ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 17, commi 132 e
133,  della  legge  15 maggio  1997,  n. 127  (Misure  urgenti per lo
snellimento  dell'attivita'  amministrativa  e  dei  procedimenti  di
decisione  e di controllo), come modificato - rectius: interpretato -
dall'art. 1   del   d.l.   2 novembre   1999,   n. 391  (Disposizioni
interpretative   delle  norme  sul  conferimento  delle  funzioni  di
prevenzione  e accertamento delle violazioni al codice della strada),
quest'ultimo  espressamente  abrogato  dall'art. 68,  comma  5, della
legge  23 dicembre  1999,  n. 488 (Disposizioni per la formazione del
bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato),  poi  sostituito  -
rectius:  interpretato  - dallo stesso art. 68, comma 1, promosso con
Ordinanza  emessa  il 11 aprile 2000 dal giudice istruttore presso il
tribunale  di  Pavia  nei  procedimenti  civili  riuniti vertenti tra
Raggia  Gabriella  ed  altra e il comune di Pavia, iscritta al n. 683
delregistro  ordinanze  2000  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 46 - 1a serie speciale dell'anno 2000.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 21 febbraio 2001 il giudice
relatore Riccardo Chieppa.
    Ritenuto  che  nel  corso dei giudizi riuniti, promossi avverso i
verbali  di  contestazione,  emessi dalla polizia municipale di Pavia
per  violazione  dell'art. 7  del  codice  della  strada,  il giudice
istruttore  presso  il  tribunale di Pavia ha sollevato d'ufficio, in
riferimento  agli  artt. 3, 24, 97 e 98 della Costituzione, questione
di  legittimita'  costituzionale dell'art. 17, commi 132 e 133, della
legge  15 maggio  1997,  n. 127  (Misure  urgenti  per lo snellimento
dell'attivita'  amministrativa  e  dei procedimenti di decisione e di
controllo), come modificato - rectius: interpretato - dall'art. 1 del
d.l. 2 novembre 1999, n. 391 (Disposizioni interpretative delle norme
sul  conferimento  delle funzioni di prevenzione e accertamento delle
violazioni   al  codice  della  strada),  quest'ultimo  espressamente
abrogato  dall'art. 68, comma 5, della legge 23 dicembre 1999, n. 488
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato),  poi sostituito - rectius: interpretato - dallo stesso
art. 68, comma 1;
        che  il  giudice  a  quo  - dopo una ricostruzione del quadro
normativo  che  ha  preceduto l'esplicito conferimento agli ausiliari
del  traffico  dei  poteri  di  contestazione  immediata,  nonche' di
redazione   e   sottoscrizione   del   verbale  di  accertamento  con
l'efficacia  di cui agli artt. 2699 e 2700 cod. civ. (d.l. n. 391 del
1999  e  poi  art. 68  della  legge n. 488 del 1999) e dell'indirizzo
giurisprudenziale  che  ne  e' seguito - osserva che l'attribuzione a
soggetti  estranei  all'amministrazione di tali poteri si porrebbe in
conflitto  con  il  principio  di  uguaglianza  e con la garanzia del
diritto di difesa; principî ispiratori della legge n. 689 del 1981;
        che   -   sempre   secondo   il  giudice  rimettente  -  tali
disposizioni  riconoscono  agli  atti  degli  ausiliari del traffico,
cioe', di privati cittadini, non legati alla pubblica amministrazione
da   alcun   rapporto  di  servizio,  l'efficacia  di  prova  legale,
parificandoli a quelli compiuti da pubblici ufficiali;
        che,   secondo   l'ordinanza   del  tribunale  di  Pavia,  il
legislatore  non  ha  riconosciuto detta efficacia ai verbali redatti
dalle  guardie  giurate  di  enti  pubblici,  di enti collettivi o di
privati  previsti  dall'art. 133  del  Testo  unico  delle  leggi  di
pubblica  sicurezza,  in  quanto  i  verbali redatti da tali soggetti
"fanno  fede  in  giudizio  fino  a prova contraria"; pertanto, anche
sotto  tale  profilo, viene ravvisata la violazione dell'art. 3 della
Costituzione,  che  impone  una  parita'  di trattamento a situazioni
soggettive uguali ed omogenee;
        che  la  normativa  contestata,  sempre  secondo l'ordinanza,
comporterebbe,   inoltre,   violazione  degli  artt. 97  e  98  della
Costituzione   per   lesione  del  principio  generale,  secondo  cui
l'accesso   ai   pubblici  uffici  deve  avvenire  mediante  concorso
pubblico,   preordinato   a  garantire  l'imparzialita'  ed  il  buon
andamento della pubblica amministrazione;
        che nessun dubbio sussisterebbe - ad avviso del giudice a quo
-  sulla  rilevanza  della  questione,  poiche'  ai fini del giudizio
apparirebbe prioritario stabilire la legittimita' di un ausiliare del
traffico  ad  accertare  una  violazione del codice della strada ed a
procedere come un agente di polizia ed, inoltre, verificare se l'atto
di  accertamento  possa  essere  ritenuto atto pubblico facente piena
prova ai sensi dell'art. 2700 cod. civ;
        che  nel  presente  giudizio e' intervenuto il Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  con il patrocinio dell'Avvocatura generale
dello   Stato,  che  ha  chiesto  che  la  questione  sia  dichiarata
inammissibile  per  difetto  di  rilevanza ai fini della decisione di
merito  o,  comunque,  sia rigettata, avuto riguardo alla circostanza
che  la  possibilita'  che  la  legge  abiliti determinati soggetti a
svolgere   il   controllo  sull'osservanza  di  disposizioni  la  cui
violazione  e'  punita  con  la sanzione amministrativa pecuniaria e'
gia'  contemplata  dall'art. 13  della  legge  n. 689  del  1981 (...
