  citazione  a  giudizio  per  quei  reati  per i quali dal
2 gennaio  2000 e' invece prevista l'udienza preliminare (artt. 446 e
555,  comma  2,  cod.  proc. pen.), nonche' di citazione a giudizio a
seguito  di  opposizione  a decreto penale di condanna (art. 464 cod.
proc. pen.);
        che,  malgrado  la diversita' delle norme censurate, identica
e'  la  sostanza delle questioni, che si riferiscono al nuovo sistema
dei  termini  di  presentazione della richiesta di applicazione della
pena, per cui deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi;
        che  i rimettenti lamentano che i nuovi termini di decadenza,
in  assenza  di  un'apposita disciplina transitoria, si applicano, in
base  al  principio  tempus  regit  actum indiscriminatamente ad ogni
situazione   processuale   in   corso,  e  hanno,  quindi,  efficacia
retroattiva,  nonostante  i  termini  stessi  si siano gia' consumati
quando era ancora in vigore la normativa precedente;
        che  infatti,  con  riferimento  alla  ipotesi  di  rinvio  a
giudizio  a  seguito  di  udienza preliminare, alla stregua del testo
originario dell'art. 446, comma 1, cod. proc. pen., le parti potevano
formulare   la   richiesta  di  applicazione  della  pena  sino  alla
dichiarazione  di  apertura  del dibattimento di primo grado, mentre,
dopo le modifiche introdotte alla disposizione in esame dall'art. 33,
comma  1,  lettera a), della legge n. 479 del 1999, la richiesta deve
essere  formulata  sino  alla  presentazione  delle  conclusioni  del
pubblico  ministero e dei difensori nell'udienza preliminare, a norma
degli artt. 421, comma 3, e 422, comma 3, cod. proc. pen;
        che,  con  riferimento alle ipotesi di decreto che dispone il
giudizio  a  seguito  di  opposizione  a  decreto penale di condanna,
secondo  l'originaria  formulazione dell'art. 464 cod. proc. pen., se
entro  il  termine  di quindici giorni l'imputato si fosse limitato a
proporre opposizione, senza presentare alcuna specifica richiesta, il
giudice  avrebbe  dovuto  emettere  decreto  di  giudizio immediato e
l'opponente avrebbe quindi potuto formulare richiesta di applicazione
della  pena  sino alla dichiarazione di apertura del dibattimento (v.
sentenza  n. 114  del 1997), mentre il nuovo testo dell'art. 464 cod.
proc.  pen. esclude  che  tale richiesta, ove non sia stata formulata
con  l'atto  di  opposizione,  possa  essere  presentata nel giudizio
conseguente all'opposizione;
        che  dalle  ordinanze  di  rimessione  emerge  che  tutte  le
questioni  di legittimita' costituzionale si riferiscono a situazioni
di  fatto  in  cui  la  nuova  disciplina  e'  entrata  in vigore (il
2 gennaio  2000)  in un momento compreso tra la data della vocatio in
jus  nelle  varie forme sopra descritte, e la data della celebrazione
del dibattimento;
        che,  in  base all'accezione del principio tempus regit actum
da  cui  muovono  i  rimettenti, tale circostanza comporterebbe che i
nuovi  termini  di  decadenza  per la formulazione della richiesta di
applicazione   della   pena,   anticipati  a  momenti  precedenti  la
dichiarazione di apertura del dibattimento, dovrebbero ritenersi gia'
consumati, cosi' da precludere l'accesso al procedimento speciale;
        che    il    presupposto    interpretativo   dei   rimettenti
determinerebbe  la  conseguenza  paradossale che imputati, rinviati a
giudizio  in  presenza  di un quadro normativo che consentiva loro di
formulare   richiesta   di   applicazione   della   pena   sino  alla
dichiarazione  di  apertura  del  dibattimento,  si troverebbero, nel
momento     della     celebrazione     del    dibattimento    stesso,
nell'impossibilita' di formulare la richiesta, in quanto in base alla
nuova  disciplina,  applicata  con  effetti  retroattivi,  i relativi
termini finali sarebbero gia' scaduti;
        che,  al  riguardo,  questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di
affermare  (ordinanza  n. 560  del 2000) che le innovazioni apportate
dalla   legge   n. 479   del  1999  alla  disciplina  delle  indagini
preliminari,  dell'udienza  preliminare e del giudizio ed ai rapporti
tra tali fasi processuali - in particolare, per quanto qui interessa,
alle   modalita'   introduttive  e  alla  sede  di  celebrazione  dei
procedimenti speciali - hanno anche determinato la trasformazione del
sistema  dei termini di decadenza per la formulazione della richiesta
di  applicazione  della  pena  e  la  loro  anticipazione  a  momenti
precedenti  il  dibattimento, nell'ottica di un diverso bilanciamento
tra incentivazione dei riti alternativi ed esigenze di piu' economica
e razionale utilizzazione delle risorse processuali;
        che   quindi,   "anche   in   mancanza   di  qualsiasi  norma
transitoria,  il  nuovo  equilibrio  delineato dal legislatore tra le
fasi  delle  indagini  preliminari,  dell'udienza  preliminare  e del
giudizio  dibattimentale,  cui  e'  strettamente  collegata la mutata
disciplina  dei  procedimenti  speciali,  conduce  necessariamente ad
escludere  che  i  nuovi  termini  di  decadenza  possano  riguardare
procedimenti nei quali tali termini sarebbero oramai scaduti, essendo
gia'  stato  disposto il rinvio a giudizio al momento dell'entrata in
vigore della legge n. 479 del 1999" (v. ordinanza n. 560 del 2000);
        che  pertanto  le  questioni  di  legittimita' costituzionale
dell'art. 33 comma 1, lettera a), della legge n. 479 del 1999 e degli
artt. 446,  comma  1,  555,  comma  2,  e  464,  comma  3, cod. proc.
pen. vanno dichiarate manifestamente infondate.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.