"salvol'esercizio  degli  specifici  poteri  di accertamento previsti
dalle leggi vigenti");
        che,  tuttavia,  secondo la tesi della difesa dello Stato, il
conferimento  di  tali  poteri  non  comporterebbe  - a differenza di
quanto  sostenuto  dal  giudice  a  quo  -  alcuna  limitazione delle
garanzie  poste  a  tutela  dei  diritti dei cittadini, atteso che la
relativa  procedura  sanzionatoria  e  l'organizzazione  del servizio
restino di competenza degli uffici e dei comandi di polizia urbana e,
comunque,  l'efficacia  probatoria attribuita dagli artt. 2699 e 2700
del codice civile possa essere superata mediante la querela di falso;
        che infine, sempre secondo l'Avvocatura generale dello Stato,
tali    soggetti    sarebbero,   comunque,   legati   alla   pubblica
amministrazione  da  un  rapporto  di  dipendenza  o  perche' gia' in
servizio  presso  la  stessa  p.a.  ovvero  perche'  dipendenti delle
societa'  che  gestiscono  un servizio pubblico sulla base di un atto
concessorio   ed  ai  quali  il  sindaco  avrebbe  conferito,  previo
accertamento  dei necessari requisiti soggettivi (art. 68 della legge
n. 488  del  1999), le funzioni di accertamento delle violazioni alle
norme del codice della strada e, pertanto, abilitati a predisporre un
documento avente l'efficacia probatoria dell'atto pubblico.
    Considerato  che  il  giudice  rimettente,  con  una  motivazione
plausibile,  ritiene  che  le norme denunciate siano applicabili alle
fattispecie  al  suo  esame  e che la questione sia rilevante ai fini
della  definizione  del  giudizio:  di  conseguenza  la  eccezione di
inammissibilita'  proposta  dall'Avvocatura generale dello Stato deve
essere considerata infondata;
        che  la  questione incidentale di legittimita' costituzionale
e'  limitata,  dal  giudice rimettente, a due profili: se - sul piano
costituzionale  -  in  riferimento agli articoli 3, 24, 97 e 98 della
Costituzione,  un ausiliario del traffico possa essere legittimato ad
accertare  una  violazione del codice della strada ed a procedere con
la  verbalizzazione  e  contestazione  immediata della violazione; se
all'accertamento  possa essere attribuito valore di atto pubblico con
efficacia di prova piena ai sensi dell'art. 2700 cod. civ;
        che,  nel  caso  in esame, l'efficacia di piena prova, fino a
querela  di falso, riguarda un processo civile in sede di opposizione
a verbale di contravvenzione per una delle infrazioni al codice della
strada  tassativamente  contemplate  dalle  disposizioni  in  esame e
"limitatamente  alle  aree  oggetto  di  concessione" per parcheggi o
"sulle corsie riservate al trasporto pubblico";
        che  la  questione  e' manifestamente infondata, in quanto il
legislatore  ordinario  puo' prevedere che l'autorita' amministrativa
possa  attribuire  specifiche funzioni di accertamento o di verifica,
oltre  che a propri dipendenti, anche a dipendenti di enti o societa'
cui sia stato affidato un servizio pubblico o che siano concessionari
di  un servizio in senso largo, quando questo accertamento o verifica
sia  connesso  o  sia  utile per il migliore svolgimento dello stesso
servizio;
        che,   infatti,  rientra  in  una  scelta  discrezionale  del
legislatore consentire che talune funzioni, obiettivamente pubbliche,
possano  essere  svolte  anche  da  soggetti  privati che abbiano una
particolare  investitura  da parte della pubblica amministrazione, in
relazione al servizio svolto;
        che  lo stesso legislatore puo' discrezionalmente determinare
gli  effetti  ed  il  valore probatorio (in sede civile) dei suddetti
accertamenti  e verifiche ed anche dare efficacia di atto pubblico ai
relativi  verbali, e tale scelta e' censurabile, in sede di controllo
di legittimita' costituzionale, solo sotto il profilo della manifesta
irragionevolezza  o palese arbitrarieta', ipotesi da escludere, nella
fattispecie,  attese  le  finalita'  della  norma  e  la  progressiva
rilevanza  dei  problemi  delle  soste  e  parcheggi  e  delle corsie
riservate al trasporto pubblico nelle aree urbane;
        che di conseguenza e' manifesta l'infondatezza del profilo di
violazione   del  principio  di  eguaglianza  essendo  differenti  le
situazioni e le esigenze rispetto ad altri verbali di accertamento;
        che,  per  quanto riguarda il diritto di difesa e l'efficacia
fino  a  querela  di  falso,  le argomentazioni dell'ordinanza, sulla
disparita'  tra  posizione  della pubblica amministrazione e soggetto
privato,  porterebbero  irrazionalmente  a  negare, in genere, valore
prioritario,  nell'attuale  sistema  del processo civile, a qualsiasi
verbale  di  contestazione  di  una  infrazione,  redatto da soggetto
qualificato dal legislatore per gli effetti dell'art. 2700 cod. civ;
        che  invece tale valore discende da un sistema che imprime un
carattere  particolarmente  privilegiato agli atti redatti da publici
ufficiali  (rispondendo  anche  ad  esigenze  di  garanzia  del  buon
andamento  della  pubblica  amministrazione)  ed  insieme assicura le
garanzie  a  tutela  del  diritto  di  difesa,  con un equilibrio nel
contesto,  che  prevede  sanzioni di particolare gravita' qualora gli
atti  dovessero risultare non veritieri (con conseguente onere di una
piu'  avvertita  vigilanza  da  parte  degli  uffici amministrativi a
prevenire  abusi) e nel contempo consente all'interessato, attraverso
un  apposito  procedimento,  il  ricorso  ai  normali  mezzi di prova
(sentenza n. 255 del 1994; ordinanza n. 504 del 1987);
        che d'altro canto l'interpretazione dell'art. 2700 cod. civ.,
in ordine all'efficacia di prova piena e alla esigenza della speciale
procedura  di  querela  di falso per superarla (senza alcun limite ai
diritti  di  difesa),  e'  stata  condotta  dalla  giurisprudenza  di
legittimita'  in  modo  accentuatamente  rigoroso,  in relazione alle
esigenze  giustificative  del  particolare regime probatorio; di modo
che  restano  esclusi  sia i fatti non attestati compiuti in presenza
del  pubblico  ufficiale,  sia  l'ambito  delle funzioni dello stesso
pubblico  ufficiale e la legittima preposizione dello stesso anche in
ordine ai requisiti previsti dalla legge o ad eventuali provvedimenti
interdittivi,  sia  la  esistenza dei divieti di cui sia affermata la
inosservanza,  sia  la validita' e regolarita' dei relativi segnali e
cartelli indicatori, sia la esistenza di cause di giustificazione;
        che, infine, l'ordinanza di rimessione, in ordine all'art. 97
della  Costituzione,  si  basa  su  un erroneo presupposto, cioe' che
l'esercizio  di  pubbliche  funzioni  di una pubblica amministrazione
debba  necessariamente avvenire utilizzando esclusivamente dipendenti
legati da rapporto di impiego stabile con la stessa amministrazione e
quindi assunti mediante procedura concorsuale;
        che,  invece,  occorre  distinguere  tra apparato burocratico
degli  uffici,  con  rapporto  di  lavoro  dipendente (per i quali e'
prevista  di regola la selezione concorsuale, "salvi i casi stabiliti
dalla legge": art. 97, terzo comma, della Costituzione), ed esercizio
di  funzioni  pubbliche,  con un rapporto sottostante anche meramente
onorario  o  volontaristico o di mero servizio o di obbligo ovvero di
utilizzazione,  anche  non  esclusiva,  sulla base di previsione e di
requisiti fissati dalla legge (art. 51, della Costituzione);
        che  pertanto  tutti i profili denunciati sono manifestamente
infondati.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.